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Le imposte Indirette 1 L’Iva

Nel documento Enti non commerciali (pagine 55-61)

2. Adempimenti contabili e fiscali enti non commercial

2.7. Le imposte Indirette 1 L’Iva

Per la comprensione dell’imposta sul valore aggiunto per gli enti non commerciali è necessario evidenziarne i tratti essenziali. L’Iva è un’imposta che colpisce l’incremento

di valore dei beni ceduti e dei servizi prestati nei passaggi successivi da questi attraversati prima di poter essere goduti dal consumatore finale. Sarà poi quest’ultimo a dover sottostare all’intero gravame impositivo, essendo l’unico soggetto a non potersi avvalere del meccanismo di detrazione consentito invece agli intermediari del ciclo. L’imposta si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni nonché sulle importazioni. È dunque, un’imposta da applicare mediante addebiti ai terzi e versamento conseguente allo stato. È necessaria quindi la contemporanea presenza di tre presupposti: 1) si deve trattare di cessioni di beni o di prestazioni di servizi; 2) tali attività vanno svolte nel territorio dello Stato; 3) ci deve essere esercizio di un’impresa ossia svolgimento di un’attività commerciale abituale. In via generale, può dirsi che costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che originano un trasferimento di proprietà ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere, costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia di mediazione. In secondo luogo, il requisito di territorialità viene soddisfatto, salvi casi particolari previsti dalla normativa, quando le cessioni di beni vengono effettuate nel territorio dello Stato ed hanno come oggetto beni immobili o beni nazionali, comunitari o vincolati al regime delle temporanee importazioni esistenti nel territorio dello stesso, ovvero beni mobili spediti da altro stato membro della Cee installati, montati nel territorio dello stesso o da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero. Il tema più complesso riguarda il rapporto con l’esercizio di un’impresa. Ai fini Iva, si ha esercizio di impresa nel caso di esercizio per professione abituale. Per potersi dire integrato il terzo requisito è, quindi necessario lo svolgimento di un’attività commerciale, purchè con carattere di abitualità ed indipendentemente sulla sussistenza o meno di un’organizzazione alla base. Ciò che, però contraddistingue l’ente non commerciale è il fatto che l’attività non commerciale non deve costituire l’oggetto esclusivo o principale dell’ente stesso. Quindi mentre per le società commerciali aventi ad oggetto principale l’esercizio di attività d’impresa, tutte le operazioni svolte sono considerate dalla normativa Iva presuntivamente commerciali, per gli enti non commerciali si considerano effettuate nell’esercizio di impresa solo ed esclusivamente le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate purchè non occasionalmente non rimanendo quindi soggette al tributo, neppure formalmente, le attività istituzionali. Se quindi l’attività svolta dall’ente non è un’attività commerciale, per tale attività l’ente non

sarà soggetto ad Iva. Diventa per tale ragione, indispensabile identificare quando un’attività si qualifica come commerciale. Tralasciando l’esame degli enti pubblici e concentrando la propria attenzione su quelli di natura privata, si rende necessario individuare tre tipologie di soggetti, rispetto ai quali è dato rinvenire tre diverse discipline normative:

a) enti (di tipo Istituzionale) la cui attività è rivolta prevalentemente all’esterno (fondazioni, comitati). Per questi soggetti si applica la regola generale secondo cui gli enti non commerciali non sono soggetti passivi d’imposta per l’esercizio delle attività istituzionali ma solamente per le attività commerciali o agricole eventualmente esercitate in via secondaria (art. 4, comma 4, DPR n. 633/72). Tuttavia si applica il regime di esclusione per le occasionali raccolte pubbliche di fondi. Sono tali le raccolte di somme di denaro realizzate in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Unico obbligo previsto ai fini dell’attivazione del citato regime di esclusione è quello di redigere entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio un apposito rendiconto, accompagnato da una relazione illustrativa, da cui devono emergere le entrate e le spese relative ad ogni manifestazione in relazione alla quale si è svolta la pubblica sottoscrizione di fondi. Sono in ogni caso considerate commerciali ( cd. presunzioni di commercialità) le attività indicate dall’art. 4, comma 5, del DPR n. 633/1972. L’art. 4 comma 5 individua una serie di operazioni qualificate in ogni caso commerciali, anche se effettuate da enti pubblici, e consistenti più precisamente: - nelle cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita – nell’erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore – nella gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale – nella gestione di spacci aziendali, gestioni mense e somministrazione di pasti – nel trasporto di persone – nell’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici – nei servizi portuali ed aeroportuali – nella pubblicità commerciale – nelle telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari . b) enti (di tipo associativo) la cui attività si rivolge soprattutto a vantaggio dei propri associati. Anche per tali enti valgono le prime due regole esposte con riferimento agli enti di cui al punto a) ossia l’esclusione della commercialità per quelle operazioni effettuate nell’esercizio delle attività istituzionali e quelle consistenti in occasionali raccolte pubbliche di fondi. A differenza degli enti di cui al punto a), le associazioni si caratterizzano per la prevalenza delle attività svolte nei confronti dei propri componenti. In relazione all’attività “interna” l’art. 4, comma 4, secondo periodo, del D.P.R. 633/72, prevede che debbano considerarsi commerciali “ le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di

