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Fine della Seconda Repubblica

Nel documento Demolizioni. Fare spazio alla città nuova (pagine 103-112)

Era il momento in cui gli avventurieri del 2 dicembre, dopo aver pagato i debiti, gettavano nell’immondezzaio le scarpe sdrucite, le giacche stinte e lise, si radevano la barba di otto giorni, e diventavano uomini per bene.1

L’apertura di rue de Rivoli fu un calvario. L’ennesimo fallimento del decreto del 4 agosto 1851 aveva addirittura spinto il Presidente della Repubblica a compiere un colpo di Stato2. Dopo essersi sanguinosamente liberato di quello che gli sembrava essere l’unico ostacolo alla realizzazione di quella strada, ovvero l’Assembleé Nationale, nella sua nuova posizione di Prince-Président, Luigi Bonaparte sperava di riuscire finalmente a completare l’impresa iniziata cinquant’anni prima da suo zio3.

Il 12 marzo 1852 fu emanato un nuovo decreto4 per il completamento del Louvre e in luglio il ministro Fould posò la prima (si fa per dire) pietra5. Pochi giorni dopo, il 26 marzo 1852, fu emanato anche un altro decreto, riguardante rue de Rivoli6, nel quale – non senza sarcasmo – si ammetteva il fallimento dei tentativi precedenti. Nel preambolo e nell’art. 1 del secondo decreto si prevedeva di espropriare (per demolire) altri edifici, oltre a quelli già acquisiti meno di un anno prima (fig. 37)7. Questa decisione era imposta –

1 É. Zola, La cuccagna (La Curée), A. Barion, Sesto San Giovanni-Milano 1929, p. 89. 2 Vedi nota 34 del paragrafo “Inizio della Seconda Repubblica”.

3 Riportiamo l’accorato monito di Hugo: “Forse perché si beve e si mangia, perché il gran cocchio cammina, perché tu, operaio, hai lavoro al Bois de Boulogne, perché tu, muratore, guadagni quaranta soldi al giorno al Louvre, perché tu, banchiere, hai guadagnato sui metallici di Vienna o sulle obbligazioni Hope e compagnia [...] perché si sollazza, si ride, perché le mura di Parigi sono coperte di affissi di feste e di spettacoli, si dimenticherebbe forse che vi sono dei cadaveri là sotto?” (V. Hugo, Napoleone il piccolo, Universale Economica, Milano 1952, p. 68). 4 Per il testo completo del decreto, vedi l’appendice “Leggi e decreti”.

5 L. Girard, La politique des traveaux publiques sous le Second Empire, Librerie Armand Colin, Paris 1952, p. 87.

6 Per il testo completo del decreto, vedi l’appendice “Leggi e decreti”. 7 Vedi il decreto del 4 agosto 1851.

sosteneva il decreto – dalla duplice necessità di risanare (in conformità con la legge sugli alloggi insalubri del 1850, che infatti veniva richiamata) e di allargare anche le strade adiacenti alla futura rue de Rivoli. Questa scelta potrebbe sembrare curiosa: incuranti degli insuccessi accumulati in mezzo secolo, ora addirittura si alzava l’asticella. Dopo lo sconfinamento oltre il sedime della strada attuato per realizzare rue de Rambuteau e dopo l’ulteriore sconfinamento (solo) ipotizzato dall’art. 3 del decreto del 3 maggio 1848 sul prolungamento di rue de Rivoli, quello stabilito il 26 marzo 1852 fu un altro passo verso l’estensione della giurisdizione dello Stato: dalla strada da aprire alla città da trasformare. È interessante notare che in questi tre casi le nuove strade aperte o da aprire nella città furono un campo di prova in cui sperimentare un nuovo rapporto tra gli interessi pubblici e privati, agendo sul confine che li separava. Ma il 26 marzo 1852 fu compiuto un altro passo, ben più lungo, in quella stessa direzione: lo stesso giorno del decreto su rue de Rivoli venne varato anche il Décret relatif aux rues de Paris. Vedremo in dettaglio nel paragrafo “Normativa e demolizione” come quest’ultimo decreto rappresentò il tentativo del Prince-Président di estendere a suo piacimento la propria giurisdizione su tutta la città, ma conviene precisare subito che l’estensione di quella giurisdizione significava l’estensione della sua facoltà di demolire.

