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La corrispettività e gli elementi da confrontare per determinare l’economicità

Nel documento Enti non commerciali (pagine 34-36)

L’affermazione di cui sopra parrebbe contraddetta proprio dalla disciplina in materia di reddito d’impresa dove i contributi sono considerati a pieno titolo componenti positivi di reddito come ricavi art 85 lett. g) ed h) Tuir33 e come sopravvenienze attive art 88 3°

comma lett. b) Tuir.34 L’espressa previsione legislativa delle entrate contributive come

32Così che il confronto tra costi e corrispettivi dovrà «essere desunto essenzialmente dalle previsioni dei

bilanci preventivi, dalle delibere degli organi dell’ente o da altre forme di programmazione dell’attività e dal loro rapporto con i corrispettivi praticati», FEDELE A., Il regime fiscale delle associazioni, op. cit., p. 349.

33 Art 85 1° comma lett. g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto

qualsiasi denominazione in base a contratto;

h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge

34 Art 88 3° comma lett. b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalita',

esclusi i contributi di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 85 e quelli per l'acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato. Tali proventi concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Sono fatte salve le agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonche' quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della

concessione delle stesse. Non si considerano contributi o liberalita' i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli Istituti autonomi per le case popolari,

elementi concorrenti al pari dei corrispettivi alla determinazione del reddito d’impresa non sembrerebbe affatto avallare ma, semmai inficiare, la validità della tesi appena esposta secondo la quale le attività i cui costi trovano copertura essenzialmente se non esclusivamente in entrate contributive e non corrispettive sono da ritenersi commerciali. Quanto alle due tipologie di contributi contemplate dall’art 85 la loro ricomprensione tra i ricavi d’impresa sembra può essere risolto appoggiandosi al concetto di corrispettività sottostante la nozione di economicità. Si parla di prestazioni corrispettive quando le attribuzioni patrimoniali a carico di ciascuna parte e a vantaggio dell’altra sono legate dal cosiddetto nesso di reciprocità o sinallagma. L’affermazione non necessita di particolare dimostrazione per quanto riguarda l’art 85 1° c. lett. g laddove è lo stesso sostrato negoziale contrattuale del rapporto che giustifica la prestazione patrimoniale. Ad analoghe conclusioni si perviene anche nell’ipotesi dei contributi in conto esercizio a cui fa riferimento l’art 85 1° c. lett. h poiché nell’alveo della norma sono ricondotti i contributi pubblici disposti a favore delle imprese che essendo soggette a regimi di prezzi politici o, comunque vincolati, non sarebbero in grado di coprire i costi della produzione, risulta di tutta evenienza la funzione reintegratoria-suppletiva rispetto alla mancata percezione di parte dei corrispettivi. In altri termini nei casi di specie l’erogazione del contributo non ha alcuna connotazione liberale. Se dunque la natura corrispettiva che impronta i contributi di cui all’art 85 sembra smentire la tesi in questione ad avvallo di essa sovviene l’art 88 3°c. lett. b sulla cui natura sovvenzionatoria non è lecito dubitare in quanto contempla al proprio interno erogazioni la cui connotazione liberale è espressamente prevista ex lege, sovviene al riguardo la sua ricomprensione tra le sopravvenienze attive. Quindi è vero che il legislatore ammette come componenti positive di reddito d’impresa anche le entrate contributivo-sovvenzionatorie ma, nella misura in cui le riconduce al novero delle sopravvenienze attive, ne avverte e ne sottolinea anche il limite d’inserimento come entrate eccezionali. Laddove l’entrata sovvenzionatoria lungi dall’assumere i caratteri della atipicità e marginalità nella programmazione gestionale si rivela l’ordinaria modalità di finanziamento dell’attività si ha la conferma sul piano normativo della fuoriuscita dal contesto della commercialità. Pertanto, accanto al corrispettivo identificato nel prezzo pagato per un bene o un servizio, possiamo e dobbiamo inserire anche l’eventuale contributo di natura corrispettiva, ossia

comunque denominati, nonche' quelli erogati alle cooperative edilizie a proprieta' indivisa e di abitazione per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di immobili destinati all'assegnazione in godimento o locazione.

dato (dal privato o dall’amministrazione) per erogare un determinato bene o servizio e avendo riguardo al rapporto che c’è tra il contributo erogato e l’attività occorre, in un’ottica qualitativa, verificare se gli importi contributivi siano attribuiti all’ente in quanto tale (contributi generici) o se, invece, siano indirizzati a copertura dei costi di una determinata attività (contributi specifici). Solo i secondi rilevano, ai fini comparativi, per la economicità. In effetti, se si tiene conto che l’attività è economica almeno quando è in grado di autoalimentarsi, è chiaro che il rapporto tra i vari componenti deve essere analizzato senza includere i contributi versati a sostegno generico dell’ente. Tra le entrate relative ad un’attività si devono considerare, oltre ad eventuali corrispettivi versati dal consumatore o utente, i contributi e le sovvenzioni, purché concessi a titolo di corrispettivo, e non, invece, per consentire il normale funzionamento dell’ente come organizzazione. Dunque, ciò che conta per individuare le entrate da valutare ai fini della economicità, è solo il legame dell’entrata con l’attività considerata, qualunque sia la fonte. Il fatto che la valutazione della economicità sia compiuta considerando solo gli elementi in grado di esprimere la intrinseca capacità dell’attività di essere produttiva e che occorra, perciò, fare riferimento solo a ciò che attiene direttamente l’attività stessa, influisce anche sull’altro fattore di raffronto, il costo. Anche in questo elemento devono essere calcolati solo quegli importi riferiti alla specifica attività considerata, inclusa la quota delle spese generali dell’ente, se si tratta di attività principale, oppure esclusa, se si tratta di attività secondarie il cui svolgimento sia indipendente dall’organizzazione generale dell’ente. In tal senso parliamo perciò dei costi di diretta imputazione, cioè di quei costi che sono direttamente riconducibili ad un’attività e che sono sostenuti unicamente ai fini della sua realizzazione.

1.4.6. Attività svolte con assetti formalmente corrispettivi ma con strutture anomale

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