• Non ci sono risultati.

Come si diventa facilitatori sociali: il percorso formativo

L’ASSOCIAZIONE L’ALBA

3.5 La figura del Facilitatore Sociale

3.5.1 Come si diventa facilitatori sociali: il percorso formativo

L'acquisizione del titolo di Facilitatore Sociale avviene mediante un corso di formazione che consiste in un vero e proprio percorso professionale che permette ad ex-utenti della salute mentale di acquisire competenze di lavoro nello specifico campo dell'accompagnamento psichiatrico.

Il percorso che porta all'acquisizione del titolo di Facilitatore prevede la ridefinizione della sofferenza psichiatrica come plusvalore, per trasformala e utilizzarla al servizio di persone che vivono ancora il disagio psichico.

Il presupposto di partenza è che i pazienti, nel corso della loro esperienza di malattia, abbiano accumulato competenze speculari a quelle dei professionisti che li hanno

40

49 seguiti, e che possono essere stimolati a portare tali vissuti su un piano di consapevolezza all'interno di un contesto formativo.

La prima esperienza pioneristica di attivazione di questo corso di formazione per il conseguimento della qualifica professionale di Facilitatore Sociale, prese avvio nel 2002, a Massa e a Pisa, in funzione dell'attuazione dei “Progetti sperimentali sulla salute mentale”41

del 2001.

Sulla scia di questa esperienza, nel 2005 nella provincia di Pisa è stato realizzato il progetto intitolato “Facilitatori Sociali per il disagio psichico”.

Il progetto formativo si è sviluppato su tre aree di lavoro:

 i contenuti teorico-pratici: conoscenza della patologia psichiatrica e della pratica della facilitazione sociale;

 le competenze trasversali: sviluppo delle competenze emotive e socio- relazionali e apprendimento alla gestione delle proprie emozioni nella relazione d'aiuto;

 l'accompagnamento e il sostegno: esperienza soggettiva diretta di facilitazione, nella relazione con i tutor, nei percorsi di orientamento e nel counselling individuale.

I Facilitatori Sociali hanno la possibilità di avvalersi di uno strumento molto importante all'interno delle professioni d'aiuto, che è quello della supervisione. Si tratta di un processo interpersonale di ascolto e di comprensione degli elementi emotivi, cognitivi e relazionali implicati nel lavoro degli operatori, dove i Facilitatori portano le loro necessità, i loro bisogni e le loro domande rispetto al lavoro svolto. Il Facilitatore mette in circolo i propri vissuti e le proprie emozioni mentre si ha un ascolto empatico ed un atteggiamento accettante e non giudicante. Il supervisore e gli altri componenti del gruppo facilitano il processo di consapevolezza e di comprensione ma non giudicano e non danno soluzioni.

In altre parole, si tratta di un setting protetto in cui si possano condividere le emozioni provate e in cui si possa sentire un supporto profondo e una condivisione e riflessione sul proprio operato.

La supervisione viene condotta sotto la guida di psicologi, psicoterapeuti e riabilitatori.

41

Progetto attuato dall’Azienda USL 1 di Massa e di Carrara, in funzione del riconoscimento ottenuto dalla Provincia di Massa-Carrara.

50 3.5.2 Metodi di conduzione dei gruppi di auto-mutuo-aiuto

Gli strumenti per la conduzione di un gruppo di auto-aiuto vengono acquisiti dai Facilitatori Sociali attraverso la partecipazione al percorso di formazione professionale, che aiuta la persona a trasformare la propria esperienza di malattia e guarigione in una risorsa da utilizzare con consapevolezza nei gruppi di auto-aiuto e nella relazione di aiuto individuale, imparando a lavorare fianco a fianco con i professionisti dell'équipe che seguono i progetti individualizzati all'interno dei progetti socio-riabilitativi.

Altro aspetto fondamentale per apprendere a condurre un gruppo d'auto-aiuto è dato dall'esperienza acquisita come partecipanti. Tale esperienza costituisce la base, il punto di partenza in quanto il conduttore trasmette la fiducia nell'efficacia del gruppo perché per lui stesso è stato utile e salvifico.

