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Commission des Artistes

Le guerre si combattono dappertutto, le rivoluzioni si fanno in città. La città è, allo stesso tempo, teatro e bottino delle rivoluzioni. La rivoluzione del 1789 fu combattuta a Parigi per conquistare Parigi. In realtà, come vedremo, quella del 1789 non fu che la prima di molte battaglie che furono combattute per conquistare Parigi. In fin dei conti, si potrebbe dire che la storia della trasformazione di Parigi non è altro che la storia della conquista di Parigi da parte della borghesia.

Quando Luigi XVI trasferì nuovamente la corte da Versailles a Parigi, il 6 ottobre 17893, era già troppo tardi: il vuoto lasciato dall’assenza del re era già stato colmato da

un nuovo potere. La borghesia reclamava il diritto di auto-determinarsi e di prosperare e, soprattutto, quello di imprimere la propria impronta sulla città in cui aveva vissuto da sola per più di un secolo. Il re aveva abbandonato il campo di battaglia.4 Di fatto,

la città era già in mano ai borghesi: si trattava ora di possederla di diritto.

La storia della trasformazione di Parigi da città medievale/feudale a città moderna/ borghese iniziò veramente il 2 novembre 1789, con l’istituzione dei Beni Nazionali. Quel giorno – lo abbiamo accennato – lo Stato iniziò a trasferire a sé stesso, cioè al popolo, la proprietà dei beni che erano stati della Chiesa e della Monarchia. Come scrive Bernard Rouleau: “Nell’evoluzione di Parigi dopo il 1789, il problema del- la costituzione e dell'utilizzazione dei Beni Nazionali, si pose in primo piano”5. I

beni confiscati occupavano un ottavo della superficie di tutta Parigi6 e il loro valore

complessivo ammontava a più di cento milioni di Livres7: i Beni Nazionali erano una

risorsa che la nuova Repubblica, in grave crisi finanziaria, poteva e doveva sfruttare. Ma in che modo? La loro alienazione, cioè la loro vendita – che avrebbe trasferito la loro proprietà da tutto il popolo ad alcuni cittadini8 – fu decisa nel luglio del 17909.

3 Luigi XVI fu costretto a rientrare a Parigi in seguito alla cosiddetta “marcia su Versailles” compiuta il 5 ottobre 1789 dalle donne affamate che frequentavano il mercato di Les Halles. Una loro delegazione fu ricevuta dal re, anche grazie alla mediazione di Robespierre che quel giorno iniziò l’ascesa politica che lo portò alla ghigliottina. Il re ordinò l’apertura dei magazzini reali e la distribuzione di cibo al popolo, ma le donne si rifiutarono di rientrare a Parigi finché il re non promise di rientrarci a sua volta.

4 Il significato della marcia su Versailles potrebbe essere proprio questo: la borghesia non si accontentava del fatto che il re avesse abbandonato il campo di battaglia, voleva sconfiggerlo sul posto. Da questo punto di vista, come vedremo, la strage del 4 dicembre 1852 sembra essere stata mossa dallo stesso obiettivo.

5 B. Rouleau, Le tracé des rues de Paris, editions de CNRS, Parigi 1975, p. 88. Traduzione nostra.

6 400 ettari su 3370 complessivi. Vedi: B. Rouleau, cit., pp. 87-90.

7 P. Pinon, Le Plan des Artistes entre grands axes et opportunités foncières, in: P. Pinon (a cura di), “Les traversées de Paris”, Editions du Moniteur, Parigi 1989, p. 145.

8 Ivi, p. 146. Traduzione nostra. 9 Ivi, p. 145.

Tuttavia l’estensione dei singoli Beni era eccessiva per le tasche di qualsiasi borghese: per venderli ad un prezzo vantaggioso per lo Stato, era necessario lottizzarli, cioè suddividerli, prevedendo anche la realizzazione di nuove strade10. La vendita dei Beni