Rue de Rivoli era destinata a diventare il braccio est-ovest della Grande Croisée de Paris: il cardo e il decumano del Nouveau Paris, che replicava con uno scarto di poche decine di metri un sistema di strade ortogonali ancor più antico di quello romano8. Nel Plan des Artistes, dove fu abbozzata rue de Rivoli, non compariva nessuna strada ad essa ortogonale, che attraversasse tutta la città da nord a sud. L’idea originale della Grande Croisée può essere rintracciata nel “plan général d’ensemble” di Meynardier (fig. 38)9, uno dei teorici della trasformazione di Parigi attivi negli anni ’4010 durante la Monarchia di Luglio, il quale aveva tracciato due nuove strade perpendicolari tra loro che attraversavano tutto il centro nelle due direzioni, molto simili a quelle che poi furono effettivamente realizzate. Come scrive Angelo Villa: “Elemento strutturale della trasformazione dell’area centrale di Parigi è il tracciato della Grande Croisée: essa acquista significato singolare entro la “nuova” Parigi, non tanto per il suo riferimento alle preesistenze storiche della topografia parigina, quanto per la ristrutturazione di luoghi e quartieri connessi al nuovo tracciato, secondo una volontà di rappresentare il ‘centro topografico’ della città come centro politico

8 Vedi: B. Rouleau, Le tracé des rues de Paris: formation, typologie, fonctions, éditions du Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi 1975, pp. 28-40. Haussmann afferma che già “ai tempi di Charles V […] attribuivano questo nome altisonante [Grande Croisée de Paris] all'incrocio delle vie Saint-Denis e Saint-Honoré." (G. E. Haussmann, Mèmoires du Baron

Haussmann. 1853-1870, volume III: Grands travaux de Paris, Victor-Havard, Parigi 1893, p. 47).

9 H. Meynardier, Paris sous le point de vue pittoresque, Paris, 1843. In seguito, Meynardier fece parte della Commission Siméon incaricata da Napoleone III di gettare le basi di un piano per la trasformazione di Parigi: ne parleremo nel paragrafo dedicato al mito del plan d’ensemble de

Paris.

10 In quegli stessi anni furono pubblicati anche i lavori di Chantelot, Perreymond, Grillon e Jacoubet. Per le ricostruzioni e per un commento sui progetti teorici degli anni ’40, vedi: P. Pinon,

e amministrativo”11. La notazione è importante: ristabilire il centro di Parigi doveva essere una delle priorità di qualsiasi piano di trasformazione della capitale. Da decenni, infatti, si stava verificando un fenomeno che all’epoca veniva chiamato “déplacement de la population de Paris”12: fin dagli anni ’20, la popolazione stava abbandonando il centro di Parigi. Tra il 1817 e il 1842 la crescita della popolazione nei quartieri periferici, esterni al tracciato dei grands boulevards, fu nettamente maggiore di quella del centro: +40/75% contro +10/20%. In particolare, la popolazione più ricca si stava trasferendo nei nuovi quartieri costruiti durante la restaurazione e la Monarchia di Luglio a nord-ovest del centro (rue de la Chaussée d’Antin, Europe, ecc.). Il motivo di quella migrazione è stato descritto nel modo migliore da Victor Hugo in Notre-Dame de Paris. Sebbene il romanzo sia ambientato nel XVI secolo, Parigi non era affatto cambiata, o al limite le sue condizioni erano peggiorate, essendo l’aumento della popolazione il cambiamento più rilevante avvenuto nel frattempo13. In una delle scene più esilaranti del romanzo, Gringoire insegue Esmeralda “in quel dedalo inestricabile di viuzze, crocicchi e vicoli ciechi che circonda l’antico sepolcro dei Saints-Innocents, simile ad una matassa di filo aggrovigliata da un gatto”14. Sbucato all’improvviso in una piazza, Grigoire chiese: “«Dove sono?» [I quattro finti storpi che lo seguivano] risposero con una risata sinistra. Il povero poeta si guardò attorno. In effetti si trovava in quella temibile Corte dei Miracoli, dove mai onest’uomo era penetrato a un’ora simile; cerchio magico nel quale gli ufficiali dello Châtelet e i sergenti della prevostura che vi si avventuravano finivano sbriciolati; […] orrenda verruca sul volto di Parigi; […] formicaio mostruoso nel quale rientravano a sera col loro bottino tutti i calabroni dell’ordine sociale; […] in una parola, dove si vestivano e si svestivano tutti gli attori di quella eterna commedia che il furto, la prostituzione e il crimine recitano sul selciato di Parigi”15. Nella metà del XIX secolo l’area centrale della capitale era ancora così: doppiamente impraticabile, sia da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista sociale16.

