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I concerti e i progetti del coro: la sfida alle narrazioni securitarie e l’impatto sul tessuto

Affrontando la dimensione concertistica dell’attività del Coro Voci dal Mondo, scegliamo di concentrarci su una breve presentazione degli spettacoli di strada itineranti che il coro ha proposto negli anni sul territorio di Mestre, e sulle attività laboratoriali musicali che quest’ultimo ha rivolto ai richiedenti asilo che si trovavano in carico presso le strutture di accoglienza Cas e Sprar del veneziano. A partire dal 2012 infatti il Coro Voci dal Mondo, guidato costantemente dalla sua direttrice Giuseppina Casarin, decise di intensificare la propria presenza fisica sul territorio e di portare quindi la propria esperienza artistico musicale nelle strade del quartiere in maniera più strutturata, proponendo dei veri e propri spettacoli pensati, scritti e prodotti per essere eseguiti su di un palcoscenico rappresentato dall’ambiente urbano stesso

[...] "My Job 2012" un lavoro di raccolta di canti sul tema del lavoro provenienti da tutto il mondo, però l’idea era quella di uscire dalla sala di via Sernaglia dove

158 si provava per andare a cantare per le strade del quartiere di via Piave per farsi conoscere, è stato un lavoro importante che forse ha creato nei cittadini l’idea che ci sono anche delle cose belle in un quartiere così difficile, ecco questo può essere una goccia, far pensare ai cittadini che nel quartiere dove vivono ci sono anche delle cose belle e questa è una cosa molto importante in un quartiere dove si percepisce la sicurezza un po’ così così dove le persone hanno paura di uscire, però la sera che noi abbiamo cantato per le strade c’erano seicento persone che ci seguivano e quindi l’importanza per noi era quella di far pensare alle persone che c’è qualcosa di bello che nasce nella città in cui vivi […]

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Dalle parole della sua ideatrice, emerge nelle intenzioni di questo spettacolo musicale itinerante la volontà di creare un’opportunità rivolta ai cittadini del quartiere di sperimentare un’esperienza di riappropriazione dello spazio urbano con il corpo, la voce, l’ascolto e la relazione.

Possibilità che fu predisposta attraverso lo sviluppo di uno spettacolo musicale corale itinerante per le vie del quartiere Piave che proponeva canti di provenienza locale ed internazionale dedicati alle tematiche del lavoro e della lotta per i diritti dei lavoratori, una tematica ontologicamente universale e trasversale a tutte le latitudini con una forte capacità di unione tra le persone e che trova conferma nel nutrito numero di partecipanti a tale evento come riportato nel frammento di intervista.

Tale gesto di riappropriazione collettiva dello spazio urbano caratterizzata da una forte dimensione relazionale da parte di coloro che vivono tale spazio nella loro quotidianità, si configura quindi dalle dichiarazioni della direttrice del coro, come un chiaro gesto politico atto a contrastare le eventuali narrazioni securitarie siano esse mediatiche od istituzionali, con l’obiettivo di diffondere tra i partecipanti la sensazione che il cambiamento è possibile tramite processi partecipativi che affrontano attraverso un’azione collettiva di tipo conviviale e socioculturale le tensioni aperte nel campo sociale anziché arrendersi ad esse od alle distorsioni delle rappresentazioni di attori che non vivono la quotidianità del quartiere.

159 Tale spettacolo itinerante fu promosso dal servizio ETAM per sostenere un tessuto urbano fragile, come emerge dalle interviste ai responsabili del servizio22,

che nella sua ottica di sviluppo di comunità la quale ha sempre puntato ad un coinvolgimento dei cittadini nell’affrontare le problematiche del territorio, decise di sperimentare un’estensione del raggio di azione e intervento del Coro Voci dal Mondo per cercare di portare la consolidata capacità di questo progetto musicale di far incontrare vecchi e nuovi abitanti del quartiere, ad un livello più alto e complesso rappresentato dall’ambiente urbano spaziale e fisico del quartiere, dai suoi luoghi.

