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Dichiarazioni omesse, infedeli o incomplete

CAPITOLO 4: IL RUOLO DEL CURATORE: adempimenti fiscali

4.13 Dichiarazioni omesse, infedeli o incomplete

Per dichiarazione omessa da parte del Curatore, è ormai assodato che lui sia senz’altro soggetto alla sanzione amministrativa. Il Curatore che abbia agito con la diligenza dovuta non potrà considerarsi, però, responsabile. E’ da citare invero, il caso in cui ci sa la mancata presentazione di una copia della dichiarazione dei

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redditi, in caso di imprenditore individuale, ad altri collaboratori dell’impresa familiare ed ai soci. In questo caso, la dichiarazione è funzionale al soggetto persona fisica, per ricomprendere quel reddito d’impresa tra gli altri suoi vari ed eventuali redditi diversi, ai fini Irpef. L’omissione di tale adempimento del Curatore, non legittima comunque la mancata inclusione del reddito d’impresa da parte del contribuente fallito nella sua dichiarazione. Questi è tenuto a premunirsi di tutti gli elementi necessari per poter adempiere agli obblighi dichiarativi, non sarà colpevole solo se dimostra che il Curatore volutamente, non gli ha trasmesso la dichiarazione. La disciplina delle violazioni riguardanti le dichiarazioni ai fini delle imposte sui rediti ed ai fini Irap è contenuta rispettivamente nell’art. 1 D.Lgs. m.471/97 e nell’art. 2 D. Lgs. N.446/97.Nel caso di omessa consegna di una copia della dichiarazione dei redditi alla persona fisica fallita, si applica al Curatore la più lieve sanzione prevista per le ipotesi in cui alla dichiarazione non sia direttamente ricollegabile un debito d’imposta: l’obbligo posto a carico del Curatore è meramente strumentale, e rimane a carico del fallito presentare la dichiarazione annuale e il versamento dell’imposta che da essa ne deriva. In caso di dichiarazione infedele o incompleta presentata dal Curatore, c’è da avere maggiore attenzione soprattutto per quanto riguarda le dichiarazioni iniziali. Nel caso in cui il fallito stesso, occulti componenti positive o simuli componenti negative, impedendo al Curatore la corretta determinazione dell’imponibile da dichiarare, sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini Irap, fa si che il Curatore che abbia agito con la diligenza dovuta, non potrà considerarsi responsabile: è il fallito ad aver commesso l’illecito punibile. L’infedeltà o l’incompletezza delle dichiarazioni iniziali potrebbe però derivare anche dalla difficoltà di recuperare la necessaria documentazione, a causa del rinomato disordine amministrativo nel quale si trova l’impresa che si accinge a fallire. L’art. 6D.Lgs. n.472/97 delinea la nozione di colpa contemplando espressamente le ipotesi di esclusione della responsabilità del Curatore per mancanza o incompletezza della documentazione. Si parla in questo caso di “errore incolpevole sul fatto”. In questo caso la falsa rappresentazione della realtà non dipende da imprudenza, imperizia o negligenza, avendo il Curatore osservato la normale diligenza. In

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caso di fallimento di società, invece, il Curatore, come sappiamo, non diventa un organo della società fallita, ma gli obblighi di cui è gravato discendono da specifiche disposizioni di legge. La società , infatti, non può essere ritenuta responsabile per le irregolarità compiute da un soggetto che non è organo societario e che si sostituisce alla stessa legge per l’adempimento di alcuni obblighi tributari(in questo caso il Curatore). Questo concetto trova spazio nella tesi della riferibilità personale dell’illecito: il Curatore nel caso di mancato rispetto di adempimenti fiscali che la legge pone a suo carico diviene, in quanto autore della violazione, soggetto passivo delle sanzioni. Ovviamente, diversa è la storia se l’omissione o l’infedeltà deriva dalle documentazioni che a monte vengono trasmesse dalla società in capo al Curatore. In questo caso le sanzioni non si applicano, ovviamente, al Curatore. In questo caso la violazione è ascrivibile alla società e il carattere punitivo e intimidatorio delle sanzioni comporta che le stesse siano sempre irrogate nei confronti di una persona fisica. Quindi, se la violazione è riferibile alla società, occorre individuare l’organo della stessa cui deve essere attribuita la responsabilità dell’illecito. L’art. 11 D.Lgs. 472/97, individua la soluzione prescrivendo che le sanzioni si applicano in capo ai dipendenti, al rappresentante o all’amministratore, anche di fatto, i quali (oltre che possibili autori della violazione) sono obbligati solidalmente con la società al pagamento della sanzione. Sono quindi destinatari delle sanzioni : il presidente del CdA o del comitato esecutivo, o comunque l’organo cui compete la rappresentanza; l’amministratore unico o il consigliere delegato di atti aventi rilevanza fiscale o la persona che esercita di fatto l’amministrazione; i dipendenti della società(con qualifica dirigenziale) preposti al potere decisionale, al compimento di attività rilevanti ai fini della determinazione del tributo. In breve è autore della violazione colui cui compete l’organizzazione ed il controllo sullo svolgimento dei compiti inerenti alla tenuta della contabilità. Sorge però un problema, in caso di violazione da parte della società, in quanto le irregolarità contabili sono state compiute nel periodo prefallimentare è comunque il Curatore ad adempiere agli obblighi dichiarativi, risultati poi sanzionabili. In base al principio della riferibilità personale dell’illecito, sembrerebbe perciò, che l’autore

