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Competenza concorrente e adozione degli atti agrari dopo il Trattato di Lisbona.

3. L’attività agricola nella legislazione europea

3.1. Competenza concorrente e adozione degli atti agrari dopo il Trattato di Lisbona.

Una disciplina dell’attività agricola comunitaria è dunque, sin dalla prima versione del Trattato di Roma del 1957, espressamente prevista dai trattati europei e, di più, fino al Trattato di Lisbona del 2009 istitutivo del TFUE, la materia agricola rientrava all’interno delle competenze esclusive dell’Unione. Il passaggio di questa all’interno delle competenze concorrenti tra Unione e Stati membri assume rilevanza notevole soprattutto alla luce del confronto tra il contenuto delle disposizioni rinvenibili rispettivamente all’art. 4, par. 2, lett. d) TFUE, dove si afferma, appunto, la competenza concorrente dell’Unione in tema di agricoltura e all’art. 38, par. 1 TFUE, che afferma, che “l’Unione

definisce e attua una politica comune dell’agricoltura e della pesca”. Infatti, se da un lato

l’Unione sembra arretrare rinunciando alla sua competenza esclusiva e lasciando maggior spazio all’azione individuale degli Stati membri, in un secondo momento, con il menzionato contenuto dell’art. 38, sembra tornare a confermare il suo ruolo-guida nella determinazione delle finalità della politica agricola comune121.

A tal proposito, anche in ragione dell’assetto agricolo offerto dalla PAC 2014-2020, assume fondamentale importanza il contenuto dell’art. 2, par. 2 del TFUE laddove afferma che “quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con

quella degli Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore”. La disposizione che

però maggiormente rileva ai fini della presente analisi è quella in cui si afferma che “gli

Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria”. In altri termini, nel caso

121 In merito si veda D’ADDEZIO M., “Quanto e come è rilevante l’agricoltura nel Trattato di Lisbona?”, in Rivista di diritto Agrario, vol. 2, 2010, p. 250.

l’Unione scelga di non esercitare o di esercitare in misura minore le proprie prerogative122, il raggio di azione degli Stati membri potrebbe sensibilmente ampliarsi123. Tale (nuovo) assetto sembra dunque rispecchiare una precisa volontà politica dell’Unione per quanto attiene le dinamiche di gestione e di disciplina dell’attività agricola comunitaria per il futuro124. Infatti, come si avrà modo di vedere anche in seguito, la nuova struttura della PAC e, parallelamente, la precisa attribuzione di competenze delineata dal TFUE, si traduce in un tentativo di rafforzamento della guida politica europea in tema di politiche agricole a fronte di un (apparentemente) ampliato potere decisionale-operativo garantito agli Stati membri. In altri termini, rispetto alle precedenti versioni della PAC, l’Unione sembra voler attribuire più autonomia agli esecutivi nazionali in termini di modalità applicative delle disposizioni comunitarie, in un’ottica di valorizzazione soprattutto delle realtà regionali, ma tale tendenza alla “ri- nazionalizzazione”125 delle politiche agricole è controbilanciata da un rafforzamento

122 Non per forza il non-intervento legislativo dell’Unione si traduce in un suo disinteresse o in un maggiore spazio d’azione volontariamente concesso agli Stati membri, può ben essere che sia invece frutto di un’impossibilità a legiferare frutto del mancato raggiungimento della maggioranza necessaria in sede di votazione al Parlamento Europeo o al Consiglio o da simili ostacoli in materia procedurale che non permettono l’adozione della disciplina prevista. In merito si veda COSTATO L., “Il nuovo titolo …, op. cit., p. 120.

123 ADORNATO F., “Agricoltura, politiche agricole e istituzioni comunitarie nel Trattato di Lisbona: un equilibrio mobile”, in Rivista di Diritto Agrario, vol. 2, 2010, p. 281; ALBISINNI F., “Le proposte per la riforma della PAC verso il 2020 op. cit., pp. 608-609.

In tema di attribuzione delle competenze a livello di Unione europea necessità un rapido quanto significativo richiamo all’art. 5 TUE il quale delinea innanzitutto il principio di attribuzione (par. 2) in base al quale l’Unione “agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono state attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”. Segue poi il principio di sussidiarietà (par. 3) in base al quale l’Unione nelle materie che non sono di competenza esclusiva interviene “soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”. Infine, (par. 4) il principio di proporzionalità in virtù del quale “il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati”.

124 In merito si veda GERMANÒ A., “Manuale di Diritto Agrario”, op. cit., p. 21.

125 Ibidem. Considerazioni in merito al processo di “ri-nazionalizzazione”, con riferimento al testo TFUE, sebbene in merito ad una versione precedente della PAC, si rinvengono anche in ADORNATO F., op. cit., pp. 281-283 e in ALBISINNI F., “Istituzioni e regole dell’agricoltura dopo il Trattato di Lisbona”, in

dell’impostazione comunitaria della PAC stessa. La direzione intrapresa è sempre e comunque disciplinata da normativa comunitaria, peraltro di attuazione diretta e quindi fortemente centralizzata, in linea d'altronde con il tradizionale controllo esercitato dalle istituzioni comunitarie per quanto attiene alle politiche agricole.

In tema di competenza agraria europea merita soffermarsi brevemente sulle modalità di adozione degli atti agrari così come delineata dal Trattato di Lisbona nel 2009 dal momento che, con il passaggio alla procedura legislativa ordinaria, si è perso quel “trattamento speciale” riservato all’agricoltura che i Trattati comunitari le avevano da sempre riservato. Ciò assume rilevanza in virtù dei menzionati discorsi in merito alla perdita di eccezionalità del settore agricolo e di una progressiva “tecnicizzazione” della disciplina agraria comunitaria.

