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Le modifiche dettate dalla Direttiva 08/48/CE L’attuale testo normativo.

Interrogarsi ancora sull‟utilità o meno della scissione normativa tra testo bancario e codice del consumo, invero, oggi non ha più molta rilevanza. Il panorama normativo nazionale riservato alla materia, come già anticipato, infatti non si è fermato certo all‟impostazione data dal T.U.B. del 1993 e dal codice del consumo del 2005 giacché i successivi cambiamenti, dettati dalla Direttiva 08/48/CE, hanno inevitabilmente sortito effetti anche sul piano nazionale.

In particolare, l‟ordinamento italiano ha dato avvio al recepimento del testo comunitario per mezzo dell‟art. 33 della Legge n. 8 del 2009, attraverso cui si è delegato il Governo all‟attuazione delle disposizioni sovranazionali20

. Attuazione, infine, conclusa con approvazione del noto Decreto Legislativo, 13 agosto 2010, n. 141 che ha modificato l‟intero Titolo VI del T.U.B.; e, al contempo, abrogato gli artt. 40, 41 e 42 del codice del consumo21. Contribuendo così a definire, almeno per il momento, l‟attuale quadro

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Sul punto, aspramente osserva proprio DE CRISTOFARO, Il “codice del consumo”: un’occasione perduta?, in Studium iuris, 2005, p. 1137: “per quale ragione il legislatore (che pure non ha esitato ad espungere dal codice civile le norme sulle clausole vessatorie e sulle vendite di beni di consumo) abbia deciso di spezzare la disciplina del credito al consumo in due tronconi, lasciandone uno (il principale) nel t.u. bancario e introducendo nel codice del consumo, in un Capo intitolato “Promozione delle vendite” (?!), inserito in un Titolo denominato “Esercizio dell’attività commerciale”, non è dato sapere”.

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Per un approfondimento sulla “norma di delega” si veda Camera dei Deputati – XVI Legislatura – Dossier di documentazione, in Documentazione per l’esame di Atti del Governo, n. 205 del 23 giugno 2010. Nella medesima delega, inoltre, si sottolinea come non sia stato chiesto al Governo di modificare esclusivamente il settore del credito al consumo, ma altresì di modificare e integrare la disciplina relativa ai soggetti operanti nel settore finanziario, ai mediatori creditizi ed agli agenti in attività finanziaria.

21 Più precisamente, il D. lgs. 141/2010 ha operato una modifica del Titolo VI, T.U.B. su più fronti,

non esclusivamente in tema di credito ai consumatori (Capo II), ma anche in tema di trasparenza (Capo I) e regole generali e controlli sui rapporti con i clienti (Capo III). Ha, inoltre, sostituito integralmente anche il Titolo V, in materia di intermediari finanziari non bancari ed, infine, aggiunto il Titolo VI bis, in materia di

74 normativo di riferimento in vigore dal 1° giugno 201122. Che, a ben vedere, ha favorito la volontà di quanti richiedevano una disciplina sedes materiae del fenomeno. Sebbene, in senso contrario a quanto auspicato: riconducendo, cioè, le regole sul credito del consumo nell‟ambito normativo in cui campeggia il concetto di “trasparenza” nella prospettiva di una più efficace tutela del consumatore-cliente. Ovvero, nel sistema dei contratti relativi alle operazioni creditizie. Ciò precisato, si muova dall‟analisi generale del vigente testo normativo.

In forma sintetica, lasciando lo studio analitico di alcune norme alla seconda parte dell‟indagine dedicata al credito collegato, occorre qui mettere in evidenza le principali novità legislative contenute nel nuovo testo del Capo II, Titolo VI del T.U.B.. Testo, peraltro, che – ancor più della precedente formulazione – segue un‟impostazione di stampo nettamente comunitario23: definizioni stringate; esplicite attribuzioni di significato a singoli concetti quali quello di “consumatore” e “finanziatore”; abbondante utilizzo di elenchi.

Nelle attuali disposizioni, come già notato nell‟introduzione della ricerca, il fenomeno in esame è chiamato genericamente “credito ai consumatori” per accentuare l‟ulteriore ampliamento dell‟ambito di applicazione della disciplina, ora recata quasi interamente dal T.U.B..

In aggiunta, scissa risulta la sua definizione. Tanto che, la rubrica dell‟attuale art. 121, T.U.B., parla ormai di “Definizioni”.