È abbastanza comprensibile che per i borghesi che avevano conquistato la città ghigliottinando un re e mettendone in fuga un altro, la presenza di quel buco nero fosse intollerabile. Per molti di essi, lo spostamento delle funzioni più rappresentative in una nuova città, costruita accanto alla vecchia e alternativa ad essa, era una possibilità

11 A. Villa, Parigi, in: C. Aymonino, G. Fabbri, A. Villa, Le città capitali del XIX secolo, Officina Edizioni, Roma 1975, pp. 127-128.

12 Vi abbiamo già accennato parlando del Plan Voisin di Le Corbusier: quasi un secolo dopo, questo stesso problema si ripresentò con forme e dimensioni nuove. Vedi: P. Pinon, cit., pp. 19-20. 13 Per rendersene conto, basta confrontare il plan de Saint-Victor (circa 1550) con la pianta di Turgot (1739) e con quella di Verniquet (1791): ciò che cambia veramente è legato alla comparsa di elementi molto rilevanti (per esempio il Louvre e le Tuileries), ma solo puntuali: a metà del XIX secolo il tessuto del centro di Parigi era ancora sostanzialmente quello medievale. 14 V. Hugo, Notre-Dame de Paris, p. 85. Il cimitero degli Innocenti si trovava nella attuale place Joachim du Bellay, adiacente a quella rue de la Ferronerie in cui nel 1610 fu assassinato Enrico IV e di cui parleremo all’inizio del paragrafo “Normativa e demolizione”.

15 V. Hugo, Notre-Dame de Paris, pp. 97-98.

16 Il prefetto Haussmann avrebbe chiamato quest’area quartiers des émeutes (quartieri delle rivolte).

comoda, concreta e, in fondo, non così deprecabile. Ma negli anni ’40 si fece strada una posizione opposta, perfettamente descritta dall’ingegner Perrymond, che scrisse: “La prosperità di Parigi, nelle diverse epoche della sua storia dipende sempre dalla coincidenza più o meno perfetta tra il centro della città e il complesso di tutti i movimenti che sono presenti al suo interno”17. In fondo, la Grande Croisée non fece nient’altro che stabilire in modo geometricamente inequivocabile il centro di Parigi (e quindi della Francia): sulla

rive droite, a metà strada tra il Louvre e l’Hôtel de Ville, nei pressi della Senna, dell’Île

de la Cité e della cattedrale di Notre-Dame, là dove un tempo sorgeva il Grand-Châtelet e dove qualche anno più tardi Haussmann aprì place du Châtelet18. Il ristabilimento del centro geometrico della capitale era stato in qualche modo anticipato e preparato dalla costruzione delle nuove stazioni ferroviarie, le quali sorsero tutte grossomodo equidistanti da quel punto, lungo il perimetro della città individuato dai Fermiers Généraux.

Come abbiamo detto, rue de Rivoli avrebbe costituito il braccio est-ovest della Grande Croisée de Paris. Ma ora non seguiremo i progetti del Louvre e di rue de Rivoli, che restarono ancora per un po’ di tempo impantanati nelle pastoie burocratiche prescritte dalla legge del 1841 a cui sottostavano: li ritroveremo tra i primi trofei di Haussmann, nel primo paragrafo a lui dedicato. Ora ci occuperemo dell’altro braccio della Grande Croisée, quello nord-sud che, a partire dalla Gare de l’Est, fu aperto attraverso il Vieux Paris.

Talvolta la storia di un fatto urbano affonda le sue radici molto lontano nel tempo. Risalire la catena degli eventi significa descrivere il contesto nel quale ogni scelta fu compiuta e quali opzioni furono eventualmente scartate: così la descrizione tenderà ad assumere il valore di una spiegazione.

La lunga storia della Grande Croisée de Paris potrebbe a ragione essere ricostruita in quel modo. Anche volendo limitare al massimo la storia del suo braccio settentrionale, composto dai boulevards de Strasbourg e de Sébastopol, bisogna risalire almeno fino alla fondazione della Gare de l’Est. Stranamente, nessuno dei principali storici che si sono occupati della storia urbana di Parigi parla in dettaglio di come, quando e perché la Gare de l’Est fu fondata in quel punto specifico19. Come vedremo nel paragrafo “Questioni

17 “La prospérité normale de Paris, aux différentes époques de l’histoire de cette capitale, dépend toujours de la plus ou moins parfaite coïncidence du centre de configuration de cette ville avec le foyer de tous les mouvements qui s’accomplissent dans son sein.” Vedi: E. P. Perreymond,

Cinquième étude sur la ville de Paris, in: Revue générale de l’architecture et des travaux publics,

1843. Traduzione nostra.

18 Nel paragrafo “Questioni formali” analizzeremo da un punto di vista architettonico questa piazza all’incrocio tra il cardo e il decumano moderni.

