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Coro Moro 2014-2018: criticità e prospettive di replicabilità del progetto

3.6 L’evoluzione del Coro Moro e la dimensione collettiva dell’esperienza artistico musicale

3.6.5 Coro Moro 2014-2018: criticità e prospettive di replicabilità del progetto

Coro Moro rientra ancora tra le attività formalizzate nel bilancio sociale dell’Associazione Morus Onlus, ma si trova attualmente in una fase di interruzione temporanea e le cui prospettive di attività non sono definite.

Tra le ragioni per le quali in parte il progetto si trova all’oggi in uno stato di interruzione temporanea emergono le criticità e tensioni interne che il coro si trovò ad affrontare per quanto riguarda la gestione della dimensione economica correlata all’attività concertistica svolta con regolarità nell’arco di quattro anni.

[...] i ragazzi ai soldi ci tenevano, e magari è da lì che forse hanno pensato che ce ne fossero di più nascosti da qualche parte, e anche sta cosa dei conti che teneva laura e che mostravamo alla Morus Onlus e ovviamente non era per rubare soldi a nessuno questo progetto mi sembra evidente e poi erano talmente pochi, ma questa voglia di farli entrare nel vivo di un progetto che significa anche affrontare la parte economica non ci siamo mai riusciti [...] minchia se ci tenevano i ragazzi solo che poi è diventato solo più quello cioè le prove no il concerto si, alle prove non prendi soldi al concerto si [...]

(Luca fondatore del Coro Moro)

[…] Tanti ragazzi hanno lasciato il coro sullo stesso motivo che è la gestione, quindi non puoi dare torto a tutti questi ragazzi, se tutti dicono una cosa anche se tu pensi che non è vero tu devi cambiare un po’ il modo di fare se vuoi mantenere un gruppo [...] […] noi è vero che abbiamo fatto un riconoscimento

141 verso Luca e Laura lasciandogli gestire tutto, e noi dove c’era un nostro concerto noi lo andiamo a fare, poi a fine mese Laura se i concerti vanno bene ti dà 400 euro […] ma io voglio capire come mi sono arrivato ad avere 400 euro è questo quello che mi interessa, la nostra proposta era ad ogni fine concerto visto che siamo in tanti ci mettiamo lì come tutti i gruppi, sappiamo già quello che abbiamo sul cachet del Coro Moro, 800 euro a volte 1000 euro […] però vi mettete lì e contate quello che abbiamo e scrivete stasera abbiamo avuto mance di questo, abbiamo venduto magliette di questo, bon abbiamo solo questo e quello, facile, così almeno ognuno se va sa che ah stasera abbiamo lavorato per questo, e se domani l’associazione vuole fare una domanda o vogliono capire qualcosa avete qualcosa da spiegare […] non è una questione di fiducia, è solo una questione che uno è arrivato ad un punto che tutti vogliono capire come funziona il Coro Moro, vedono i post di Coro Moro, Coro Moro andare in concerto, e poi viviamo in un posto di montagna dove la gente parla sempre, però loro non si rendevano conto di quella roba, e ad un certo punto molti ragazzi hanno iniziato a lasciare il coro per lo stesso motivo, quindi ecco perché io dico se potevo cambiare qualcosa cambierei solo il modo di gestire, però non è distrutto niente siamo rimasti amici fino adesso ci frequentiamo e poi continueremo a cantare

(Aliou membro del Coro Moro)

Le criticità interne al coro riguardarono quindi una conflittualità sulla percezione della dimensione economica derivante dei rimborsi dell’attività concertistica e dalla vendita del merchandise del Coro Moro e della sua gestione dunque più o meno condivisa e concertata a seconda delle prospettive dei differenti intervistati che differivano a seconda delle istanze e dei background degli intervistati: condivisa dalla prospettiva dei fondatori, scarsamente concertata secondo la rappresentazione dei membri del Coro Moro per i quali la dimensione economica del progetto costituiva una prima forma di autonomia economica, che successivamente non rivestì più comunque il ruolo di fonte di sostentamento primaria, infatti

