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Credito e consumo alla luce della Carta Costituzionale L’attività creditizia ai sensi dell’art 47, Cost

Definito come fenomeno sociale che interessa gli organismi di settore (istituiti di credito, intermediari e mediatori finanziari); che condiziona le scelte economiche e altresì che preoccupa le politiche attuali, lo strumento del credito al consumo deve essere ora esaminato da un iniziale punto di vista giuridico. Preliminarmente nella sua funzione, successivamente nella sua collocazione e regolazione.

Muovendo dalla funzione, non si può prescindere da un approccio costituzionale al tema. Nella Costituzione, infatti, quale fonte primaria dell‟ordinamento giuridico, è dato rinvenire i principi fondamentali ed i diritti e doveri dei cittadini; anche nell‟ambito dei loro rapporti economici (Parte I, Titolo II, Cost.)1.

1 Per un maggiore approfondimento sui rapporti economici nella Costituzione si guardi BARILE, Il

soggetto privato nella Costituzione italiana, Padova, 1953; SANTORO PASSARELLI, L’autonomia dei privati nel diritto dell’economia, in Dir. Econ., 1956, p. 1213; BELVISO, Il concetto di iniziativa economica privata nella Costituzione, in Riv. Dir. Civ., 1961, p. 149; CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1971;

39 Attraverso la precedente indagine socio-economica, il contratto di credito al consumo è stato finora inteso come quella forma di finanziamento alla quale il consumatore ricorre per soddisfare le sue esigenze di consumo, anche superando i propri limiti economici. Di talché, due sono i profili che entrano in gioco nella complessa figura: da un lato, quello della propensione a superare i limiti del risparmio per incentivare il consumo oltre le proprie disponibilità; dall‟altro, l‟estensione dell‟esercizio del credito.

Ora, “risparmio” e “credito” sono oggetto di disciplina da parte della Costituzione tesa a proteggere, attraverso entrambi, situazioni giuridiche meritevoli di tutela. Protezione che invero non sembra propriamente in linea con le prospettive sottese all‟operazione di cui si discute. Ma si proceda con ordine, affrontando l‟impostazione data al tema dalla Carta costituzionale.

Per far ciò, si muova dal “credito”, in quanto più veloce e stringato il riferimento che la Costituzione fa ad esso. Eppure, carico di significati collegati.

Ebbene, la Costituzione non manca, seppur con poche parole, di prevedere l‟esercizio del credito e di riservare alla “Repubblica” il compito di disciplinarlo, coordinarlo e controllarlo (art. 47, comma 1, seconda parte, Cost.). Codesti principi hanno costituito le direttrici seguite dalla disciplina legale ordinaria, peraltro già pienamente attuate dalle “leggi bancarie” pre-costituzionali2

.

Tratto rilevante della disposizione, attraverso cui si è inteso “dare una testa di

capitolo all‟ordinamento del credito quale risultava dalle leggi bancarie del „36/‟38”3

, è l‟interesse pubblico che si è voluto marcare, anche costituzionalmente, nella disciplina in esame. Affidare, infatti, alla “Repubblica” il compito di disciplinare - controllandolo e coordinandolo con altre attività - l‟esercizio del credito, corrisponde invero a sancire la priorità dell‟interesse pubblico sotteso al fenomeno creditizio.

CAVALIERI, Iniziativa economica privata e costituzione vivente, Padova, 1978; GALGANO, Rapporti

economici, in Commentario alla Costituzione, BRANCA (a cura di), II, 1982; RESCIGNO, Persona e comunità, II, Padova, 1988.

2 In tal senso, GIANNINI, Istituti di credito e servizi di interesse pubblico, in Moneta e credito, 1949,

p. 116. Il quale, da un lato, mette in rilievo come la legislazione bancaria del 1936/38 non abbia subito l’influenza politica imperante nel periodo della sua emanazione; dall’altro, come le espressioni usate nell’art. 47 Cost. fossero uguali a quelle delle legge bancaria. E, soprattutto, come nella legge bancaria e nella Costituzione sia rimasto invariato il collegamento istituito tra risparmio e credito; e, altresì, esplicito il riferimento all’interesse pubblicistico nel settore.