Nazionali, quindi, si offrì come duplice occasione: da un lato consentì allo Stato di arginare il proprio tracollo economico, dall’altro fu l’occasione per ridisegnare Parigi. Anche se, a prima vista, può sembrare che solo il secondo aspetto sia pertinente a questa tesi, è importante soffermarsi anche sul primo. Dovendo affrontare con urgenza i problemi finanziari della Repubblica, l’Assemblea decretò l’emissione degli assegnati11 – buoni del tesoro garantiti dal valore dei Beni Nazionali – che vennero

subito venduti ai cittadini, senza aspettare la realizzazione delle lottizzazioni e quindi la vendita diretta dei Beni. Il valore degli assegnati fu sostenuto da una duplice fiducia, nello Stato che li emette e nei Beni che li garantisce12. Più in particolare, la fiducia era

relativa al fatto che il primo fosse in grado di valorizzare i secondi. Grazie a questa fiducia, i Beni acquisirono un valore che poteva essere speso indipendentemente dai Beni stessi, eventualmente anche per realizzare le lottizzazioni necessarie per valorizzarli. Così il cerchio si chiuse: anche dal punto di vista economico, la città poté essere trasformata grazie a se stessa. Torneremo in seguito su questo meccanismo fondamentale in tutte le fasi della storia della trasformazione di Parigi e soprattutto nei 17 anni di servizio di Haussmann.

In secondo luogo la vendita dei Beni Nazionali, implicando la loro lottizzazione, fece dei Beni stessi uno strumento per ridisegnare la città. Come recita la relazione approvata il 21 marzo 1791 dal Corps Municipal, essa fu “un’occasione in grado di favorire l’abbellimento di Parigi o la comodità delle comunicazioni”13. Una commissione, che

fu detta des artistes, fu nominata per dare esecuzione alle disposizione della legge dell’1 e 4 aprile 1793, relativa alla suddivisione delle vaste aree e degli edifici dei

10 La convention Nationale nella sua seduta di martedì 4 giugno 1793 decretò che un a pianta “des Etablissements Nationaux” fosse incisa sulla base della pianta di Verniquet (fig. 18) e che fosse consegnata a tutti gli architetti che intendevano cimentarsi nella loro suddivisione, finalizzata alla loro valorizzazione e vendita. Vedi: B. Rouleau, cit., p. 90.

La legge del 4 aprile 1793 aveva da poco stabilito che: “les grands emplacements nationaux situes dans les villes et tous autre lieux d’une grand ètendue, dont la vente en masse serait reconnue moins avantageuse, seront divisés et vendus par lots séparés”. P. Pinon, Le Plan des Artistes, cit., p. 145 e nota 4.

11 Decreti del 19 e 21 dicembre 1789. http://www.treccani.it/enciclopedia/ assegnato_%28Enciclopedia-Italiana%29/

12 Sul tema più generale dei meccanismi che regolano il “mondo oggettivo del denaro, della proprietà”, vedi: John R. Searle, La costruzione della realtà sociale, Giulio Einaudi editore, Torino 2006.

13 Relazione del Corps Municipale citata in: Commission d’extension de Paris, Aperçu

Beni Nazionali di Parigi14. L’incarico della Commission des Artistes15 sembrò chiaro:

disegnare le lottizzazioni previste dalla legge. Ma una dichiarazione del 30 settembre 1793 della Commission Générale des Artes fu ancor più esplicita e rivelò un aspetto essenziale dell’incarico assegnato alla Commission des Artistes: rappresentare i valori della Repubblica non attraverso singoli monumenti, ma attraverso la città nel suo complesso. Se il re, la nobiltà e il clero esercitarono il loro potere formale sulla città condizionando, modificando e stimolando la forma della città solo indirettamente attraverso la costruzione dei propri edifici16, la Repubblica al contrario mirò ad

esercitare un controllo diretto sulla forma dell’intera città, affrontandone il disegno complessivo. In particolare, la Repubblica volle auto-rappresentarsi attraverso la valorizzazione della città per mezzo della sua lottizzazione, cioè – per usare una parola sconosciuta a quei tempi – attraverso la sua mercificazione. È precisamente questa idea che lega tra loro le varie fasi della trasformazione di Parigi dal 1789 al 1889 e forse anche oltre, al di là delle diverse vicende politiche che le hanno caratterizzate: differiscono tra loro solo per il modo in cui la mercificazione venne perseguita e realizzata.

Se, quindi, l’obiettivo della Repubblica fu valorizzare la città, quello della Commission fu di dare una forma a questa valorizzazione. Si impose poi un terzo obiettivo, reclamato dalla città stessa, per bocca dei suoi abitanti, attraverso i cahiers

de doléances. Agli Stati Generali del 27 luglio 1789 venne data lettura ai cahiers

compilati dai tre Stati. Significativamente, quelli del Primo e del Secondo Stato riguardavano quasi esclusivamente i rapporti di potere, mentre quelli del Terzo Stato contenevano numerose lamentele, osservazioni e richieste sulla città di Parigi. Gli abitanti di Parigi – borghesi e proletari – lamentavano principalmente l’insalubrità delle abitazioni e la difficoltà del traffico: ecco le due principali, pratiche ragioni che

14 “Une commission d’artistes [fut] nommée pour l’execution des opérations ordonnées par la loi des 1er et 4 avril 1793, relative à la division des grands emplacements des édifices nationaux situés dans Paris.” Lettera del 1796 del ministro delle finanze Dominique-Vincent Ramel, citata da P. Pinon, Le Plan des Artistes, cit., p. 146, nota 12. Traduzione nostra.