142 [...] all’inizio era un gioco poi è diventato quasi un lavoro e dico quasi perché poi ognuno in realtà ha dovuto trovare il suo di lavoro per andare avanti nella sua storia […]

(Marino presidente Associazione Morus Onlus)

Fu l’istanza lavorativa e altre esperienze caratterizzanti le traiettorie individuali dei membri del coro oramai fuori dai percorsi d’accoglienza, ad emergere tra le ragioni invece a-conflittuali dell’interruzione temporanea attuale del progetto. L’esperienza del coro come abbiamo visto nei frammenti di interviste riportati in questo capitolo contribuì in maniera determinante all’avviamento lavorativo dei giovani richiedenti asilo delle Valli di Lanzo necessario per accedere alle risorse economiche necessarie all’intrapresa di una progettualità migratoria autonoma al di fuori del sistema dell’accoglienza.

Anche l’attività del Coro Moro come emerso poco sopra rappresentò una forma di supporto economico nelle fasi inziali dell’esperienza migratoria dei ragazzi sul territorio piemontese, ma il cui ammontare non si sarebbe potuto sostituire ad ulteriori traiettorie personali di ricerca di lavoro che con il tempo, come riportato nelle interviste in appendice alla nostra ricerca, diventò l’attività principale dei membri del coro rendendo quindi difficoltosa una partecipazione continuativa alla vita del progetto nella sua dimensione concertistica e di preparazione delle esibizioni.

Inoltre, dalle rappresentazioni personali raccolte in appendice, attraverso le possibilità di incontro con il territorio avvenute durante l’attività concertistica, alcuni membri del coro ebbero la fortuita occasione di ampliare la propria rete amicale e affettiva dalla quale poi si crearono affetti stabili, unioni, e neo progettualità famigliari che contribuirono ad un felice sviluppo dei progetti migratori personali dei ragazzi, che ne rafforzarono l’inclusione sul territorio italiano portando con sé istanze di tipo famigliare sicuramente differenti rispetto alle istanze che caratterizzarono la vita dei protagonisti del coro al momento del loro arrivo sulle montagne torinesi

143 Ci si chiede quindi se in futuro il progetto Coro Moro potrà avere un seguito; ma sicuramente risulta interessante una riflessione sulla sua replicabilità sullo stesso territorio o in altri territori esportandone il modello, a fronte delle ricadute che tale esperienza ha avuto sulle traiettorie individuali dei richiedenti asilo, sulla capacità di mediazione delle tensioni attorno al fenomeno migratorio a livello locale e che nei territori in cui il progetto è nato e cresciuto ha stimolato lo sviluppo virtuoso di reti di solidarietà informali e nuove prassi precedentemente assenti, tanto quanto era stato assente il fenomeno migratorio nelle Valli prima dell’arrivo dei ragazzi e la nascita del coro.

Nel capitolo successivo affronteremo dunque l’analisi di un caso omologo a quello del Coro Moro, ovvero il Coro Voci dal Mondo, che come abbiamo visto nel secondo capitolo della nostra tesi attraverso la ricostruzione del contesto sociodemografico di riferimento, troverà la sua genesi in un territorio caratterizzato dal tensioni sociali e forti complessità in rapida e costante evoluzione e che vedremo avranno un impatto sull’evoluzione delle proprie progettualità e sulle dimensioni sia collettive che individuali dell’esperienza.