Il Facilitatore di un gruppo promuove la nascita tra i membri di dinamiche di mutualità, agisce in modo tale che le persone, narrando in maniera riflessiva la loro storia di vita, acquisiscano maggiore consapevolezza del loro problema, condividano informazioni, strategie, gioie e dolori. Per raggiungere questa finalità, nella funzione di facilitazione c'è sempre una certa componente di direttività affinché venga garantito il rispetto di alcuni principi e norme per lo svolgimento delle interazioni. Si tratta di semplici regole di condotta e di comportamento che però devono essere condivise dai membri del gruppo.

Il Facilitatore interviene nel concreto degli incontri per far rispettare il concetto di parità tra i partecipanti, ciascuno deve avere il suo spazio per parlare, non ci devono essere prevaricazioni, tutti devono avere la possibilità di esprimersi; le regole base sono: parlare a turno, rispettando i tempi di tutti, rispettare chi non se la sente di parlare. Altro aspetto importante è la confidenzialità e la riservatezza: qualsiasi aspetto o evento discusso a livello di gruppo non deve assolutamente essere ripreso o citato al di fuori di questo.

Comunque non si possono indicare delle regole rigide di conduzione dei gruppi; i modi di condurre un gruppo sono diversi a seconda del conduttore, in quanto quest'ultimo parte sempre dalla propria esperienza. Vi sono però dei particolari aspetti che è di primaria importanza curare affinché il processo di mutualità si inneschi e si sviluppi da un incontro all'altro. Grande attenzione deve essere riservata all'accoglienza, all'ascolto, alle emozioni, al linguaggio non verbale, alla cura dello

51 stigma e alla gestione dei conflitti42:

 Accogliere

Come più volte ribadito nel corso dell'elaborato, l'obiettivo fondamentale di un gruppo di auto-mutuo-aiuto è quello di dare la possibilità alla persona che soffre di un disagio psichico di uscire dalla solitudine e dall'isolamento creati dalla malattia. Spesso chi soffre di un disagio psichico non ha sviluppato capacità lavorative o ha perso il lavoro e si ritrova di conseguenza chiuso in casa interagendo solo con i familiari e con i medici.

L'accoglienza rappresenta un momento fondamentale nel processo del gruppo di auto-aiuto, in quanto, l'ingresso in un gruppo non è mai facile e a volte basta poco per intimorire un nuovo arrivato e dargli così la scusa e l'occasione di ritirarsi nuovamente nell'isolamento.

Con una buona accoglienza, invece, il gruppo può “interrompere una sceneggiatura già scritta”, può rappresentare un punto di partenza che dà occasione alla persona che ha un disagio di rimettersi in gioco.

Durante il primo incontro è necessario fornire al nuovo arrivato una spiegazione rispetto alle modalità di funzionamento del gruppo e rispetto a quello che può aspettarsi da questa esperienza.

Dopo aver spiegato cosa è il gruppo e come funziona, è bene invitare gli altri membri a presentarsi (anche il conduttore si presenterà a sua volta), lasciando il nuovo partecipante come ultimo. Inoltre, il Facilitatore può anche parlare con la persona prima dell'inizio del gruppo, per aiutarla ad integrarsi.

 Ascoltare

Quando si parla di ascolto all'interno dei gruppi di auto-mutuo-aiuto si fa riferimento a quello che può essere definito come un ascolto “attivo”.

Nella vita di tutti i giorni siamo spesso distratti e presi dai mille problemi della vita quotidiana tanto che spesso ci dimentichiamo di ascoltare. Ci fermiamo al significato letterale dei discorsi, alla descrizione dei fatti, ci affrettiamo a rispondere seguendo i nostri pensieri e pregiudizi senza darci il tempo di sentire veramente e capire le emozioni dei nostri interlocutori.

Tutto questo è ancora più frequente in una persona che ha un disagio psichico, in quanto solitamente è difficile per gli altri avere a che fare con gli stati d'animo della

42

52 sofferenza.

Le particolari caratteristiche di cui godono i gruppi di auto-aiuto fanno in modo che al loro interno si sviluppi un ascolto attento, rispettoso, partecipe e sostenuto da chiari segni di condivisione che offre la certezza di essere ascoltati e produce sentimenti di sollievo, quindi voglia di aprirsi e di esprimersi.

