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5. Dalla food security alla food sovereignty

5.1. Elementi di sovranità alimentare

Introducendo il tema della food sovereignty non si può prescindere dal menzionare il fatto che essa sia stata sin dalle origini al centro dei programmi di riforma politica ed economica di numerosi gruppi di movimento sociale che, a partire soprattutto dagli anni ’90, hanno portato avanti le lotte per il cambiamento sopra menzionate.

Tra le varie organizzazioni vale la pena citare una delle principali ed autrice di numerosi interventi e statements che hanno permesso l’individuazione di una definizione di food sovereignty: La Via Campesina (LVC)73. LVC è stata fondata nel 1993 a Mons, in Belgio, come organizzazione internazionale che fungesse da ricettacolo per le rivendicazioni e la tutela dei diritti non solo di piccoli e medi agricoltori, ma anche dei “senza terra”, delle donne impiegate nel lavoro agricolo e delle popolazioni indigene, al fine di dare voce a chi non avesse la forza di opporsi alle potenze dell’agribusiness, alle logiche economiche imposte dall’alto e alle violazioni dei diritti legati al cibo, all’alimentazione e all’autodeterminazione. Da allora LVC ha assunto sempre più autorità all’interno dei dibattiti sulle questioni agrarie ed alimentari ricevendo l’attenzione di istituzioni e organizzazioni internazionali e sovranazionali, su tutte, la FAO. Proprio all’attività della LVC si deve lo sviluppo del dibattito relativo a cosa sia o come debba essere definita la food sovereignty.

Entrando più nello specifico nel tema, risulta necessario innanzitutto affrontare l’aspetto evolutivo del concetto di food sovereignty, cercando di individuare le fasi della sua prima elaborazione concettuale e applicazione concreta.

A tale proposito vengono proposte diverse possibili “date di nascita” o periodi di sviluppo. Una prima linea di pensiero pone in evidenza come menzioni del termine food

sovereignty appaiano già dagli anni ’60 e, con più decisione e dovizia di dettagli, dagli

anni ’80 in documenti ed atti giuridici di molti governi sudamericani (in cui la terminologia usata è spesso “soberanìa alimentaria”). Altri invece riconducono il primo

73 Si veda il sito de La Via Campesina: https://viacampesina.org/en/. Sulla nascita e l’attività di LVC si veda CLAEYS P., “Via Campesina’s struggles for the right to food sovereignty: from above or from below”, in Rethinking Food Systems, XVIII, 2014, pp. 29-52.

riferimento esplicito alla sovranità alimentare al menzionato World Food Summit di Roma del 1996, occasione in cui il concetto è stato proposto e delineato in un celebre

statement proprio da parte di LVC. Infine, un diverso approccio, propone uno sviluppo

progressivo del concetto di food sovereignty sviluppatosi a partire dall’intensificarsi della globalizzazione degli anni ’70 e ricollegandosi ad una sua concettualizzazione in occasione del noto Uruguay Round (1986-1994) del GATT74.

Un primo rilievo che può ormai apparire scontato è quello relativo alla circostanza per la quale, a prescindere dalla “linea cronologica” che si sceglie di utilizzare, si nota chiaramente come, nell’analisi del tema, non sia possibile assumere una posizione europocentrica, ma sia anzi necessario uscire dai confini dell’Unione ed addentrarsi in realtà sociali ed economiche ben più distanti al fine di poter delineare le condizioni sulla base delle quali il concetto di sovranità alimentare è stato concepito.

Un secondo aspetto di fondamentale importanza e più di carattere metodologico è invece legato alla distinzione tra i concetti di food sovereignty e food security, in quanto le due espressioni, per certi versi sovrapponibili, non risultano equivalenti nel significato. A tal proposito vale la pena riprendere la definizione di food security elaborata in occasione del World Food Summit del 1996 e proposta in precedenza la quale appunto stabilisce come “food security exists when all people, at all times, have physical, social

and economic access to sufficient, safe and nutritious food that meets their dietary needs and food preferences for an active and healthy life”.