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Capitolo 4

Coro Voci dal Mondo: la costruzione dell’incontro in musica

contro il rumore della tensione sociale

In quest’ultimo capitolo illustreremo quindi le vicende del Coro Voci dal Mondo, un progetto artistico musicale che riunisce membri delle collettività immigrate e residenti locali, nato dalla volontà dei servizi sociali del comune di Venezia per far fronte alle tensioni sociali che interessavano la località Piave 1860 nel quartiere di Mestre. Cercheremo di ricostruire l’evoluzione e il senso di un’esperienza, tutt’ora attiva, attraverso la restituzione delle testimonianze raccolte dai fondatori e dai membri del coro che ne ripercorrono anche in questo caso sia le dimensioni collettive delle prove, dei concerti, sia quelle individuali dell’impatto sulle vite dei membri italiani e stranieri del coro, comunicandoci il significato delle progettualità che il coro ha sviluppato negli anni e le eventuali ricadute sul tessuto sociale mestrino.

"Un coro di voci miste, di voci colorate, di voci italiane e straniere che hanno voglia di esserci per dar vita ad un canto nuovo fatto dall'incontro di storie diverse. Si canta insieme perché il canto unisce, avvicina e in qualche modo genera un nuovo modo di stare al mondo. Esiste infatti un'eredità di millenni che ci racconta come il suono e la parola siano il principio primordiale dell'origine di ogni cosa [...] L'idea nasce all'interno del gruppo di cittadini di via Piave che hanno voglia di far incontrare attori di cultura diversa attraverso il canto. Una musica quindi che lega, che offre la possibilità di approfondire conoscenze culturali e sociali. Un'opportunità per scambiare le storie e le esperienze, per far conoscere paesi di provenienza e frammenti di vita vissuta qui e altrove [...] per raccontare chi siamo e quale futuro possiamo immaginarci legati da un destino comune. Etam [...] ha deciso quindi di coinvolgere una cantante legata al territorio: Beppa Casarin [...] conduce un laboratorio di ricerca [...] un percorso [...] sulle canzoni, sulla necessità e sull'importanza di cogliere il significato profondo che le ha generate [...] Il canto unisce un essere umano con l'altro essere umano,

145 improvvisiamo, proviamo a creare nell'azione un canto nuovo, questo l'invito di Etam"

È alle righe dell’editoriale contenuto nel n.2/2008 de Le voci di Via Piave redatte per presentare quello che all’epoca veniva presentato come nuovo progetto del gruppo di lavoro che rimandiamo per introdurre così l’analisi del secondo caso studio, il Coro Voci dal Mondo.

È quindi dal fermento delle attività di sviluppo di comunità portate avanti dal Gruppo di lavoro Piave assieme al servizio ETAM che inizia a muovere i suoi primi passi una nuova esperienza di incontro attraverso la musica nella cornice della complessità multidimensionale che caratterizzava la municipalità di Mestre, affidata alla voglia di partecipazione alla realtà quotidiana del quartiere della sua direttrice-coordinatrice Giuseppina Casarin, insegnante di musica alle scuole medie e responsabile di laboratori presso il conservatorio di Padova, specializzata nello studio e nell’esecuzione canora della tradizione orale italiana

“E all’epoca quando mi hanno telefonato io ero in Sicilia per un concerto sulla storia della migrazione italiana con Giannantonio Stella con cui abbiamo girato il mondo con questo spettacolo preso dal suo libro “L’Orda quando gli albanesi eravamo noi”, e quindi avevo fatto tutto uno studio sui canti di tradizione popolare italiana sul tema della migrazione e quindi quando mi hanno proposto di lavorare con gli immigrati e con la musica io avevo questo forte interesse e la voglia di scoprire le musiche che gli immigrati oggi cantano e magari raccontano la loro storia, e sono ancora poche quelle che raccontano la loro storia, però quello che ho scoperto non sono le musiche che sono un patrimonio davvero straordinario che oggi fanno parte della nostra cultura ma la storia di vita delle persone che non avevo ancora avuto occasioni di conoscere”

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

La neodirettrice del coro attraverso la narrazione della propria esperienza artistica e musicale professionale esprime la consapevolezza che il tema delle