15 I documenti relativi alla Commision des Artistes sono bruciarono insieme all’Hôtel de Ville nel 1871. In ogni caso, sembra che la Commissione non sia mai stata ufficialmente nominata e che avesse soltanto un ruolo consultivo. Essa fu sciolta dal Direttorio nel mese di Ventoso, anno V (19 febbraio-20 marzo 1797). Comunque, conosciamo i nomi degli undici membri che composero la Commissione. Quattro di loro erano già commissari alla viabilità: Edme Verniquet (personaggio di cui parleremo in seguito, autore della bellissima pianta di Parigi che servirà da base sia al Plan des Artistes del 1793 che al fondamentale Atlas des travaux de Paris pubblicato da Alphand nel 1889), Pierre Garrez, Charles-François Callet e George Galimard. Tre erano architetti riconosciuti: Charles de Wailly (Prix de Rome 1752, scavò le terme di Diocleziano e progettò dl trasformare Panthéon parigino in un orribile tempio repubblicano), Nicolar Lenoir (poi autore di grandi speculazioni edilizie nel Faubourg Poissonière) e Louis-François Petit- Radel (che si aggiudicò solo il terzo premio al Prix de Rome del 1763). Infine, quattro architetti sconosciuti: Guy-Laurent Mouchelet, Jean-Baptiste Pasquier, Marie-Jean Chabouillé e il non meglio individuato Cambault. Vedi: P. Pinon, Le Plan des Artistes, cit., pp. 146-147.

16 “I grandi manufatti costituiscono gli elementi della struttura morfologica della città, ma ancora come fatti singoli, al di fuori di un disegno singolo e unitario.” (A. Villa, Parigi, in: C. Aymonino, G. Fabbri, A. Villa, Le città capitali del XIX secolo, Officina Edizioni, Roma 1975, p. 73).

spinsero alla trasformazione della città dal 1789 in poi17.

Valoriser, embellir18, assainir (valorizzare, abbellire, risanare) furono da quel momento in poi le tre parole d’ordine della trasformazione di Parigi19. Apparirono

subito, indissolubilmente legate una all’altra. La Commision des Artistes ebbe ben chiaro che per raggiungere questo triplice obiettivo sarebbe servito un piano unitario, ma elastico: “[La commissione] ha pensato che il suo lavoro doveva fondarsi su basi che consentissero i cambiamenti ulteriori di cui la massa informe delle vecchie strade poteva aver bisogno, e che doveva presentare un insieme di progetti suscettibili di una esecuzione parziale, modificabile successivamente nel tempo e a seconda delle circostanze. La commissione ha dunque considerato l'insieme generale di Parigi sotto i suoi differenti rapporti ed è stata soprattutto colpita dall'incoerenza e dall'irregolarità delle sue comunicazioni, della loro inadeguatezza per il commercio e la circolazione, della mancanza di piazze e di mercati pubblici, dei suoi marciapiedi ostruiti, dalla moltitudine di strade strette e tortuose dove l'aria circola appena, e infine dai focolai di inquinamento e di insalubrità che vi si trovano e di cui l'umanità sofferente reclama la distruzione da lungo tempo”20.

17 A queste si aggiungevano alcune cose da costruire – nuovi ponti, nuovi argini e il nuovo mercato de Les Halles – e un elenco di edifici da demolire: le case costruite sui ponti, l’Hôtel- Dieu, il Grand-Chàtelet e tutto ciò che si trovava sul tragitto di una nuova strada da aprire tra il Louvre e l’Hôtel de Ville, compresa la chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois. Come vedremo, tutte queste cose – ad eccezione di Saint-Germain-l’Auxerrois, verranno effettivamente costruite o demolite nel corso del secolo successivo. Vedi: Commission d’extension de Paris, cit., pp. 74-76. 18 Embellir è una parola il cui significato va ben al di là di quel che la sua mera traduzione (abbellire) potrebbe far pensare: essa è la parola che da Voltaire in poi designò la trasformazione di Parigi tout court. L’abbellimento non è una semplice operazione di maquillage: embellir assunse anche il significato di valorizzare, abbellire in quanto dare valore. Vedi: Voltaire, Les

embellissement de Paris (1749), Œuvres complètes de Voltaire, tome 23, Garnier, Paris 1877,

pp. 297-304. Vedi: C. Merruau, Souvenirs de l’hotel de ville de Paris. 1848.1852, E. Plons imprimeurs-editeurs, Parigi 1875, p. 331e seguenti.

