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L’internazionalizzazione nella catena del valore del vino

2. IL SETTORE DEL VINO

2.4. La catena del valore nell’industria del vino

2.4.4. L’internazionalizzazione nella catena del valore del vino

Data l’attuale condizione di eccesso nell’offerta di vino, i produttori ricercano nuovi spiragli di domanda da poter soddisfare. Il volume dell’export, anche per questa ragione, negli ultimi anni ha raggiunto livelli sempre maggiori. Gran parte della produzione interna di vino, infatti, non è consumata dalla domanda domestica ma estera. Più elevato sarà il surplus domestico più il paese sarà dipendente dalle esportazioni. Da qui l’enfasi posta sui prezzi e sul livello qualitativo del vino venduto nei mercati internazionali. Vi è un’elevata pressione competitiva che riguarda le imprese coinvolte nel mercato internazionale. Ciascuna di esse deve cercare di mantenere la propria posizione facendo i conti con una concorrenza internazionale sempre maggiore. Fondamentale sarà quindi ottenere una chiara comprensione delle procedure e delle condizioni attraverso cui rendere l’attività d’esportazione il più profittevole possibile. Quando si guarda al processo d’internazionalizzazione, vi è fondamentalmente uno scontro di opinioni tra chi la vede come una minaccia e chi invece come un’opportunità. Un punto d’incontro tra le due prospettive potrebbe però essere trovato non limitandosi a dare giudici sul processo in sé, ma concentrandosi sul come poterlo affrontare nel modo più profittevole possibile. (Kaplinsky R. et al. 2000)

Quanto si parla d’internazionalizzazione nel settore vitivinicolo il modo prettamente favorito risulta essere quello dell’esportazione. Le ragioni sono facilmente spiegate. A differenza di altre tipologie di prodotto, la produzione del vino come di altri beni agricoli è fortemente influenzata da elementi naturali legati al luogo d’origine. La qualità del prodotto finale è strettamente legata a due tipologie di fattori umani e naturali; in altre parole, è dipendente sia dalle pratiche vitivinicole e di vinificazione, ma anche specialmente da elementi come il clima, il terreno e il luogo. (Musango J.K. 2005) Quando si parla d’internazionalizzazione nel settore del vino ci si riferisce specialmente alla prima di queste due categorie. Lo stretto legame tra le caratteristiche qualitative e il luogo d’origine fa sì che il vino sia sempre stato considerato un bene dalla produzione difficilmente internazionalizzabile. Questo rimane vero tuttora, anche se i cambiamenti negli ultimi anni sono stati molti. Ciascuna fase della catena del valore nel mercato vinicolo, in diverso modo, ha visto ridurre le proprie barriere ed è entrata a far parte del sistema economico globale.

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La fase che più difficilmente s’interfaccia con i mercati internazionali, è quella legata alle attività di viticoltura e di coltivazione delle viti da uva. Il livello qualitativo del vino finale è molto legato alle caratteristiche climatiche e ambientali del luogo d’origine, ed è anche questo che ha permesso a paesi europei come Italia e Francia di preservare la propria posizione dominante. Negli ultimi anni, invece, si è potuto osservare l’ingresso di nuovi paesi tra i maggiori produttori mondiali del settore. Questo cambiamento è in parte dovuto anche a sperimentazioni di nuove pratiche di viticoltura. Gli stessi produttori del vecchio continente sono andati alla ricerca di nuove tipologie di terreno in cui poter coltivare con successo le proprie viti; il risultato è stata la nascita di nuove varietà d’uva e di originali combinazioni (suolo, clima e vite) mai viste prima. Cade quindi in un certo senso, anche il “tabù” dell’impossibilità d'internazionalizzare le attività di coltivazione dell’uva. I fattori chiavi per competere con successo nel mercato internazionale potrebbero essere riassunti in due punti. Il successo può essere ricondotto alle capacità dell’industria locale di sapersi adattare alle nuove tendenze, dei produttori tradizionali di sperimentare nuovi metodi di produzione e dell’essere pionieri nell’utilizzo di nuove tecniche di marketing. Inoltre, i paesi caratterizzati da un clima favorevole alla coltivazione d'uva qualitativamente elevata, da bassi costi di produzione e da vantaggi competitivi naturali, devono saper attrarre gli investimenti stranieri finalizzati alla produzione del vino, al fine d'essere competitivi a livello globale. (Cholette S. et al. 2005)