Da un lato, è contemplato il generico “contratto di credito”, con il quale si indica “il contratto con cui il finanziatore concede o si impegna a concedere ad un consumatore

un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria”24. Siffatta formulazione, di poco, si discosta dalla precedente in vigore dal 1993. Il dato soggettivo e quello oggettivo rimangono, infatti, le due connotazioni che delimitano il fenomeno. In più, come sintomo della volontà legislativa di estendere l‟ambito di applicazione della disciplina ad ulteriori modelli contrattuali, ora viene esplicitamente ricompreso nel fenomeno anche il contratto con cui il finanziatore si

impegna a concedere ad un consumatore un credito.

agenti e mediatori creditizi. Peraltro, subito dopo la sua emissione, lo stesso Decreto è stato, in parte,

corretto attraverso il D. Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218.

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La disciplina è recata su vari piani normativi. Oltre alle fonti primarie, anche quelle secondarie adottate dalla Banca d’Italia con il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 3 febbraio 2011 dedicano attenzione al credito ai consumatori con un’intera Sezione (la VII). La quale si trova così ormai inserita in provvedimenti ministeriali resi in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari.

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ALPA-BESSONE, Il consumatore e l’Europa, Padova, 1980.

75 Dall‟altro lato, poi, è oggetto di esplicita formulazione il “contratto di credito

collegato”, corrispondente alle formule di credito finalizzato precedentemente regolate, ma

non definite, dall‟art. 42, codice del consumo. Con la riserva di trattare successivamente a fondo simile forma di credito, si riporta comunque la sua definizione normativa; peraltro, già anticipata nell‟introduzione dell‟indagine. Essa, si ricordi, qualifica il contratto di credito collegato come “un contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la

fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: 1) il finanziatore si avvale del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito; 2) il bene o il servizio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di credito”25.

In linea generale, occorre fare le seguenti riflessioni.

Con riferimento all‟ambito soggettivo, si assiste ad un ampliamento applicativo26

. Viene, infatti, in rilievo nelle nuove norme la figura dell‟intermediario del credito, inteso come qualsiasi soggetto, diverso dal finanziatore27, che nell‟esercizio della propria attività

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Più complessa appare la formulazione, in sede comunitaria, del contratto di credito collegato. Secondo essa, infatti, si anticipa che può considerarsi collegato “un contratto di credito che soddisfa le due condizioni seguenti: i) il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici; ii) i due contratti costituiscono oggettivamente un'unica operazione commerciale; si ritiene esistente un'unica operazione commerciale quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o la prestazione di servizi specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito”. Su codesto specifico profilo, nella seconda parte della ricerca sarà dedicato l’esame del testo normativo; anche di quello comunitario.

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In particolare, per la definizione di consumatore è necessario, si ricorda, ancora far riferimento alla impostazione data dalla Direttiva 87/102/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 che, per prima, ha tentato un minimo ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri in materia di credito al consumo (v., supra, nota 14, Cap. II, Sez. I). L’identificazione del consumatore, infatti, è pressoché rimasta immutata giacché, ai sensi dell’art. 121, comma 1, lett. b) si reputa tale “una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, artigianale o professionale eventualmente svolta”. Di conseguenza, circoscrivendo ancora la definizione alle persone fisiche, nemmeno in questa riforma si sono compresi nell’ambito della tutela specifica le associazioni, gli istituti di assistenza e beneficienza, gli istituti che ospitano a qualsiasi titolo persone fisiche (come asili, collegi, istituti carcerari, ospedali, caserme) che, pur non svolgendo attività d’impresa, non possono qualificarsi come consumatori in quanto non persone fisiche. Allo stesso modo, restano escluse le operazioni che il consumatore concluda per uso misto: sia per scopi estranei all’attività imprenditoriale sia per quelli interni o, comunque, contingenti a quest’ultima. Sul punto, si osservino le considerazioni già avanzate dopo la stesura del T.U.B. e il conseguente riversarsi, in esso, della disciplina sul credito al consumo, come esaminata in PERDETTI, Il credito al consumo nella nuova legge bancaria, in Disciplina del commercio, 1994, I, p. 315.