19 “La vente des Biens Nationaux est une occasion capable de faciliter l’embellissement de Paris ou les commodités des communications; […] Il peut même en résulter de l’avantage pour l’aliénation d’une grande partie des bienns à vendre, soit en coupant et divisant les grandes masses des ces biens, soit en donnant des face sur des rues et des parties qui sont sans débouché. […] Plusieurs projets on étè remis au département des Travaux Publics, capable de remplir ce triple objet de l’embellissement, de l’utilité et d’augmentation du prix de ventes.” Estratto del verbale della seduta del Corps Municipal de la Ville del 21 marzo 1791, citato in B. Rouleau, cit., p. 90. Traduzione nostra.

20 “[La Commission] a pensé que son travail devait embrasser des bases qui puissent se lier avec les changements ultérieurs que la masse informe des anciennes rues pouvait nécessiter et qu’elle devait présenter un ensemble de projets susceptible d’une exécution partielle, que les temps et les circonstances pourraient amener successivement. Elle a donc considéré l’ensemble général de Paris sous ces différents rapports et elle a surtout été frappée de l’incohérence et de l’irrégularité de toutes ses communications, de leur insuffisance pour le commerce et la circulation, du défaut de places et de marchés publics, de ses quais obstrués d’une multitude de rues étroites et sinueuses où l’air circule à peine, enfin, des foyers du corruption et d’insalubrité qui s’y trouvent et dont l’humanité souffrante réclame la destruction depuis longtemps.” Lettera del 17 dicembre 1796 di Mouchelet, segretario della Commission des Artistes, citata da: P. Pinon, Le Plan des Artistes,

L’intenzione della Commission di redigere un piano di tutta Parigi, cioè un piano che travalicasse i confini dei Beni Nazionali, non fu condiviso dal Conseil des Bâtiments Civils e dal Conseil des Ponts et Chaussées, i quali ricordarono agli artisti l’obiettivo primario del loro incarico: “i nuovi allineamenti progettati […] devono essere eseguiti subito nelle sole parti comprese nel demanio nazionale, di cui devono facilitare le alienazioni”21. La risposta della Commission è prudente e introduce una sorta di ge-

rarchia tra le tre parole d’ordine: “le nuove demolizioni […] devono essere considerate sotto tre diversi punti di vista. Il primo concerne tutto quanto ha un rapporto diretto con la divisione e l'alienazione delle diverse proprietà demaniali; il secondo, quello che riguarda il risanamento delle parti che sono prive d'aria, e di aperture atte a facilitare una circolazione; il terzo quanto è relativo solo agli abbellimenti che potrebbero essere effettuati successivamente man mano che le circostanze diventeranno favorevoli”22.

Ma il Plan des Artistes, nella forma della pianta che venne presentata il 26 marzo 1796 (figg. 18-20), tornò ad appiattire questa gerarchia. Tutte le nuove strade vennero rappresentate simultaneamente, in tre colori corrispondenti alle tre parole d’ordine23,

senza una scala di valori: “I nuovi progetti saranno colorati in tre tinte diverse: in rosso ciò che riguarda la divisione dei terreni demaniali, in giallo ciò che riguarda il risanamento di Parigi, e in blu ciò che riguarda l'abbellimento della città”24. Secondo

la descrizione di Pierre Pinon, la legenda sarebbe stata lievemente diversa: “in rosso le strade progettate nei Beni Nazionali («le sole di cui ci si possa occupare in questo momento»), in giallo le vie strette da allargare, e in blu gli sventramenti da eseguire secondo le circostanze”25.

21 “Les nouveaux alignements projetés […] ne doivent recevoir quant à présent leur exécution que dans les seules parties comprises dans les domaines nationaux, dont ils doivent faciliter l’aliénation.” Dichiarazione del 22 aprile 1796 citata da P. Pinon, Le Plan des Artistes, cit., pp. 146-147. Traduzione nostra.

