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2. IL SETTORE DEL VINO

2.3. Il commercio internazionale del vino

2.3.1. Chi commercia con chi?

La pratica della coltivazione dell’uva al fine di produrre un prodotto vinicolo risale a tempi antichi tanto quanto il processo di civilizzazione. Un’attività considerata parte integrante della cultura europea e che negli ultimi trent’anni ha saputo raggiungere elevati livelli internazionali.

Vitis Vinifera, le specialità d’uva tipiche utilizzate nel processo di produzione del

vino, sono state adattate a una gamma estremamente varia di tipologie di terreno, sebbene generalmente esse richiedano estati lunghe e secche ed inverni miti per una migliore crescita. (Randy S. 2003) Alla luce di tali necessità, l’uva è stata coltivata con successo per secoli in Europa, Asia Minore e in seguito anche in paesi più distanti come la California. Oggi, la coltivazione vitivinicola rappresenta una quota importante

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dell’attività legata al settore primario di molteplici paesi localizzati in tutto il mondo. Non solo il vino è efficacemente prodotto in paesi caratterizzati da condizioni ambientali e climatiche totalmente diverse tra loro, ma è attivamente commercializzato a livello internazionale raggiungendo anche quelle località nelle quali la coltivazione, per ora, si dimostra piuttosto ostica. Diretta conseguenza di questa diffusione mondiale del processo di produzione vinicolo è stato, come in precedenza accennato, un aumento esponenziale del livello di produzione non adeguatamente accompagnato da quello dei consumi. Conseguenza logica di questa sovrapproduzione è la crescita del livello d’internazionalizzazione del mercato vinicolo, cui fine è diminuire tal eccedenza attraverso la soddisfazione della domanda mondiale rimasta tuttavia insoddisfatta.

L’ammontare totale del livello delle esportazioni internazionali si aggira attorno ai 103,5 mHL nel 2011 (OIV, 2012), con attese positive anche per il 2012. Le stime per il 2012, fornite dall’OEMV10

, mostrano un incremento del vino esportato a valore per quanto riguarda i maggiori paesi coinvolti nel processo; tali nazioni sono per lo più europee, indi per cui tale dato è sicuramente condizionato dall’indebolimento della loro valuta, l’Euro.

Lo sviluppo del settore agricolo negli ultimi vent’anni ha causato un aumento del commercio a livello internazionale e, a sua volta, un maggiore livello di scambi internazionali contribuisce a fomentare lo sviluppo dell’agricoltura. (Dascal D. et alt. 2002) Incrementare le proprie relazioni internazionali non permette soltanto di risolvere una situazione di sovrapproduzione interna, ma rappresenta anche uno stimolo di crescita e sviluppo per il mercato domestico. L’assunzione di tale consapevolezza ha portato molti paesi a cambiare la struttura delle politiche agricole, rendendola, non solo più propensa a operare nel mercato internazionale, ma anche più attenta nel salvaguardare il proprio mercato domestico attraverso una maggiore protezione del livello delle importazioni.

L’aumento del livello d’interesse nell’argomento e dell’interdipendenza tra le economie dei paesi coinvolti nel commercio vinicolo internazionale, ha portato allo sviluppo di molteplici modelli sul commercio. Le teorie classiche sostengono a riguardo che i paesi si specializzeranno nella produzione e nell’esportazione di quei beni per cui avranno un vantaggio competitivo internazionale. L’affermazione non sembra trovare

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però riscontro nei dati relativi al commercio attuale. L’analisi dei flussi commerciali di un qualsiasi paese rivela simultanee importazioni ed esportazioni di una medesima tipologia di prodotto. Questo è, per esempio, il caso dell’Europa che continua a rimanere nella sua totalità, il maggior produttore, esportatore, consumatore e importatore di vino al mondo, anche se incalzata dall’avanzare del cosiddetto Nuovo Mondo.

Allo scopo di ordinare e spiegare i flussi commerciali vinicoli internazionali potrebbe efficacemente essere impiegato il Modello Gravitazionale. Tale modello è utilizzato dagli anni sessanta al fine di spiegare gli scambi commerciali bilaterali. Il modello assume basicamente che “il volume del commercio tra due paesi cresce

funzionalmente al livello dei loro redditi nazionali e decresce funzionalmente all’aumento dei costi di trasporto e di altri costi di transazione, utilizzati come misura della distanza effettivamente esistente tra i centri delle due economie.” (Dana S. et al,

2002).

Nel corso degli anni, sono state utilizzate differenti tipologie di variabili all’interno del modello, le quali favoriscono o rendono più difficoltoso il commercio internazionale (esempi di variabili sono: livello demografico, prodotto interno lordo procapite, sussidi ai produttori o consumatori, e altre variabili), allo scopo di arricchire l’analisi del commercio bilaterale tra diverse nazioni. È diventato comune, inoltre, l’utilizzo di variabili dummy11

allo scopo di catturare quali siano gli effetti sul commercio di contiguità culturali e storiche, dell’utilizzo di una stessa lingua, dell’integrazione regionale, delle misure politiche, dei brevetti, etc. L’evidenza empirica di una delle applicazioni di tale modello evidenzia come un aumento del prodotto interno lordo pro capite di entrambi i paesi abbia delle conseguenze positive sul livello delle esportazioni. Più elevate è il livello del reddito procapite, più elevato sarà il volume dei beni esportati. I risultati suggeriscono inoltre che il commercio di vino è positivamente influenzato da un aumento del prodotto interno lordo procapite nei paesi importatori; più alto è il reddito più elevato sarà, infatti, il volume di vino importato e, probabilmente, consumato. Inoltre, l’applicazione, di questo modello al commercio bilaterale tra Unione Europea e un altro paese esterno, evidenzia come la distanza

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Le variabili dummy sono variabili dicotomiche, variabili cioè che possono assumere solo due valori quali 1 e 0.

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geografica tra i paesi abbia un effetto positivo sull’ammontare di vino europeo esportato ma negativo sul volume delle importazioni europee. Altre variabili rilevanti sono il tasso di cambio e il livello del prezzo unitario delle esportazioni; nel primo caso, un deprezzamento della valuta di un paese, come l’Euro, aumenta le esportazioni e diminuisce i beni importati, mentre nel secondo caso vi è un condizionamento sempre negativo sul livello di scambio internazionale di vino. (Dana D. et al. 2002).

Indipendentemente dalle caratteristiche dei paesi tra i quali avviene lo scambio dei prodotti vinicoli, la struttura del commercio di vino internazionale è profondamente influenzata anche da una serie d’impedimenti posti alla libera circolazione del vino attraverso i diversi confini nazionali. Queste barriere includono tariffe, dazi doganali, tasse sugli alcolici, e altre accise relative che, sommate, sono generalmente più alte della media delle tariffe e dazi applicati alla maggior parte degli altri prodotti dell’agricoltura.