• Non ci sono risultati.

CAPITOLO SECONDO

L’UNIONE DEI COMUNI NEL SISTEMA REGIONALE ITALIANO

2. LA FORMAZIONE DEL MODELLO ITALIANO DI AMMINISTRAZIONE LOCALE

2.3 La legge Rattazz

Le dimissioni del Ministro Cavour a causa delle vicende militari del periodo sfociate con le condizioni di pace di Villafranca diedero campo aperto all’avvento di Urbano Rattazzi come suo successore.

Questi approfittò dei pieni poteri concessi dal parlamento al governo del re in occasione della guerra per varare la legge comunale e provinciale 23 ottobre 1859, che si sapeva non gradita al parlamento.

La legge, decisa dunque dal Rattazzi al di fuori di ogni discussione in parlamento per essere subito applicata alla Lombardia e al Piemonte, fu presentata dal Ministro come disciplina provvisoria in attesa di decidere la legge amministrativa di validità generale per lo Stato italiano. In realtà essa venne estesa alla fine del 1859 all’Emilia, nell’agosto del 1860 alla Sicilia e subito dopo alle marche e all’Umbria.131

La legge Rattazzi, o meglio la prima legge comunale e provinciale riproduttiva della stessa con alcune modificazioni, fu emanata nel quadro dell’unificazione legislativa compiuta nel 1865: essa fu una delle leggi amministrative votate in blocco dalle Camere tra il 1864 e il 1865 e promulgate con l’unico decreto del 20 marzo 1865 n. 2248.

Degli allegati di questo, l’All. A contiene la legge comunale e provinciale; l’All. B la legge di pubblica sicurezza; l’All. C la legge sulla sanità pubblica; l’All. D la legge

sul Consiglio di Stato; l’All. E la legge sul contenzioso amministrativo; l’All. F la legge sulle opere pubbliche.

Secondo quanto disposto dall’ All. A della 2248, gli enti locali territoriali godevano soltanto di una parziale autoamministrazione; infatti, l’elettorato era limitato secondo il principio censitario ed il capo delle rispettive amministrazioni era di nomina governativa.

Il tipo di amministrazione locale uscito dalle leggi dell’unificazione è dunque, in definitiva, quello di un apparato unitario diviso in due settori: le istituzioni locali collegate con le popolazioni viventi sul territorio e l’amministrazione periferica statale, espressione di decentramento burocratico che alle prime accedeva e sostanzialmente si sovrapponeva.132

Secondo la nuova normativa che stabilì “un regime uguale per tutti i cittadini, sancendo così, un principio di uniformità di trattamento che rappresenterà uno dei principi fondanti l’ordinamento degli enti locali fino ad un’epoca recentissima”133 134

132 F. Migliarese Caputi, op. cit., pag. 25.

133 G. Vesperini, Gli Enti locali, Laterza, Bari-Roma, 2004, pag. 9.

134 “Le strutture dei due enti (consiglio, giunta, sindaco e consiglio, deputazione poi giunta, governatore poi intendente

poi presidente) sono rimaste sostanzialmente immutate. Per quel che riguarda le funzioni dei due enti, anch’esse non sono di molto cambiate…; anzi, come è stato a suo tempo rilevato a quest’ultimo proposito con riguardo particolare per i comuni l’ambito delle attività esercitate dagli enti locali è addirittura diminuito, ove si abbia riguardo non tanto all’ambito quantitativo, ma a quello qualitativo delle funzioni svolte. Bisogna, infatti, pensare che sia il comune che la provincia, oltre alle attribuzioni obbligatorie, hanno sempre avuto la possibilità di svolgere anche altre funzioni facoltative, purché relative a servizi di pubblica utilità per le proprie popolazioni. Pertanto, finché lo Stato italiano si è ispirato ai principi liberali del non intervento nei settori sociali, ampio spazio è stato lasciato all’iniziativa degli enti locali, soprattutto dei più ricchi e operosi: in particolare i comuni, con i regolamenti edilizi, di polizia, sulle acque pubbliche, con le iniziative a favore di minorati, degli anziani, ecc., hanno ricoperto tutta una serie di settori completamente ignorati dal legislatore nazionale. Successivamente con il mutare delle ideologie politiche e l’estendersi degli interessi statali, furono emanate a disciplinare queste materie numerose leggi che privarono o ridussero a limiti trascurabili le ulteriori possibilità di intervento dei comuni. Insomma, le autonomie locali, dalla prima legge comunale

i protagonisti indiscussi della vita politica e amministrativa locale risultavano essere oramai il Prefetto e il Sindaco.

I prefetti succedettero alla figura del governatore ma con poteri assai più ampi diventando a pieno diritto i pilastri dell’ordinamento amministrativo locale.135

L’art. 3 dell’All. A della legge del 1865 attribuiva al prefetto il compito di rappresentare il potere esecutivo in tutta la provincia e di vegliare sull’andamento di tutte le pubbliche amministrazioni, di emanare in caso di urgenza i provvedimenti che ritenesse necessari nei diversi rami di servizio e soprintendere alla pubblica sicurezza, disponendo della forza pubblica.

L’art. 173 della stessa legge gli conferiva la carica di presidente della deputazione provinciale. Esso quindi assumeva la duplice veste di rappresentante del Governo e di vertice di una amministrazione; seppur non si giunse mai a realizzare un modello analogo a quello francese, che concentrava nel prefetto tutti i servizi pubblici dipendenti dai vari ministeri.

La figura del Sindaco si estrinsecò all’insegna dell’ambivalenza: egli sostenne il roboante ruolo di rappresentante della collettività di base tanto cara al modello

e provinciale del 1865 fino all’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana ed anche dopo (cioè fino alla riforma del 1990) non si sono molto sviluppate; se ha trovato piena attuazione il principio dell’autogoverno, sono rimaste pressoché immutate le strutture ed è addirittura peggiorata la situazione per quanto concerne le funzioni” F. Staderini, Diritto degli Enti Locali, op. cit., pag. 36.

135 “Il prefetto nasce come la figura centrale, il pilastro dell’amministrazione dello Stato italiano, in quanto in esso si

assommano le due tendenze fondamentali: l’accentramento politico e amministrativo e l’unica forma di decentramento compatibile con esso; cioè il decentramento gerarchico-burocratico”, E. Ragionieri, Politica e amministrazione nello Stato unitario, in ID., Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita, Bari, 1967.

francese, ma allo stesso tempo anche il ruolo di ultimo ingranaggio della macchina amministrativa gerarchicamente ordinata.