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SEZIONE 2. L’ESPERIENZA DEL DIRITTO TEDESCO

III. LA PREVENZIONE DELLA CRISI D’IMPRESA

2. L’iter della riforma

Il sistema di governo della crisi d’impresa che si è sviluppato a partire dalla l. fall. del 1942, era basato soprattutto su procedure di carattere satisfattorio, improntate quindi alla liquidazione dell’impresa e alla cessazione della sua attività, con conseguente eliminazione della stessa dal mercato.

Tuttavia questa disciplina così strutturata, si è rivelata ben presto inadeguata, portando il legislatore a istituire varie commissioni e gruppi di lavoro, incaricati di redigere proposte di riforma della disciplina delle procedure concorsuali, facendo emergere un aspetto del tutto nuovo: cambiare la concezione della crisi d’impresa e della sua modalità di gestione; realizzare una disciplina al passo con i tempi, che non si limiti solo a regolare le conseguenze della crisi, ma che svolga anche e soprattutto una funzione di prevenzione della stessa. Vari e molteplici sono i fattori che hanno influenzato l’intervento del legislatore in questo ambito: il mutato contesto economico e sociale nel quale gli imprenditori si muovono e le odierne dinamiche di mercato che non si rispecchiano più nell’impianto normativo degli anni Quaranta; modifiche al diritto societario, il quale rappresenta il momento fisiologico di nascita e di sviluppo di un’impresa, e deve necessariamente andare di pari passo con il diritto fallimentare, il quale rappresenta invece il suo momento patologico, rendendo necessarie procedure più snelle ed elastiche;

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Fortunato S., 2012, Crisi d’impresa: prevenzione e allerta nelle società, Convegno IPE-Banca d’Italia su “La prevenzione e la gestione delle crisi

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principi costituzionali sempre più pervasivi di ogni settore dell’ordinamento giuridico; valutazioni delle varie esigenze dei soggetti economici che ruotano intorno al fenomeno del dissesto delle aziende, con un particolare occhio di riguardo per le piccole e medie imprese, che rappresentano la vera realtà economica italiana. Infine, il legislatore non ha potuto non tenere in considerazione il quadro complessivo europeo, confrontandosi con le esperienze degli altri Paesi dell’Unione, in un’ ottica comparatistica, ma sempre bilanciata dalla salvaguardia delle peculiarità del nostro sistema.

Il legislatore italiano è intervenuto con due riforme sistematiche: il decreto n. 5/2006 e la legge n. 80/2005, che hanno novellato la legge del 1942, e da ultimo il Decreto sviluppo del 2012.

Tuttavia l’iter con cui si è giunti alla riforma della disciplina del diritto fallimentare è stato tutt’altro che facile: dal 2000 sono stati istituiti gruppi di lavoro per redigere progetti di legge, per lo più accomunati da uno stesso minimo comune denominatore: l’introduzione di istituti di allerta e di prevenzione idonei a far emergere tempestivamente la crisi d’impresa, permettendo di porre in essere efficaci soluzioni di risanamento, da attivarsi in un momento antecedente allo stato d’insolvenza, quando cioè la crisi non sia ancora divenuta irreversibile. Il legislatore italiano, in linea con gli altri ordinamenti giuridici europei, si è reso ben presto conto di quanto tali strumenti potessero rivelarsi essenziali per salvaguardare la continuità d’impresa, e che molto spesso quelle che sono state trattate come crisi irreversibili, se curate tempestivamente, non avrebbero portato alla cessazione dell’attività. Anche lo stesso concordato preventivo (che oggi, in seguito alle modifiche del Decreto sviluppo, è diventato “l’istituto centrale per favorire l’emersione anticipata della crisi e la continuazione dell’attività

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d’impresa202”), spesso è stato attivato con notevole ritardo, impedendogli di sfruttare al massimo la sua utilità ed efficacia.

Nonostante i buoni propositi per introdurre anche in Italia una procedura di allarme e prevenzione, nessuna delle proposte di legge presentate dal 2001 in poi, sono state recepite nelle riforme successive del 2006.

In particolare i vari progetti possono essere così sintetizzati: i. il disegno di legge n. C-7458203, approvato a maggioranza

recante “Delega al Governo per la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi”, presentato il 24 novembre 2000, e la proposta di legge C-7497204, elaborata da un gruppo di esperti costituito in ambito DS;

ii. il progetto di legge elaborato dalla Commissione Trevisanato (di cui infra) istituita per la prima volta con D.M. il 28 novembre 2001205;

iii. il disegno di legge S-1243, presentato dal Ministro della giustizia Castelli il 14 marzo 2002 recante “Modifiche urgenti al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante disciplina del fallimento”, noto come “mini-riforma”, che avrebbe dovuto anticipare quella che è stata poi la riforma del diritto fallimentare, il cui scopo era introdurre procedure più snelle, con regole più chiare e certe206, allineandosi agli orientamenti della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Tra le

202 Ravina C., 2012, Riflessioni e spunti sulla recente riforma della legge fallimentare, 4 Businessjus 17, , p.2.

203http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/7458.pdf 204

http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/7497.pdf

205 “Commissione per l'elaborazione di principi e criteri direttivi di uno schema di disegno di legge delega al governo, relativo all'emanazione della nuova legge fallimentare ed alla revisione delle norme concernenti gli istituti connessi”, in

http://www.ilfallimento.it/news/46.htm

206 A tal proposito il progetto di legge individua i “limiti di una disciplina complessiva ormai inefficiente e fuori dal tempo, a causa delle profonde trasformazioni del Paese nell'ultimo cinquantennio, e di singole sue disposizioni, ormai obsolete, anacronistiche e di dubbia compatibilità con il quadro

costituzionale” in ilfallimento.it

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ragioni di questo intervento vi era la necessità di adeguare anche la procedura fallimentare, al principio di ragionevole durata del processo, espresso dal novellato art. 111 della Cost.; iv. la Commissione Trevisanato venne nuovamente ricostituita in

composizione ristretta con D.M. il 27 febbraio 2004207, ed elaborò un progetto contenente nuovamente la disciplina sugli istituti di allarme e di prevenzione;

v. il 23 dicembre 2004, il Consiglio dei Ministri approvò il maxi- emendamento al citato d.d.l. S-1234, introducendo modifiche a molti istituti della legge fallimentare per renderli più adeguati alle esigenze del mercato;

Nonostante il crescente interesse del legislatore nei confronti di quegli istituti di prevenzione e allarme, come già sottolineato, non sono stati recepiti nella riforma del diritto fallimentare del 2006 e nemmeno nei suoi interventi di modifica più recenti.