19 Il terreno su cui fu fondata la Gare de l’Est si trovava appena a nord del convento di Saint- Laurent, confiscato durante la Rivoluzione e di cui oggi sopravvive solo la chiesa (vedi il Plan des Artistes pubblicato in: A. Alphand, Les Travaux de Paris 1789-1889, Imprimerie Nationale, Paris 1889). Nell’area che sarebbe stata occupata dalla stazione sorgeva fin dal 1661 la fiera di Saint- Laurent (rappresentata nella pianta di Turgot del 1739). Nel 1838 nell’area del convento di Saint- Laurent fu costruito il mercato di Saint-Laurent, realizzato su iniziativa della baronessa Bellecôte, proprietaria dell’area (vedi: L. Lazare, F. Lazare, Dictionnaire administratif et historique des

formali”, sia la posizione che l’orientamento di quell’edificio condizionarono in modo determinante il tracciato dei boulevards de Strasbourg e de Sébastopol, cioè di uno dei più significativi fatti urbani della Parigi del XIX secolo.

La Gare de l’Est fu costruita tra il 1847 e il 185020 su un terreno situato lungo il percorso dei Fermiers Généraux compreso tra due antiche strade parallele che attraversavano tutta la

rive droite da nord fino alla Senna: rue du Faubourg-Saint-Denis e rue du Faubourg-Saint-

Martin21. Quando fu costruita, la nuova stazione aveva davanti a sé la striscia costruita compresa tra quelle due strade: non aveva nessuno sbocco diretto e aperto sulla città. Vale la pena osservare quest’area (fig. 39), procedendo da nord a sud: immediatamente di fronte alla nuova stazione, nell’area un tempo occupata dal convento di Saint-Laurent, c’era un mercato e poi, procedendo verso sud, all’incirca sull’asse della striscia compresa tra rue du Faubourg-Saint-Denis e rue du Faubourg-Saint-Martin (cioè all’incirca sull’asse della stazione), si trovava rue de la Fidelité, che correva – un po’ sinuosamente – parallela alle due strade. Più a sud, ancora sull’asse della striscia, si trovava il confine che separava le due sequenze di lotti privati che si susseguivano affacciandosi una su rue du Faubourg- Saint-Denis e l’altra su rue du Faubourg-Saint-Martin. Questi lotti, stretti e lunghi, erano disposti perpendicolarmente alle due strade e si davano le spalle. La pianta di Turgot mostra che questi lotti erano costruiti lungo le due strade su cui si affacciavano, mentre sui retro c’erano degli orti. Tra il 1739, quando Turgot disegnò la sua pianta, e il 1850, quando fu costruita la Gare de l’Est, gli orti erano stati riempiti con edifici che potevano essere raggiunti attraverso una serie di vicoli ciechi perpendicolari a rue du Faubourg- Saint-Denis e rue du Faubourg-Saint-Martin. Questo sistema proseguiva fino a boulevard Saint-Denis, a sud del quale le due strade prendevano i nomi di rue Saint-Denis e rue Saint-Martin. All’intersezione tra il boulevard (lungo il quale un tempo correvano le mura

pochi dati ci fanno porre la domanda se il terreno su cui sorse la Gare de l’Est fosse di proprietà pubblica o privata. D’altronde, dato il complesso sistema di finanziamento con cui vennero costruiti i primi chamins de fer francesi, è altrettanto difficile sapere se la stazione stessa sia stata costruita con denaro pubblico o privato. Queste informazioni aiuterebbero a capire per quale motivo fu scelta proprio quell’area per la costruzione della Gare de l’Est e non, per esempio, un’area appena più a ovest di rue Saint-Denis o una appena più a est di rue Saint-Martin. Ma le risposte a queste domande non modificherebbero il fatto in sé: per qualsiasi ragione sia stata fondata proprio lì, la Gare de l’Est si pose come testa dei boulevards di cui ci occupiamo qui. Le ricerche di archivio che si renderebbero necessarie per rispondere a quelle domande sarebbero quindi inutili ai nostri fini. È importante sottolineare il fatto che il significato urbano della Gare de l’Est, cioè il modo in cui – sorgendo proprio in quel punto della città – determinò il disegno del tracciato dei boulevards de Strasbourg e de Sébastopol, sia indipendente dalle ragioni storiche che ne determinarono la posizione. In altre parole, è importante sottolineare l’indipendenza dei fatti urbani, ovvero della loro concatenazione, dalle ragioni che li hanno determinati. Torneremo su questo punto delicato nelle conclusioni di questa tesi (Halbwacks).

