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La prima fase dell’operazione: il rapporto bilaterale della vendita a rate con riserva della proprietà.

Benché il mercato del “credito finalizzato” sia stato oggetto, in Italia, di positiva disciplina soltanto in seguito alla spinta comunitaria, si è avuto modo di notare come siffatta figura negoziale abbia costituito, ancor prima del 1992, una tra le più comuni operazioni commerciali15. E ciò, per la sua particolare connotazione: essere, il credito, non più rivolto alla produzione, all‟operato dell‟industria o ad altre attività dirette alla creazione di un‟utilità; bensì ad un‟esigenza diversa. Ovvero, al consumo di beni durevoli o semidurevoli (come, per modo d‟esempio, l‟automobile, l‟arredamento o gli elettrodomestici16).

Ebbene, l‟analisi delle prassi commerciali seguite nell‟ambito del “credito finalizzato” ha permesso di rilevare come il fenomeno abbia, dalle sue prime manifestazioni, avuto delle evoluzioni.

Seguendo questa linea, è possibile affermare che i primi ricorsi al credito per finanziare l‟acquisto di beni siano cominciati con la produzione industriale di massa. Attraverso di essa, il finanziamento concesso direttamente dal commerciante alla propria

15

Sul punto, si veda PIA, Aspetti tecnici del credito al consumo, cit., p. 11.

16 Un’indagine coordinata dalle maggiori associazioni di categoria (Adoc; Assoutenti;

Cittadinanzattiva; Confconsumetori; Federconsumatori) ha rilevato che questo genere di finanziamenti corrisponde a quello con il tasso d’interesse più alto (poco meno del 12%) dopo quello associato all’utilizzo delle carte revolging (oltre il 17%). La stessa indagine, infatti, rileva che a fronte di un prestito finalizzato di euro 3.500, in media (secondo le percentuali imposte dai maggiori istituti finanziari quali AGOS, FIDITALIA; FINDOMESTIC; ELASTYS), la spesa totale sostenuta risulta essere di euro 4.008 (+ 14,43 %) composta da: 3.550 € (importo netto finanziato); 343 € (TAEG, pari a 9,8 %); 142 € (costi assicurativi, pari a 4,06 %); 14,62 (oneri fiscali imposti dalla legge); 8,4 € (spese incasso RID/bollettini).

101 clientela per far fronte a situazioni di particolare bisogno ed urgenza nell‟acquisto di beni di prima necessità non bastava più a soddisfare le mutate esigenze produttive17. Che, con la produzione in serie, determinavano una crescente offerta di beni. In ragion di essa, era necessario allocare sempre più beni per rinnovare incessantemente la produzione18. In codesto sistema, la prima produzione su scala, artefice dell‟inaugurazione dei primi finanziamenti appositamente elargiti a fini consumeristici, è stata, secondo la ricostruzione storica che autorevoli Autori hanno dettagliatamente elaborato19, quella della macchina da cucire “Singer”.

Ebbene, per agevolare l‟acquisto di simili iniziali produzioni di massa, lo strumento giuridico “di prima generazione” usato è stato innanzitutto quello della vendita a rate con riserva della proprietà20. Strumento che, per la sua struttura, poteva soddisfare le esigenze di credito limitatamene all‟acquisto di beni durevoli21

; non già quelli semi-durevoli o di prima necessità.

Ciò nonostante, almeno in un primo momento, codesto strumento ha saputo sintetizzare, nella sua struttura e disciplina codicistica, gli interessi dell‟acquirente – incapace di versare interamente in un‟unica soluzione il prezzo del bene – con quelli del venditore, propenso alla distribuzione delle sue merci. Sintesi in cui si otteneva un‟inscindibile fusione tra finanziamento e vendita giacché lo scambio risultava essere la causa dell‟intero contratto di vendita; il credito lo strumento ad esso. Strumento che, a ben vedere, si sostanziava esclusivamente in una modalità di esecuzione della prestazione: la dilazione del pagamento. In questo modo, da un lato, il venditore costituiva idonea garanzia attraverso la riserva di proprietà degli stessi beni venduti nel rispetto della natura mobiliare del bene per il cui acquisto veniva concesso il credito. Dall‟altro, il soggetto

17

Generalmente, si trattava di accordi con i negozianti in cui, all’atto dell’acquisto, si rinviava il pagamento di una parte del prezzo in più scadenze successive. Con tale acquisto si otteneva l’immediato trasferimento in capo all’acquirente del diritto di proprietà sul bene e, contemporaneamente, un semplice differimento dell’esigibilità di una parte del prezzo, tramite successivi termini a favore del compratore stesso.

18 GORGONI, Il credito al consumo, CENDON (a cura di), in Il diritto privato oggi, cit., p. 7. 19

In forma più completa, PIEPOLI, Il credito al consumo, cit.; ma anche ASCARELLI, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario del codice civile, SCIALOJA-BRANCA (a cura di), in Commentario al codice civile, Bologna-Roma, 1959; FABRIZI, Il credito al consumo, Milano, 1975.