contributi supplementari in funzione delle maggiori o diverse prestazioni cui hanno diritto”. (la norma ha una chiara finalità antielusiva). La remunerazione dell’attività interna (cessione di beni e prestazione di servizi a favore degli associati) deve essere “supplementare”, cioè deve consistere in un corrispettivo specifico che esula da quanto versato in relazione allo status di associato (quota associativa). Come si vede, l’attribuzione della natura commerciale dell’operazione realizzata è improntata all’unico criterio della corrispettività delle controprestazioni, a prescindere quindi dall’abitualità dell’attività, che invece costituisce il discrimine per le attività di tipo “esterno”, ossia rivolte a soggetti diversi dagli associati.

c) Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus): enti caratterizzati da una finalità di solidarietà sociale.

Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale si identificano, essenzialmente, per l’attività istituzionalmente svolta e per le finalità di solidarietà sociale, entrambe stabilite dalla legge (art. 10 del d.lgs. 460/1997) Vi sono alcuni soggetti (enti pubblici, fondazioni bancarie, società diverse dalle cooperative) che non possono mai assumere la qualifica di ONLUS. Al contrario, altri soggetti (organizzazioni di volontariato ex legge n. 266/91) sono di diritto ammessi ad usufruire della disciplina dettata per le Onlus. Ora, mentre riguardo agli enti non commerciali di cui ai punti a) e b), il regime tributario applicabile si appunta sulla distinzione tra attività commerciale ed attività non commerciale, le operazioni effettuate dalle Onlus rientrano nel campo di applicazione dell’Iva e ad esse si applicano le regole ordinarie, indipendentemente dal fatto che si tratti di attività istituzionali o di attività connesse commerciali. Alcune attività vengono poi considerate esenti: in relazione ad esse le Onlus non applicano l’imposta ma rimangono soggette a tutti gli ordinari obblighi previsti dalla normativa (fatturazione, registrazione, dichiarazione). E’ poi previsto l’esonero dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi, mediante ricevute o scontrino fiscale, per le attività istituzionali (art. 15 del d.lgs. n. 460/1997). È poi essenziale sottolineare il fatto che la non imponibilità delle operazioni con natura commerciale implica la conseguenza che l’Iva corrisposta per ogni forma di acquisto riferibile a tali attività, non potrà essere ammessa in detrazione. Infatti per gli enti non commerciali l’istituto della detrazione dell’Iva è disciplinato dall’art. 19ter del DPR 633/72, il quale appunto limita la detraibilità agli acquisti fatti nell’esercizio di attività commerciali o agricole. Oltre a questa condizione di natura sostanziale, l’art. 19ter, comma 2 impone il rispetto di altre due condizioni di natura formale: - l’attività commerciale o agricola deve essere gestita con contabilità separata rispetto a quella

istituzionale – la contabilità deve essere conforme alle disposizioni in materia di corretta tenuta delle scritture contabili (art. 20 D.P.R. 600/1973). Se poi un determinato bene o servizio viene utilizzato promiscuamente, per l’esercizio dell’attività commerciale e dell’attività istituzionale, è ammessa in detrazione l’Iva per la parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale. L’adozione dei criteri “oggettivi” per la determinazione della quota di imposta afferente l’attività commerciale, ergo detraibile dall’imposta gravante sulle operazioni attive , risulta coerente con le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria secondo cui i criteri adottati devono essere coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. La circolare Ministeriale medesima (n. 328 del 24 dicembre 1997) propone l’esempio delle spese di riscaldamento di un fabbricato utilizzato promiscuamente per l’attività istituzionale e per quella commerciale in base alla cubatura dei rispettivi locali. Riguardo le Onlus, come già detto, non rileva la distinzione tra attività principale e attività secondaria, essendo assoggettata l’Onlus al regime ordinario dell’Iva. Ne deriva che anche le regole di detrazione saranno quelle ordinarie ( senza nessuna distinzione tra acquisti realizzati per l’esercizio di attività commerciali e quelli realizzati per l’esercizio di attività non commerciali) con la possibilità conseguente di usufruire dell’applicazione del pro-rata nel caso di operazioni esenti.

