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Il diritto comunitario come fonte del settore: le prime Direttive.

Nella disamina delle disposizioni dedicate, genericamente, al credito al consumo, si predilige adottare un metodo che segua due principali direttrici: “spazio” e “tempo”; queste ultime reciprocamente combinate.

Per siffatte ragioni, si deve preliminarmente indagare sull‟impostazione data al fenomeno nell‟ambito comunitario. Il quale corrisponde, poi, al primo ambito in cui, del credito al consumo, si dà disciplina.

Successivamente, mantenendo ferma la direttrice dello “spazio”, si ritiene di dover proseguire nel descrivere, attraverso la direttrice del “tempo”, l‟evoluzione normativa del fenomeno sempre nell‟ambito comunitario. Solo dopo, si potrà cambiare prospettiva della direttrice “spazio” e passare all‟esame delle norme nazionali, seguendo anche qui la direttrice “tempo”. In questo modo, ben si comprenderà come l‟evoluzione della legislazione nazionale rispecchi pedissequamente quella della precedente legislazione comunitaria. Si muova, dunque, da quest‟ultima.

La prima disciplina del credito al consumo è stata recata dalla Direttiva 87/102/CEE del 22 dicembre 1986: uno dei primi storici provvedimenti adottati, dagli organi comunitari, nel generico settore della tutela del consumatore.

Della Direttiva, sembra opportuno mettere qui in rilievo un triplice profilo. In primo luogo, essa è il risultato di un lungo iter avviato nel 1974. In secondo luogo, la medesima è stata approvata dalla Commissione europea con un preciso fine: il “ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati

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membri in materia di credito al consumo”13. In terzo luogo, infine, simile atto costituisce solo uno dei primi provvedimenti dedicati, dalla legislazione comunitaria, alla figura del consumatore. La sua adozione, infatti, deve essere inquadrata all‟interno di quella politica di revisione e ammodernamento del diritto comunitario dei consumi, avente come protagonista “la persona fisica che agisce per scopi da considerare estranei alla sua

attività professionale” 14. Politica15, il cui tratto caratterizzante appare rappresentato dalla ricerca di un‟armonizzazione della legislazione degli Stati membri. Tanto da sottrarre via via al legislatore nazionale, i margini di discrezionalità tipici della sua funzione16.

Seguendo questa linea iniziata nell‟ormai lontano 1986, di lì a poco la Direttiva 87/102/CEE fu invero modificata con le successive direttive 90/88 e 98/7. Attraverso esse, gli organi comunitari hanno fornito agli Stati membri contenuti e metodo di calcolo comune del TAEG; così colmando la lacuna del primo atto comunitario17. Atto che, comunque, concentrava in sé il nucleo principale della disciplina comunitaria sul tema18.

13 Per una dettagliata analisi del lavoro svolto dalle istituzioni comunitarie per l’emissione del

provvedimento normativo in esame, invece, si veda UBERTAZZI, Credito bancario al consumo e direttiva CEE: prime riflessioni, in Giur. Comm., 1987, p.323.

14 Di codesto tenore la definizione contenuta nella Direttiva 87/102/CEE all’art. 1, comma 2.

Definizione, quest’ultima, sostanzialmente mantenuta nei successivi testi normativi comunitari dedicati alla figura del consumatore; salvo per un piccolo ampliamento avuto grazie alla Direttiva 64/2007/CE relativa ai servizi di pagamento. Attraverso di essa, invero, è stato consentito agli Stati membri dell’UE di applicare la disciplina, specificamente recata per i consumatori, anche alle “microimprese”.

Tuttavia, a simile estensione le più recenti Direttive recate in tema di credito al consumo non fanno riferimento mantenendo, del consumatore, ferma l’identificazione data nel 1987.

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Si pensi, per modo d’esempio, agli ulteriori provvedimenti emanati, nello stesso periodo, in tema di pubblicità ingannevole e comparativa; clausole abusive; e, successivamente, a quelli relativi alla tutela del consumatore per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio, di quelli conclusi fuori dai locali commerciali e di quelli a distanza. Provvedimenti che, muovendo da una disciplina a carattere settoriale, hanno finito per trasfondere i loro contenuti nelle più recenti direttive a “carattere orizzontale”: tali, cioè, da occuparsi unitariamente dei diritti dei consumatori.

A tal proposito, si sente sempre più spesso parlare di “diritto privato europeo” sotto la spinta non solo delle legislazioni comunitarie, ma anche della giurisprudenza, in primo luogo della Corte di Giustizia. Legislazione e giurisprudenza, entrambe, tese a dare - purtroppo, troppo spesso, ormai - alle categorie civilistiche di matrice nazionale quel caratteristico approccio funzionalistico caratterizzante il diritto privato di matrice comunitaria.

