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Criterio di quantificazione dell’imponibile dell’ente non commerciale

Nel documento Enti non commerciali (pagine 40-42)

2. Adempimenti contabili e fiscali enti non commercial

2.1. Criterio di quantificazione dell’imponibile dell’ente non commerciale

L’inquadramento nella categoria soggettiva degli enti commerciali o non commerciali comporta un diverso criterio di quantificazione dell’imponibile complessivo. Per gli enti commerciali si fa riferimento all’art 81 e seguenti, mentre gli enti non commerciali si fa riferimento all’art 143 e seguenti. La disciplina fissata per gli enti commerciali prevede un metodo che attrae tutti i redditi prodotti, quale ne sia la fonte, al regime giuridico fissato per il reddito d’impresa. L’applicazione dello stesso criterio di determinazione disposto per gli enti che svolgono in via esclusiva attività commerciali, come le società dipende dalla loro definizione, che è fondata sull’esistenza di attività commerciale esclusiva o principale cui è attribuita valenza predominante rispetto a tutte le altre eventualmente esercitate. Per gli enti non commerciali, invece è disposta una disciplina simile a quella delle persone fisiche: i redditi devono essere determinati distintamente secondo i canoni stabiliti dalle singole categorie di appartenenza , con la successiva somma dei risultati conseguiti; non rientrano tra le categorie considerate i redditi di lavoro autonomo e dipendente. Anche per questi enti le regole stabilite sono conseguenza della loro definizione, che è fondata sull’esercizio di attività principale non commerciale, le loro caratteristiche non escludono lo svolgimento di attività commerciali secondarie e altre imponibili, o la irrilevanza fiscale dell’ente, nella ipotesi in cui non sia esercitata alcuna attività economica. Infatti i risultati emersi nel precedente capitolo evidenziano come la mancata ricorrenza contenutistica alle fattispecie di cui all’art 55 implica l’esclusione dalla commercialità ma non della rilevanza fiscale dell’attività, questa ben potendo rientrare in altra categoria reddituale in quella dei redditi fondiari quale attività

agricola , in quella dei redditi di capitale quale attività di mero godimento dei frutti del capitale investito, non altrettanto sembra potersi dire nel caso in cui l’attività pur rispondente alla fattispecie di cui all’art 55 sia gestita con metodo non economico in questo caso all’esclusione della commercialità si accompagna l’irrilevanza reddituale dell’attività. Quindi risulta evidente che quella degli enti non commerciali si rileva una categoria soggettiva circoscritta in termini redditualmente polivalenti , la stessa potendo annoverare al suo interno tanto enti che svolgono attività redditualmente rilevanti ma non commerciali, come pure enti che svolgono attività non commerciali ma altresì redditualmente irrilevanti. Per i redditi derivanti da immobili locati rileva il maggior valore tra la rendita catastale rivalutata del 5% ed il canone di locazione ridotto fino al 15% delle spese per manutenzione che si dimostrano essere state realmente eseguite. In caso di immobili di interesse storico ed artistico , invece, rileva il maggior valore tra la rendita rivalutata del 5% ed il canone di locazione ridotto forfettariamente del 35%. Gli immobili iscritti in inventario, infine, si considerano beni strumentali con possibilità di deduzione degli ammortamenti. Il legislatore si preoccupa che nella determinazione dell’imponibile delle attività commerciali siano considerati solo i costi ad essa inerenti e non quelli ricollegabili alle altre attività, imponibili e non. Le modifiche apportate nel 1993 e nel 1997 seppur hanno specificato quanto già previsto nella disposizione precedente in forma implicita, procedono ad una distinzione più netta delle spese che riguardano l’attività commerciale da quelle che invece riguardano le attività istituzionali, sino alla previsione dell’obbligo di una contabilità separata (art 144, 2° comma). Sino a quando non sono state introdotte tali modifiche , i costi delle attività commerciali secondarie venivano determinati secondo un criterio forfettario in quanto non era previsto l’obbligo della redazione di un bilancio autonomo. Era pertanto possibile che una parte delle spese dell’ente venissero a gravare sull’attività commerciale svolta. La forfetizzazione previgente, che poteva consentire che una parte delle spese dell’ente venissero a gravare sull’attività commerciale svolta, essa rimane applicabile 145 solo alle ipotesi in cui i “proventi da attività commerciali” non superano l’entità fissata dall’art 18 del dpr n.600 del 1973. Ciò significa che la disciplina prevista per la determinazione dell’imponibile delle attività commerciali svolte da enti non commerciali, tende ad essere omogenea a quella di carattere generale, seppure con le precisazioni conseguenti alle caratteristiche degli enti e, pertanto, prevede la determinazione forfettaria solo per semplificare gli obblighi contabili delle imprese minori. Tale funzione è diversa da quella della determinazione forfettaria disposta dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, per le

associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro poi estesa alle associazioni senza scopo di lucro e alle associazioni pro-loco dall'articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66 che viene esclusa dall’ambito di applicazione dell’art 109 bis. Proprio tale esclusione evidenzia che solo il criterio di determinazione dell’imponibile disposto per gli enti non commerciali ha lo scopo di semplificare gli adempimenti, mentre l’altro ha anche una funzione agevolativa.

In conclusione il particolare criterio stabilito per la determinazione dell’imponibile degli enti non commerciali ha lo scopo di evitare che organizzazioni non tipiche vengono utilizzate, in assenza di una quantificazione ad hoc, a fini elusivi, e cioè per ottenere un risparmio d’imposta. L’assetto normativo scelto per la determinazione è quindi parte integrante della disciplina degli enti non societari, e conferma le scelte normative di fondo. Anche sotto il profilo quantitativo la diversa forma giuridica assunta per l’esercizio di attività economiche non determina un diverso trattamento fiscale. La distinzione del metodo adottato per gli enti non commerciali rispetto a quello degli altri enti non societari ha pertanto lo scopo di impedire che le attività economiche vengano tassate in una misura diversa da quelle svolte da altri soggetti.

2.2. Le esclusioni applicabili agli enti non commerciali.

Nel documento Enti non commerciali (pagine 40-42)