20

Sulla scia di esse, si sono poste le carte di credito bilaterali e le vendite in conto deposito. Quest’ultima, consistente, come è noto, nell’inviare la merce in conto deposito e rimandare il passaggio della proprietà al momento in cui il commerciante avrà concluso la vendita e perciò sarà in grado di rappresentarne il prezzo.

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Quei beni, cioè, che PIEPOLI, Il credito al consumo, cit., p. 15 definisce “tendenti a conservare un apprezzabile valore commerciale anche dopo la loro utilizzazione”.

102 finanziato otteneva il godimento e l‟utilità immediati del bene stesso, separatamente dalla sua titolarità.

Orbene, la disciplina di simile rapporto bilaterale in cui lo scambio è accompagnato da una peculiare modalità di pagamento del prezzo è ben noto sia regolata agli artt. 1523 e seguenti del codice civile. In essi, è data disciplina del tipo di vendita attraverso la fissazione di alcuni essenziali caratteri eccezionali rispetto alla figura contrattuale recata dagli artt. 1470 ss., cod. civ. 22. Primo fra tutti, quello che riguarda il principio consensualistico tipico dei contratti di alienazione. Al contrario della vendita, infatti, nella figura prevista dall‟art. 1523, cod. civ. concluso il contratto, la proprietà non si trasferisce immediatamente al compratore, ma rimane al venditore fino al pagamento dell‟ultima rata di prezzo. Tuttavia, il bene oggetto della vendita viene consegnato al compratore, il quale ne acquista immediatamente il godimento23.

Un secondo profilo di eccezionalità recato dalla disciplina della vendita a rate con riserva di proprietà, poi, è dato dal rischio per il perimento fortuito della cosa. Esso, a differenza della regola generale, non grava sul proprietario del bene bensì è posto a carico di colui che ne ha la detenzione: il compratore, dunque, lo sopporta sin dal momento della consegna, benché la cosa non sia ancora di sua proprietà24.

In terzo luogo, infine, la particolarità della disciplina in esame pone l‟attenzione sulle regole date in caso di inadempimento del compratore che, non pagando le rate, determina la risoluzione del contratto. Ai sensi dell‟art. 1525, cod. civ. è data infatti una peculiare applicazione del principio circa l‟importanza dell‟inadempimento ex art. 1455, cod. civ. nella parte in cui, a tutela del compratore, la legge stabilisce che nella vendita a rate con riserva di proprietà il mancato pagamento di una sola rata – che non superi l‟ottava parte del prezzo – non sia causa di risoluzione. Nullo ogni patto contrario, si ricorda che nel rispetto di questi criteri il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive25. Diversamente, con la risoluzione del contratto per l‟inadempimento

22 Tuttavia, parte della dottrina FERRANDO, Credito al consumo: operazione economica unitaria e

pluralità di contratti, cit., p. 599 precisa come, in simile disciplina della vendita rateale, la funzione di finanziamento all’acquisto non assuma una sua autonoma rilevanza, ma si attui all’interno del tipo contrattuale della compravendita, mediante clausole che prevedono il pagamento rateale e la riserva di proprietà.

23

La cosa, non essendo subito di proprietà del compratore, non è pignorabile dai suoi creditori sempre che la riserva di proprietà sia opponibile ad essi: ovvero, se stipulata con atto avente data certa e anteriore al pignoramento (art. 1524, cod. civ.).

24

ZATTI COLUSSI, Lineamenti di diritto privato, Padova, 2009, p. 535.

25

Ciò a differenza di quello che accade nella disciplina del contratto di mutuo per cui, ai sensi dell’art. 1819, cod. civ. “se è stata convenuta la restituzione rateale delle cose mutuate e il mutuatario non

103 del compratore, ai sensi dell‟art. 1526, comma 1, cod. civ. nasce l‟obbligo del venditore di restituire le rate riscosse, “salvo il diritto a un equo compenso per l‟uso della cosa, oltre al

risarcimento del danno”26

. Che, qualora vi sia l‟accordo, può essere costituito dall‟importo complessivo delle rate già riscosse: in questo caso, dunque, al venditore, a titolo di indennità, è consentito trattenere le rate pagate salvo che il giudice, secondo le circostanze, riduca l‟indennità convenuta nel contratto.

Ebbene, le peculiarità sancite dagli artt. 1525 e 1526, cod. civ. sono quelle che rivestono il ruolo più importante all‟interno del fenomeno in esame giacché, configurandosi come una tutela a beneficio dell‟acquirente, appaiono meglio soddisfare la logica di protezione del contraente nelle pratiche commerciali, spesso aggressive, dettate dai professionisti.

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