2.7.2. L’Irap

Il presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi. È l’essere una struttura permanente, in sostanza, ad attivare il presupposto d’imposta, che nel caso degli enti non commerciali afferisce in ogni modo al rilievo tributario sia per quanto attiene l’area istituzionale che per quel che riguarda l’area commerciale ove presente. L’Irap è un’imposta reale, trova applicazione indipendentemente dalla forma giuridica, dal tipo di attività e dalla destinazione dei beni o dei servizi prodotti. Gli enti non commerciali risultano, pertanto, interessati a tale imposta insieme alle imprese, ai lavoratori autonomi, agli enti statali e alle altre amministrazioni locali ed ai prodotti agricoli. La base imponibile dell’Irap in via generale, deve essere determinata in riferimento al valore aggiunto prodotto nel territorio regionale e risultante dal bilancio con le eventuali variazioni previste per le imposte erariali sui redditi e per i soggetti non obbligati alla redazione del bilancio, della dichiarazione dei redditi in particolare per gli enti non commerciali oltre che per lo Stato e le altre amministrazioni pubbliche, la base imponibile, relativamente alle attività non

commerciali deve essere costituita esclusivamente dall’ammontare delle retribuzioni e dai compensi erogati per retribuzioni, redditi assimilati e compensi per collaborazioni coordinate e continuative ( metodo retributivo). L’aliquota dell’Irap fissata inizialmente è del 4.25%, con attribuzione alle regioni del potere di maggiorare l’aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale. L’assoggettamento ad Irap comporta obblighi dichiarativi, in connessione o in alternativa alla dichiarazione dei redditi.

2.7.3. Imu

L’imponibilità degli immobili posseduti e a vario titolo utilizzati dagli enti non commerciali e, in particolare, da ONLUS ed enti ecclesiastici, è stata caratterizzata da continui –e spesso contraddittori – mutamenti normativi e interventi interpretativi e giurisprudenziali. La revisione normativa avviata con il D.L. n. 1/2012, a seguito dell’apertura di una procedura di infrazione europea per aiuti di Stato, con l’individuazione della fattispecie ad uso “promiscuo” (commerciale-non commerciale) del medesimo immobile e con il successivo percorso attuativo, sembra poter dare maggior stabilità e certezza al regime di imposizione cui sono sottoposti gli immobili in questione. Il Ministero delle Finanze ha fornito chiarimenti sull’obbligo di presentazione del modello della dichiarazione e chiarimenti in merito alla suddetta imposta. Tale modello di dichiarazione, approvato con D.M. 26 giugno 2014, rappresenta la prima dichiarazione IMU da presentare sotto il regime dell’IMU. L’obbligo di presentazione interessa gli enti non commerciali in possesso di uno o più immobili destinati almeno parzialmente all’esercizio, con modalità non commerciali, delle attività istituzionali di cui all’art. 7, comma 1, lettera i) D.Lgs. n. 504/1992. In base a questa disposizione, sono esenti dall’imposta gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lettera c), Tuir, destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie didattiche, culturali, ricreative e sportive. Per gli immobili ad uso promiscuo, invece, l’esenzione spetta limitatamente alla superficie destinata ad attività non profit. L’esenzione è rapportata alla porzione di immobile in cui si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione della superficie immobiliare adibita esclusivamente a tale attività. Nel caso in cui tale soluzione non sia praticabile, invece l’imposta si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile oggetto di dichiarazione. Le agevolazioni previste dall’art. 73, comma 1, lettera c) del Tuir è cosa diversa da quelle eventualmente riconosciute da ogni singolo Comune per le

Onlus; infatti secondo quanto prevede l’art. 21 del D.Lgs. n. 460/1997, i Comuni possono deliberare nei confronti delle Onlus la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti. Quest’ultima disposizione ha una finalità diversa dall’esenzione disposta in generale per gli enti non commerciali e puo’ essere utilizzata dall’ente impositore laddove ritenga di dover concedere una particolare agevolazione alle ONLUS.

3.Riflessioni derivanti dall’introduzione di leggi speciali: focus su organizzazioni di volontariato e Onlus

Nel documento Enti non commerciali (pagine 55-61)