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Stato d’insolvenza e crisi d’impresa

SEZIONE 2. L’ESPERIENZA DEL DIRITTO TEDESCO

III. LA PREVENZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA

1. Introduzione: il mutato atteggiamento del legislatore italiano in

1.1. Stato d’insolvenza e crisi d’impresa

Stato d’insolvenza e crisi d’impresa sono due concetti affini

(entrambi disciplinati rispettivamente agli artt. 5 e 160 della l. fall. riformata), ma non totalmente sovrapponibili: un conto è attivare una procedura volta a garantire il massimo soddisfacimento dei creditori, che altro non significa se non condurre l’impresa alla sua cessazione; e un conto è gestire la crisi, prima che questa diventi irreversibile, e quindi introdurre strumenti atti a far emergere tempestivamente la

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Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (a cura di) Gruppo di lavoro:

Franchi F., Eramo M., Pozzoli M., Torri P., Ucci V., 2005, “Crisi d’impresa: strumenti per l'individuazione di una procedura di allerta”, Introduzione ai lavori.

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situazione di dissesto e a garantirne un’immediata ed efficace reazione, il cui scopo è far sopravvivere l’impresa e tutelarne la continuità.

Ma scendiamo più nel dettaglio.

Gli studi e l’elaborazione teorica del concetto di stato d’insolvenza, risalgono al 1898, dal Maestro Bonelli191

, poi trasfuso nella legge fallimentare del 1942 ed ancora oggi presente senza aver subito significative modifiche. Infatti l’art. 5 della l. fall. così recita: “L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Lo stato d’insolvenza è ancora oggi il presupposto per la dichiarazione di fallimento, e dovrebbe essere facilmente accertabile manifestandosi con la cessazione dei pagamenti, anche se per molti autori dovrebbe essere un’idea da ritenersi ormai superata192

.

Il problema che si pone oggi, riguarda l’attualità del concetto di insolvenza, se esso non sia cioè anacronistico rispetto alle esigenze della moderna industria, che dovrebbe imporre al legislatore riflessioni più approfondite sulla possibilità di anticipare il momento in cui si prende atto delle difficoltà dell’impresa. A tal proposito le critiche maggiori mosse contro il legislatore all’indomani della

191Terranova G., Lo stato d’insolvenza, pp. 166, in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da), 2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali,

Vol. I, Torino, G. Giappichelli Editore.

192 Terranova G., Lo stato d’insolvenza, pp. 160 ss., in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da), 2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali,

Vol. I, Torino, G. Giappichelli Editore; Fortunato S., 2012, Crisi d’impresa:

prevenzione e allerta nelle società, Convegno IPE-Banca d’Italia su “La prevenzione e la gestione delle crisi d’impresa. Esperienze a confronto” Residenza

Universitaria Monterone – Napoli, per la nozione di “cessazione dei pagamenti” come definizione presente nel codice di commercio, poi abrogata e superata dal concetto di “stato d’insolvenza” di Bonelli, che individuava come presupposti, il fatto dell’inadempimento come comportamento soggettivo insieme allo status oggettivo del patrimonio del debitore.

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riforma del 2006, da una parte hanno riguardato proprio la mancanza di una riformulazione più elastica dell’art. 5 tale da poter anticipare il trattamento della crisi193; dall’altra si sono indirizzate verso la mancanza nella riforma di meccanismi di allerta e prevenzione previsti in altri ordinamenti europei, primi fra tutti la Francia (e senza peraltro recepire le novità presenti nel progetto di legge della Commissione Trevisanato, di cui infra) 194.

Dallo stato d’insolvenza, anche il nostro legislatore italiano è passato a focalizzare l’attenzione sempre di più sul secondo concetto: quello di crisi d’impresa, definito dalla dottrina come “una perturbazione o improvvisa modificazione di un’attività economica organizzata, prodotta da molteplici cause ora interne al singolo organismo, ora esterne, ma comunque capaci di minarne l’esistenza o la continuità195”. Il legislatore ha introdotto una nozione di crisi d’impresa rintracciabile all’art 160 della l. fall. come presupposto per accedere al concordato preventivo, che così recita: “Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di

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Terranova G., Lo stato d’insolvenza, p. 158, nota 3, in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da), 2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali,

Vol. I, Torino, G. Giappichelli Editore. L’art. 5, lasciato inerte dalla riforma e, in seguito all’esclusione della possibilità di dichiarare d’ufficio il fallimento (si veda il par. 3.3.3.1 del presente capitolo), deve tuttavia essere letto come strumento legittimante l’iniziativa del pubblico ministero , con la precisazione che non potrà essere utilizzato sempre e comunque, ma solo laddove vi sia un’ipotesi di reato, o un preminente interesse pubblico all’apertura del concorso (si veda il par. 3.3.3.2 sull’iniziativa del p.m. del presente capitolo), Terranova G., Lo stato

d’insolvenza, pp. 160 ss., in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da),

2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I

presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali, Vol. I, Torino, G.

Giappichelli Editore.

194 Terranova G., Lo stato d’insolvenza, p. 166, nota 21, in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da), 2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali,

Vol. I, Torino, G. Giappichelli Editore.

