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Fabiana Pacini, Facilitatrice Sociale dell’Associazione L’Alba Conduttrice del gruppo di auto-aiuto di Cascina dal 2007/2008.

Il gruppo è composto da cinque membri, come spesso accade per i gruppi che si riuniscono fuori Pisa, questo è composto da un numero inferiore di persone, ma questo non rende la cosa meno interessante.

Il gruppo si riunisce ogni martedì presso la sede di una radio, è nato grazie al progetto “Auto-aiuto in Circolo” finanziato dal CESVOT e dalla rete Arci, finalizzato ad esportare questo movimento da Pisa ai comuni limitrofi.

L’utenza che fa parte del gruppo per la maggior parte soffre di disturbi medio-lievi.

Quali sono i punti di forza dell’auto-aiuto? A cosa è dovuta la sua efficacia?

Il primo punto di forza dell’auto-aiuto è dato dalla possibilità di trovare un posto dove vieni accettato per quello che sei, che non è per nulla facile.

Come diceva Rogers “stare tutti insieme sulla stessa barca” crea empatia e sinergia tra i membri del gruppo.

Il gruppo fa in modo che la persona esca dagli incontri alleggerita dal suo problema, che ha potuto condividere con altri, e, nello stesso tempo arricchita perché si rende conto di non essere sola nel suo problema. I problemi si distribuiscono all’interno del gruppo.

Aspetto fortissimo dell’auto-aiuto è l’assenza di giudizio, quest’aspetto soprattutto per le persone che hanno una bassa autostima è un toccasana.

Il non giudizio è di fondamentale importanza per una persona fragile, è importante affinché tutti i membri del gruppo sentano di potersi esprimere liberamente. Quando scatta un giudizio è compito del Facilitatore farlo notare.

L’assenza di giudizio è affiancata all’assenza di consigli (a meno che non sono esplicitamente richiesti). Il consiglio è sostituito dal racconto di vita: “io questo problema l’ho risolto così”, il solo fatto che qualcuno con il tuo stesso problema l’abbia risolto è importante, in quanto, rallegra la persona: “posso farcela anch’io”. Altro punto di forza dell’auto-aiuto è costituito dal fatto di consentire ai membri un introspezione su loro stessi, per riuscire a far luce.

La persona che partecipa aiuta il gruppo ma anche se stessa, scopre i suoi punti di forza e di debolezza; compie un lavoro su se stessa.

90 I progressi che possono essere ottenuti dipendono dalla persona, è un percorso soggettivo, per alcuni sono molto piccoli, altri giungono alla cosiddetta “guarigione sociale”.

Infine di fondamentale importanza rivela essersi l’accoglienza. Se una persona viene accolta bene dagli altri membri, in maniera calorosa, questa continuerà a venire e si sentirà parte del gruppo. Se, al contrario, ad una persona viene riservata un’accoglienza fredda questa avrà difficoltà a tornare un'altra volta.

Quali sono i risultati dell’auto-aiuto in termini di socializzazione e integrazione sociale, e quindi, in ultimo di benessere?

I gruppi consentono alla persona malata di riprendere contatto con gli altri esseri umani, a riprendere i “fili del vivere civile”, abbandonando comportamenti aggressivi e imparando ad ascoltare gli altri.

È importante che le persone una volta uscite dal gruppo riescano ad avere rapporti al di fuori di quest’ultimo.

Il gruppo si configura come una “palestra” per la vita fuori, è come quando uno va ad allenarsi per una gara; la gara è rappresentata dall’avere rapporti fuori dal gruppo. Bisogna allenarsi a stare con gli altri, siamo “animali sociali”, sono rare le persone che riescono a stare bene da sole.

Non è raro che nel gruppo si creino legami di amicizia che continuano anche all’esterno, è successo spesso che persone si ritrovano fuori dal gruppo per una pizza o una passeggiata.

