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Verifica sul secondo elemento di struttura: il nesso teleologico Rilievi critici sulla necessità del collegamento La sua classificazione sul piano della funzione.

Accertata la priorità logica della pluralità di contratti nella fattispecie complessa recata dall‟121, comma 1, lett. d), T.U.B., è possibile ora affrontare la verifica del secondo elemento di struttura che, alla luce dei risultati raggiunti dalle esposte elaborazioni dottrinali-giurisprudenziali, sarebbe necessario per aversi collegamento tra negozi.

Più precisamente, la verifica dovrà avere ad oggetto quello che si è avuto modo di chiamare “il nesso teleologico” tra i negozi plurimi.

Innanzitutto, imprescindibile pare la fonte da cui tra origine il presupposto collegamento nel caso di specie. Essa, come ormai consolidato, è attualmente recata dalla legge. Tuttavia, codesto dato non impedisce di approfondire la verifica sul punto.

192 A tal riguardo, è stato messo in rilievo come generalmente il collegamento legale si risolva in quello necessario. O meglio, secondo una più sicura elaborazione che inverte i termini, come il collegamento necessario sia comunque previsto dal legislatore che, invero, avrebbe il potere di disciplinare anche ipotesi di collegamento non strettamente necessarie. Comunque sia, un dato è certo: pur non identificandosi, le due figure spesso si sovrappongano. Il legislatore, infatti, pone collegamento prevalentemente nelle ipotesi in cui un negozio, obiettivamente e necessariamente, presupponga l‟esistenza dell‟altro. Vale a dire che è la fisionomia del rapporto contrattuale a determinare nesso necessitato. E ciò, principalmente perché un negozio influenza la vita di un altro (nella costituzione, modifica o estinzione delle obbligazioni di un altro negozio) o ne completa l‟efficacia dell‟altro (per l‟efficacia dell‟uno occorre la validità di quello logicamente antecedente).

Maggiori dubbi di collegamento necessitato, invece, sortisce il legame funzionale tra negozi. Tale è giustappunto il legame che sembrerebbe trovare spazio nell‟ipotesi di lavoro oggetto della ricerca.

Per appurare ciò, occorre però procedere per gradi: fissare le caratteristiche che segnano la fattispecie prevista nell‟articolo sul “contratto di credito collegato” legalmente; verificare se si tratti di collegamento necessario; e, in caso di esito negativo, qualificare meglio il tipo di collegamento che la norma ha reso ormai tipico.

Muovendo dall‟ordine logico-concettuale premesso, è opportuno innanzitutto recuperare le conclusioni finora raggiunte attraverso lo studio condotto sul “contratto di credito”.

Sul punto, si ha avuto modo di notare come la peculiarità del “contratto di credito” regolato dall‟art. 121, comma 1, lett. d), T.U.B., risieda nella finalizzazione del finanziamento. Mentre, quella del “contratto di fornitura di beni o prestazione di servizi specifici” risieda nell‟antecedenza logico-giuridica al “credito”. Vale a dire che il negozio con il fornitore è il presupposto perché si determini la richiesta di godimento del prestito. In occasione della determinazione all‟acquisto di uno specifico bene o servizio e in contemporanea assenza di una immediata disponibilità economica nel pagamento del prezzo, infatti, matura la decisione del consumatore di servirsi del prestito. Questa è la complessa operazione a cui, con il coinvolgimento di due negozi, il consumatore può dar vita per soddisfare il suo scopo finale: il godimento di beni e servizi specifici, senza possibilità economiche immediate per acquistarli.

193 Ebbene, in codesta ricostruzione, sembra chiaro che il legame tra il “il contratto di fornitura o prestazione di servizio” ed il “contratto di credito” poggi sulla ragione pratica che, attraverso essi, il consumatore vuole raggiungere. Ragione che, a prima vista, potrebbe non essere soddisfatta dalla funzione economico-sociale a cui i due schemi negoziali tendono. Di talché, è la loro combinazione che sembrerebbe appagare lo scopo pratico voluto, in particolare, dal consumatore. In questo senso, è la sequenza di atti abbinati che conduce al raggiungimento della funzione individuale ricercata dal consumatore.

Ora, ricostruito sotto la luce della funzionalità, il collegamento dato dalla norma in esame non pare avere profili di necessità.

Non è dato qui parlare, infatti, di “necessarietà” sotto il profilo genetico, ma tanto meno sotto quello funzionale o effettuale (se pur una qualche forma di collegamento necessario, su tali piani, possa essere recuperato).

