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I contratti della fattispecie presupposta: la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici.

Presupposto della fattispecie complessa rappresentata nell‟art. 121, comma 1, lett.

d), T.U.B., si è detto, è anzitutto l‟esistenza di un diverso contratto; genericamente definito

178 Ora, si è sottolineato come il termine fornitura, nell‟inquadramento civilistico, non rechi significati certi. Di talché è preferibile non soffermarsi sul medesimo. Diversamente, ben delimitati sembrano essere i concetti di “beni e servizi”.

Ebbene, di certo, attraverso l‟individuazione dell‟oggetto su cui ricade l‟effetto del negozio, dunque, la norma individua le figure in essa presupposte.

In linea preliminare, si precisa come la locuzione usata dalla norma non si riferisca propriamente a ciò che la dottrina più accorta qualifica come “oggetto” del contratto10

. Bensì essa si rivolge alle “utilità” che cadono sotto il volere delle parti. Utilità che invero, giova ripetere, non identificano l‟oggetto del negozio in esame giacché impediscono una visione totale dell‟aspetto oggettivo del medesimo; o, più propriamente, dell‟oggetto del rapporto giuridico conseguente al contratto in questione.

Ne deriva che, lungi dall‟individuare l‟oggetto del negozio stringatamente definito come “fornitura di beni e prestazione di servizi”, codesta parte di norma descrive una fattispecie identificata principalmente nelle utilità a cui simile negozio potrebbe rivolgersi.

La generalità con cui simile dettato si pone non è priva di significati.

Innanzitutto, come già sottolineato 11 , essa risente principalmente della formulazione data in sede comunitaria. Formulazione, comprensivamente generica giacché prevista per essere recepita da una varietà di ordinamenti giuridici.

Di conseguenza, in tale forma generica è recata al fine di inglobare in sé un variegato numero di figure negoziali. In altre parole, la fattispecie presupposta (fornitura e prestazione) nella complessa fattispecie recata dall‟art. 121, comma 1, lett. d), T.U.B. (credito collegato), può ben dirsi strutturata con formula “aperta”. Vale a dire che, in essa, potrebbero essere sussunte diverse figure negoziali il cui contenuto, voluto dalle parti, ricade su beni e servizi. La fattispecie presupposta, a carattere “aperto”, dunque è capace di rappresentare più figure negoziali.

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E’ sin da subito opportuno segnalare che il problema sull’oggetto del contratto dà, in dottrina, adito a gravi controversie. Secondo un primo orientamento, maggiormente tenuto dai testi manualistici, all’elemento essenziale del contratto qualificato come “oggetto” deve essere attribuito, ai sensi degli artt. 1325 e 1346, cod. civ., il senso di “termine di riferimento esterno” su cui il contratto è destinato ad incidere. Ricostruzione, invero, insoddisfacente per la confusione che essa crea con l’altra, e non meno controversa, nozione di oggetto dell’obbligazione (cfr., tra tutti gli esponenti di tale posizione, si ricordi CATAUDELLA, Sul contenuto del contratto, Milano 1966).

Per tali ragioni, si ritiene opportuno aderire a quella parte della dottrina che discute, a proposito dell’oggetto, di contenuto del contratto. Unica nozione che, si dimostra sufficientemente capace di raffigurare l’intero contratto dal punto di vista oggettivo (SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, 1977, p. 133).

179 Orbene, affrontare l‟individuazione delle figure rientranti nella vaga fattispecie presupposta è metodo ugualmente non soddisfacente.

Di talché, più idoneo appare proseguire l‟individuazione del negozio presupposto mediante il prisma dato da un altro elemento di struttura: la causa. Vale a dire, la ragione pratica del contratto12. O meglio, l‟interesse che l‟operazione contrattuale è diretta a soddisfare13.

Facendo applicazione delle elaborazioni e approfondimenti già enucleati nel corso della ricerca, si potrebbe ben dire che qualora venisse preso in esame il concetto che di causa la tradizionale dottrina sviluppa (funzione economico-sociale del negozio), quella che la fattispecie presupposta ora disvela è rappresentabile nello scambio che realizzi un “do ut des” o un “do ut facias”14

. Vale a dire che, nella fattispecie presupposta, i negozi sussumibili sono quelli dove, principalmente a fronte di un corrispettivo, la parte riceve in cambio la costituzione di una situazione giuridica attiva esercitabile sul bene offerto o sul servizio prestato.