Le attività di vinificazione hanno subito notevoli trasformazioni grazie a un incrementale processo d’innovazione, che ha cambiato l’industria vinicola nel suo complesso. Negli ultimi anni è cresciuto l’ammontare di vino sfuso esportato dal paese d’origine in grandi contenitori, ed imbottigliato direttamente nel mercato di destinazione. Tra i paesi produttori, appartenenti al cosiddetto Nuovo Mondo, il vino sfuso rappresenta circa la metà del commercio di vino esportato internazionalmente. (Rabobank, 2012) Il trasporto di vino sfuso in grandi botti o cisterne piuttosto che nelle tradizionali bottiglie di vetro permette una notevole riduzione dei costi legati alla logistica (costi trasporto, tasse, dazi d’importazione, costo del contenitore, etc.). Alla luce di questo potenziale risparmio, molte aziende coinvolte in sostanziosi investimenti nel processo d’imbottigliamento hanno rivalutato la propria strategia. Ovviamente questo ha comportato dei cambiamenti rilevanti nel settore, specialmente per quanto

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riguarda la distribuzione del valore lungo la catena di distribuzione. Piuttosto che generare un guadagno nel paese produttore, una più grande quota del valore creato dall’imbottigliamento e dai margini di vendita è ora catturata dal mercato di destinazione. È stato stimato che questo cambiamento ha portato alla generazione di un guadagno pari a circa un miliardo di dollari nel mercato importatore piuttosto che nel paese produttore. (Rabobank, 2012) Capire di chi è la proprietà del vino sfuso durante la fase di spedizione è fondamentale per comprendere come sia distribuito il valore del prodotto. Vi sono, infatti, produttori che mantengono la proprietà sul vino sfuso esportato fino all’arrivo sul mercato di destinazione al fine di imbottigliarlo ed etichettarlo in loco. In questo caso, il marchio produttore cattura anche il margine della vendita, ma l’esportazione di vino sfuso piuttosto che imbottigliato rappresenta comunque un trasferimento all’estero del valore aggiunto dall’imbottigliamento. Un’altra tipologia di commercio internazionale è quella in cui il vino sfuso è venduto ed esportato ad una terza parte, che si occuperà delle attività d’imbottigliamento ed etichettatura in maniera indipendente; in questo caso il margine della vendita non sarà più interamente catturabile dall’esportatore/produttore. Resistenze al processo d’internazionalizzazione della fase d’imbottigliamento si sono comunque verificate per alcune tipologie di produttori. Per vino caratterizzato da un minor volume di vendita, ma elevati margini legati all’etichetta e alla qualità del singolo prodotto (vino premium, di qualità superiore), l’aumento dei costi portata dall’internazionalizzazione del processo d’imbottigliamento potrebbe essere inferiore alla perdita di qualità e d’identità subita dal marchio in caso di processo contrario.

Le scelte d’internazionalizzazione realizzate nella fase di vinificazione, andranno ad influenzare la struttura del processo distributivo. Diversa è la configurazione che il canale di distribuzione può assumere in base alla tipologia di vino, del mercato di destinazione, del livello d’integrazione verticale di ciascun attore e del grado d’internazionalizzazione delle attività della catena del valore. Comunemente il vino è distribuito nel mercato internazionale attraverso un importatore; quest’attore acquista il vino da differenti cantine e lo rivende attraverso al consumatore finale attraverso altri intermediari. Il produttore utilizza molto spesso l’aiuto della figura dello spedizioniere e del trasportatore per coordinare e facilitare le operazioni logistiche d’esportazione del prodotto vinicolo. A volte il produttore sceglie un canale d’esportazione più diretto

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attraverso la figura dell’ex-cellar; quest’attore vende direttamente al consumatore finale differenti tipologie di vino, provenienti anche da diverse cantine vinicole, in quantità limitate allo scopo di oltrepassare l’utilizzo di successivi intermediari.

In una condizione economica di estrema incertezza molte sono le problematiche che vanno ad influenzare i margini ed il livello di competitività dei produttori vinicoli che decidono di intraprendere un percorso internazionale. I paesi tradizionalmente noti per la produzione di vino di qualità superiore, possono giocare un ruolo importante per quanto riguarda la formazione e l’influenza delle preferenze e delle decisioni d’acquisto dei consumatori nei maggiori mercati importatori. Per quanto riguarda i nuovi paesi del settore, il livello di competitività internazionale emergerà probabilmente dal confronto tra una serie di variabili, tra le altre, le tariffe sulle importazioni e le improvvise fluttuazioni del tasso di cambio tra le valute nazionali. Ad esempio, paesi emergenti nel settore come Australia, Nuova Zelanda e Cile hanno risentito degli apprezzamenti delle loro valute nazionali al contrario di quelle dei paesi loro partner commerciali. La debolezza dell’euro, infatti, ha permesso ai paesi europei di guadagnare in competitività in un periodo in cui le economie domestiche fanno fatica ad uscire da un periodo di recessione. (Rabobank, 2012)

Nel capitolo seguente verrà per l’appunto realizzata un’analisi comparativa tra i paesi del Nuovo Mondo del vino e quelli del vecchio continente. L’analisi si focalizzerà sulle differenti modalità d'orientamento al processo d’internazionalizzazione e le differenze nell’entrata in diversi mercati di destinazione.

3. Le direttrici dell’internazionalizzazione nel settore del vino