Venendo alle fonti di riferimento, l’adozione degli atti agrari da parte dell’Unione è disciplinata dall’art. 43 del TFUE il quale, al par.1, stabilisce che “la Commissione

presenta delle proposte in merito all’elaborazione e all’attuazione della politica agricola comune …” proseguendo poi, al par. 2, affermando che “il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria126 e previa

consultazione del Comitato economico e sociale, stabiliscono l'organizzazione comune dei mercati agricoli … e le altre disposizioni necessarie al perseguimento degli obiettivi nazionalizzazione in occasione della proposta di riforma per la PAC post-2020 si rimanda alla bibliografia dei paragrafi successivi.

126 La procedura legislativa ordinaria è delineata dal contenuto dell’art. 294 del TFUE e, qualora non vi sia dissenso tra le istituzioni coinvolte (Commissione, Consiglio e Parlamento), la procedura è strutturata come segue (rispettivamente i parr. 2-4, art. 294): “La Commissione presenta una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio” Da qui prende avvio la fase di “prima lettura” dopo la quale “il Parlamento europeo adotta la sua posizione in prima lettura e la trasmette al Consiglio. Se il Consiglio approva la posizione del Parlamento europeo, l'atto in questione è adottato nella formulazione che corrisponde alla posizione del Parlamento europeo”. La procedura si complica notevolmente qualora non venga raggiunto un accordo sulla proposta legislativa iniziale. Prende infatti avvio la fase di c.d. “seconda lettura” (parr. 7- 9, art. 294) che vede coinvolti Parlamento e Consiglio in un rinvio di proposte di modifica e/o ratifica del testo originariamente proposto. Se neanche dopo questo passaggio l’accordo è raggiunto subentra la fase di c.d. “conciliazione” al termine della quale, se si trova un accordo tra Parlamento e Consiglio sul testo da adottare, si passa alla fase di c.d. “terza lettura” come ultima possibilità di adozione dell’atto. La procedura descritta non necessariamente si rivela essere sistematicamente così estesa dal momento che, a partire dalla fase di seconda lettura, l’art. 294 prevede la non adozione dell’atto qualora il dissenso da parte del Consiglio piuttosto che del Parlamento sia manifestato con determinate soglie di maggioranza o una decisione di assenso non pervenga nelle tempistiche espressamente previste dall’art. stesso.

della politica comune dell'agricoltura e della pesca”.

Ciò che emerge127 dall’analisi del contenuto normativo sopra citato è, in definitiva, un accresciuto potere della Commissione europea, a svantaggio non tanto del Parlamento, quanto del Consiglio il quale, nella precedente versione del Trattato (all’art. 37 TCE), aveva il potere unico di adottare, a maggioranza qualificata, regolamenti e direttive in materia agricola. La Commissione infatti, oltre a mantenere il potere di proposta degli atti agricoli, ha anche assunto il ruolo di organo dirimente gli eventuali conflitti tra Parlamento e Consiglio nell’evolversi della procedura legislativa ordinaria, così come disciplinato dall’art. 294 TFUE.

Il Parlamento dal canto suo vede accresciuto il proprio ruolo non rappresentando più solo un organo di consultazione, ma potendo ora esercitare una azione attiva nel delineare le politiche agricole e nel dialogare con Commissione e Consiglio su un piano paritario128. Ciò che però sembra il caso di far notare è che se l’intento della riforma proposta con il TFUE di porre il Parlamento maggiormente nel vivo della regolazione agricola e renderlo un organo di riferimento nella definizione della PAC è stato effettivamente perseguito129, l’effetto di maggiore novità che è stato effettivamente ottenuto con il Trattato di Lisbona è l’accresciuto potere della Commissione tanto in fase propositiva, quanto in fase decisoria circa l’adozione degli atti agrari. Si noti infatti come la stessa procedura legislativa ordinaria delineata dall’art. 294, richiede al Parlamento, al fine di respingere o emendare le proposte del Consiglio, una votazione della maggioranza dei propri membri. Si delinea in tal modo la necessità di raggiungere una soglia di voto piuttosto alta il che rende l’effettivo potere di intervento del Parlamento quantomeno smorzato rispetto agli obiettivi dichiarati. Si è infatti evidenziato un prevalere “della responsabilità

127 Il riferimento per l’analisi della “nuova” procedura legislativa è ad ALBISINNI F., “Istituzioni e regole dell’agricoltura …”, op. cit., pp. 219 e ss.

128 ALBISINNI F., “Riscoprire l’agricoltura nella nuova PAC?”, in Agriregionieuropa, n. 35, 2013. 129 L’accrescimento del ruolo del Parlamento europeo in materia di adozione degli atti agrari è al centro degli obiettivi dell’Unione di garantire maggiore incisività al processo decisionale democratico e alla rappresentanza dei cittadini in sede europea. In merito si veda NASCIMBENE B., “I Trattati dopo Lisbona. Profili generali e politica agricola comune”, in COSTATO L. et al. (a cura di), “Dalla riforma del 2003 alla PAC dopo Lisbona. I Riflessi sul diritto agrario alimentare ed ambientale”, Atti del Convegno di

tecnica della Commissione sulla responsabilità e rappresentatività politica del Parlamento e del Consiglio, con una netta riduzione della sindacabilità delle scelte in sede politica130”.