Si muova dal chiarire i motivi per cui qui il collegamento necessitato è escluso sotto il profilo genetico. Essi, agevoleranno inoltre la comprensione del precedente assunto sulla presumibile funzionalità del legame nel “credito collegato”.

Giova notare come il negozio di finanziamento, seppur schema negoziale usato quale mezzo per godere del bene, non incida tecnicamente sulla vita del contratto di fornitura. Geneticamente autonome, infatti, sono le due fonti negoziali coinvolte e diversi i contenuti delle obbligazioni di entrambe. A sua volta, non è nel contratto di finanziamento che quello di fornitura trova la sua costituzione; né tanto meno l‟estinzione della sua obbligazione relativa al pagamento del prezzo. L‟eventuale assunzione da parte del finanziatore, nel medesimo testo a cui fa capo il prestito, dell‟obbligo di compiere l‟atto giuridico dl pagamento del prezzo, per conto del consumatore, non estingue infatti automaticamente l‟obbligazione afferente il contratto di fornitura.

Ancora, dunque, pare confermata la tesi secondo cui il supposto legame tra le figure negoziali coinvolte nel “credito collegato” sia da ricercare sul piano funzionale giacché escluso pare quello genetico. E, con esso, la ricostruzione del collegamento di cui si discute nei termini di necessità.

A dir il vero, però, si è notato come parte della dottrina abbia messo in rilievo che possano sussistere ipotesi di collegamento necessario anche su piani diversi da quello obiettivamente genetico. Piani come quello, per l‟appunto funzionale o effettuale.

194 Ora, muovendo da quest‟ultimo, il legame sotto il profilo degli effetti è stato, sia pur non incontrovertibilmente, rinvenuto per le ipotesi in cui l‟efficacia di un negozio sia inevitabilmente subordinata alla valida esistenza dell‟altro (si è recato l‟esempio del sub- contratto). Ebbene, in disparte dalle ragioni che spingono a ricondurre anche questa sottocategoria all‟interno di quella ritenuta collegata sul piano genetico, ciò che interessa mettere qui in luce è che, nel “credito collegato”, l‟efficacia di nessuno dei due negozi pare necessariamente subordinata alla validità dell‟altro. Nelle prassi commerciali diffuse nell‟ambito oggetto di ricerca, infatti, l‟efficacia dei due negozi può esplicarsi autonomamente senza la necessità che per gli effetti dell‟uno ricorra l‟esistenza dell‟altro. Soprattutto alla luce della circostanza che, negli schemi ricollegabili alla fornitura di beni o prestazione di servizi, il piano degli effetti è generalmente esauribile nell‟immediato; in quelli ricollegabili al credito, essi si protendono più a lungo. Tutt‟al più, il condizionamento (prevalentemente unilaterale) può essere il frutto di una volontaria scelta delle parti che si esplica o con l‟adozione di mirati modelli negoziali o con l‟autonoma direzione impressa agli effetti. In entrambi i casi, comunque, è la funzione individuale ricercata che spinge, semmai, il legame; non un‟aprioristica necessità fisiologica legata alla natura dei rapporti coinvolti.

Ecco come, dunque, il ragionamento ricade ancora una volta sulla causa concreta impressa dalle parti nel “credito collegato”. Di conseguenza, sulla possibile configurabilità dello stesso sotto il profilo della funzione.

Ciò posto, si tratta ora di verificare, per ultimo, se il collegamento dato nel “credito collegato”, pur classificabile sul piano della funzione, non appaia comunque necessitato da obiettive ragioni che giustifichino l‟applicazione automatica dell‟effetto ulteriore avuto nel collegamento (l‟influenza delle vicende giuridiche di un negozio sull‟altro) e avvalorino la scelta del legislatore di positivizzare il collegamento.

2. (Segue): la ricostruzione del fenomeno alla luce della volontarietà del nesso.

Sotto il secondo profilo della funzione, come messo in rilievo nella generale esposizione della teoria, maggiormente incerte appaiono le elaborazioni sulle ipotesi di necessario collegamento. Tuttavia, alcune posizioni dottrinali hanno identificato i collegamenti necessitati per funzione in quelli inerenti a profili di stretta accessorietà di un negozio all‟altro o di dipendenza tra negozio astratto e negozio causale. In essi, la funzione

195 economico-sociale di un negozio pare doversi legare a quella di un altro per giustificare, agli occhi dell‟ordinamento, la sua esistenza.