Sulla scorta del successo di tale spettacolo itinerante, ETAM e Coro Voci dal Mondo decisero di proseguire su questo binario di occupazione degli spazi fisici del quartiere attraverso iniziative socioculturali che si concretizzò nel 2013 nello spettacolo “Interferenze il Coro nella città”, frutto di un ulteriore lavoro di riflessione collettiva sul quartiere e i suoi spazi pubblici

[…] è un progetto che abbiamo continuato anche l’anno dopo nel 2013 chiamato "Interferenze" e siamo andati nei luoghi della città più brutti, i sottopassaggi, il parco Piraghetto che era frequentato da frequentatori strani la notte, oppure dentro la stazione, via Capuccina, Corso del Popolo nelle zone considerate a rischio e questo è stato un lavoro molto intenso perché abbiamo sperimentato proprio il canto nella città negli spazi della città [...]

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Un progetto che, sempre con il supporto dei servizi del comune di Venezia, affrontava quindi in maniera ancora più diretta la tematica dell’insicurezza, in quanto se il progetto precedente aveva l’obiettivo di far scoprire ai cittadini del quartiere la possibilità di riappropriarsi degli spazi urbani, di conoscerli più da vicino, attraverso un incontro ed una relazione nuovi, questa proposta artistica e di aggregazione socioculturale andò a toccare direttamente le aree non di comfort del quartiere mestrino e interessate maggiormente dai fenomeni di tensione e

160 conflitto per restituire ancora più forza all’idea della rigenerazione dei luoghi contesi della municipalità attraverso l’occupazione degli stessi sperimentando dimensioni di convivialità, condivisione e partecipazione per mezzo delle espressioni artistiche e musicali.

Tale secondo progetto di strada del Coro Voci dal Mondo esprime quindi una forte intenzionalità politica, poiché una volta che si diede ai cittadini del quartiere la possibilità di sperimentare già precedentemente la riappropriazione degli spazi del proprio ambiente urbano, percepiti in generale come contesi, si decise di farli entrare in contatto con i luoghi simbolo delle tensioni sociali rappresentate nelle narrazioni securitarie sia mediatiche che politiche. Tale gesto di riappropriazione fisica e artistica di luoghi simbolo del conflitto sociale si presenta come azione politica confrontational di contrapposizione alle strategie della tensione di forze politiche e media interessate alla creazione di dinamiche divisive, agita direttamente dai protagonisti di una comunità locale, di un quartiere per rivendicare il proprio ruolo di protagonisti di spazi altrimenti strumentalizzati dalle rappresentazioni di attori esterni alla vita quotidiana del tessuto sociale mestrino e di agenti di progettualità per il superamento delle tensioni sociali

L'intento è quello di cercare attraverso le performance di azioni e canto un modo diverso di vivere la città e i suoi luoghi: la stazione di Mestre il quartiere di via Piave la zona Sud di Marghera e altre importanti vie come Corso del Popolo e via Cappuccina

(Roberta servizio ETAM)

[…] necessità di portare il canto nella città di portare delle testimonianze di convivenza di far capire che stare insieme e cantare tra persone provenienti da diverse culture è una ricchezza per tutti […]

161 […] Interferire per noi significava portare un canto […] andare comunque a creare disturbo anche in quei luoghi bui della città in cui comunemente non ci si legittima ad andare e vengono vissuti come luoghi insicuri e difficili.

(Roberta servizio ETAM)23

Far vivere delle zone del territorio altrimenti difficilmente accessibili per gli abitanti del quartiere in un clima di tensione sociale, creare una porta d’accesso per mezzo delle espressioni artistiche, portare una testimonianza di convivenza possibile nella diversità rappresentata dalla stessa realtà del Coro Voci dal Mondo promotore e attore di progettualità sul territorio, cercare di promuovere un senso di fiducia quindi nei percorsi di convivenza nella diversità quale risorsa utile al superamento della percezione dell’insicurezza diffusa.