La prima regola di un gruppo di auto-mutuo-aiuto è quella di non dare giudizi e non sentirsi giudicati è un'esperienza tranquillizzante, soprattutto per chi è spesso abituato a ricevere critiche e a sentirsi “sbagliato”, come chi soffre di un disagio psichico.

Il conduttore deve per primo non giudicare, né dare interpretazioni. Se si sta dando un'opinione occorre sottolineare che è la propria opinione personale.

 Le emozioni

I gruppi di auto-mutuo-aiuto sono composti da “pari”, questo permette ai vari membri di essere molto vicini agli altri e di comprendere cosa si prova in determinate situazioni.

La sofferenza di chi parla e si confida nel gruppo risuona inevitabilmente in chi la ascolta, soprattutto se è una sofferenza simile a quella già vissuta. L'istinto potrebbe quindi essere quello da parte di chi ascolta di bloccare e far finire il prima possibile il dolore, fornendo dei consigli su come risolvere il problema. In questo modo però non si aiuta la persona a cercare le proprie risorse, non si attiva l'importante processo di empowerment.

A tal fine è importante riuscire a “saper stare” con le emozioni, con la sofferenza di chi parla. Per far ciò è necessario accogliere il dolore che torna a risuonare in noi senza che ci lasciamo schiacciare confondendolo con quello dell'altro.

L'obiettivo è quindi riuscire a “mettersi nei panni” dell'altro e confrontare la sua esperienza con la propria, ricordandoci che ognuno è diverso, ha una storia diversa e un percorso diverso da fare con tempi, bisogni e desideri diversi.

 Le espressioni non verbali

Il conduttore di un gruppo di auto-mutuo-aiuto non deve solamente saper ascoltare ma è necessario che quest'ultimo impari a prestare attenzione al linguaggio del corpo e alle espressioni dei volti; è necessario che questi impari a “saper vedere”.

Attraverso le espressioni non verbali, infatti, è possibile rendersi conto di moltissime cose, soprattutto per quanto riguarda la qualità dell'ascolto e della partecipazione: se le persone osservano chi parla o hanno lo sguardo rivolto altrove, se hanno una

53 posizione rigida o rilassata.

Osservare le persone è fondamentale anche per cogliere i loro cambiamenti ed eventualmente rimandarli alla persona.

 La cura dello stigma e dell'auto-stigma

Lo stigma si basa su diversi pregiudizi, quest'ultimi, il più delle volte, vengono condivisi dalle stesse persone che soffrono di un disagio psichico fino a trasformarsi in auto-stigma.

Sono pregiudizi che derivano da informazioni scorrette, che portano ad etichettare le persone che soffrono di un disagio mentale come matte, incurabili, imprevedibili e pericolose, di conseguenza da isolare dai contesi di socializzazione.

Ciò che all'interno dei gruppi contribuisce a combattere i meccanismi di stigmatizzazione è un processo collettivo di rielaborazione cognitiva, tramite la discussione e la riflessione di gruppo sulle personali esperienze di discriminazione e sofferenza.

 La gestione dei conflitti

Le differenze di opinioni, quando si trattano temi delicati che toccano i sentimenti delle persone, possono far nascere conflitti tra i membri di un gruppo di auto-aiuto, tuttavia se si seguono le regole dell'accoglienza, dell'ascolto e del non giudizio, gli episodi conflittuali sono rari.

La rabbia va ascoltata come si ascolta la sofferenza, ma bisogna aiutare le persone ad esprimerla nel modo meno distruttivo possibile, ad esempio evitando gli insulti. Il conduttore deve svolgere una funzione di mediazione tra i litiganti, cercando prima di tutto di mantenere lui stesso la tranquillità nel modo di esprimersi e nel tono della voce. Il suo compito è quello di aiutare i partecipanti a considerare il conflitto come un'occasione per comprendere meglio il punto di vista dell'altro. È importante che il Facilitatore espliciti fin dall'inizio ai membri del gruppo la probabilità che emergano punti di vista differenti che possono generare conflitti, che questi fanno parte dei rapporti umani ed è impossibile relazionarsi con gli altri senza che ci sia mai un contrasto.

54 CAPITOLO 4. IL PROTAGONISMO DEGLI “UTENTI”: PERCORSI DI EMPOWERMENT ALL’INTERNO DEI GRUPPI DI AUTO-MUTUO-AIUTO