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Finanza e fisco nel sistema comunale

4. IL COMUNE COME ENTE AMMINISTRATIVO

4.4 L’evoluzione amministrativa

4.4.2 Finanza e fisco nel sistema comunale

La ricostruzione della politica finanziaria dei comuni è un’impresa ardua poiché segue la caotica e disomogenea evoluzione del sistema urbano successivo alla pace di Costanza.

Il neonato organismo comunale, sorto con strutture amministrative abbastanza elementari, si trovò man mano a dover affrontare problemi di crescita interna e di espansionismo territoriale che richiedevano responsabilità finanziarie sempre più forti alle quali si rispondeva con provvedimenti congiunturali raramente meditati nelle loro successive applicazioni.

Nonostante la disomogenea evoluzione della politica finanziaria è possibile individuare tre linee guida caratterizzanti lo sviluppo amministrativo in materia economico-monetaria: 1) il comune si sostituisce in città ai vecchi giusdicenti nella esazione dei principali, se non di tutti i diritti fiscali, lasciando invece nelle terre del contado buona parte di questi diritti ai domini loci in cambio del loro impegno militare e del loro compito di esattori dei tributi anche per conto dei comuni103.

Con la eliminazione dei privilegi dei signori rurali (entro la prima metà del XIII secolo pressoché tutte le esenzioni dei nobili furono eliminate sia in città che nel

territorio104) il comune cercò di appropriarsi direttamente delle entrate fiscali

provenienti dal contado valorizzando direttamente i comuni rurali come soggetti fiscali; 2) l’impianto economico amministrativo urbano prevedeva due tipi di bilancio: in primis il bilancio ordinario nel quale si nota come si assegnasse un certo tipo di entrata costante ad un ben determinato tipo di uscita altrettanto ricorrente. I cespiti inseriti nel bilancio ordinario erano interamente destinati alla amministrazione di una società in una costante e caotica crescita: manutenzione della viabilità cittadina, difesa delle mura urbane, mantenimento dell’ordine pubblico, sanità pubblica e, seppur in fase embrionale, istruzione.

La parte più cospicua del bilancio comunale riguardava invece gli interventi straordinari come approvvigionamenti in tempi di carestia, spese di guerra o lavori pubblici eccedenti l’ordinaria manutenzione.

Per quanto concerne le spese ordinarie esse venivano evase mediante l’applicazione di imposte indirette, mentre per le spese straordinarie il comune ricorreva alle imposte dirette personali e reali.

La normalità strutturale delle spese straordinarie finì col provocare comunque un costante forte indebitamento da parte dei comuni che sono costretti sia a inasprire

104L. Simeoni, Dazi e Tolonei medievali di diritto privato a Verona, in Studi su Verona nel Medioevo, a cura di V.

entrambi i sistemi di esazione per farvi fronte, sia a ricorrere al sistema dei prestiti, sia infine a consolidare il debito pubblico con la costituzione dei Monti.105

Il comune utilizzò la sua politica finanziaria, e soprattutto la leva fiscale, per favore la centralizzazione urbana del mercato, e per accelerare il processo del passaggio, nel contado, da un’economia naturale a un’economia monetaria.

Trasformare le imposte da quote fisse o proporzionali di prodotti agricoli in danaro fu uno degli strumenti più efficaci utilizzati dai comuni urbani per raggiungere in breve tempo l’integrazione economica tra città e contado.106

In ambito fiscale anche il periodo del comune medievale si caratterizza per una ripartizione di tipo classico tra imposte dirette, cioè sui beni o sulle persone, e imposte indirette o dazi.

L’imposta classica risalente fin dal periodo precomunale era il fodrum; nato come tassa per il foraggio dei cavalli da pagare ad ogni passaggio del re nella penisola si era trasformata in una imposta annuale da pagare a chi deteneva la sovranità ed era quantificata in 26 denari per famiglia.

Nel 1183 a Costanza, Federico I riconobbe la sovranità dei comuni e il loro diritto a riscuotere il fodro pretendendo di contro che un’altra analoga imposta fosse versata anche nelle casse imperiali.

105 Sul punto B. Barbadoro, Le finanze della repubblica fiorentina. Imposta diretta e debito pubblico fino all’istituzione

del Monte, Olschki, Firenze, 1929; G. Luzzatto, Il debito pubblico nella Repubblica di Venezia. Dagli ultimi decenni del XII secolo alla fine del XV, Cisalpino, Milano-Varese, 1963.

Per tutto il periodo consolare, mentre in città prevalse in genere il sistema di esazione delle imposte indirette, nel contado restarono le tradizionali imposizioni dirette: il focatico e la boateria, il primo esatto sui nuclei familiari, il secondo in ragione di una certa somma di danaro per ogni coppia di buoi; ambedue misura effettiva, anche se non molto equa, della reddittività della terra.107

Il sistema binario imposte dirette-indirette, seppure con le sue criticità ed evidenti disparità, alla luce della sua semplicità fu abbandonato soltanto quando le esigenze finanziarie crescenti costrinsero i comuni a utilizzare il sistema dell’esazione proporzionale alle capacità patrimoniali dei singoli consociati. Tale sistema finanziario venne chiamato estimo.

L’estimo era di due tipi: reddituale o patrimoniale.

Quando il comune attuava una scelta politica volta alla tassazione dei redditi lavorativi delle classi emergenti quali artigiani, mercanti commercianti l’estimo si estendeva anche ai beni mobili; viceversa, quando le corporazioni mercantili o artigiani acquisivano il controllo dell’indirizzo politico dei municipi si assisteva ad un incremento della tassazione diretta a scapito dei nobili e dei feudatari imperniata sull’estimo esclusivo degli immobili.

5. IL CITTADINO

I cittadini dei comuni italiani esprimono ad ogni occasione e con grande intensità i sentimenti legati all’identità collettiva, quelli che gli storici designano con termini come coscienza civica e coscienza cittadina.

Si tratta del senso di appartenenza alla stessa comunità, complicato dalle difficoltà e dagli incessanti pericoli che la comunità medesima attraversa per affermarsi o più semplicemente per sopravvivere, in un contesto fatto di conflitti tra città o di lotte contro l’imperatore; vicende nelle quali il gruppo, alla vigilia di ogni battaglia, mette a rischio la propria indipendenza, se non la propria stessa esistenza.108