Il canto nella città diventa quindi un elemento strategico, un’interferenza artistico musicale appunto, attraverso la quale ETAM e Coro Voci dal Mondo cercano di perseguire l’obiettivo di contrastare il rumore rappresentato dalla velocità dei cambiamenti che interessano il territorio della città e che generano quella complessità e quella diffidenza di cui i discorsi securitari si alimentano e offrirsi quindi quali mediatori urbani per realizzare un’esperienza socioculturale attraverso la quale gli abitanti di Mestre possono vivere una dimensione inedita in cui rallentare, fermarsi, incontrarsi e ragionare nuovamente sulle possibilità di progettare uno sviluppo di comunità condiviso e migliorativo, in un continuum con la mission e la cornice del Gruppo di lavoro Piave.

Infine, un ultimo esempio dell’uso delle performance artistiche per agire un intervento nei confronti delle istanze e criticità del territorio in costante evoluzione e cambiamento, quindi con la volontà di rispondere a quelli che vengono percepiti come bisogni del territorio che necessitano della progettazione di risposte adeguate, è rappresentato dall’incontro del Coro Voci dal Mondo con le realtà del sistema di accoglienza rivolte ai richiedenti asilo attive sul territorio del veneziano, illustrato esaustivamente in questa lunga testimonianza della direttrice del coro

23 Tali frammenti di testimonianze relativi al progetto interferenze sono stati ricavati da “Coro Voci

162 L’ultimo progetto che è stato fatto con gli Sprar nel comune di Mirano e nella riviera, qualcuno di Mestre, abbiamo contattato delle cooperative che nel 2016 avevano in accoglienza Sprar alcuni ragazzi, perché nei progetti del coro ci siamo sempre interrogati su come portare la propria testimonianza di storie di convivenza possibile tra persone provenienti da paesi, religioni, culture età diverse, questa la mission del coro, portare la testimonianza che la convivenza è possibile, quindi il coro attraverso questo attraverso il suo lavoro si prende cura dell’aspetto della migrazione. Quindi andare a conoscere questi ragazzi che nel 2016 erano ospiti dello Sprar e li vedevi con il cappellino, telefonino e bicicletta un po’ lo stereotipo: chi sono, cosa fanno, come si chiamano e quindi siamo andati proprio nelle cooperative, un progetto finanziato da una cooperativa, dal comune, dalla regione, un progetto che ha avuto diversi sostegni e abbiamo fatto un laboratorio di conoscenza di questi ragazzi attraverso la musica e che è confluito in un concerto che si chiama Sing for Me e da lì insomma l’obiettivo è pensare alla persona che arriva da un altro paese che porta una diversità, ma che porta anche una cultura e un sapere artistico; questo spettacolo l’abbiamo portato in teatro perché fino a quel momento abbiamo sperimentato molto le performance negli spazi della città, far vivere gli spazi in modo diverso dove la cultura e la musica l’arte performativa in genere poteva sensibilizzare i cittadini sulla diversità come ricchezza; però quando abbiamo iniziato a lavorare con i ragazzi ospiti negli Sprar, ragazzi che le persone erano già abituate a vedere per strada e quindi portarli su un palcoscenico in un altro luogo con una luce nuova e su di loro sulla loro capacità artistica e comunicativa era per noi un valore aggiunto per il nostro performare; quindi prendersi cura delle migrazioni attraverso il lavoro del coro che può essere considerato anche un laboratorio cittadino attraverso la musica e in questi anni abbiamo visto il passaggio delle diverse migrazioni passate a Mestre. Quando le persone arrivano poi l’aspetto migratorio nel vivo lo conosci perché ci sono persone che hanno necessità che sono necessità e quindi conosci le loro esigenze, cosa vogliono cosa possono fare e cosa non possono fare. Adesso con il covid i ragazzi per come erano messi il coro ha costituito un gruppo di supporto e sostegno che ha lavorato tantissimo in questo periodo, non con la musica con tutt’altro.

