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Il collegamento nell’art 42, codice del consumo: vecchi dubbi interpretativi.

Fuori dagli argini del codice, in uno slancio per la legislazione speciale, le prime disposizioni italiane in tema di “credito finalizzato”, come rammentato, sono state quelle recate dalla “Legge comunitaria per il 1991”. Traslate, nel 1996, nel T.U.B.; e, successivamente, poste, ante riforma, nel codice del consumo. Fino all‟agosto del 2010, dunque, le uniche norme nazionali, sulla specifica formula in esame, si davano nell‟art. 42, codice del consumo. Lontano, dalle ulteriori disposizioni inerenti al più generale fenomeno di credito al consumo. Queste ultime, infatti, rimanevano nel T.U.B., nella più ampia cornice del Titolo VI, dedicato alla “trasparenza delle condizioni contrattuali” a tutela del “cliente” bancario1

.

Muovendo rapidamente dall‟analisi dell‟ormai superato art. 42, cod. cons. occorre preliminarmente far notare come esso non rechi definizione alcuna sulla tipologia di

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Ancora una volta in senso critico, DONA, Il codice del consumo, regole e significati, Torino, 2005, p. 84.

120 credito concluso con una finalità tesa al consumo2. In altre parole, l‟articolo ora in esame non descriveva in forma ipotetica uno schema di fatto; non ricostruiva, come antecedente, una fattispecie. Bensì, presumendo una particolare forma di credito al consumo per la cui esistenza dovessero essere conclusi due distinti contratti (fornitura e finanziamento), prevedeva esclusivamente conseguenze; recava soltanto la disciplina da applicare. Peraltro, nel solo caso di inadempimento del fornitore.

Per scorporare le problematiche sottese, è necessario analizzare le disposizioni prima vigenti.

In particolare, l‟art. 42, cod. cons. recitava che “nei casi di inadempimento del

fornitore di beni di servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l‟esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore. La responsabilità si estende anche al terzo, al quale il finanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito”.

Orbene, nell‟analisi della norma, si muova dalle informazioni di struttura che da essa potevano essere desunte.

In nome di un accordo intercorrente tra fornitore e finanziatore – in forza del quale il primo si obbligava nei confronti del secondo a concedere facilitazioni finanziarie nella vendita dei suoi beni esclusivamente attraverso la conclusione di contratti di finanziamento tra i suoi clienti e il medesimo finanziatore con cui stipulava l‟accordo – si dava, in ipotesi di inadempimento del fornitore, una disciplina speciale al rapporto contrattuale che legava il finanziatore al consumatore. Disciplina, tra l‟altro, applicabile solo se di tale esclusività il consumatore poteva darne prova.

Alla luce di codesta disposizione, dunque, ciò che poteva desumersi era l‟ambito di applicazione della disciplina speciale in essa recata. In particolare, si percepiva come la norma, al fine di essere applicata, presupponesse un‟operazione con determinate caratteristiche: in essa, il contratto di finanziamento erogato al consumatore doveva essere occasionato da un pressoché contestuale contratto di vendita; il risultato finale doveva essere ottenuto mediante l‟intervento di tre soggetti; il legame che univa tali soggetti non

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Come d’altronde già notava MACARIO, Il credito al consumo, in Trattato di diritto privato europeo, IV, LIPARI (a cura di), Padova, 2003, p. 81 per l’art. 125, T.U.B. prima della sua scorporazione nel codice del consumo.

121 doveva esaurirsi nella vendita e nel finanziamento ma comprendere anche l‟accordo tra finanziatore e fornitore. Accordo, peraltro, che doveva avere un contenuto ben definito3.

Ebbene, in prima analisi, non sembra revocabile in dubbio come, fino alla validità dell‟art. 42, cod. cons., le uniche tecniche commerciali sussumibili all‟interno della norma potessero essere soltanto quelle identificate dall‟Autorità nel “canale indiretto” della porzione di mercato definita come “credito finalizzato”. Dove pluralità di soggetti, negozi e soprattutto convenzioni con il dealer accompagnano l‟operazione di finanziamento per uno specifico fine di consumo.

