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Il maxi periodo fallimentare

CAPITOLO 4: IL RUOLO DEL CURATORE: adempimenti fiscali

4.6 Il maxi periodo fallimentare

Per il periodo intercorrente tra la dichiarazione di fallimento e la data di chiusura della procedura, anche se c’è stato l’esercizio provvisorio, il Curatore deve presentare un’unica dichiarazione ai fini delle imposte dirette. La quantificazione del reddito d’impresa, da assoggettare all’imposta, per tale periodo, avviene con criteri completamente diversi da quelli fissati dal TUIR per la determinazione del medesimo nei periodi normali. Non vale più il criterio della competenza economica, non hanno più rilevanza né costi, né ricavi, né plusvalenze o minusvalenze, né le rimanenze iniziali e finali; ma si contrappongono masse patrimoniali: il residuo attivo alla data di chiusura della procedura e il patrimonio netto alla data di apertura del fallimento. Il Residuo attivo, è definito come “l’avanzo netto che residua dopo l’esaurimento delle procedure fallimentari”18. In sostanza , il residuo attivo, deve essere individuato in ciò che rimane al termine della procedura una volta pagate le spese ( come risultano dal rendiconto della gestione), e soddisfatti i creditori ( nella misura indicata nel piano di riparto

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finale approvato). L’art. 183, comma 3, del d.P.R. 917/86, detta le regole per la determinazione del residuo attivo in caso di fallimento di persone fisiche e di società di persone. Oltre ai beni dell’impresa, entrano nella procedura anche i beni personali che non hanno rilevanza sulla quantificazione del risultato dell’impresa, applicando delle idonee rettifiche. A seconda della species cui appartiene la società stessa, società “di persone” ovvero società “di capitali”, e del tipo specifico di società, la legge prevede diverse regole circa l’estensione del fallimento ai soci e l’esercizio di azioni di responsabilità nei confronti di uno o più organi della società medesima. La nuova formulazione dell’art. 146 l.fall., in proposito, attribuisce al Curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, il compito di esercitare non solo le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori, ma anche l'azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall'articolo 2476, comma 7, del codice civile. Norma fondamentale in materia è l’art. 147 l.fall., che tratta del fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata. Tale disposizione si applica prevalentemente alle società di persone, come si desume dal suo tenore letterale: “la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili”. La dottrina non ha mancato di sottolineare come il D.Lgs. n. 5/2006 abbia inserito l’inciso “pur se non persone fisiche”, al fine di estendere il fallimento anche a società di capitali che abbiano acquistato partecipazioni in una società con soci illimitatamente responsabili, divenendone soci. La novella in questione è da ritenersi strettamente correlata al nuovo testo dell’art. 2361 del codice civile, il quale prevede che le società per azioni possano acquistare la qualità di socio di società con soci a responsabilità illimitata assumendo, quindi, siffatta posizione, pur nel rispetto di specifiche cautele, quali la deliberazione assembleare di autorizzazione agli amministratori e l’evidenza espressa della specificità di siffatta partecipazione nei bilanci. Da ciò deriva, oggi in modo indiscutibile, che la società di capitali può essere dichiarata fallita “in

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estensione” ex art. 147, comma 1, l.fall. Il fallimento dei soci non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l'insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata. Sotto il profilo procedurale, nei casi previsti dall'articolo 147, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice delegato e un solo Curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati, invece, più comitati dei creditori, ferma restando la distinzione tra il patrimonio della società e quello dei singoli soci. L’art. 148 l.fall., poi, si occupa di regolare i rispettivi diritti dei creditori sociali e dei creditori particolari dei singoli soci, mentre l’art. 149 l.fall. precisa che il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società. Per le società di capitali, invece, non è prevista alcuna rettifica della differenza tra residuo attivo e patrimonio netto all’inizio della procedura ritenendo che quanto incassato sia tutto riferito all’impresa, anche se anche in questo caso si possono rettificare e aggiungere somme estranee all’impresa, come ad esempio, quanto viene recuperato nell’eventuale azione di responsabilità intrapresa dal Curatore nei confronti di ex amministratori e sindaci. Il risultato, poi, da sottoporre a tassazione per il maxi periodo fallimentare è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto iniziale, pertanto potranno verificarsi tre ipotesi: RA<PNI; RA>PNI; RA=PNI. Nella prima e terza ipotesi, il risultato della liquidazione non deve scontare alcuna imposta in quanto, non esiste alcun imponibile. Se, invece, il residuo attivo è superiore l patrimonio netto iniziale, ecco che emerge un reddito imponibile da sottoporre a tassazione. Il curatore procederà all’autoliquidazione dell’imposta se il fallito è soggetto ad IRES, mentre nell’ipotesi in cui il fallito sia soggetto a IRPEF, il Curatore deve inviare copia della dichiarazione prodotta per consentire all’interessato di inserire il risultato nella propria dichiarazione annuale. In quest’ultimo caso, la dichiarazione del

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Curatore è solo funzionale alla determinazione del risultato ma non alla quantificazione dell’imposta. Ai fini della esatta individuazione della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione inerente il maxi-periodo fallimentare è importante stabilire quando il fallimento viene chiuso. Il Curatore, per espressa previsione dell’art.8 comma 4, del d.P.R. 322/98, deve presentare la dichiarazione finale, relativa al maxi-periodo fallimentare, entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura della procedura. La dichiarazione deve essere trasmessa utilizzando il servizio telematico ENTRATEL direttamente o tramite i soggetti abilitati. Nel caso in cui il fallimento riguardi un soggetto IRES, il Curatore presenterà la dichiarazione dalla quale emergerà tale credito o debito d’imposta in via definitiva e autonoma. Nell’ipotesi in cui la procedura riguardi un soggetto IRPEF, il Curatore presenterà la dichiarazione del maxiperiodo fallimentare prodromica al trasferimento nei confronti dei soci della quota di reddito d’impresa determinato e/o del proporzionale credito emergente dalla stessa. Il Curatore dovrà poi consegnare a tutti i soci il prospetto di imputazione del risultato affinché gli stessi ne possano tener conto nella propria dichiarazione personale. Se il fallimento riguarda un imprenditore individuale, il Curatore dovrà presentare la dichiarazione relativa al solo reddito d’impresa del periodo fallimentare e trasmetterne copia al fallito.