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4. IL COMUNE COME ENTE AMMINISTRATIVO

4.1 Il Comune popolare

Populus è un termine utilizzato dall’inizio del XII secolo per designare l’insieme dei membri del comune; più spesso però esso non viene applicato se non a coloro che non sono milites.

Può essere anche sostituito da pedites, termine simmetrico di milites non solo in senso militare.

Questo senso complesso della parola populus, insieme sociale (con riferimento a coloro che non appartengono all’aristocrazia) e politico (con riferimento a coloro che sono che sono esclusi o semi-esclusi dal regime consolare), si impone alla fine del XII secolo.54

La crescita del Popolo è l’espressione politica dell’espansione economica delle città e delle dinamiche sociali che ne conseguono: immigrazione di lavoratori e di contadini agiati, moltiplicazione e arricchimento dei mercanti e dei capi di imprese

commerciali di ogni tipo, trasformazione dei loro modi di vita, e ancora acquisizione da parte di queste èlites di tecniche che permettono loro di pretendere l’accesso al governo.

Il Popolo si compone allora di questi cittadini che hanno raggiunto un certo livello di agiatezza, di istruzione, di autonomia sociale ma che non ha accesso al gruppo dirigente.

Il popolo quindi presentava una varietà di componenti e una altrettanto composita organizzazione articolata che non si esauriva nella notissima corporazione di mestieri. La corporazione era un ordinamento che riuniva in sé tutti i capi-bottega e i maestri impegnati nel medesimo settore mercantile o artigianale al fine di riservare ai propri membri il monopolio della produzione in quel settore.

La corporazione aveva piena giurisdizione sui suoi aderenti: fissava nei suoi statuti le norme cui costoro si dovevano attenere, giudicava le loro vertenze, imponeva il rispetto delle proprie norme, coordinava lo svolgimento delle attività produttive, vigilava sul corretto comportamento professionale dei membri.55

Le corporazioni di mestieri erano organizzazioni aventi come modello istituzionale il comune cittadino.

Al pari di quest’ultimo si dotava di statuti, era retto da magistrati, e presentava un consiglio maggiore che si riuniva per le decisioni più importanti ed uno minore per l’ordinaria amministrazione.

Le associazioni popolari erano vere e proprie organizzazioni giuridico-economiche salde, fondate sulle necessità effettive del mondo produttivo e non sulle effimere alleanze familiari tipiche delle consorterie aristocratiche.

Se fino al 1260 circa il ceto popolare premette sull’aristocrazia per vedere riconosciute singole rivendicazioni, nella seconda metà del XIII secolo la richiesta di compartecipazione al governo del comune si fece diretta e palese; uomini che ricoprivano delle cariche nelle associazioni popolari e che a capo di queste avevano affinato la loro esperienza politica, furono inseriti con crescente regolarità nella amministrazione del comune, per lo più in base a una logica spartitoria che prevedeva di assegnare al popolo una determinata quota di presenze negli uffici pubblici.56

In verità già dalla prima metà del XIII secolo il popolo procedette in tutti i principali comuni ad articolarsi in vari ordinamenti particolari.

Non solo. Esso provvide anche a fondere detti ordinamenti in una istituzione unitaria che garantisse agli stessi una più efficace protezione e una più decisa difesa dei loro diritti.57

56 E. Occhipinti, op. cit., pag. 72. 57 M. Caravale, op.cit., pag. 480.

Ancora una volta il popolo si rivolse al modello del comune cittadino e dette vita a un comune di popolo con propri magistrati e propri statuti.58

All’interno delle mura municipali, allora, in numerosi centri si trovarono a coesistere due diversi Comuni, quello originario, che accentuava il suo carattere oligarchico e aristocratico, e quello popolare.

La particolarità della nascita del comune popolare sta nel fatto che il suo avvento e la sua esponenziale crescita non soppiantò mai del tutto le istituzioni del comune magnatizio o signorile.

Anche nelle città in cui il popolo e le arti assunsero in toto la guida del comune, non venne smantellata la vecchia societas populi con i suoi capi e i suoi consigli, ma essa affiancò gli organi esecutivi e deliberativi del comune in una sorta di sistema parlamentare bicamerale moderno in cui i due enti, il comune e il popolo, si scambiavano e si comunicavano proposte e decisioni.59

Ma questa incapacità di sostituire le vecchie istituzioni comunali e la tendenza a limitarsi ad affiancarle fu uno dei motivi più lampanti del fallimento del comune “popolare”.

Ad esso va riconosciuto l’allargamento della base politica del potere ma anche una inadeguatezza ed impreparazione al governo del municipio e del territorio oltre ad un

58 G. De Vergottini, Note sulla formazione degli statuti del popolo, in Rivista di storia del diritto italiano, XVI, pag. 61. 59 A. Marongiu, Storia del diritto italiano. Ordinamento e istituti di governo, Cisalpino, Milano-Varese, 1977, pag. 110.

costante spirito fazioso e punitivo che non si rivolgeva soltanto contro la vecchia classe aristocratico-nobiliare ma anche verso le classi inferiori.

Con questi presupposti fu poi naturale che il populus, classe politica di formazione molto eterogenea, si spaccasse a sua volta in diverse fazioni con un processo di frazionismo politico estremamente deleterio e in molti casi esiziale per lo stesso sistema comunale che finì per sfociare nella signoria o in una nuova oligarchia, molto diversa nelle famiglie e nei ceti che la costituivano dalla vecchia aristocrazia consolare e podestarile, ma non molto diversa nella visione e nella prassi del potere.60