Una successiva riflessione, poi, è provocata dall‟esame degli effetti che – verificata una struttura come quella del “credito finalizzato” e “indiretto” – la norma intendeva applicare alla fattispecie. La disposizione in esame, infatti, estendeva gli effetti della mancata o non corretta esecuzione dell‟obbligazione dedotta nel rapporto giuridico tra consumatore e fornitore anche ad un altro rapporto. Quello tra consumatore e finanziatore. In ragione di ciò, prevedeva un imprecisato “diritto di agire”. Ne deriva che, come suggerito da autorevole dottrina, dovesse essere la teoria del collegamento negoziale a costituire in un certo senso la chiave di volta per applicare correttamente l‟art. 42, cod. cons.4. Consentendo, cioè, a fronte dell‟inadempimento del fornitore di beni e servizi, al consumatore di agire contro il finanziatore “nei limiti del credito concesso” – da intendersi come capitale oltre interessi – il legislatore suggeriva implicitamente la volontà di dare spazio a quelle frequenti teorie giurisprudenziali e dottrinali che volevano legare le vicende del contratto di finanziamento a quelle del contratto di fornitura5. Ciò, innanzitutto a condizione che esistesse un accordo che attribuisse al finanziatore l‟esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore. E, successivamente nella ristretta forma di un

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Sulla natura di tale accordo, il panorama delle posizioni dottrinali ha suggerito diverse soluzioni, tra le quali la più sostenuta è stata quella della qualificazione dell’accordo in termini di contratto di mandato.

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MACARIO, Il percorso dell’armonizzazione nel credito al consumo, cit., p. 23.

5 A tal proposito, si ricordi che già la Direttiva del 1986 – in particolare, negli artt. 11 e 14 –

impediva la compressione del diritto del consumatore di agire, contro il creditore, mediante la subordinazione di tale facoltà alla condizione che l’offerta preventiva di concessione del credito facesse menzione del bene o della prestazione di servizi finanziati e, contemporaneamente, collegava - in modo implicito ma inequivocabile - il contratto di credito alla fornitura dei beni e servizi anche in assenza di particolari requisiti specificamente espressi. Sulla base di ciò, peraltro, si ricordi che la Corte di Giustizia Europea, prima di emanare la successiva Direttiva del 2008, si era espressa sull’interpretazione delle norme comunitarie sancendo che quelle vigenti in punto di collegamento negoziale consentissero al giudice nazionale di applicare d’ufficio le relative disposizioni giacché esse sono volte ad assicurare “da un canto, la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo … e, d’altro canto, di proteggere i consumatori che ottengono tali crediti” (cfr. Corte di Giustizia CE. 4 ottobre 2007, in Foro it., 2007, IV, p. 590).

122 meccanismo di responsabilità sussidiario, in funzione del quale, nei confronti del finanziatore, potesse agirsi per inadempimento del fornitore soltanto a seguito della infruttuosa costituzione in mora di quest‟ultimo.

Pertanto, sebbene alla disposizione dell‟art. 42, codice del consumo, mancasse propriamente il carattere normativo, non recando in sé la definizione della fattispecie che presupponeva, quest‟ultima poteva essere comunque desumibile attraverso il ricorso alle prassi commerciali, in cui ben note risultavano invece essere le operazioni a cui la norma intendeva probabilmente riferirsi. Operazioni alle quali, per interpretazione di dottrina o di giurisprudenza (soprattutto comunitaria), veniva data qualificazione alla luce della tradizionale teoria sul collegamento negoziale6.

Qualificazione, tuttavia, per mancanza di espressa posizione e soprattutto per contrasto di tesi dottrinali e giurisprudenziali, ancora non univocamente accolta con la disposizione di cui all‟art. 42, cod. cons..

Orbene, in disparte dal profilo della sussistenza o meno di collegamento negoziale, i restanti problemi interpretativi che simile disposizione lasciava immutati non potevano certo considerarsi di scarso valore. Essi, in particolare, interessavano triplice piano. In primo luogo, la comprensione di quali fossero giuridicamente gli elementi di fatto a cui ricollegare l‟applicazione degli effetti disciplinati dalla norma. Ovvero, cosa dovesse intendersi per “concessione di credito” e per “fornitore”. In secondo luogo, la delimitazione dei termini entro cui intendere la condizione (il rapporto di esclusiva tra fornitore e creditore), al verificarsi della quale, applicare gli effetti recati nella norma7. In terzo luogo, l‟individuazione dei rimedi (diritto di agire) esperibili al verificarsi

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GRANATA, Dal credito al consumo al credito al consumatore. Gli impatti della regolamentazione europea e nazionale sul mercato, in Bancaria, 2005, fasc. 6, p. 49.