22 “Les nouveaux percements […] doivent être considérés sous trois points de vue différents. Le premier doit comprendre tous ceux qui ont un rapport direct avec la division et l’aliénation des différents domaines; le second ceux qui concernent l’assainissements des parties qui se trouvent privées d’air et de débouchés propres à faciliter la circulation; et le troisième, ceux qui ne sont relatifs qu’à des embellissements qui pourront s’effectuer successivement et à la mesure que les circonstances deviendront favorables.” Dichiarazione del 27 frimaire 1796 citata da P. Pinon, Le

Plan des Artistes, cit.9, p. 147. Traduzione nostra.

23 La pianta originale in tre colori è andata perduta. Pinon menziona una sua riproduzione apparsa in L. C. Taxil, La Commission municipale de Vieux Paris, anno 1917, pubblicato nel 1922 (vedi: P. Pinon, Le Plan des Artistes, cit., p. 146). Secondo la Commission d’extension de Paris esisterebbe – o almeno esisteva nel 1913 – presso gli Archives Nationales una versione parziale del plan comprendente tre fogli dell’atlante di Verniquet in cui comparirebbero in rosso le strade progettate tra l’Osservatorio e il Palais de Luxembourg. Una pianta di Verniquet con le strade previste dagli Artistes disegnate in rosso è pubblicata in P. Pinon, B. Le Boudec e D. Carré,

Les plans de Paris: Histoire d’une capitale, Le passage, Parigi – New York 2004.

24 “Les nouveaux projets seraient lavés en trois teintes différentes: on mettrait en rouge tous ceux qui ont rapport à la division des domaines, en jaune, ceux qui concernent l’assainissements de Paris, et en bleu, ceux qui sont relatifs à l’embellissement de cette commune.” Documento della Commission des Artistes citato in: Commission d’extension de Paris, cit., p. 78, nota 1. Traduzione nostra.

La descrizione di Pinon mette in luce una cosa estremamente importante: i progetti contenuti nel Plan des Artistes erano esclusivamente progetti di strade. La strada come dispositivo spaziale in grado di suddividere un’area, di mettere in comunicazione due punti, di portare aria e luce agli edifici che la fiancheggiano e di mettere in prospettiva un monumento: questa fu la grande scoperta del Plan des Artistes. Per questa sua capacità di soddisfare simultaneamente le tre parole d’ordine, la strada – non altro – diventò lo strumento con cui Parigi sarebbe stata trasformata26. In questo

senso deve essere interpretata l’elasticità del piano di cui abbiamo già parlato, la sua disponibilità a futuri adattamenti: com’era prevedibile, la maggior parte dei progetti che componevano il Plan des Artistes vennero abbandonati, ma lo strumento – la strada – non lo fu. Il Plan des Artistes inaugurò una strategia che fu poi adottata con continuità e con poche eccezioni per almeno un secolo.

Se l’Assemblea Costituente vide nei Beni Nazionali l’occasione per avviare la mercificazione di Parigi, la Commission des Artistes vide nel progetto che le era stato richiesto l’occasione per mettere a punto un nuovo strumento operativo e formale. Per questo motivo il successo del Piano non deve essere misurato – come è stato fatto fin troppo spesso – in base a quanto fu realizzato (molto poco). L’effettiva realizzazione dei diversi interventi che lo componevano era un fatto abbastanza secondario: il suo successo – innegabile – fu sancito dal fatto che la sua strategia, cioè i suoi obiettivi e i suoi strumenti, furono adottati da tutti i regimi politici che si succedettero nel secolo successivo. In altre parole, il successo del Plan des Artistes non consiste nell’aver tracciato le strade giuste, bensì nell’aver ideato il metodo giusto.

Durante tutta la storia della trasformazione di Parigi dal Plan des Artistes in poi, si diede più importanza al sistema viario complessivo che al disegno delle singole strade, talvolta dando vita a scadenti progetti puntuali, caratterizzati tuttavia da strategie sempre più raffinate.

Con il Plan des Artistes Parigi diventò una città di strade. Conseguenza diretta fu che dal Plan des Artistes in poi la cartografia di Parigi diventò prevalentemente una cartografia delle strade di Parigi. In verità, nel disegno del Plan sono rappresentate le strade e i monumenti, cioè la città pubblica. La strada divenne il nuovo spazio pubblico della città: questa è la vera, fondamentale invenzione del Plan des Artistes27.

26 Gli assi tracciati durante l’Ancien Régime soddisfavano solo la seconda delle tre parole d’ordine di cui abbiamo parlato (embellir): strade come gli Champs-Elysées facevano parte di un sistema di spazi aperti (piazze o giardini) che, dal punto di vista della forma, avevano