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In qualità di soggetto che potrà prestare servizi di pagamento, concedere credito come attività connessa ed esercitare attività non finanziarie, quella dell’intermediario costituisce una vera novità nel panorama del mercato italiano. La Banca d’Italia ritiene che le manifestazioni d’interesse a cogliere le opportunità offerte dalla introduzione della nuova figura di stampo europeo sembrano provenire da operatori commerciali che dispongono di una rete diffusa di vendita o di un canale di contatto capillare con

76 commerciale o professionale provveda, a fronte di un compenso in denaro o altro vantaggio economico, a presentare proposte di credito ai consumatori; ad assisterli nella conclusione dei contratti o a stipulare contratti di credito con consumatori in nome e/o per conto del finanziatore (art. 121, comma 1, lett. h), T.U.B.).

Sotto il profilo oggettivo, invece, si registra una tendenza apparentemente contrastante: da un lato, si amplia la definizione di credito al consumo, affiancando alla definizione di “contratti di credito” anche quella di “contratto di credito collegato”28

. Dall‟altro, si estende l‟elenco delle figure negoziali escluse ed altresì si aggiungono alcune ipotesi per le quali è prevista una parziale disapplicazione della disciplina (art. 122, T.U.B.)29. Ma, la portata della modifica sortisce, ad una più attenta analisi, un effetto comunque estensivo.

Per comprendere ciò, è necessario ricordare rapidamente quale sia l‟ambito di

applicazione proprio attraverso l‟elenco delle ipotesi escluse – peraltro, già elencate nel

precedente capitolo (v., supra, § 3., Cap. I, Sez. I) – al fine di metterle a confronto (qui, in nota) con le precedenti elencazioni e verificare, così, l‟effetto30

.

Orbene, l‟attuale art. 122, T.U.B., da un lato, estende a tutti i contratti di credito, comunque denominati, la disciplina che gli articoli successivi del TUB declinano;

la clientela (ad es. IKEA e CARREFOUR). L’inserimento delle payment institutions (soggetti non bancari

autorizzati però a concedere linee di credito e carte di credito, purché strettamente connesse a servizi di pagamento e per un periodo non superiore a dodici mesi) costituisce una spinta concorrenziale volta a determinare la riduzione dei costi a beneficio del cliente (cit. Indagine conoscitiva della VI Commissione, febbraio 2010).

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“La concessione, nell’esercizio di un’attività o professione, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o altra analoga facilitazione” era la definizione inizialmente recata nel T.U.B. prima della riforma del 2010. Riforma che ha inserito nel perimetro del fenomeno anche il mero impegno del finanziatore a concedere il credito in esame.

29 A tal proposito, è opportuno riportare la disposizione che, fino al 2010, regolava l’ambito di

applicazione della disciplina sul credito al consumo. La precedete formulazione dell’art. 121, comma 4, T.U.B. escludeva l’applicazione delle norme contenute nel capo sul credito al consumo: “a ) ai finanziamenti di importo rispettivamente inferiore e superiore ai limiti stabiliti dal CICR con delibera avente effetto dal trentesimo giorno successivo alla relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; b ) ai contratti di somministrazione previsti dagli articoli 1559 e seguenti del codice civile, purché stipulati preventivamente in forma scritta e consegnati contestualmente in copia al consumatore; c ) ai finanziamenti rimborsabili in un'unica soluzione entro diciotto mesi, con il solo eventuale addebito di oneri non calcolati in forma di interesse, purché previsti contrattualmente nel loro ammontare; d ) ai finanziamenti privi, direttamente o indirettamente, di corrispettivo di interessi o di altri oneri, fatta eccezione per il rimborso delle spese vive sostenute e documentate; e ) ai finanziamenti destinati all'acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o da edificare, ovvero all'esecuzione di opere di restauro o di miglioramento; f ) ai contratti di locazione, a condizione che in essi sia prevista l'espressa clausola che in nessun momento la proprietà della cosa locata possa trasferirsi, con o senza corrispettivo, al locatario”.

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In questo senso, è d’aiuto ANTONUCCI, L’intermediazione finanziaria non bancaria nel d. lgs.