16 In questo senso si esprime DE CRISTOFARO, nella premessa alla monografia AA.VV., La nuova

disciplina europea del credito al consumo, Torino, 2009, a cui si rinvia per un maggior approfondimento sul tema.

17 Cfr. CAPRIGLIONE, Commento alla direttiva del consiglio del 22 dicembre 1986, in CAPRIGLIONE

MEZZACAPO (a cura di), Codice commentato della banca, Milano, 1990, p. 2095.

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Per un approfondimento specificamente dedicato alle prime direttive comunitarie in materia di credito al consumo, si veda inoltre: OPPO, La direttiva comunitaria su credito al consumo, in Raccolta di Scritti in memoria di A. Lener, Napoli, 1989; ALPA, voce “Credito al Consumo”, in Digesto disc. Priv., sez. civ., Torino 1989, p. 22; TIDU, La direttiva comunitaria sul credito al consumo, in BBTC, 1987, I, p. 727; DE NOVA, L’attuazione in Italia delle direttive comunitarie sul credito al consumo, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1992, p.

57 La combinazione fra la prima Direttiva 87/102/CEE e l‟ultima del 1990 ha, dunque, offerto il primo modello di disciplina del credito al consumo. Modello, peraltro, ancora oggi in vigore, almeno per quanto concerne l‟ambito di applicazione soggettivo: la definizione data di consumatore, nonostante il copioso afflusso di norme sul tema, si è mantenuta del tutto invariata. Stessa cosa non può dirsi, però, dell‟ambito oggettivo. Nella Direttiva 87/102/CEE, infatti, la definizione data al fenomeno del credito al consumo era ancora incerta ed approssimativa, soprattutto sotto il profilo strettamente giuridico. Tanto da non presentare indici di riconoscibilità sicuri per la determinazione delle operazioni da ricomprendere e da distinguere.

Ciò perché il primo obiettivo del legislatore comunitario non era quello di disciplinare analiticamente il fenomeno, ancora in corso di evoluzione nell‟ambito delle pratiche commerciali. Bensì, quello di rimuovere le principali differenze normative esistenti all‟interno dei vari Stati membri, predisponendo un sistema di tutela minimo. Sistema che, comunque, ogni singolo Paese avrebbe dovuto adottare. A tal proposito, infatti, la Direttiva del 1986 vietava agli Stati membri di ridurre il livello della tutela da essa accordata ai consumatori; senza però impedire, ai sensi del suo art. 15, il mantenimento o l‟introduzione, nei rispettivi ordinamenti interni, di disposizioni “più

rigorose”. Tali, cioè, da accrescere il livello di tutela accordato ai consumatori. In ciò, a

ben vedere, agevolmente si esaurisce il “riavvicinamento” cui propendeva la medesima Direttiva; senza alcuna iniziale pretesa di organica armonizzazione delle legislazioni nazionali.

In via del tutto generica, infatti, i contenuti recati nelle prime norme comunitarie hanno interessato temi del tutto “eterogenei”19: regole sul tasso annuo effettivo globale (TAEG) ai sensi dell‟art. 1 bis, Dir. 87/102/CEE; esenzioni (art. 2); pubblicità (art. 3); forma e contenuto del contratto (art. 4); concessioni di credito sotto forma di anticipi su conto corrente (art. 6); recupero del bene (art. 7); facoltà di adempimento anticipato da parte del consumatore (art. 8); cessione del credito o del contratto a terzi (art. 9); pagamento o garanzia a mezzo di titoli cambiari (art. 10); diritti del consumatore nei confronti del fornitore e del creditore (art. 11); autorizzazioni e controlli sull‟attività di

905; GAGGERO, Diritto comunitario e disposizioni interne in materia di credito al consumo, in Contr. Impr.

Europea, 1998, p. 622.

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MACARIO, Il percorso dell’armonizzazione nel credito al consumo, in La nuova disciplina europea del credito al consumo, cit., p. 8.

58 concessione del credito o di intermediazione (art. 12); trattazione di reclami e assistenza ai consumatori (art. 12); misure contro l‟elusione della normativa (art. 14).

Da simile eterogeneità, riaffiora il già individuato tratto comune: dettare a livello comunitario una, seppur minima, disciplina comune nel settore del credito al consumo. Disciplina, poi, comunque sostituita dalla successiva legislazione, improntata ad una armonizzazione ben più incisiva e dettagliata.

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