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La composizione concordata della crisi

SEZIONE 2. L’ESPERIENZA DEL DIRITTO TEDESCO

III. LA PREVENZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA

3. Il progetto della Commissione Trevisanato

3.1. La composizione concordata della crisi

La procedura di composizione concordata della crisi (detta anche procedura di risanamento), rappresentava una significativa innovazione nell’ambito delle tradizionali procedure concorsuali andando a sostituire l’amministrazione controllata (eliminata poi dalla riforma del 2006), e il concordato preventivo.

La sua finalità era essenzialmente quella di concedere la possibilità “al debitore di superare la crisi o di regolare il suo stato di insolvenza214”, proponendo al ceto creditorio un piano di conservazione e/o di liquidazione dell’impresa. L’istituto mirava quindi a gestire la crisi in contraddittorio con i creditori215.

Per quanto riguarda il presupposto soggettivo, l’iniziativa era riservata al debitore, con un sostanziale ampliamento del tutto nuovo

213 Cipolletta I., Micossi S., Nardozzi G., (coordinato da), La riforma della disciplina della crisi d’impresa, Progetto Concorrenza di Confindustria, Panucci M., Bianchini M., “L’iter della riforma delle procedure concorsuali e l’impianto generale delineato”; Fabiani M., 2004, Misure di allarme per la crisi d’impresa,

in Fallimento, 7, 825.

214 Giuliano M., Di Gravio D., (a cura di) La riforma del diritto concorsuale nel panorama giuridico economico italiano, p. 29.

215

Testo approvato dalla maggioranza, art. 4 “(Procedura di composizione

concordata della crisi)-1. La procedura di composizione concordata della crisi si ispira alla valorizzazione degli accordi tra debitore e creditori diretti al superamento della crisi o alla regolazione dell’insolvenza, nella salvaguardia dei principi di certezza stabilità degli atti, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria”,

Testo di maggioranza e minoranza del disegno di legge recante “Delega al

Governo per la riforma organica della disciplina della crisi di impresa e dell’insolvenza” Trevisanato, in ilfallimento.it.

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nel diritto fallimentare: potevano infatti accedere a questa procedura non solo l’imprenditore commerciale, ma anche l’imprenditore agricolo, e il piccolo imprenditore, al quale dovevano applicarsi regole semplificate216.

Per ciò che attiene al presupposto oggettivo, la procedura poteva applicarsi tanto a una situazione di insolvenza, quanto a una condizione di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario, tale da non poter essere superata con le normali operazioni di ristrutturazione o di ricorso al credito, e tale da richiedere una generale moratoria nei confronti dei creditori.

La procedura si apriva con la dichiarazione del debitore di volersene avvalere, insieme all’esposizione delle cause della crisi, e al deposito di una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con l’elenco dei creditori, e un piano di composizione della crisi, il cui contenuto poteva essere concordato dal debitore di concerto con i creditori, prevedendo tempi certi e rapidi per la definizione degli accordi (art. 4, comma 2° lett a), testo approvato dalla maggioranza). Alcun potere di valutarne l’ammissibilità era stato affidato al Tribunale, il quale aveva solo la possibilità di interrompere in ogni momento la procedura e di pronunciare “su istanza del debitore, dei creditori, del pubblico ministero o d’ufficio, la dichiarazione di insussistenza dei presupposti di accesso alla procedura o la sua cessazione nei casi in cui, alternativamente, non sono depositate le accettazioni dei creditori nei termini di cui ai

216 Testo approvato dalla maggioranza, art.4 “(Procedura di composizione concordata della crisi)- a) prevedere che alla procedura può accedere, su propria istanza, l’imprenditore iscritto nel registro delle imprese, con esclusione degli enti pubblici.

b) applicare la procedura, con forme e modalità semplificate, al piccolo imprenditore, individuale e collettivo, indicando un limite di accesso collegato a un indebitamento minimo significativo, periodicamente aggiornato; individuare a tal fine il piccolo imprenditore con criteri fondati, eventualmente in via alternativa, sul totale dell’attivo patrimoniale, sul totale dei ricavi e sul numero dei dipendenti e tenendo conto di parametri ponderati in funzione del prodotto interno lordo di ciascuna Regione” Testo di maggioranza e minoranza del disegno

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commi precedenti o il piano non risulta attuabile o il debitore si sottrae alla vigilanza ovvero alle disposizioni degli organi della procedura o risultano atti di frode; prevedere che, nei predetti casi, il tribunale dichiara aperta la procedura di liquidazione concorsuale se risulta l’insolvenza” (art 4, comma 4°, lett. l) testo approvato dalla maggioranza).

Durante lo svolgimento della procedura, il debitore conservava l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’attività d’impresa.

Poteri incisivi erano stati attribuiti al consiglio dei creditori, che “sorveglia la gestione dell’impresa e collabora con il commissario giudiziale e il debitore, in modo da favorirne l’utile prosecuzione della procedura217”. Il consiglio aveva poi la facoltà di “autorizzare gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e, per evidente opportunità ai fini dell’attuazione del piano e con la corresponsione di equo indennizzo, autorizzare altresì lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione” (art. 4, comma 4°, lett. d), testo approvato dalla maggioranza). Si evince chiaramente come la disciplina mirasse a realizzare un accordo tra debitore e consiglio dei creditori, spostando il nucleo normativo sul rapporto tra tali soggetti.

La Commissione come già precisato, non ha avuto un orientamento unanime su molti punti del progetto, ma senza dubbio, quello maggiormente controverso, ha riguardato la natura del potere di omologazione del piano affidato al Tribunale. La proposta della maggioranza, attribuiva un autonomo potere di valutazione della fattibilità del piano, da applicarsi anche ai creditori dissenzienti e a quelli che non si erano espressi218; la proposta della minoranza al

di legge recante “Delega al Governo per la riforma organica della disciplina della

crisi di impresa e dell’insolvenza” Trevisanato, in ilfallimento.it. 217

Giuliano M., Di Gravio D., (a cura di) La riforma del diritto concorsuale nel

panorama giuridico economico italiano, p. 31.

218 La presenza di un giudizio autonomo dell’autorità giudiziaria, a prescindere dal

consenso già espresso dalla maggioranza dei creditori, serviva a giustificare costituzionalmente l’ammissibilità dell’estensione del piano anche ai creditori dissenzienti e a quelli che non si fossero espressi. Sul punto si veda Relazione

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contrario, attribuiva all’organo giudiziario un potere di controllo sulla legittimità del piano e del procedimento, escludendo ogni verifica di merito sulla convenienza e sulla fattibilità dello stesso, che già si riteneva compiuta dal commissario giudiziale e dalla maggioranza dei creditori219.