163 (Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Questo lungo estratto di intervista permette di elaborare una riflessione sulla mission del coro e sui significati della sua azione rivolta ad una messa in discussione delle stratificazioni sociali e alla promozione di opportunità di incontro nuove, di conoscenza, stimolando reazioni diverse e costruttive da parte del territorio nei confronti dell’evoluzione dei flussi migratori ivi presenti i cui protagonisti non erano più i membri delle collettività dell’est Europa o del Bangladesh, ma giovani richiedenti asilo provenienti dall’Africa subsahariana. Emerge una presa di coscienza da parte dei responsabili del coro della diffusione di pregiudizi basati su stereotipi nei confronti dell’immagine dei flussi di richiedenti asilo e sulla distanza tra vecchi e nuovi abitanti che non permette a questi ultimi una facile analisi della complessità del fenomeno e che quindi richiede un intervento per la promozione della conoscenza dello stesso che altrimenti rimarrebbe oggetto di eventuali distorsioni mediatiche e politiche, propellenti di diffidenza e conflitto.

Si cercò quindi di creare un canale che rendesse possibile per i giovani richiedenti asilo l’autorappresentazione attraverso il quale restituire in prima persona una narrazione di sé stessi e del senso della loro presenza nella provincia del comune di Venezia.

Per realizzare questa opportunità i fondatori del coro si assunsero per primi la responsabilità di un iniziale percorso di conoscenza con i giovani immigrati presenti nelle strutture di accoglienza per presentare loro l’opportunità di raccontarsi in musica partecipando alle attività del Coro, colmando un vuoto di relazioni che quindi fino a quel momento né le cooperative, né i residenti e né le istituzioni erano riusciti a colmare lasciando i ragazzi in una dimensione temporale e fisica sospesa. Sospensione quale caratteristica che, come abbiamo visto anche nel precedente caso studio incluso nella nostra ricerca, contraddistingue le esperienze transitorie e coatte nei centri di accoglienza le quali non sono frutto dunque di una scelta, e durante le quali difficilmente si assiste quindi ad un intreccio effettivo tra i nuovi arrivati e la vita del territorio, se

164 non appunto attraverso la mediazione e il primo impulso di progetti ad hoc di gruppi di privati cittadini sensibili a tale intreccio ed incontro.

Intercettati gli ospiti dei centri di accoglienza maggiormente interessati a partecipare alle attività socioculturali musicali del coro prese il via un vero e proprio progetto artistico chiamato “Sing for me” attraverso il quale promuovere in maniera effettiva l’incontro tra nuovi e vecchi abitanti del territorio, che culminò in uno spettacolo teatrale che testimoniasse la possibilità del contatto e della convivenza della diversità, ma non solo. Si configurò come la possibilità di continuare a sfidare e rinnovare i contesti, come era successo precedentemente rivitalizzando le aree critiche del territorio urbano di Mestre attraverso performance itineranti, ovvero portando in teatro, luogo più formale e ufficiale della cultura, attori che difficilmente ne avrebbero avuto accesso e ponendoli quindi sotto una luce inedita che non solo desse loro la possibilità di autorappresentarsi ad una platea autoctona, ma di esprimere ad un livello più alto il valore della diversità che si sostanzia di saperi artistici che altrimenti sarebbero rimasti sommersi se confinati nelle strutture di accoglienza.

Si scorge quindi una sfida costante del Coro Voci dal Mondo volta a rompere le rappresentazioni securitarie dei cambiamenti urbani e sociali, culturali e demografici di cui le narrazioni del conflitto si nutrono, che parte dalla creazione di un’arena comunicativa e artistica paritaria e realmente interculturale rappresentata dal coro stesso, passando per una partecipazione, riscoperta, nuova rappresentazione delle aree del quartiere, fino alla sfida ai luoghi più formali ed istituzionali della cultura come il teatro aprendoli a sperimentazioni inedite per rivendicare convivenze possibili

[...] l’aspetto artistico è sempre stato affiancato dall’aspetto sociale e questo si manifesta nel luogo di incontro paritario e libero e già questo all’interno ha una valenza forte; e all’esterno è una presenza visibile di testimonianza, di narrazione, di interazione, di occupazione di spazi, di esplorazione del territorio da parte di chi partecipa e di conoscenza da parte di chi assiste o interagisce a vario titolo, abbiamo fatto esibizioni anche nelle strade o nelle case per scoprire spazi del territorio, farli scoprire, riviverli, rivalorizzarli, cambiarne completamente

165 la percezione e la fruizione, e questo è molto politico [...] le testimonianze diventano poetiche, non sono mai didascaliche e passano sempre attraverso l’aspetto emotivo di modo che ci si riesca ad incontrare su quel livello e questo è molto potente avvicina moltissimo e permette un incontro ad un livello diverso, all’interno del coro e anche all’esterno del coro. Questo permette un incontro anche di pancia, un livello sul quale altri agiscono in modo contrario a livello politico, invece questo tipo di azione artistica permette di agire quel livello politico in senso opposto e questo ha un grande impatto.