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Così si esprime MERUSI, Commento all’art. 47, in Commentario alla Costituzione, BRANCA (a cura di), Bologna – Roma, III, 1982, p. 158.

40 Ebbene, tale riferimento costituzionale all‟interesse pubblico pare assumere, per la dottrina4, un significato diverso rispetto a quello, ad esso dato, nella legislazione ordinaria. In quest‟ultima, infatti, il riferimento all‟interesse pubblico sembra avere una funzione volta a giustificare, politicamente e giuridicamente, l‟intromissione governativa nell‟organizzazione degli enti creditizi; nonché il loro controllo. Con la conseguenza dell‟effettiva e formale “pubblicizzazione” anche dell‟attività creditizia.

Nella Costituzione, invece, si presume che il medesimo riferimento intenda, piuttosto, segnalare l‟importanza e la rilevanza di interesse generale di un‟attività dal contenuto imprenditoriale e privatistico. Tanto da interpretare, ormai, la disciplina speciale di settore alla luce degli obiettivi socio-economici in vista dei quali la Costituzione prevede l‟intervento pubblico. Vale a dire, tanto da legare l‟art. 47, Cost. agli altri valori costituzionalmente protetti.

Seguendo questa linea, in dottrina si è proceduto dunque a collegare l‟art. 47 con le disposizioni costituzionali recate in tre distinti articoli. Il primo collegamento è stato, anzitutto, compiuto con il principio espresso dall‟art. 36, Cost. teso ad assicurare ad ogni lavoratore il diritto ad una retribuzione quantomeno sufficiente a condurre un‟esistenza dignitosa. Di conseguenza, implicitamente, con il principio volto a dare al lavoratore la capacità di acquisto della moneta e la sua difesa nel tempo. Il secondo collegamento, ha visto poi accostare l‟art 47 con l‟art. 53, Cost. che, nel subordinare i prelievi di ricchezza alla capacità contributiva e al criterio di progressività, incide sulla capacità patrimoniale della società e persegue la lotta all‟inflazione, quale prelievo indiscriminato alla ricchezza. Infine, il terzo collegamento è stato operato con l‟art. 81, ultimo comma, Cost.. Articolo in cui è recato il principio secondo cui le leggi che importano nuove spese debbano indicare i mezzi per farvi fronte, implicando che a tali spese si provveda con entrate effettive e non con un mero allargamento della base monetaria.

Simili disposizioni, interpretate in maniera collegata, conducono a una unica conclusione: la politica prediletta dall‟impostazione costituzionale trova il suo fondamento nella tutela del valore d‟acquisto della moneta. Codesta preminenza, che dà conseguentemente impulso alla tutela del risparmio, dovrebbe essere profusa anche nella disciplina creditizia. Che non a caso, nella Costituzione, all‟art. 47, comma 1, è citata in simbolico subordine alla formula iniziale che sancisce: “La Repubblica incoraggia e tutela

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In questo senso, GENTILI, Risparmio e Credito, in I rapporti economici nella Costituzione, GENGHINI – GENTILI – TAMPONI (a cura di), Milano, 1989, p. 600.

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il risparmio in tutte le sue forme” (incipit dell‟art. 47, comma 1, Cost.). Incoraggiamento e

tutela del risparmio sembrano essere, anche sul piano dell‟attività del credito, le direttrici cardine a cui ispirare l‟intero sistema bancario e monetario italiano.

2. (Segue): il risparmio come forza agli antipodi.

Incoraggiare e tutelare tutte le forme in cui si esplica il risparmio, dunque, è l‟obiettivo a cui, anzitutto, protende l‟art. 47, comma 1, Cost. . Favorire, poi, l‟accesso del risparmio popolare a fini quali la “proprietà dell‟abitazione”; la “proprietà diretta

coltivatrice” ed il “diretto ed indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”5 sembra essere la direzione verso cui il testo costituzionale decide di agevolare l‟investimento della ricchezza patrimoniale risparmiata. L‟art. 47, comma 2, Cost., come appena riportato, si preoccupa infatti di tutelare l‟investimento del risparmio soltanto in funzione di determinati e limitati interessi familiari, produttivi e nazionali.