Il fine è quello di fare in modo che le persone riescano a riappropriarsi della propria vita, ad ottenere una “guarigione sociale” intesa come avere una nuova vita, riuscire a rientrare nella società civile.

Quali sono i compiti del Facilitatore Sociale nel gruppo?

Il Facilitatore Sociale svolge un ruolo fondamentale nell’attenuare gli elementi di disturbo che possono introdursi nella vita del gruppo. Spesso accade che persone che stanno troppo male prendono il gruppo come uno sfogatoio, non ascoltando gli altri e avendo anche degli episodi violenti.

91 Esistono due strade per ripristinare l’equilibrio nel gruppo: la prima è una reazione naturale del gruppo stesso che facendo alleanza, compattandosi, cerca di far capire all’elemento di disturbo che il suo comportamento non è gradito, che non aiuta né se stesso né il gruppo. In alternativa l’elemento può anche essere allontanato.

Un buon Facilitatore deve essere un po’ come un “pastore” che salvaguardia il benessere del gruppo.

Nel caso di conflitti questo può porsi come mediatore tra i due litiganti, cercando di mettere in evidenza come ognuno nel gruppo è libero di portare la propria opinione, il proprio modo di vedere le cose.

Molte delle persone che hanno frequentato il corso per diventare Facilitatore Sociale hanno avuto la spinta per riprendere a studiare.

Il Facilitatore Sociale è una persona sempre aggiornata, in continua formazione. Questo è di fondamentale importanza per il Facilitatore al fine di evitare il burn-out e avere degli strumenti a protezione di se stesso, in quanto, condurre un gruppo non è per niente facile.

La supervisione mensile è il luogo in cui il Facilitatore può sfogarsi, porta i problemi che possono crearsi all’interno del gruppo sia davanti agli altri operatori, che davanti ad una psicologa. Sempre rispettando la regola del non giudizio e dell’evitare i consigli, il gruppo di supervisione aiuta il Facilitatore a trovare delle soluzioni.

Come è vista dagli operatori che lavorano all’interno dei servizi istituzionali la scelta di far condurre i gruppi ad ex utenti psichiatrici?

Nel territorio pisano la mentalità degli operatori sta cambiando grazie ai risultati che questi si trovano tra le mani, si sono accorti che le persone che frequentano i gruppi hanno meno ricoveri.

Recentemente è stata condotta una ricerca nella quale le persone che frequentano abitualmente i gruppi di auto-aiuto sono state sottoposte ad un test. Da questo studio è emerso che le persone che frequentano i gruppi stanno meglio, hanno meno ricoveri.

Anche gli psichiatri più scettici si stanno accorgendo che il gruppo funziona; concordano sull’importanza della riabilitazione psichiatrica, i farmaci sono fondamentali ma il gruppo aiuta a vivere meglio.

92 Anche i rapporti con gli assistenti sociali stanno migliorando e questi inviano volentieri le persone ai gruppi.

Inoltre altro aspetto da non sottovalutare è che il gruppo costa meno e più le persone stanno bene più soldi risparmia l’ASL.

Eva Campioni, Facilitatrice Sociale dell’Associazione L’Alba Conduttrice di uno dei gruppi di auto-aiuto di Pisa.

Quali sono i punti di forza dell’auto-aiuto? A cosa è dovuta la sua efficacia?

 La possibilità di correggere il problema dell’isolamento sociale dato dalla malattia;

 Recuperare il senso di appartenenza;

 Possibilità di parlare con dei pari dei propri problemi psichiatrici quindi con meno barriere;

 Possibilità di migliorare le proprie capacità relazionali e comunicative.

Quali sono i risultati dell’auto-aiuto in termini di socializzazione e integrazione sociale, e quindi, in ultimo di benessere?

Buoni risultati. Le persone all’interno del gruppo trovano sostegno, amici con cui uscire, da chiamare quando si trovano in difficoltà, in una parola amici!

Come è vista dagli operatori che lavorano all’interno dei servizi istituzionali la scelta di far condurre i gruppi ad ex utenti psichiatrici?