195Ravina C., 2012, “Riflessioni e spunti sulla recente riforma della legge fallimentare” in 4 BusisnessJus 17, p. 15, nota 11; Consiglio Nazionale dei Dottori

Commercialisti (a cura di) Gruppo di lavoro: Franchi F., Eramo M., Pozzoli M.,

Torri P., Ucci V., 2005, “Crisi d’impresa: strumenti per l'individuazione di una procedura di allerta”, p. 9, nota 5 (cit. S. Pacchi Peducci, Crisi d’impresa e procedure concorsuali alternative, in Riv. Dir. Fall., 1998, p. 996 ss).

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insolvenza”, e all’art. 182 bis, per accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti, così come modificato dalla più recente riforma. Quindi la crisi d’impresa può comprendere anche l’insolvenza, ma sarà soltanto un’ipotesi eventuale.

Qui si pongono le difficoltà di stabilire un confine netto tra l’insolvenza vera e propria e lo stato di crisi. Difficoltà derivanti dall’esigenza di rilevare tutti quegli indicatori che tempestivamente possano dar conto della crisi, in un momento antecedente, quando l’impresa non sia ancora in stato di decozione, ed è qui che è necessario intervenire prontamente, per evitare di giungere a quella crisi irreversibile che non può che portare alla cessazione dell’attività d’impresa. Per crisi d’impresa, secondo l’accezione economica, deve intendersi una crisi finanziaria, “un’alterazione profonda degli squilibri economici, finanziari e patrimoniale dell’impresa stessa196”. La crisi di un’impresa, secondo una distinzione aziendalistica, sarebbe immediatamente successiva ad un’altra fase di declino, e ne rappresenterebbe una sua degenerazione, con perdite economiche, e squilibri finanziari e patrimoniali, a cui potrebbe seguire come ultimo stadio, ormai chiaramente manifesto anche all’esterno, la sua insolvenza, se non si agisce tempestivamente tra una fase e l’altra.

La crisi di un’impresa può derivare tanto da variabili endogene quanto da variabili esogene. Per quanto riguarda le prime, si riferiscono ad ipotesi di responsabilità nelle scelte operate all’interno dell’impresa, come errori strategici, gestionali, ma anche comportamenti fraudolenti. Per cause esogene e quindi esterne all’impresa, si intendono quelle legate ad una congiuntura economica sfavorevole, come un calo della domanda, un aumento della concorrenza, o una crisi economica che interessa altri mercati intrinsecamente collegati a quello in cui opera l’impresa (es. materie

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prime, fornitura etc.). Risulterà quindi essenziale diagnosticare in tempo la temporanea difficoltà dell’impresa197

, per consentire di intervenire prontamente e condurre le scelte manageriali verso l’eliminazione della causa destabilizzante. Nella valutazione delle cause della crisi d’impresa, anche il fattore tempo può essere determinante per il tipo di intervento da operare, e gioca un ruolo decisivo l’avviamento aziendale198

, soprattutto per garantire la continuità dell’attività d’impresa.

Tuttavia in Italia manca questa “cultura della crisi e del risanamento199” e per poter operare tempestivamente, sono necessari quei meccanismi di allarme e prevenzione, basati su controlli esterni ed interni, rispettivamente dalle Autorità e dagli organi societari adibiti a tale compito200.

Per poter individuare quegli strumenti di allarme e prevenzione, nell’ottica di salvaguardia dell’impresa, è utile quindi trovare quel punto di cesura tra stato di crisi, e stato d’insolvenza. Le due nozioni devono essere riferite non a veri “fatti” (Bonelli), ma a “giudizi

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Giuliano M., Di Gravio D., (a cura di) La riforma del diritto concorsuale nel

panorama giuridico economico italiano, p.20.

197 Il concetto di temporanea difficoltà di un’impresa spesso è posto sullo stesso

piano del concetto di crisi, in quanto entrambi sono riferibili ad una fase antecedente all’insolvenza, in cui si concede al debitore non ancora giunto a una crisi irreversibile senza possibilità di risanamento, di accedere alle procedure concorsuali per salvare l’impresa. Tuttavia le due nozioni non sono del tutto coincidenti. Per temporanea difficoltà ad adempiere, si fa riferimento ad una situazione di illiquidità dell’impresa, sana economicamente e in grado di salvarsi ancora con le proprie forze senza particolari sacrifici per i creditori; per crisi d’impresa invece deve intendersi una situazione in cui i pagamenti possono avvenire regolarmente, ma con un rischio che riguarda la componente strutturale dell’impresa. Inoltre il concetto di temporanea difficoltà era il presupposto per l’amministrazione controllata (eliminata con la riforma del 2006), e attualmente tale nozione la si rinviene come presupposto per il sovraindebitamento del debitore civile (disciplina dell’Überschuldung mutuata dal diritto tedesco), Terranova G.,

Lo stato d’insolvenza p. 162, in Vassalli F., Luiso F.P., Gabrielli E. (diretto da),

2013, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali – I

presupposti dell’apertura delle procedure concorsuali, Vol. I, Torino, G.

Giappichelli Editore.

198

C.d. going concern, Giuliano M., Di Gravio D., (a cura di) La riforma del

diritto concorsuale nel panorama giuridico economico italiano, p. 22.

199 Giuliano M., Di Gravio D., (a cura di) La riforma del diritto concorsuale nel panorama giuridico economico italiano.

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qualitativi” sull’idoneità del patrimonio dell’impresa a garantire una capienza finanziaria sufficiente alla continuazione d’azienda. Si tratta quindi di un giudizio prognostico che varia in base alla dinamicità e alla liquidità di un’impresa201

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