Ebbene, posta in questi termini, non pare che le funzioni dei singoli negozi coinvolti nel “credito collegato” abbiano bisogno necessariamente di poggiare la loro ragione d‟essere l‟uno sull‟altro. La natura della funzione del negozio di finanziamento, al contrario – per modo d‟esempio – a quella del negozio di garanzia, non è di per sé accessoria ad un altro rapporto; e, altresì gode di un‟autonoma funzione economico-sociale ben individuabile. Lo stesso può dirsi, specularmente, dei negozi riconducibili alla fattispecie presupposta della fornitura di un bene o prestazione di servizio.

Il riferimento all‟accessorietà giuridica al fenomeno del “credito collegato” tuttavia è stato il principale motivo sulla base del quale, i sostenitori del collegamento negoziale nel credito finalizzato, più o meno consapevolmente, hanno insistito.

Alla base di simili tesi risiede, da un lato, l‟affermazione della fornitura quale contratto presupposto al credito; dall‟altro, la qualificazione del credito come accessorio al principale negozio1.

Ebbene, l‟impostazione potrebbe non essere sbagliata. Tuttavia, rimane ferma la perplessità iniziale: come potrebbero, tali forme, lasciar desumere obiettivamente e automaticamente la necessità del collegamento se, la stessa, parrebbe regolata sulla base della ragione pratica voluta dalle parti. Quale criterio, se non quello della volontà delle parti, potrebbe decretare accessorio un negozio rispetto ad un altro?

Per tali classificazioni, dunque, l‟attenzione dovrebbe essere posta su altro piano. Non l‟automatica necessità di collegamento, ma invero la rilevanza giuridica della volontà di rendere accessorio un rapporto giuridico rispetto ad un altro.

Ragionando, beninteso, in assenza di una norma che lo renda legale, è sul piano volontario che il collegamento tra credito e fornitura maggiormente si esplica.

Al legame tra rapporti giuridici, come rilevato, appare difficile abbinare il concetto di “necessarietà” – inteso come automatica applicazione dell‟effetto ulteriore per cui un negozio influenza l‟altro – se non in funzione di una legge che lo riconosca come tale2

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1

Per spiegare meglio i termini in cui l’accessorietà è stata, in questo ambito, citata, pare opportuno richiamare una efficace formula dottrinale che BETTI, voce Negozio Giuridico, in Noviss. Dig. It., vol. IX, Torino , s.d. (ma 1968) come citato da MARULLO DI CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 17 configura nel “nesso di sequenza”, quale caratteristica dei negozi qui coinvolti. Essi, pur serbando ciascuno la propria fisionomia, si succedono l’uno all’altro in ordine al medesimo scopo siccome indefettibile premessa e coerente conseguenza.

196 Alla luce di codeste considerazioni, pare possibile fissare le osservazioni finora elaborate in duplice punto di arrivo. Il primo, consiste nell‟assumere il piano funzionale quale quello in cui il legame potrebbe esprimersi nel “contratto di credito collegato”. Il secondo, consiste nell‟escludere la necessità del medesimo legame nella fattispecie qui in esame.

Ciò posto, semmai per volontà delle parti e per raggiungere il peculiare scopo che codeste si prefiggano, le figure che compongono il “credito collegato” potrebbero essere legate. Vale a dire che, in ragione della causa concreta voluta dalle parti, la funzione pratica del negozio di finanziamento potrebbe riposare sul nesso con lo schema negoziale di fornitura. In questo senso, essa diviene mezzo per attuare la funzione pratica perseguita con l‟altro negozio avente funzione di scambio. Alla luce, cioè, della causa pratica voluta dalle parti ed espressa mediante la direzione data agli effetti negoziali, sarebbe giustificabile l‟assunto secondo cui il contratto di credito è il mezzo attraverso cui il consumatore raggiunge il suo scopo finale.

Sul punto, preme fermare delle osservazioni per sviluppare ulteriori passi utili alla ricerca.

Nel fenomeno ormai racchiuso nella norma sul “credito collegato”, l‟interesse che la parte – il cui punto di vista si è scelto di prendere in esame (il consumatore) – intende perseguire è quella, si è detto, di raggiungere il godimento del bene pur non avendo le disponibilità economiche immediate per ottenerlo. Ebbene, alla luce di codesto motivo, il consumatore si determina a concludere un‟operazione economica che combina una pluralità di negozi per il raggiungimento del suo personale scopo pratico. Personale scopo che, lo schema negoziale di un unico negozio tipico non potrebbe soddisfare compiutamente.

