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Il ruolo degli operatori nella promozione e nell'attivazione dei gruppi di auto aiuto

L’ASSOCIAZIONE L’ALBA

6.6 Il ruolo degli operatori nella promozione e nell'attivazione dei gruppi di auto aiuto

La promozione e l'attivazione dei gruppi di auto-mutuo-aiuto sviluppa un particolare processo di empowerment, in quanto, si tratta di nuove forme di organizzazione sociale che aiutano l'individuo a liberarsi del processo di etichettamento in cui è invischiato a causa del suo problema, individuando delle soluzioni concrete.

Sempre più frequentemente gli operatori diventano promotori o facilitatori dei gruppi di self-help, inviano gli utenti ai gruppi, ne favoriscono l'aggregazione, fungono da consulenti in particolari momenti.

In altre situazioni si fanno carico di attivare in prima persona gruppi di auto-aiuto di utenti.

Gli operatori rivestono un ruolo importantissimo nella promozione e attivazione dei gruppi di self-help in quanto essi sono dotati di credibilità professionale e quindi di fiducia.

I professionisti che avviano un gruppo di auto-aiuto debbono essere in grado di arretrare di qualche passo, lasciando il controllo del gruppo ai membri.

All'operatore viene richiesto uno sforzo particolare poiché quest'ultimo può partecipare al gruppo soltanto mettendosi alla pari degli altri membri. L'unico modo

83 in cui un operatore può accedere ai gruppi è spogliarsi dal suo ruolo professionale per stare nel gruppo come persona.

Viene quindi richiesto all'operatore di deporre il proprio “potere”, la propria competenza professionale partecipando alla pari, passando da operatore a membro del gruppo.

L'operatore è quindi chiamato a compiere un doppio sforzo, spostare il proprio punto di vista e mettere in discussione i paradigmi del suo sapere. Innanzi tutto gli si chiede di mettere in discussione le proprie conoscenze; in secondo luogo di ridefinire la sua pratica professionale.

L'operatore mette a disposizione le competenze che possiede, le sue capacità e le sue risorse solo in situazioni particolarmente critiche per il gruppo o su esplicita richiesta; esso dovrà quindi imparare ad amministrare le sue competenze e la sua professionalità con equilibrio. Solo in questo modo contribuirà a creare self-help e autonomia.

Si può quindi partire da un sostegno interno, ma da una posizione di pari, come uno dei membri, non da conduttore o leader, facendo guidare il gruppo da un facilitatore, sostenendo i suoi interventi. In questo modo, si aiuta e si sostiene il processo di creazione di auto-aiuto, del principio dell'helper, dall'interno.

Poiché l'operatore è alla pari degli altri membri, questo processo non genera dipendenza dal professionista che asimmetricamente ne sa più degli altri, ma, contribuisce a dar voce a un sapere, a un modo di operare in qualche modo concorrenziale rispetto a quello tradizionale del sistema dei servizi.

Lo scopo dell'operatore è quello di favorire la piena autonomia, la piena assunzione delle responsabilità da parte dei membri, supportando l'indipendenza e il distacco del gruppo dall'operatore stesso.

Quando arriva il momento, l'operatore si sgancia e cambia posizione supportando il gruppo dall'esterno. Se non si segue questo metodo il processo di auto-aiuto non si crea e nel momento in cui l'operatore esce dal gruppo questo potrebbe sfaldarsi. Questo non significa che l'auto-aiuto non funziona, ma che l'operatore non è stato in grado di mettere in atto quei meccanismi dinamici che generano la nascita dei processi di auto reciproco.

Soprattutto nel caso di gruppi di auto-aiuto per pazienti psichiatrici difficilmente gli operatori riuscivano a dare fiducia agli utenti nella conduzione dei gruppi, questa paura (degli operatori) rendeva ancora più incapaci gli utenti a far da sé.

84 Per i professionisti si tratta dunque di accettare la polivalenza e la reciprocità dei saperi, di accettare che a fianco di una conoscenza professionale esiste e può convivere una conoscenza esperenziale.

Come sottolinea P.R. Silverman79, gli operatori potranno in questo modo contribuire ad incrementare la rete di supporto formata da pari, che si affianca alla rete formale. La promozione dei gruppi di self-help si fonda sul sostegno e l'incoraggiamento dello scambio fra saperi che si basano sull'esperienza soggettiva.