Seguendo, anche qui, il metodo dato dall‟interpretazione sistematica del dettato normativo, la preminenza della prima parte dell‟art. 47, Cost. è agevolmente giustificabile. Essa, invero, se interpretata alla luce delle altre disposizioni recate in Costituzione, appare in linea con l‟impostazione del Costituente. In particolare, collegando l‟art. 47, Cost. con i principi fondamentali recati soprattutto dall‟art. 2, Cost., è possibile notare come, la scelta di dar preminenza all‟incoraggiamento e alla tutela del risparmio riposi nella più ampia protezione dedicata alla persona e alle sue esigenze. Sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si esplica la sua personalità. Il risparmio, a ben vedere, è concepito quale forma di espressione di un‟esigenza umana e familiare. Esigenza, peraltro, tesa a favorire gli equilibri economici e monetari del Paese. In questo senso, pertanto, il risparmio va

particolarmente tutelato6.

Il particolare riguardo, con cui l‟Assemblea Costituente ha disciplinato il fenomeno, è agevolmente percepibile alla luce delle considerazioni socio-economiche già svolte.

5 Simile elencazione, si apprende dagli atti dell’Assemblea Costituente, ha carattere

esemplificativo: indica i tre beni socialmente rilevanti; lega l’interpretazione della previsione a due scopi fondamentali. Ovvero, da un lato, sottrarre il risparmio popolar al fenomeno negativo dell’inflazione; dall’altro, permettere, o addirittura favorire l’anticipata trasformazione del risparmio monetario popolare nella proprietà individuale dei beni ritenuti, sia socialmente che economicamente, di spiccata rilevanza.

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Per un maggior approfondimento sul tema si faccia riferimento a MARTORANO – DE LUCA, Disciplina dei mercati finanziari e tutela del risparmio, Milano, 2008.

42 In primo luogo, esso sembra dovuto al ricordato valore che nel risparmio la società italiana ha riposto: un‟intrinseca proiezione della persona sia nella sua qualità di lavoratore (prospettiva maggiormente vicina dalla fazione comunista dell‟Assemblea); sia nella sua qualità di uomo (visione dell‟ideale di parsimonioso cattolico voluta dalla fazione politica, al tempo, maggioritaria).

In secondo luogo, l‟incoraggiamento pare dettato dalle implicazioni economiche che il risparmio ingloba in sé. In altre parole, tutelare il risparmio, si ricordi, significa tutelare la moneta nei confronti delle inflazioni; tutelare la liquidità del Paese; evitare occulte speculazioni; alimentare l‟attività creditizia delle imprese; controllare i flussi finanziari; porre un freno al fenomeno del riciclaggio e, infine, tutelare il lavoratore e la sua retribuzione. Quest‟ultima, peraltro, esplicitamente prevista dal citato art. 36, Cost. .

Si viene così a descrivere un‟area logica nella quale la “Costituzione economica” fissa, con preminenza, l‟obiettivo di dare equilibrio al valore della moneta. E ciò, attraverso la regolamentazione costituzionale di tre fattori: le influenze esterne sull‟ordinamento giuridico, atteso il rapporto che i noti artt. 10 e 11, Cost. instaurano tra l‟ordinamento italiano e l‟ordinamento internazionale; la finanza pubblica, cui alludono le ricordate disposizioni degli artt. 53 e 81, Cost.; e infine proprio la relazione risparmio- credito di cui all‟art. 47, Cost. . Il quadro viene completato dagli articoli tesi ad assicurare il “diritto al lavoro”: diritto volto ad incoraggiare la piena occupazione7

e, di conseguenza, l‟equilibrata allocazione delle risorse economiche nonché la tutela delle fonti di reddito per i singoli individui.

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