Ne deriva che, con la presupposta figura relativa alla fornitura del bene (tesa ad ottenere il godimento del bene) e con la successiva conclusione del negozio di credito (tesa a fornirsi dei mezzi per raggiungere, nell‟immediato, il medesimo bene), il consumatore riuscirebbe a perseguire il suo scopo pratico. Tuttavia, ciò non pare essere l‟unico dato a cui è stata dedicata importanza.

2 A sostegno della tesi, si è messo in evidenza come solo per i legami posti sul piano della funzione

si può propriamente parlare di collegamento negoziale. Per quelli, invece legati alla struttura del negozio, SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, cit., p. 378 parla di connessione necessaria. Qui, invero, la qualificazione di “necessarietà” appare più appropriata.

197 Parte della dottrina sviluppata prima della disciplina sul “credito collegato” nei termini di collegamento legale, ha messo in risalto ulteriori profili di rilevanza giuridica all‟interno dell‟operazione de qua. In codesto scenario carente di disposizioni normative, tale dottrina ha notato come il consumatore accedesse volontariamente alla tecnica contrattuale3 del “collegamento negoziale” per soddisfare un suo intento pratico, meritevole di tutela, attraverso la combinazione di più schemi negoziali. Tale combinazione, voluta non soltanto dal consumatore ma da tutte le parti coinvolte (il finanziatore ed il fornitore), avrebbe permesso ai soggetti coinvolti di ottenere non solo l‟effetto tipico dei singoli schemi negoziali, ma altresì uno scopo pratico ulteriore.

Tale scopo ulteriore dovrebbe, per il consumatore, consistere nell‟indebitamento per il godimento; per il fornitore, nel promuovere il finanziamento per vendere il proprio bene (e per ricevere eventualmente la commissione, da parte del finanziatore, per aver promosso il suo servizio); per il finanziatore, nel versare il prezzo al venditore per erogare il credito. Inoltre, sotto quest‟ultimo punto di vista, il diretto interesse del finanziatore alla destinazione del credito, sarebbe reso evidente dalla facoltà che questi riceve di iscrivere ipoteca mobiliare (nel caso di bene mobile registrato) sul bene oggetto della compravendita Facoltà accordata dal citato R.D.L., 15 marzo 1927, n. 436, art. 2, tuttora in vigore.

Ebbene, in questa composizione di scopi ulteriori sarebbe percepibile l‟interesse pratico che muove, ciascuna parte coinvolta, ad ampliare le obbligazioni da assumere al di là degli schemi negoziali tipici in cui ognuna opera (consumatore/cliente nella vendita e nel prestito; il fornitore nella vendita; il finanziatore nel credito) al fine di soddisfare, mediante la combinazione dei negozi, una causa concreta ulteriore. Ad essa, occorrerebbe dare rilevanza giuridica giacché abbraccerebbe, in un‟unica causa comune, schemi negoziali altrimenti autonomi e distinti.

In siffatta ricostruzione, la prospettiva concreta di ciascuna parte si unirebbe in una causa comune, che unicamente leghi i vari schemi negoziali, tale da poter essere espressa nella locuzione “indebitarsi per acquistare” (prospettiva del consumatore) e di riflesso “vendere per finanziare” (prospettiva del finanziatore) o, viceversa “finanziare per vendere” (prospettiva del fornitore). Filtrate nel prisma dell‟operazione commerciale

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Secondo la Cassazione, ss. uu., 27 marzo 2008, n. 7930, cit.,: “ il "contratto collegato" non è un tipo particolare di contratto, ma uno strumento di regolamentazione degli interessi economici delle parti caratterizzato dal fatto che le vicende che investono un contratto (invalidità, inefficacia, risoluzione, ecc.) possono ripercuotersi sull'altro, seppure non in funzione di condizionamento reciproco (ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all'altro, e non anche viceversa) e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio”.

198 definita “credito collegato”, le tre prospettive darebbero così vita ad un atto di autonomia negoziale in cui le parti sceglierebbero di combinare negozi, causalmente autonomi, per ottenere una medesima comune funzione. Ben determinata nel risultato economico del debito come mezzo d‟acquisto.

Fermo questo risultato, la dottrina e giurisprudenza che ha formulato codesta ricostruzione non ha limitato, al solo profilo della “causa comune” nel fenomeno in esame, rilevanza giuridica.

