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Principali problematiche nel commercio internazionale

2. IL SETTORE DEL VINO

2.3. Il commercio internazionale del vino

2.3.2. Principali problematiche nel commercio internazionale

La struttura del commercio di vino internazionale è profondamente influenzata da una serie di impedimenti posti alla libera circolazione del vino attraverso i diversi confini nazionali. In accordo con i dati forniti dal FAS12, la media consentita di tariffe applicabili al vino dal WTO, l’organizzazione internazionale che regola il commercio mondiale, è di circa il 76%. (Randy S. 2003) In aggiunta alle tariffe e alla serie di accise e dazi applicabili alle importazioni, esistono molteplici problematiche che influenzano lo scambio internazionale del prodotto vinicolo e che sono attualmente oggetto di numerose negoziazioni commerciali; tra le altre, questioni inerenti alle etichette e alle indicazioni di origine, e alle pratiche enologiche attraverso cui si esplica la produzione vitivinicola. Gran parte degli stati esportatori, non appartenenti al vecchio continente, stanno aderendo ad un accordo internazionale per cercare di gestire tali problematiche di forma univoca. Allo stesso modo, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno realizzato un accordo bilaterale volto a porre fine alle differenze esistenti relative al commercio di vino internazionale.

Le tariffe applicate al commercio oltre i confini nazionali variano da paese in paese. Molto spesso, la percentuale applicata varia in base al volume alcolico contenuto

12 Foreign Agricultural Service, appartenente al Dipartimento per l’agricoltura degli Stati Uniti d’America

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nel prodotto vinicolo e in relazione al fatto che questo sia distribuito sfuso o in bottiglia. Licenze, certificazioni e una rigida documentazione sono spesso richieste in molti paesi importatori. Ad esempio, per essere importato in un paese appartenente all’Unione Europea, il prodotto deve obbligatoriamente essere accompagnato da una certificazione che attesti la sua conformità alle norme europee. In Giappone, il vino importato deve essere sottoposto a particolari misure d’ispezione volte a garantire un adeguato livello igienico degli alimenti importati. Chiaramente, tali misure rendono più costoso il processo d’importazione del vino, rendendolo inoltre meno competitivo. Alcuni paesi, caratterizzati da mercati domestici piuttosto piccoli e da una produzione vinicola annuale contenuta, preferiscono mantenere basse le tariffe sul vino sfuso importato, piuttosto che su quello imbottigliato, allo scopo di incentivare la produzione e l’imbottigliamento del vino a livello locale. (Randy S. 2003).

Negli Stati Uniti e in altri paesi emergenti, la maggior parte del vino è etichettata come “monovitigno”, per esempio cabernet sauvignon, malbec, merlot, etc13

. Tale sistema di etichettatura fa parte di una più ampia strategia di marketing indirizzata a quei consumatori meno esperti, in campo enologico, e che tendono ad associare a una peculiare tipologia di etichetta una serie determinata di caratteristiche tecniche e qualitative del vino. Il vino europeo, invece, è sottoposto a un sistema di etichettature totalmente differente. L’organizzazione del mercato comune del vino identifica lo stesso attraverso l’indicazione di origine, e in base alla particolare regione sarà strettamente associato a un determinato sistema di caratteristiche qualitative.

Alcune regioni, specialmente in Europa, presentano un severo regolamento per quanto riguarda la gestione delle pratiche enologiche, attraverso cui avviene la produzione e distribuzione del vino. Tale ordinamento non risponde solamente a preoccupazioni da un punto di vista della sicurezza, ma anche nel rispetto degli standard qualitativi e nella parità di trattamento dei coltivatori localizzati nei vari paesi. La norma europea comporta l’applicazione di una serie di leggi che definiscono i margini della corretta pratica enologica ammettendo, allo stesso tempo, varie deroghe in base alle condizioni climatiche e geografiche delle differenti regioni. Gli Stati Uniti, al contrario, autorizzano pratiche che attualmente non sono permesse nei paesi europei. Il risultato di

13 La legge statunitense richiede che, per poter utilizzare la dicitura “varietals”, il prodotto vinicolo

contenga almeno il 75% della tipologia di una indicata. U.S. Department of Justice, Bureau of ATF. 85- 14.

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queste diversità, si materializza nell’impossibilità per alcuni produttori di esportare il proprio prodotto vinicolo in Europa, poiché realizzato attraverso pratiche enologiche proibite. Questo è il caso, ad esempio, della “pratica di ionizzazione durante la

fermentazione finalizzata a perfezionare il gusto del vino o le differenze nei livelli alcolici” (Rendy S. 2003.)

Nel 2001, Canada, Cile, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno firmato un accordo, denominato “Mutual Acceptance Agreement” cui fine è ridurre la possibilità che tali differenze si trasformino in barriere al commercio internazionale. In seguito nel corso degli anni altri paesi aderirono all’accordo14

. Tale accordo permette di facilitare il processo d’importazione del vino, per gli stati aderenti al gruppo, purché ovviamente questo sia prodotto nel rispetto delle leggi, ordinamenti e pratiche enologiche ammesse. Altro tipo di negoziazione è quella regolata nel Giugno 1999, attraverso un accordo bilaterale tra Stati Uniti ed Europa. Tale negoziazione si focalizza principalmente sulle differenze esistenti tra le pratiche enologiche e le procedure attraverso cui approvare tali pratiche, ma anche mira a risolvere quelle problematiche conseguenti a una differente concezione della disciplina di etichettatura. L’obiettivo primario degli Stati Uniti è quello, attraverso tale accordo, di far riconoscere a livello legale europeo il proprio sistema di etichettatura. I paesi europei a riguardo lasciano aperte varie possibilità, principalmente al fine di proteggere l’importanza dell’indicazione d’origine per identificare vini qualitativamente importanti. In altre parole, una modalità di preservare l’importanza della tradizione come elemento di forza della produzione vinicola del vecchio continente. L’Unione Europea ha realizzato, nel corso della sua storia enologica, numerose tipologie di accordi bilaterali con vari partner commerciali come Australia, Messico e Sud Africa. Lo scopo di questi accordi è sempre quello di un mutuo riconoscimento delle pratiche enologiche, e di una reciproca protezione delle denominazioni d’etichetta.

L’obiettivo finale di questi accordi è di rendere più agevole il commercio tra paesi diversi, sia da una prospettiva culturale sia geografica. Il problema della sovrapproduzione, che sta caratterizzando il settore mondiale del vino, può, infatti, essere risolto attraverso una migliore gestione degli scambi internazionali. Data l’attuale

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Il gruppo che racchiude tutte le nazioni firmatarie di tale accordo, viene definito World Wine Trade Group.

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congiuntura economica, la crisi che ha negativamente influenzato la domanda domestica di molti stati e il cambiamento in atto nel mercato vitivinicolo mondiale, l’efficace utilizzo di adeguati strumenti d’internazionalizzazione potrebbe giocare un ruolo fondamentale per molti stati, nel breve e nel lungo periodo. Nel paragrafo seguente verrà per l’appunto analizzato il livello dei flussi commerciali internazionali del settore.