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Politiche commerciali e barriere all’entrata

3. LE DIRETTRICI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE NEL SETTORE

3.3. Quale la destinazione finale?

3.3.1. Mercato di destinazione Regno Unito e Brasile

3.3.1.3. Politiche commerciali e barriere all’entrata

Nella scelta del mercato di destinazione all’interno di una strategia d’internazionalizzazione, la stima del suo potenziale interno, attraverso l’analisi delle caratteristiche della domanda e del suo livello di coinvolgimento internazionale, rappresenta solo una parte delle valutazioni che devono essere portate a termine. Di fondamentale importanza sono anche le valutazioni relative alle politiche commerciali adottate dal paese.

In materia di politica commerciale internazionale, il Brasile ha alle spalle una storia lunga e controversa. Dagli anni sessanta, in seguito alla rivoluzione militare, il Brasile ha avviato un significativo processo di liberalizzazione, attraverso una politica volta alla diversificazione delle esportazioni e alla limitazione delle importazioni. Fu, quindi, avviata una politica volta alla sostituzione delle importazioni attraverso una serie di regolamentazioni fiscali e l’utilizzo di vari strumenti di credito. Tali manovre permisero di creare un solido e ben strutturato sistema industriale nazionale, ma allo stesso tempo di diffondere l’idea che qualsiasi ulteriore apertura del paese ai prodotti esteri potesse rappresentare una minaccia per lo sviluppo nazionale. Le cose iniziarono a cambiare negli anni novanta, quando furono eliminate tutte le principali barriere non tariffarie al commercio e venne programmata una quadriennale riduzione delle tariffe sulle importazioni. Negli stessi anni (1991), venne ufficializzata la nascita dell’organizzazione Mercosur, e venne avvivato un piano di stabilizzazione della moneta locale (Real Plan 1994) volto a dimezzare i livelli di inflazione interna. Il governo di Fernando Henrique Cardoso (1995-2002) fu caratterizzato da un attento controllo dell’inflazione e da un processo di privatizzazione. In questi anni venne data, in via preferenziale, ampia importanza alla realizzazione di accordi commerciali con

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l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Tali negoziazioni non andarono però a buon fine, da un alto, per il ruolo passivo che il paese avrebbe giocato in queste relazioni, e dall’altro lato, per le potenziali minacce all’unità dell’organizzazione appena nata (Mercosur). Seguendo queste considerazioni il successivo governo di Lula (2003-2010) decise di adottare una strategia che tuttora si sta continuando a seguire: una riduzione delle negoziazioni con l’Europa e gli Stati Uniti a favore di un maggior commercio con i paesi dell’emisfero meridionale, e in particolare con i paesi membri del Mercosur. Le immediate conseguenze di questa nuova linea strategica sono state varie. In primo luogo, è stata data una posizione prioritaria alla relazione con l’Argentina, il suo principale partner all’interno del Mercosur. In secondo luogo, venne stipulato un accordo che portò all’eliminazione delle tariffe applicate ai beni commerciati tra paesi membri dell’organizzazione. Tale accordo ha portato ad un significativo cambiamento delle quote di vino importato in Brasile, favorendo l’attuale situazione di dominanza dei vini argentini e cileni nel mercato brasiliano. Per quanto riguarda il sistema tariffario brasiliano (BTS), si può dire sia una sistema alquanto recente e per questo, in continuo mutamento a seconda della situazione economica vissuta dal paese. Spesso l’onere tariffario sul vino importato in Brasile riesce a raggiungere il 100%, e questa è la ragione per cui avviare degli affari legati alle importazioni risulta rischioso. (Evandro de M.X.2009) Bisogna aggiungere come il Brasile si presenti come uno stato federale composto da 27 regioni, ognuna avente un proprio sistema di tasse interne. L’importatore quindi deve cercare di trovare un proprio equilibrio tra i due sistemi, regionale e nazionale. Molte sono le misure protezionistiche messe in atto dal governo per tentare di dare slancio alla produzione locale, dato che molto spesso il vino brasiliano è ignorato dai consumatori locali a favore di quello importato.

A differenza della situazione brasiliana, il mercato inglese non è sottoposto a una così restrittiva politica economica sulle importazioni vinicole. Ovviamente questo deriva dalla presenza di una diversa congiuntura economica che rende il settore inglese significativamente dipendente dalle importazioni straniere. La grande importanza che detiene il vino importato nel mercato locale ha portato alla creazione di una serie di regolamentazioni, che vanno aggiunte ad una serie di politiche commerciali stabilite a livello europeo. Dal punto di vista tariffario, la politica commerciale inglese prevede l’applicazione al vino importato di due tipologie di tasse: un’accisa posta in base al

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contenuto alcolico del vino e un’ulteriore tassa con percentuale ad valorem (VAT, Valued Added Taxes). (Randy S. 2003) Probabilmente però, le barriere più significative poste all’importazione di vino nel mercato inglese non sono quelle tariffarie, ma piuttosto quelle legate a standard industriali e legali. Recentemente ha destato particolare clamore un’iniziativa volta a limitare lo spreco di risorse in tutti i settori in generale, e che incoraggia le importazioni di vino sfuso. Tale programma ha portato a un notevole aumento delle attività d’imbottigliamento in terra inglese, nonché ad una riduzione dei costi di trasporto e del tempo di esposizione del vino sugli scaffali. I vantaggi sono evidenti per il paese importatore, ma lo stesso non si può affermare per il mercato d’origine. Il trasferimento dell’attività d’imbottigliamento al di fuori del proprio paese comporta per l’economia locale una perdita di prodotto interno lordo, nonché per i produttori una diminuzione del proprio margine di guadagno. (Rabobank, 2012) Altra tipologia di regolamentazione, riguarda il sistema di etichettatura. Un vino per poter essere importato nel mercato inglese necessita di una particolare tipologia di etichetta e documentazione che attesti quali siano i suoi ingredienti e le pratiche enologiche che sono state seguite durante la sua produzione, nonché le sue probabili conseguenze sulla salute del consumatore (presenza di allergeni o altro). (Gain, 2012) Tali regolamentazioni derivano da politiche europee estese a tutti i membri dell’unione. In effetti, il commercio di vino tra Regno Unito e gli altri stati europei risulta notevolmente favorito rispetto a quello con altre nazioni. La finalità chiaramente è quella di preservare e proteggere le produzioni interne all’unione, anche se con misure decisamente più tenue rispetto a quelle brasiliane. Infatti, il Regno Unito continua a rappresentare un paese dalla posizione strategica rilevante, o meglio, continua a rappresentare la possibilità per gli stati extra-europei di iniziare a operare nei mercati del vecchio continente.

Nell’ultima parte di questo capitolo sono state analizzate le situazioni attuali e le potenzialità future di due possibili mercati d’importazione del vino. Ciascun paese nella sua identità rappresenta quella che è l’attualità del mercato vitivinicolo internazionale, frastagliato tra nuovo e vecchio, tra ciò che è stato già affrontato e le possibilità che ancora devono sopraggiungere. Tale analisi tornerà utile nel prossimo capitolo, in cui verrà analizzato il caso studio di un’azienda importatrice di vino principalmente argentino, attiva nel Regno Unito, ma con il futuro rivolto al Brasile.

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