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Si ricordi che, durante la redazione dell’art. 42, cod. cons. (all’interno del quale sono stati trasfusi, senza alcun cambiamento, i commi 4° e 5° del vecchio art. 125, T.U.B.,), la prima versione della norma non presentava, nel testo, richiami all’accordo di esclusiva, sulla scorta anche del favorevole avviso del Consiglio di Stato, parere 20 dicembre 2004, n. 11602/04, in Foro. It., 2005, III, p. 348. Tuttavia, simile tentativo fu vanificato dai rilievi critici mossi dall’ABI secondo cui la nuova disposizione non avrebbe operato “un equo contemperamento degli interessi del consumatore, oggetto di tutela da parte del codice del consumo, con quelli del finanziatore, anch’essi meritevoli di tutela adeguata” (v. ABI, Codice del consumo, circ. n. 23, Serie Legale, 23 dicembre 2005, p. 3) e tendenti ad aumentare l’accesso al credito, senza riversare genericamente sul finanziatore i costi per l’inadempimento altrui. In un primo momento, pertanto, simili critiche risultarono accolte: fu ristretto il campo di azione dentro il quale applicare il regime di responsabilità anche del finanziatore. Tuttavia, con la successiva riforma del 2010 e l’estensione dell’ambito di applicazione della medesima responsabilità, la versione del testo normativo – come si vedrà – non fa più riferimento agli accordi di esclusiva. Il maggior rischio per gli istituti finanziari è però risolto con la sottoscrizione obbligatoria dell’assicurazione nell’erogazione del finanziamento.

123 dell‟inadempimento del fornitore, posto che la responsabilità profilata nei confronti del finanziatore pareva essere di carattere sussidiario8.

A fronte di simili incertezze e, presumibilmente, per sopperire alla mancanza di una chiara presa di posizione sul profilo del collegamento negoziale, il legislatore redattore dell‟art. 42, cod. consumo, aveva mantenuto nel T.U.B. duplici disposizioni speciali applicabili alle figure di “credito finalizzato”. Ad esse, l‟interprete ricorreva – seppur con scarsi risultati - per tentare di ricostruire conseguenze di disciplina più complete nello specifico fenomeno in esame.

Duplici, dunque, le disposizioni recanti ulteriori profili di disciplina: da un lato, l‟art. 124, comma 3, del Testo Unico bancario che dava conseguenze espressamente applicabili solo ai “contratti di credito al consumo che abbiano ad oggetto l‟acquisto di

determinati beni o servizi”; dall‟altro. l‟art. 125, T.U.B. genericamente applicabile, invece,

a tutte le formule di declinazione del fenomeno. “credito al consumo” ma particolarmente utile per i casi di “credito finalizzato” qui in esame.

Segnatamente, con il primo articolo, venivano regolate le ipotesi in cui i contratti finalizzati all‟acquisto di specifici beni o servizi non contenessero: la descrizione analitica dei beni; il prezzo di acquisto del bene e le condizioni per il trasferimento della proprietà, nel caso in cui esse non fossero immediate. In tali ipotesi, la norma comminava la nullità dei contratti in esame; peraltro, in aggiunta ai rimedi previsti per i generici contratti di credito al consumo nel caso in cui essi non contenessero le basilari indicazioni sul TAEG, rate, importi e garanzie poste a tutela del finanziamento9.

Con il secondo articolo, invece, si davano disposizioni varie a tutela del consumatore. In particolare il comma 1, dell‟art. 125, T.U.B. prevedeva che “le norme

dettate dall‟art. 1525 del codice civile si applicano anche a tutti i contratti di credito al consumo a fronte dei quali sia stato concesso un diritto reale di garanzia sul bene acquistato con il denaro ricevuto in prestito”10. Il rinvio alla disciplina recata nel codice

8 MACARIO, Il percorso dell’armonizzazione nel credito al consumo, cit., p. 24.

9 Si è avuto modo di prendere in esame la disposizione nell’analisi dei meccanismi di tutela inseriti

nel vecchio T.U.B. (v., supra, Parte I, Cap. II, Sezione II, § 1) nella parte in cui sancisce come la mancata indicazione di clausole su: a) l’ammontare e le modalità del finanziamento; b) il numero, gli importi e la scadenza delle singole rate; c) il TAEG; d) il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essere eventualmente modificato; e) l’importo e la causale degli oneri che sono esclusi dal TAEG; f) le eventuali garanzie richieste; g) le eventuali coperture assicurative richieste al consumatore e non incluse nel TAEG, non possano comportare addebiti al consumatore. L’assenza (o la nullità) di simili clausole veniva superata mediante il meccanismo dell’integrazione di diritto.