(Elisa membro del Coro Voci dal Mondo)

È in questa ristrutturazione delle identità dei luoghi e degli spazi, e nella creazione di possibilità di incontro tra collettività diverse che si scorge la dimensione politica del progetto musicale del coro, un approccio di denuncia non urlata, ma agita attraverso l’occupazione degli ambienti più diversi e la proposta di spettacoli musicali, che rivela anch’essa come altri casi presenti in letteratura, un approccio confrontational all’espressione artistica volta a contrastare i rapporti di dominanza dei gruppi maggioritari su quelli minoritari (contenuti nelle narrazioni securitarie attorno alle sfide e le complessità del quartiere), ma che al tempo stesso ha una vocazione deliberative che poggia sulla natura stessa del progetto, rivolta a creare sfumature, fusioni e ponti tra gruppi differenti, collettività immigrate e residenti locali, che permettano la progettazione di azioni condivise orientate ad obiettivi comuni.

Per quanto riguarda l’azione politica del coro di denuncia contro le rappresentazioni mediatiche politiche della paura, e la volontà di proporre sperimentazioni in musica di esperienze di convivenza possibile, risulta di particolare interesse chiudere con un riferimento ad un frammento di testimonianza raccolta da uno dei membri storici di origine immigrata del coro, Alexei, residente mestrino di origine moldava24. Quest’ultimo si concentra

sull’impatto che la proposta di un repertorio interculturale, cantato all’unisono e

24 Il file della registrazione della testimonianza sfortunatamente ha perso la voce dell’intervistato,

per cui per raccogliere la sua testimonianza ci siamo avvalsi della redazione di uno stralcio di diario etnografico.

166 in una sola lingua, da un insieme coristi con origini nazionali differenti, riesce a produrre sulle porzioni di pubblico di origine immigrata.

L’occasione di vedere e ascoltare dal vivo ad esempio una canzone popolare moldava cantata da un artista bengalese in lingua moldava o viceversa una canzone tradizionale bengalese cantata da un artista moldavo in lingua bengalese, ha una grande forza attrattiva sul pubblico di origine immigrata, poiché attira l’attenzione attraverso una sensazione di shock culturale e smarrimento che richiede quindi un’immediata concentrazione sulla performance per ricavare il proprio senso in merito a ciò a cui si sta assistendo, lasciando incuriositi e immersi nello spettacolo.

Questo permette di approfondire ulteriormente le possibilità di riconoscimento delle diversità, di incontro nelle diversità e valorizzazione delle stesse, non solo tra membri di una collettività immigrata e residenti italiani, ma anche tra membri di collettività immigrate differenti che si trovano a condividere il luogo coatto o di elezione dei propri progetti migratori, scoprendo anch’essi così nella musica un canale di comunicazione e conoscenza reciproca attraverso la quale sviluppare eventualmente un nuovo senso di identità e appartenenza condivisa di tipo place based intrecciata a luoghi particolari, alle loro geografie, alle loro problematicità e potenzialità.

La scelta e l’uso della lingua attraverso la quale cantare e proporre gli spettacoli ritorna nuovamente anche in questo secondo caso studio della nostra ricerca confermandosi quale elemento strategico per la diffusione del progetto artistico, e al tempo stesso costituire un elemento che permette un’azione politica di incontro, sfumatura e intreccio tra i confini di comunità differenti, siano esse maggioritarie o minoritarie.

4.3 L’impatto del coro sui percorsi di inclusione dei giovani richiedenti asilo