Si tratta di un lavoro costruito negli anni, dal 1993 al 2000, con la dimostrazione costante di un buon lavoro e di poter sostenere la responsabilità di questo impegno. Vi è stata la costruzione di un reciproco rapporto di fiducia.

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CONCLUSIONI

La mia esperienza di tirocinio all’interno dell’Associazione L’Alba, in particolare la partecipazione ai gruppi di auto-mutuo-aiuto, mi ha dato la possibilità di toccare con mano gli attuali risultati di un lungo percorso iniziato alcuni anni fa, che per molte persone si è tradotto in un sostanziale miglioramento della loro qualità di vita in termini di guarigione e integrazione sociale.

L’Associazione L’Alba auto-aiuto è effettivamente produttrice di benessere nei confronti di tutti i soggetti partecipanti, e ovviamente per riflesso, nei confronti di tutta la società. Il Circolo è un luogo di condivisione e di socializzazione tra persone a prescindere dalla condizione di malattia e gode di un’assidua frequentazione da parte di tutta la cittadinanza.

La bellezza dei gruppi di auto-mutuo-aiuto è quella di trovare un clima paritario, all’interno del quale ognuno può esprimersi liberamente e portare la propria patologia come esperienza da condividere e da cui partire in un possibile percorso di guarigione, senza condizionamenti e senza la paura di un giudizio, spogliandosi da ogni ruolo e mettendosi a nudo come persona.

Tutto ciò permette di condividere le proprie emozioni, sensazioni e sofferenze creando un clima di grande partecipazione che coinvolge emotivamente tutte le persone presenti nel gruppo e induce ad una riflessione su se stessi.

Questo è quanto emerge dalla frequentazione dei gruppi e ciò che ne costituisce il punto di forza, il motivo della loro efficacia.

All’interno dei gruppi i partecipanti vengono considerati non come malati ma come persone consapevoli del proprio disagio.

I risultati ottenuti sono piacevolmente sorprendenti, le persone che partecipano abitualmente ai gruppi e che ne hanno compreso i reali meccanismi di funzionamento stanno veramente meglio, hanno un numero di ricoveri molto più basso, hanno recuperato o acquisito competenze che possono investire a favore di se stessi e degli altri esercitando la professione di Facilitatore Sociale, sono riusciti ad intraprendere un percorso di emancipazione e di liberazione da una condizione di passività, riprendendo in mano la propria vita e diventandone protagonisti attivi.

È sorprendente come un “meccanismo” così semplice fatto di ascolto reciproco e condivisione possa portare a risultati così importanti.

94 L’auto-mutuo-aiuto ha portato alla luce l’elevato potenziale di sostegno e di cura che esprimono in gruppo persone che hanno attraversato o stanno attraversando problemi similari.

È di fondamentale importanza non sottovalutare il potere benefico di questa realtà, operante nel territorio pisano. Questa potrebbe essere presa come modello di riferimento e potrebbe essere “esportata” in altri contesti di disagio.

La filosofia dell’auto-aiuto, facendosi forte del riconoscimento normativo ottenuto a livello mondiale, nazionale, regionale e locale, deve trovare concretezza nel territorio, al fine di favorire il reinserimento sociale di persone la cui capacità e possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale della propria comunità è stata compromessa dal disagio mentale. Il raggiungimento di questo fine passa per l’attivazione di gruppi di auto-aiuto che promuovo la socializzazione e consentono di rintrecciare reti sociali.

Questa tesi vuol essere un piccolo contributo per la diffusione di una splendida realtà, effettivamente in grado di produrre benessere e che costituisce un valido aiuto per molte persone, che ho avuto la possibilità e il piacere di frequentare.

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- Legge regionale (Toscana) 3 ottobre 1997, n. 72 “Organizzazione e promozione di un sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari integrati”.

- Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. - Legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del

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- Legge regionale (Toscana) 29 luglio 2014, n. 44 “Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40”.

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