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Da notare l’asimmetria che, in questo modo, si poneva con il credito chirografario. Nel cui ambito, tuttavia, il consumatore-mutuatario con difficoltà nel rispettare gli artt. 1819 e 1820 cod. civ.,

124 civile per la vendita a rate con riserva di proprietà consentiva al consumatore di subire la risoluzione del contratto, con la restituzione per intero della somma finanziata, nel solo caso in cui il mancato pagamento dei canoni superasse l‟ottava parte del prezzo11

. Con codesto rinvio, dunque, si permetteva a figure negoziali diverse dalla vendita rateale con patto di riserva della proprietà, di applicare al consumatore il beneficio accordato dall‟art. 1525, cod. civ. invece dell‟ordinaria disciplina prevista nei modelli negoziali aventi causa di finanziamento12. Tale deroga, tuttavia operava nei soli casi in cui fosse stato concesso un diritto reale di garanzia: un numero ristretto di ipotesi a confronto con il meccanismo in cui, più comunemente, viene concesso il credito al consumo13.

L‟espressa previsione dell‟estensione del raggio d‟azione dell‟art. 1525, cod. civ., però, richiamava alla mente la limitrofa questione relativa all‟applicabilità o meno dei rimedi previsti dall‟art. 1526, cod. civ. . A fronte del silenzio normativo, diverse le opzioni interpretative assunte: da un lato, coloro che insistevano nella natura eccezionale della norma e nella conseguente impossibilità, per codesta, di essere oggetto di un‟applicazione analogica. Dall‟altro, coloro che individuavano nell‟identica ratio legislativa la giustificazione dell‟applicazione del meccanismo in esame14

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Orbene, a prescindere dalle diverse posizioni su quest‟ultimo profilo, uno è il dato incontrovertibile. Le conseguenze di disciplina, previste dalla previgente impostazione normativa del “credito finalizzato”, non si discostavano dai risultati che l‟elaborazione giurisprudenziale, in assenza di norme, aveva già raggiunto attraverso l‟accostamento del credito in esame con gli schemi negoziali della vendita rateale o del leasing al consumo, oltre che del mutuo di scopo.

avrebbe potuto sollevare l’eccezione sulla vessatorietà di clausole. Vessatoria, infatti, risulterebbe la

clausola che conferisce importanza all’inadempimento di una sola rata di mutuo ai fini risolutivi del contratto, stante il disquilibrio posto in essere tra le parti.

11

Si discuteva se l’ottava parte del prezzo si riferisse al bene oggetto della vendita ovvero alla somma dell’intero finanziamento corrisposto al consumatore, al netto dell’eventuale acconto; o ancora al totale del finanziamento, comprensivo di capitale e interessi. CENDON, Compravendita e figure collegate, cit., p. 32 prediligeva quest’ultima, stante l’irrilevanza del prezzo del bene nei contratti di credito finalizzato.

12 Per modo d’esempio, in caso di mutuo, la disciplina prevista dall’art. 1819, cod. civ. che

comporta, al mancato pagamento di una sola rata, l’obbligo di immediata restituzione dell’intera somma mutuata.

13 Secondo BARTOLOMUCCI, Dal credito al consumo al credito ai consumatori. La disciplina del

credito al consumo in Italia, in Consumer’s forum, Roma, 2006, p. 11, la scelta del legislatore del T.U.B. del 1996 di applicare esplicitamente l’art. 1525, cod. civ. solo alle ipotesi di credito garantito sarebbe motivata proprio dalla tutela del riservato dominio e dell’ipoteca mobiliare che permetterebbe di far sopportare al consumatore il rischio di un inadempimento maggiore del mancato pagamento di una sola rata. Stessa possibilità, invece, non sarebbe data nel credito chirografario.

125 Da un lato con le nullità di protezione, dall‟altro con l‟applicazione di una disciplina più favorevole al finanziato, rispetto a quella generale o a quella propriamente del mutuo, la scelta legislativa comunque si spiegava al fine di rafforzare la tutela dell‟acquirente/consumatore. Su questa scia, è stato dato valore anche all‟ipotesi di un collegamento (pur non espresso).

Inespresso, almeno fino alla recente riforma del 2010.

2. La definizione di “contratto di credito collegato” recata dall’attuale art. 121, comma 1, lett. d), T.U.B. . Confronti.

In ragione dell‟ampiezza dei riferiti dubbi e del frequente contrasto attraverso cui gli stessi venivano risolti – tal volta negando il collegamento tra le figure negoziali coinvolte, tal‟altra confermandolo – è presto motivabile il successivo intervento normativo sulla materia.