74 Per le diverse “line cronologiche” proposte si veda, tra i tanti, EDELMAN M. et Al. “Introduction: critical perspectives on food sovereignty”, in The Journal of Peasant Studies, Vol. 41, n. 6, 2014, pp. 914. Si veda anche EDELMAN M., “Food sovereignty: forgotten genealogies and future regulatory challenges”, in The Journal of Peasant Studies, Vol. 41, n. 6, 2014, p. 963. In questo secondo contributo l’Autore mette in luce le origini sudamericane del termine e lo sviluppo del concetto di sovranità alimentare in contesti economici come quello dell’America Latina a lungo sotto l’influenza politica ed economica degli USA e, in parte molto minore, dell’Europa. Edelman individua anche quelli che sembrano essere gli elementi comuni maggiormente ricorrenti nelle diverse definizioni offerte di food sovereignty, i quali secondo lui sono: i) il ruolo giocato da La Via Campesina nel propagandare il concetto di sovranità alimentare, in particolar modo nel 1996 al World Food Summit di Roma; ii) l’“antagonismo” con il concetto di food security, da molti considerato un antecedente “mediocre” del concetto di sovranità alimentare; iii) la progressiva rivisitazione del concetto di food sovereignty in varie occasioni di incontro, su scala

Ebbene, a partire da questa definizione, viene fatto notare (confermando quanto anticipato nel precedente paragrafo) come il concetto di food sovereignty superi i confini della food security, ampliando la sfera di diritti imputabili ai singoli individui, includendo, oltre al diritto al cibo (il c.d. “right to food”, sul quale ampiamente in seguito) anche un “right to produce food”75. In sintesi, si ha sovranità alimentare non solo quando una popolazione è nelle condizioni economiche di accedere al cibo, ma anche quando è essa stessa nella condizione di autosostentarsi producendo i beni alimentari di cui ha bisogno. Lungi dall’essere così semplicistica, il concetto di sovranità alimentare, di lontana elaborazione, ha vissuto, esattamente come quello di food security, varie fasi evolutive, venendo più volte rielaborato ed integrato con nuovi elementi che ampliassero la tutela offerta.

Come osservato nel precedente paragrafo relativo alla sicurezza alimentare, la definizione di food security offerta nel 1996 non è “completa”, nel senso che, pur arricchendo notevolmente quella precedente introdotta nel 1974 spogliandola oltretutto degli elementi assistenzialistici e protezionistici ed aggiungendo elementi legati a parametri di food safety relativi alla qualità e salubrità del cibo, non si premurava di definire come o da chi il cibo dovesse essere approvvigionato. In altri termini poco contava il soggetto produttore del cibo in quanto il focus veniva posto sul consumatore e sulla sua tutela e non sulle necessità dei produttori dei beni alimentari stessi.

È in questo contesto che assume rilevanza la prima manifestazione ufficiale del concetto di food sovereignty, offerto da LVC al World Food Summit del 1996, la quale tramite il menzionato statement affermava che “long-term food security depends on those

who produce food and care for the natural environment. As the stewards of food producing resources we hold the following principles as the necessary foundation for achieving food security […]. Food is a basic human right. This right can only be realized

75 ROSSET P., “Food Sovereignty and Alternative Paradigms to Confront Land Grabbing and the Food and Climate Crisis”, in Development, vol. 54, n. 1, 2011, p. 22. È bene far notare come il rapporto tra i concetti di food security e food sovereignty sia tutt’altro che pacifico e lineare, ma anzi sia al centro di accesi dibattiti dottrinali incentrati principalmente sulla quesitone relativa ad una pseudo-coincidenza o, dall’altro lato, opposizione-contrasto delle due nozioni. Per un’esposizione del tema si veda CLAPP J., “Food security and food sovereignty: getting past the binary”, in Dialogues in Human Geography, Vol. 4, n. 2, 2014, pp. 206-211.

in a system where food sovereignty is guaranteed. Food sovereignty is the right of each nation to maintain and develop its own capacity to produce its basic foods respecting cultural and productive diversity. We have the right to produce our own food in our own territory. Food sovereignty is a precondition to genuine food security” (La Via

Campesina, 1996).

Ecco dunque emergere i principali tratti della food sovereignty: il controllo della produzione da parte delle popolazioni locali, il diritto al cibo e il diritto a produrre il (proprio) cibo, il rispetto delle diversità culturali ed ambientali, la tutela delle individualità.