77 dall‟altro, la esclude per i seguenti casi: a) finanziamenti di importo inferiore a 200 euro31

o superiore a 75.000 euro32; b) contratti di somministrazione33 previsti dagli articoli 1559, e seguenti, del codice civile e contratti di appalto aventi ad oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi disciplinate all'art. 1677 del codice civile34; c) finanziamenti nei quali e' escluso il pagamento di interessi o di altri oneri; d) finanziamenti a fronte dei quali il consumatore e' tenuto a corrispondere esclusivamente commissioni per un importo non significativo, qualora il rimborso del credito debba avvenire entro tre mesi dall'utilizzo delle somme; e) finanziamenti destinati all'acquisto o alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato; f) finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili aventi una durata superiore a cinque anni35; g) finanziamenti, concessi da banche o da imprese di investimento, finalizzati a effettuare un'operazione avente a oggetto strumenti finanziari36; h) finanziamenti concessi in base a un accordo raggiunto dinanzi all'autorità giudiziaria o a un'altra autorità prevista dalla legge37; i) dilazioni del pagamento di un debito preesistente concesse gratuitamente dal finanziatore38; l) finanziamenti da pegno su un bene mobile, se il consumatore non e' obbligato per un

31 MACARIO, Commento all’art. 121, in Canale G., Commentario alle norme in attuazione di

direttive comunitarie in tema di credito al consumo, MJACARIO – MASUCCI (a cura di), in Le nuove leggi civili commentate, Padova, 1994, p. 768, già per le eccezioni contemplate nella legislazione precedente la riforma del 2010, ha messo in luce la potenziale portata elusiva della norma nella misura in cui la fissazione di un importo inferiore al minimo possa facilmente aggirare la disciplina speciale da parte di chi frazioni il prestito in una pluralità di contratti di ammontare inferiore al minimo. Tant’è che la nuova disciplina ha aggiunto alla lettera a): “ai fini del computo della soglia minima si prendono in considerazione anche i crediti frazionati concessi attraverso più contratti, se questi sono riconducibili a una medesima operazione economica”. Problema affrontato, dunque, ma non propriamente risolto dati i problemi ermeneutici legati al criterio scelto.

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Con simile scelta, si sono condotti gli importi minimi e massimi all’interno di criteri di individuazione precisi, dettati dalla legge; non ricorrendo più (come nel passato) a rinvii a discipline sub- primarie per l’identificazione di essi.

33 Nota la differenza tipologica e causale di questa figura con la vendita a rate giacché il

somministratore si obbliga ad eseguire prestazioni periodiche o continuative di cose senza trasmettere, né impegnarsi a trasmettere, la proprietà di una o più cose all’altra parte. Infatti, la somministrazione è un contratto di scambio, ma non è una vendita o una somma di prestazioni tipiche della vendita, anche se – secondo COTTINO, Del contratto estimatorio, Della somministrazione, in Commentario al Codice Civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 79 – si innesta sulla matrice dei contratti traslativi ed è debitrice alla vendita della sua origine e delle sue strutture elementari.

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Il contratto di appalto è una novità all’interno dell’elenco delle eccezioni date dall’attuale art. 122, T.U.B..

35 Anche la lettera f) è un’importante fattispecie aggiunta alle eccezioni. 36

Si tratta, anche in questo caso, di una novità.

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Ipotesi non prevista nella previgente disposizione.

78 ammontare eccedente il valore del bene39; m) contratti di locazione, a condizione che in essi sia prevista l'espressa clausola che in nessun momento la proprietà della cosa locata possa trasferirsi, con o senza corrispettivo, al locatario; n) iniziative di microcredito, ai sensi dell'articolo 111, T.U.B. 40, e “altri contratti di credito individuati con legge relativi a

prestiti concessi a un pubblico ristretto, con finalità di interesse generale, che non prevedono il pagamento di interessi o prevedono tassi inferiori a quelli prevalenti sul mercato oppure ad altre condizioni più favorevoli per il consumatore rispetto a quelle prevalenti sul mercato e a tassi d'interesse non superiori a quelli prevalenti sul mercato”;

o) contratti di credito sotto forma di sconfinamento del conto corrente41.