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della violazione sia il Curatore, perché è lui che materialmente ha commesso la violazione presentando una dichiarazione infedele. L’art.10 D.Lgs. n.472/97 ci viene in ausilio, introducendo la figura dell’autore mediato. L’autore mediato è colui che inducendo altri in errore incolpevole provoca un comportamento illecito e ne risponde, quindi, in luogo del suo autore materiale. In questo caso al Curatore, quale organo della procedura e pubblico ufficiale, privo quindi di un interesse all’evasione, ben si adatta l’istituto dell’autore mediato. Dell’infedeltà della dichiarazione rispondono, in qualità di autori mediati, gli organi della società fallita normalmente preposti all’adempimento degli obblighi fiscali (es i legali rappresentanti).

In caso di omesso versamento dei debiti tributari prefallimentari è evidente che nessuna responsabilità po’ ricadere in capo al Curatore. Per l’omesso versamento delle imposte sul risultato della procedura, invece la coincidenza tra il reddito d’impresa derivante dal fallimento e quello complessivo imponibile della società di capitali fallita e la identificazione del periodo concorsuale come un autonomo periodo d’imposta, obbligano il Curatore al versamento dell’Ires eventualmente dovuta, mediante prelevamento dal residuo attivo e prima della presentazione della dichiarazione finale. In tal caso, l’omesso versamento dell’imposta implica una diretta responsabilità da parte del Curatore. La disciplina, quindi, pone a carico del Curatore sia l’obbligo di prelevamento che quello di versamento dell’Ires, ed è quindi l’unico soggetto passivo delle sanzioni per avere omesso materialmente il versamento. L’obbligo di versamento però resta ancorato all’effettiva esistenza di un residuo attivo e alla materiale disponibilità. L‘imposta potrà dunque essere pagata solo nel qual caso esista e sia fruibile un residuo attivo. Il Curatore non è mai il soggetto passivo dell’imposta, infatti, il versamento in questo caso è solo strumentale a consentire la concreta applicazione del tributo. La quota del tributo per la quale non vi sia capienza nel residuo attivo non può essere considerata oggetto di obbligo del versamento a carico del Curatore. Se il residuo attivo fosse, invece, costituito da beni in natura, il Curatore deve chiedere al fallito (la società) i liquidi per adempiere al

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versamento, in caso di impossibilità, si procede alla vendita dei beni, alla loro liquidazione.

Nel caso di omesso versamento dei tributi dovuti nel corso della procedura, come ad esempio nel caso dell’Irap se siamo di fronte all’esercizio provvisorio, il Curatore è tenuto alla presentazione delle dichiarazioni annuali ai fini Irap per tutta la durata dell’esercizio provvisorio. Se da tali dichiarazioni emerge un debito d’imposta, il Curatore è tenuto al relativo versamento nei modi e tempi previsti. L’Irap così, diventa un debito da assolvere in prededuzione. Il pagamento dell’imposta è comunque subordinato al rilascio di una autorizzazione da parte del giudice delegato. L’obbligo del versamento dell’Irap, è comunque ancorato alla effettiva disponibilità di mezzi finanziari idonei al pagamento. Poiché il Curatore non è il soggetto passivo d’imposta, il relativo versamento potrà porsi in essere solo se sul deposito intestato all’ufficio fallimentare vi sia la necessaria liquidità. La quota del tributo non coperta dalla disponibilità finanziaria, non è oggetto di obbligo di versamento a carico del curatore, che altrimenti, si esporrebbe ad una ingiustificata anticipazione dell’imposta col rischio di non poterla magari nemmeno recuperare. Se vi è stato un diniego nell’autorizzazione da parte del giudice delegato al pagamento dell’Irap, ovviamente, il Curatore non ne è responsabile. Se però il Curatore non si è attivato nei tempi dovuti nei confronti del giudice delegato oppure, pur avendo avuto l’autorizzazione non si è attivato al versamento, è direttamente responsabile per colpa.