Come ci suggerisce R. Terranova-Cecchini80, promuovere i gruppi di auto-mutuo- aiuto significa permettere alle persone di parlare tra loro e “allenarle” all'interazione esperenziale stimolando il desiderio di creare un gruppo “a partire da loro”, ad avere esperienza dell'altro; significa creare ambienti struttural-relazionali che permettano a persone, utenti, malati, di esprimersi tra loro e formare operatori che sappiano “circolare” in tali spazi.

Per quanto riguarda l'operazione di promozione, in sintesi, l'operatore deve:  valorizzare le diversità in quanto ricchezza del gruppo;

 favorire le capacità relazionali attraverso una buona qualità della comunicazione;

 favorire le sinergie fra più soggetti, compresi i gruppi di auto-aiuto;

 porre attenzione ai bisogni espressi dalle persone, sia di natura psicologici che pratici;

 partecipare come operatore a progetti mirati per lo sviluppo dell'auto-mutuo- aiuto;

 favorire la progettazione partecipata;  incrementare i processi di empowerment;

 favorire la conoscenza e il “riconoscimento” della rete comunitaria di un dato contesto;

 contribuire a rinforzare l'idea che l'auto-aiuto costituisce una nuova risorsa e racchiude in sé una forte potenzialità innovativa;

essere consapevole dei limiti del gruppo di self-help e quindi non pensarli come l'unica risorsa, ma piuttosto come una risorsa fra le altre per raggiungere

79

P. R. Silverman (1989), Op. cit. 80

R. Terranova-Cecchini (2000), Promuovere i gruppi di mutuo-aiuto, Milano, Fondazione Cecchini Pace.

85 l'obiettivo proprio di ogni intervento professionale: far emergere e rafforzare le capacità personali producendo nuove competenze;

 inviare utenti ai gruppi;

 aiutare a comprendere e valorizzare l'attività del gruppo.

Mentre per quanto riguarda l'attivazione di nuovi gruppi l'operatore deve porsi innanzi tutto dei fondamentali interrogativi di partenza:

 perché attivare un gruppo di auto-mutuo-aiuto?

 A quale problema e a quali soggetti voglio dare una risposta?

 Il problema mi coinvolge direttamente e/o riguarda anche altri soggetti istituzionali?

 Che ruolo voglio avere nel gruppo?

Ha senso attivare un gruppo di auto-aiuto là dove ci si trova a fronteggiare un problema complesso che indebolisce le possibilità del singolo e del contesto.

I possibili destinatari di un processo volto alla creazione di un gruppo di auto-mutuo- aiuto sono persone che vivono forti momenti di impasse e che hanno interesse a cambiare, che possono trovare un diretto giovamento nella loro qualità di vita, che sono deprivati delle loro forze dalla malattia o dalla loro condizione di disagio. Attivare gruppi di auto-mutuo-aiuto significa credere che è possibile cambiare, significa essere pronti ad accogliere il ruolo attivo di persone solitamente relegate al ruolo di ricettori passivi di risposte, vuol dire porsi senza pregiudizi alcuni verso le persone.

È molto importante definire il ruolo che si vuole avere nel processo sia come operatori che come istituzione, poiché il mancato chiarimento di questo aspetto potrebbe inficiare o rallentare la formazione del processo di auto-aiuto.

La Silverman81, fornisce un elenco di buoni motivi che l'operatore dei pubblici servizi dovrebbe tenere in considerazione nel valutare i gruppi autogestiti prima di disconfermarli: ad esempio considerarli come un segmento della rete complessiva dei servizi, come un buon avvio alla diversificazione dei servizi, come un fattore importante di promozione del benessere e anche come una pratica che toglie pressione ed affanno all'attività dell'operatore e, nel contempo, ne rafforza l'efficacia. Nel momento in cui sono gli stessi operatori che contribuiscono alla nascita e allo sviluppo dei gruppi di auto-mutuo-aiuto questi possono essere considerati come

81

86 un'occasione di confronto e di valutazione dell'operato dei servizi.

In questo tipo di relazione fra operatore e utente siamo in presenza di una nuova forma di partenership e di sussidiarietà che favorisce un confronto fra saperi e pratiche diverse che inizialmente potrebbero essere percepite come contrapposte ed inconciliabili, ma che se collocate nel giusto registro, diventano delle potenzialità reciproche.