Accanto alla volontà delle parti di unire, in un causa concreta unitaria, la combinazione tra il negozio per il credito ed il negozio per la fornitura, l‟elaborazione dottrinale-giurisprudenziale più accorta ha tentato di ancorare l‟elemento volitivo ad un accertamento più oggettivo. Ciò, al fine di agevolare il compito all‟interprete nel riconoscere al “debito per l‟acquisto” un‟ipotesi di collegamento negoziale.

I risultati qui raggiunti4 hanno messo in rilievo come, nella combinazione che lega in un‟unica funzione gli schemi negoziali del credito e della fornitura, sia possibile ravvisare le circostanze oggettive alla luce delle quali sembra ragionevole poter asserire che la funzione concreta del contratto di finanziamento riposi sul nesso con il contratto volto ad ottenere il godimento del bene. In altre parole, che la causa concreta sottesa al finanziamento si determini nel rapporto scaturito tra il consumatore e il fornitore.

Ferma questa considerazione, non sono mancati numerosi tentativi volti a dare rilevanza giuridica al nesso così delineato. Un nesso, si noti subito, direzionato in senso univoco. Vale a dire, unilateralmente ricostruito: è la causa concreta dello schema negoziale sul credito che poggia sul nesso con la causa concreta dello schema recato per la fornitura.

Suddetti tentativi hanno trovato fondamento prevalentemente in due elementi. In primo luogo, nelle esplicite clausole contrattuali che il negozio di credito avrebbe potuto recare. La genericità di codesto assunto, tuttavia, dovrebbe essere più circoscritta attraverso lo studio delle pratiche commerciali che l‟AGCM ha svolto sul “credito collegato”.

Data questa fonte, è possibile poter riferire che le sullodate clausole paiono generalmente dividersi in due generi. Le prime, rinvenendosi nel “canale diretto” del “credito finalizzato”, potrebbero avere una portata più ampia giacché avrebbero la capacità

4

I riferimenti sono alla sentenza, più volte citata, della Cass., 20 gennaio 1994 n. 474, in Foro It. 1994, I, p. 3094.

199 di costituire, in capo al consumatore, un obbligo a raggiungere lo scopo del finanziamento volto all‟acquisto di specifici beni o servizi. Le seconde, recuperandosi principalmente nel segmento del “canale indiretto”, si limiterebbero ad individuare, all‟interno del testo di cui si compone il contratto di finanziamento, i beni specifici o i servizi individuati per il cui godimento il consumatore chiede il prestito.

In secondo luogo, i tentativi di dar risalto al nesso funzionale nella struttura dei contratti coinvolti nel “credito collegato” si sono concentrati sull‟importanza degli elementi di fatto deducibili da circostanze oggettive.

Sotto questo profilo, in particolare la giurisprudenza ha elencato una serie di condizioni al ricorrere delle quali ha riconosciuto rilevante il nesso funzionale presumibilmente impresso dalle parti all‟operazione di “credito collegato”. Tra queste, è stata data importanza alla concomitanza delle stipulazioni; all‟eventuale rapporto giuridico tra finanziatore e venditore; al luogo di determinazione della volontà del consumatore di legarsi contrattualmente al finanziatore attraverso un contratto di finanziamento5; alla circostanza che sia il venditore a far sottoscrivere all‟acquirente la domanda di finanziamento; all‟intermediazione del venditore nell‟adempimento dei chiarimenti precontrattuali al credito resi ormai obbligatori dalla disciplina; infine, alla circostanza che sia il finanziatore a versare direttamente l‟importo del finanziamento al venditore.

Ebbene, alla luce di tali interpretazioni sostenute prima che il legislatore prevedesse il “contratto di credito collegato” come un‟ipotesi di collegamento legale, è possibile tentare di dare una prima risposta alla terza questione logico-concettuale data in premessa.

Appurato che il piano giuridico su cui potrebbe insistere il collegamento previsto per la fattispecie complessa di cui all‟art. 121, comma 1, lett. d), T.U.B. sia quello funzionale; escluso che si tratti di un collegamento necessario; verificata la sussistenza di una causa comune ulteriore che abbraccerebbe in un nesso unilaterale le prestazioni del contratto di credito con quelle del contratto di fornitura; accertati elementi espressi e di fatto che farebbero assurgere a giuridicamente rilevante tale nesso, ne deriva che, se non ci

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Per appurare codesto ambito, si è dato spazio a circostanze quali: invio periodico al venditore dei contrati di finanziamento standard da far sottoscrivere ai clienti; inoltro degli stessi firmati al finanziatore;

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