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I Compiti del curatore fallimentare

CAPITOLO 3: IL RUOLO DEL CURATORE FALLIMENTARE: adempiment

3.1 IL CURATORE: QUALIFICAZIONE GIURIDICA

3.1.7 I Compiti del curatore fallimentare

I compiti principali del Curatore consistono nell'amministrare il patrimonio fallimentare, nel compiere i vari atti della procedura, nel cooperare col Giudice Delegato sotto varie forme che si estrinsecano da un lato, in un'attività preparatoria, informativa e consultiva e dall’altro nell’eseguire i provvedimenti emessi dallo stesso Giudice Delegato.

Il Curatore è un organo "unipersonale" perché deve essere costituito da un solo soggetto, essendo esclusa nel nostro ordinamento la possibilità di nominare più curatori, è un organo esterno, perché destinato ad entrare per lo svolgimento delle sue mansioni in rapporto con i terzi ed è considerato come un vero e proprio ausiliare della giustizia. Il Curatore, quindi, esercita una funzione pubblica nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, finalizzata al soddisfacimento dei creditori del fallito. In considerazione di tale funzione, la nomina e la revoca del curatore è di competenza esclusiva del Tribunale che, fra l’altro, esercita il controllo sull’attività posta in essere dallo stesso. Il Curatore, su autorizzazione del Giudice Delegato, può esercitare tutti i diritti ritenuti utili per soddisfare i creditori del fallito: conseguentemente, sia il debitore che i creditori sono tenuti a rispettare il giudicato formatosi nelle cause di cui è stato parte il Curatore, il quale non rappresenta o sostituisce né il fallito né i creditori, ma opera nell'interesse della giustizia, come incaricato giudiziario con posizione autonoma ponendosi a fianco del Giudice.

Il compito principale della curatela si concretizza nell’amministrazione del patrimonio fallimentare. L’amministrazione del patrimonio del fallito si estrinseca in tre diverse categorie di attività:

- acquisire all’attivo fallimentare ogni bene mobile o immobile, materiale o immateriale (marchi, brevetti, ecc. ossia entità immateriali suscettibili di un’autonoma cessione) del fallito nonché i crediti risultanti alla data del fallimento o emersi successivamente;

- provvedere alla liquidazione degli elementi dell’attivo acquisiti dopo aver provveduto a farli valutare da un perito all’uopo nominato;

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- ripartire l’attivo realizzato tra i creditori in relazione ai loro gradi di privilegio così come evidenziati nello stato passivo nel rispetto della par-

conditio credito rum.

L’attività del Curatore risulta essere particolarmente delicata e complessa in quanto la procedura fallimentare investe tutto il patrimonio del fallito utilizzabile ai fini del soddisfacimento dei creditori e quindi non soltanto i crediti, beni mobili o immobili, corporali o incorporali, ma altresì tutti gli altri diritti, come azioni di nullità, di annullamento, di rescissione, di risoluzione, diritti di riscatto, diritti di prelazione, possibilità di acquisto di beni, contratti pendenti (quei rapporti che al di fuori del fallimento possono essere fatti valere dai creditori in via surrogatoria, quale attività preparatoria dell'esecuzione che potrà investire i beni una volta che siano recuperati ed entrati nel patrimonio del debitore), oltre alle azioni dirette al recupero dei beni usciti dal patrimonio del debitore in base ad atti inopponibili ai creditori stessi per inosservanza delle formalità prescritte o in base ad atti inefficaci perché pregiudizievoli ai loro diritti.

Oltre all'amministrazione del patrimonio fallimentare, al Curatore spettano ulteriori mansioni: opera come organo inquirente sulle ragioni che hanno determinato il dissesto e sul compimento di atti perseguibili in via penale e coadiuva il Giudice delegato nello svolgimento delle sue mansioni eseguendone i provvedimenti e sollecitandone talvolta l'attività oppure affiancandolo come semplice consulente.

Considerato che il compito precipuo del Curatore è quello di amministrare il patrimonio fallimentare, il legislatore lascia alla sua iniziativa l’individuazione delle operazioni da compiere e delle relative modalità, anche se in casi tassativamente previsti dalla legge deve essere autorizzato.

Per quanto attiene alla vera e propria liquidazione dell’attivo fallimentare, ossia la vendita dei beni, il Curatore ha il compito di creare la massima soddisfazione per i creditori. Il Curatore, avvalendosi di soggetti specializzati, procede alle vendite con le modalità e nei tempi previsti nel programma di liquidazione, quindi in un’ampia libertà di scelta delle procedure, purché siano celeri e

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rispondano all’esigenze dalla trasparenza e della competitività, ricorrendo a forme di pubblicità adeguate18.

Secondo la legge Pinto19, il Curatore deve adempiere ai propri compiti con sollecitudine in modo da non prolungare la procedura oltre i tempi, infatti, il procrastinarsi della procedura per un tempo che travalichi quello ragionevole può comportare il diritto del fallito ad un risarcimento del danno patito a carico dello Stato20. Quindi, si considera rispettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado e di un anno nel giudizio di legittimità (Cassazione). Il termine si considera altresì ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si conclude o se la procedura concorsuale si chiude in sei anni. Con la legge Pinto la richiesta di risarcimento si avanza di fronte alla Corte d’Appello e non più a quella di Strasburgo.

18 Per ulteriori dettagli sulla liquidazione dell’attivo, riferirsi al Paragr. La liquidazione

dell’attivo.

19

Legge n. 89 del 24 Marzo 2001 in modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile.

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L’art. 2 della l. 24 Marzo 2001, n. 89 (conosciuta come legge Pinto appunto) stabilisce, infatti, che “ chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6 della Convenzione, ha diritto ad un’equa riparazione”. La durata ragionevole del procedimento è stabilita in via normativa dall’art. 55 del d.l. 22 Giugno 2012, n 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 Agosto 2012, n. 134, che, all’art. 2 della legge 89/2001, ha introdotto il comma 2 bis.

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