Dapprima, attraverso la ricordata legislazione comunitaria del 2008. Che, com‟è ormai noto, viene recepita in Italia dal D. Lgs. 141/2010. Esso, modificando profondamente la disciplina delle vendite finanziate - nel tentativo di chiarire gli elementi di fatto della fattispecie ed agevolare, così, il compito dell‟interprete nella sussunzione dei fatti nello schema della norma -, ha alla fine: definito cosa intendersi per “contratto di credito collegato”; statuito un tipo di collegamento legale per le figure in esso riconducibili. Poi, sul piano degli effetti, ha recato profili di disciplina che derivano da simile collegamento ormai di tipo legale.

Tuttavia, in linea preliminare, occorre rilevare come l‟introduzione della nuova disciplina non sembri comunque aver risolto tutti i problemi interpretativi. La statuizione di un collegamento da parte del legislatore che imponga, al ricorrere di alcune condizioni, il collegamento tra i due contratti costanti del “credito finalizzato”, invero, non sembra sedare tutti i dubbi. Sicuramente non quelli sottesi, per lo meno, al piano degli effetti.

Ma, nell‟analisi dei risultati normativi, si muova innanzitutto dalle disposizioni per delimitare gli elementi della fattispecie al ricorso dei quale il legislatore ha da ultimo decretato il collegamento.

Muovendo dalle norme comunitarie d‟impulso alla riforma, si rammenta che, stando alla definizione contemplata dalla lett. n) sub art. 3 della Direttiva 08/48/CE, la ricorrenza della fattispecie del “contratto di credito collegato” è subordinata alla cumulativa sussistenza di due requisiti consistenti nell‟essere il credito destinato

126 “esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla

prestazione di servizi specifici” e nel costituire i due contratti “oggettivamente un‟unica operazione commerciale”. Ovvero un‟operazione in cui sia il fornitore stesso ad agevolare

la vendita mediante la dilazione del pagamento; oppure sia sempre il medesimo ad avere un rapporto giuridico che lo leghi al finanziatore qualora quest‟ultimo sia un terzo estraneo alla fornitura; oppure, ancora, sia specificato il bene o il servizio nei confronti del cui acquisto, il finanziamento risulti strumentale15. In concomitanza di codesti requisiti, il finanziatore del credito collegato dovrà – ai sensi dell‟art. 15, Direttiva 08/48 – rispondere dell‟inadempimento del fornitore se, esperita inutilmente l‟azione nei confronti di quest‟ultimo16

, il consumatore non abbia visto soddisfatto il suo interesse a godere del bene di consumo acquistato.

Nel recepimento dell‟art. 15, Direttiva 08/48 sugli effetti dell‟inadempimento del fornitore nei contratti di credito collegato e, ancor prima, nel recepimento dei presupposti all‟interno di cui applicare il medesimo articolo secondo quanto sancito dalla lett. n) dell‟art 13, Direttiva 08/48 il legislatore italiano definisce, a sua volta, nel diritto interno, da un lato, la peculiare forma del “contratto di credito collegato” e, dall‟altro, reca disciplina in caso di inadempimento.

Ebbene, nel dettato normativo relativo al primo profilo – definizione della fattispecie in esame - lo stesso legislatore manifesta pressoché pedissequamente la sua osservanza ai criteri comunitari, costituendo il perimetro delle figure rientranti nel

15

A confronto con l’art. 11 Direttiva 87/102/CEE, come interpretato dalla Corte di Giustizia – v. Corte Giust., 4 settembre 2007, cit., e, da ultimo, Corte Giust., 23 aprile 2009, proc. C-509/07 – in cui, si ricorda, che la responsabilità del finanziatore in caso di inadempimento del fornitore era ritenuta applicabile non solo ai contratti di credito conclusi per finanziare specifiche operazioni ma anche alle diverse ipotesi nelle quali il negozio di finanziamento non riportasse menzione del bene al cui acquisto il credito era strutturalmente preordinato (ad es. a semplici aperture di credito), si nota come la più recente Direttiva abbia recato presupposti diversi. Essa infatti, imponendo i requisiti della “funzionalizzazione” alla fornitura o prestazione di servizi e, contemporaneamente, dell’unità dell’operazione commerciale (fornitore in veste di creditore o specificazione dei beni o rapporto fornitore/finanziatore) ha, di fatto, ristretto il campo di applicazione della disciplina speciale prevista, in caso di inadempimento del fornitore, per i “contratti di credito collegato” all’art. 15.

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