Tuttavia, non è con una concezione così vaga della causa che si può circoscrivere ancor più opportunamente il raggio d‟azione della fattispecie presupposta. Per far ciò, occorre inevitabilmente ricorrere alla teoria della causa concreta, nei termini più volte ricordati nella ricerca.

In questa prospettiva, vengono in aiuto le osservazioni inizialmente poste per affrontare lo studio del fenomeno sul “credito finalizzato”. Si è sottolineato, infatti, come la ragione concreta che muove i singoli consumatori ad innescare l‟operazione qui in esame è l‟esigenza di procurarsi la disponibilità di tutti i beni di consumo di cui abbiano bisogno pur in assenza della disponibilità economica per il pagamento del prezzo.

Ne deriva che lo scambio a cui i medesimi protendono è, principalmente, quello che, a fronte del pagamento di un prezzo, ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa. Identificabile in beni o servizi di consumo.

Tuttavia, la disponibilità di un bene di consumo potrebbe essere soddisfatta in altro modo; magari attraverso il diritto di godimento da esercitare sul bene stesso.

Individuata in questo modo la ragione pratica che muove, nello specifico, i consumatori a concludere i negozi rientranti nella fattispecie presupposta, si è in grado

12

BIANCA, Il contratto, Milano, 2000, p. 448.

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NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, cit..

180 finalmente di individuarne le figure nominate, messe a disposizione dall‟ordinamento, per raggiungere suddetto scopo.

Principalmente, il negozio più in linea con le esigenze astratte e pratiche qui individuate, appare di sicuro la compravendita di cui all‟art. 1470, cod. civ. in cui un consumatore, verso il corrispettivo di un prezzo, sarebbe in grado di avere (peraltro, con la conclusione del contratto) il diritto di proprietà sul bene voluto. Nessun particolare dubbio desta la sussunzione di questa figura tipica all‟interno della fattispecie presupposta in esame. Tuttavia, l‟unico profilo di incertezza potrebbe essere dato da quelle figure di vendita, ad effetti obbligatori, che non permettono una immediata specificazione del bene verso cui si rivolgono (principalmente, vendita di cose generiche; alternativa; di cosa futura). In esse, il requisito della specificità, necessario perché ci sia “credito collegato”, non sarebbe soddisfatto.

Di seguito, sembra possano essere compresi, nella formula “fornitura di beni”, quei contratti con i quali una parte si obbliga, verso corrispettivo, ad eseguire a favore dell‟altra prestazioni periodiche o continuative di cose (art. 1559, cod. civ.). L‟oggetto della prestazione, nel siffatto contratto di somministrazione, è un dare ben sussumibile nella figura “aperta” di cui si discute che non fa distinzioni circa la pluralità o la durata delle prestazioni ad oggetto. Tuttavia, tutto sta nel verificare se le cose sulle quali si esplica il contratto siano, innanzitutto, qualificabili come beni di consumo; di seguito, specificati15.

Poi, potrebbero essere incluse, nella formula “prestazione di servizi”, i contratti di locazione in cui il consumatore dispone di un bene di consumo (macchinari, automobili), attraverso il suo uso per un dato tempo. Sulla base di codeste figure, però, si è sviluppato già l‟innesto tra finanziamento e godimento del bene a cui si è avuto modo di dedicare attenzione nella sua particolare formula volta al trasferimento della proprietà (leasing traslativo di consumo).

Ancora, potrebbe qui rilevare la figura attraverso cui, a fronte del pagamento di un corrispettivo, il consumatore potrebbe ottenere principalmente lo svolgimento di un servizio ai sensi dell‟art. 1655, cod. civ.. Il compimento di un‟opera, attraverso il modello dato dal contratto di appalto, potrebbe invece più facilmente non essere in linea con il requisito di “bene volto al consumo”.

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Potrebbe, difatti, costituire un generico contratto di credito (seppur non collegato) quello volto a finanziare una somministrazione di traffico telefonico erogata da un gestore telefonico dietro richiesta di un’apertura di credito.

181 Orbene, così sembra potersi delimitare la figura “aperta” a cui la fattispecie presupposta nella norma di cui all‟art. 121, comma 1, lett. d), T.U.B. potrebbe far riferimento.

In disparte da questo schema “aperto” di fornitura, si conclude, come rilevato, la fattispecie recata in ipotesi nella norma citata. Quella cioè, definita come “contratto di credito”. Della medesima, alla luce di quanto finora dedotto, si è in grado di dare la definizione recata nel T.U.B.; altresì, di asserire che trattasi di una figura autonoma e distinta da quella appena esaminata.

4. I contratti della fattispecie recata in ipotesi: il credito con un fine. Rilievo della

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