A partire da questa prima manifestazione di identità il concetto di sovranità alimentare ha attirato a sé l’attenzione di numerose organizzazioni e movimento nazionali e sovranazionali che hanno preso parte al dibattito sul tema, fatto che, a sua volta, ha dato progressivamente vita ad una nuova definizione resa nota nel 2007, in Mali, con la Dichiarazione di Nyéléni sempre da parte di LVC, in cui si afferma che “food sovereignty

is the right of peoples to healthy and culturally appropriate food produced through ecologically sound and sustainable methods, and their right to define their own food and agriculture systems. It puts those who produce, distribute and consume food at the heart of food systems and policies rather than the demands of markets and corporations. It defends the interests and inclusion of the next generation. It offers a strategy to resist and dismantle the current corporate trade and food regime, and directions for food, farming, pastoral and fisheries systems determined by local producers. Food sovereignty prioritises local and national economies and markets and empowers peasant and family farmer-driven agriculture, artisanal fishing, pastoralist- led grazing, and food production, distribution and consumption based on environmental, social and economic sustainability. Food sovereignty promotes transparent trade that guarantees just income to all peoples and the rights of consumers to control their food and nutrition. It ensures that the rights to use and manage our lands, territories, waters, seeds, livestock and biodiversity are in the hands of those of us who produce food. Food sovereignty implies new social relations free of oppression and inequality between men and women, peoples, racial groups, social classes and generations” (Via Campesina, 2007).

Sebbene non esente da criticità76, l’ultima “versione” del concetto di sovranità alimentare manifesta, infine, un ancor più accentuato “right based approach” rispetto alle versioni precedenti, circostanza che ricollega il tema della sovranità alimentare al nucleo giuridico su cui esso si basa, vale a dire il diritto al cibo77. Ancora, emerge con forza l’approccio multidisciplinare alla tematica che ha inevitabilmente portato alla partecipazione di un maggior numero di attori coinvolti nella risoluzione delle problematiche alimentari, attori di natura eterogenea che hanno affiancato i movimenti sociali come LVC e portato la tematica in seno alle politiche statali78.

La principale problematica che si presenta ora è quindi la concretizzazione, nel contesto dell’economia reale, di tali proposte di contrasto all’attuale global food regime. Se si vuole davvero cambiare l’ordine delle cose risulta necessario un ripensamento delle modalità produttive, dell’attribuzione dei diritti, delle stesse basi giuridiche su cui poggia la divisione della proprietà terriera moderna. Emerge la necessità di una connessione del settore primario con tutti i rami dell’economia e non una strada che porti ad un “isolazionismo rurale” e ad un ritorno alle origini. È infatti necessario valorizzaretanto la funzione sociale della proprietà, quanto la funzione sociale del cibo e del tenore di vita, nonché la funzione sociale della rappresentanza politica e, da ultimo, l’aumento della redistribuzione, tra i soggetti interessati, del valore legato alla produzione agricola79.

76 PATEL R., op. cit., pp. 666-667. L’autore mette in luce come la dicitura “It puts those who produce, distribute and consume food at the heart of food systems” di fatto includa al suo interno le stesse corporations che di fatto producono e distribuiscono cibo e di come affermare che “food sovereignty implies new social relations” e nello stesso momento fare riferimento al “family farming”, per definizione una delle più antiche forme di nucleo economico-produttivo di stampo patriarcale sia quanto meno contraddittorio. 77 Sul “right based approach”, anche in contrapposizione all’“economic approach” si veda NERULA S., “The right to food: holding global actors accountable under international law”, in Columbia Journal of Transnational Law, Vol. 44, 2006, p. 691. Una sostanziale differenza tra le due modalità di approccio si traduce nel fatto che quello right based sostiene che, al fine di poter giudicare positivamente una politica, in questo caso specifico, alimentare, ogni individuo in ogni dato momento debba essere nella condizione di poter accedere al cibo. Quello economic based, invece, ragiona per “average points”, vale a dire che utilizza misure aggregate (ad es.: il PIL) per valutare il miglioramento di una data mossa di politica economica, di fatto ignorando l’aspetto distributivo ottenuto con una data scelta.

78 SCHIAVONI M. C., “The contested terrain of food sovereignty construction: toward a historical, relational and interactive approach”, in The Journal of Peasant Studies, Vol. 44, n. 1, 2017, pp. 2 e ss. 79 EDELMAN M., op. cit., p. 924 e ss.

Sembra che la strada da percorrere sia quella di una riforma del settore primario o, se si vuole, dell’agribusiness mondiale, verso modelli di maggiore coinvolgimento sociale e democratico non solo dei produttori, ma anche dei consumatori, con la consapevolezza che una modifica di tale portata non si risolve solo con il riconoscimento di diritti alle fasce deboli operanti nel settore primario, ma con un intero ripensamento delle dinamiche economiche e commerciali ad esso relative80.