20 La sua fondazione fu stabilita e il suo cantiere fu aperto durante la Monarchia di Luglio. Allo stesso periodo risalgono anche le prime discussioni intorno a boulevard de Strasbourg. Ma la stazione fu completata e soprattutto il boulevard fu stabilito e il suo cantiere fu aperto durante l’ultimo anno di vita della Seconda Repubblica: per questo motivo raccontiamo adesso la loro storia.

21 Nel loro percorso verso sud in direzione della Senna, oltrepassati i grands boulevards – costruiti laddove un tempo correvano le mura di Carlo V –, le due strade prendevano i nomi di rue Saint-Denis e rue Saint-Martin.

di Carlo V) e le nostre due strade sorgevano (e sorgono ancora oggi) due archi di trionfo. A sud di boulevard Saint-Denis, fino alla Senna, la striscia compresa tra le due strade era molto più densamente costruita di quanto non fosse a nord del boulevard. In diversi tratti era presente una strada che correva parallela ai due bordi, più o meno in corrispondenza dell’asse. La striscia compresa tra rue Saint-Denis e rue Saint-Michel terminava sulla Senna in un punto segnato dalle recenti demolizioni: della chiesa di Saint-Jacques la Boucherie restava in piedi soltanto la torre, mentre al posto del Grand-Châtelet c’era un grande vuoto informe22.

L’11 marzo 1846, quindi durante la Monarchia di Luglio e ancor prima che la costruzione della Gare de l’Est fosse iniziata, il prefetto di Polizia23 scrisse al ministro dell’Interno per fargli notare che la realizzazione della stazione avrebbe dovuto essere accompagnata dall’apertura di una nuova strada. Nell’ottobre del 1850 i negozianti e i proprietari del quartiere compreso tra la Gare de l’Est e boulevard Saint-Denis si riunirono in un comitato presieduto dall’ingegner Alfred Cadet de Chambine. Alla fine di gennaio del 1851 il comitato si fece promotore del progetto di una nuova strada che, partendo dalla nuova stazione, avrebbe raggiunto il boulevard passando al centro della striscia di cui abbiamo parlato.24 Il tracciato disegnato dall’architetto Édouard Lefebvre-Norville comportava la demolizione degli edifici che, come abbiamo visto, erano stati costruiti sul fondo dei lotti. La proposta avanzata dai proprietari di quegli edifici potrebbe sembrare paradossale, ma non lo era affatto. Anche se esistevano ancora pochi esempi di nuove strade aperte nel

Vieux Paris,25 nel 1850 si era ormai affermata l’idea che le demolizioni potessero essere – oltre che utili – economicamente vantaggiose per i proprietari espropriati. A quest’idea se ne accompagnava un’altra: le nuove stazioni avrebbero riversato nella capitale fiumi di persone che negozianti e proprietari vedevano come possibili clienti o affittuari. In altre parole, lungi dall’essere visto come una sciagura, l’esproprio era salutato dai proprietari come la possibilità di ottenere un affaccio migliore per i propri edifici. Alla luce di queste opinioni diffuse e considerando la morfologia della striscia edificata che ostruiva lo sbocco della Gare de l’Est, appare evidente l’affare intuito dai proprietari riuniti nel comitato presieduto da Cadet de Chambine: aprire una nuova strada sull’asse di quella striscia, ovvero lungo il confine che separava i lotti del lato Saint-Denis e del lato Saint-Martin, significava raddoppiare gli affacci di tutte le proprietà e sostituire gli edifici costruiti sul

22 Arrivate alla Senna, Rue Saint-Denis e rue Saint-Martin proseguivano verso sud attraverso il pont au Change e il pont de Nôtre Dame e poi, attraversata l’Île de la cité, si dirigevano ancora verso sud prolungandosi in rue de la Harpe e in rue Saint-Jacques, fino ad oltrepassare la città. 23 A quel tempo, in virtù del decreto del 12 Messidoro anno VIII (1 luglio 1800), il prefetto di

Nel documento Demolizioni. Fare spazio alla città nuova (pagine 103-112)