Tra le ipotesi, poi, per cui è, invece, prevista una parziale disapplicazione della disciplina bisogna ricordare le aperture di credito regolate in conto corrente42: ad esse, infatti, non si applicano alcune disposizioni in tema di pubblicità e informazioni contrattuali43, oltre a quelle sul recesso, rimborso anticipato e sconfinamento44. Infine, ai contratti di locazione finanziaria (leasing)45 non si applica l'articolo 125-ter, commi da 1 a 4, sul recesso. Invece, alle dilazioni del pagamento o alle altre modalità agevolate di rimborso di un debito preesistente, concordate tra le parti a seguito di un inadempimento del consumatore, non si applicano gli articoli sull‟obbligatorietà delle disposizioni dettate dalla Banca d‟Italia in tema di informazioni contrattuali (art. 124, commi 5 e 7); oltre che quelle sulla risoluzione per inadempimento del fornitore (art. 125-quinquies) e cessione dei crediti nei casi stabiliti dal CICR46.

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Specifica previsione inserita dal D. Lgs del 2010, la quale soddisfa la stessa esigenza sottesa dall’eccezione alla lett. f): evitare la sovrapposizione di discipline e il cumulo di specifiche tutele. Ipoteca e pegno, infatti, in quanto diritti reali di garanzia assolvono la funzione loro data dal codice civile e inseriscono all’interno della disciplina ivi recata già specifiche forme di tutela sia del creditore (in tema, ad esempio di concorso tra creditori e cause di prelazione o di conservazione delle garanzie – artt. 2740 ss. cod. civ.) sia del debitore (come per modo d’esempio, l’art. 2744 cod. civ.).

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Si tratta, si ricorda, di un credito, non superiore a euro 25.000, concesso per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa: anche questa una novità del D. Lgs. 141/2010.

41 Salvo quanto disposto dall'articolo 125-octies il quale, regolando il fenomeno dello

sconfinamento tipicamente connesso alle forme di credito erogate in conto corrente, comunque applica al caso il Capo I T.U.B. sulla trasparenza delle condizioni contrattuali. Tale eccezione è, infine, ancora una novità.

42

Sempre qualora, precisa l’articolo, il rimborso delle somme prelevate debba avvenire su richiesta della banca ovvero entro tre mesi dal prelievo.

43 Precisamente, non si applicano gli articoli 123, comma 1, lettere da d) a f), 124, comma 5. 44

In ordine, articoli 125-ter, 125-quater, 125-sexies, 125-septies.

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Che anche sulla base di accordi separati, non comportano l'obbligo di acquisto della cosa locata da parte del consumatore.

46

CICR che, si ricorda essere il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio al quale, il T.U.B. attribuisce l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio. Ciò, deliberando, su proposta della Banca d’Italia, principi e criteri per l’esercizio della vigilanza.

79 Ebbene, il confronto dell‟attuale art. 122, T.U.B. con l‟elenco ante riforma del 2010, pone in rilievo la conferma di un dato: l‟aumento del numero delle fattispecie escluse dall‟applicazione della speciale disciplina recata dal T.U.B., come modificato dal D. Lgs. del 2010. Tuttavia, simile dato non ha comportato, invero, una restrizione del raggio d‟azione della disciplina innovata ma, al contrario, un suo aumento. Per comprendere ciò, basta prendere in esame la prima esclusione modificata dalla riforma. In essa, la soglia degli importi massimi, al di sotto dei quali applicare la disciplina del T.U.B., risulta di gran lunga aumentata rispetto alla precedente impostazione in cui, sostanzialmente, risultavano interessati alle norme date in tema di “credito al consumo” soltanto i finanziamenti inferiori a 30.000 euro. Ora, rientrano nel segmento del credito disciplinato dal Capo II, T.U.B. quelli inferiori a 75.000 euro. Di conseguenza, aggiungere – per modo d‟esempio – i contratti di appalto di servizi di durata o i finanziamenti concessi sulla base di accordi con l‟autorità giudiziaria all‟elenco delle fattispecie escluse ai sensi dell‟attuale art. 122, T.U.B., non sposta più di tanto l‟effetto che, ragionevolmente, può dirsi tendere ad una maggiore quantità di figure a cui applicare la disciplina speciale in esame.

Ciò posto, è poi il caso di osservare come l‟esclusione delle fattispecie appena elencate sia giustificabile – e nella disponibilità del legislatore italiano47 – in ragione a un triplice ordine di motivi. In primo luogo, il legislatore ha voluto non estendere la disciplina speciale ad una serie di fattispecie che, per le loro caratteristiche, dimostrano avere nel diritto interno un sufficiente grado di tutela al consumatore (si veda, per modo d‟esempio,

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