146 migrazioni è un tema universale, caratterizzante in maniera costante le differenti epoche storiche, un tema sul quale è necessario portare una riflessione in quanto si possono riscontrare differenze e cambiamenti tra i protagonisti dei fenomeni migratori, ma delle somiglianze nelle dinamiche che scorrono sotto il fenomeno stesso nel tempo. Inoltre, dichiarando l’intenzione di voler creare uno spazio in cui i protagonisti delle migrazioni contemporanee possano far scoprire le proprie musiche, fa dedurre che presumibilmente ancora non esistano, soprattutto tra gli ultimi arrivati, dei repertori di musica popolare di emigrazione, a differenza della tradizione orale italiana che come abbiamo già avuto modo di illustrare nel precedente capitolo contiene canti di emigrazione condivisi dalla cultura popolare, ma che la musica in sé si possa configurare come canale attraverso il quale iniziare a raccontarsi, portare storie personali e a farsi conoscere, ed eventualmente in futuro disporre così di un repertorio musicale di migrazione al quale attingere per narrare le storie della propria collettività emigrata.

Giuseppina quindi contattata dal servizio ETAM per avviare un progetto socio culturale in musica che ampliasse l’insieme degli interventi già promossi dal Gruppo di lavoro Piave, si presenta agli occhi di ETAM quindi come soggetto sensibile e competente per lavorare con le rapide trasformazioni che stavano interessando la vita della municipalità di Mestre, non solo in quanto musicista professionista, ma anche in quanto studiosa del fenomeno delle emigrazioni storiche italiane, uno studio che le fu necessario per portare avanti le sue attività lavorative artistiche, e che a sua volta ne stimolò la curiosità di poter completare la sua conoscenza dei fenomeni migratori spostando la sua attenzione sulle migrazioni contemporanee verso l’Italia accettando l’incarico propostole da ETAM.

Emergono quindi dalla scelta di ETAM di contattare Giuseppina Casarin quale risorsa competente per avviare tale progetto socioculturale, le caratteristiche degli interventi di sviluppo di comunità, ovvero quelle di mettere a frutto, coordinare e incrementare le risorse e le reti già presenti sul territorio per affrontare le problematiche della comunità locale di riferimento.

147 […] Sono arrivata a Mestre nella conduzione del coro per cui il coro e i vari progetti che abbiamo svolto con il coro sono serviti alle persone, ma anche a me, a conoscere un po’ la città perché prima non conoscevo né le reti di solidarietà né le associazioni che si occupavano di migranti […] i progetti del coro sono stati per le persone del coro e per me un modo per indagare nella città e per scoprire che è una città come tante altre con la sua complessità di vivere in un periodo storico legato alle migrazioni difficile […] dove c’è sicuramente la percezione dell’insicurezza della difficoltà di vivere in mezzo a questi cambiamenti urbani commerciali e abitativi dove le persone che vivono in un quartiere sono cambiate completamente nel giro di dieci anni, però in questa complessità c’è ancora una città vivibile che comunica

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Giuseppina arriva quindi ad animare il progetto Coro Voci dal Mondo con uno sguardo inizialmente esterno al quartiere, nel quale non risiede. La sua estraneità alla vita di Mestre fa emergere però fin da subito e con forza la breccia che il coro apre in un contesto di tensioni sociali, configurandosi come canale e lente di ingrandimento che permette di individuare, indagare e comprendere le complessità e le problematicità del territorio e avviare processi comunicativi attraverso i quali fare fronte a tale complessità e favorire lo sviluppo della vita del quartiere; caratteristiche queste che come abbiamo visto in precedenza sono costitutive della mission dei progetti di comunità generati dai Gruppo di lavoro Piave che intrecciava servizi e società civile.

Attraverso un progetto artistico musicale si crea allo stesso tempo quindi un laboratorio cittadino di conoscenza del territorio attraverso il quale avvicinarsi alle criticità di quest’ultimo, conoscerle, scomporle e quindi confrontarsi ad un livello collettivo per prospettare azioni condivise di intervento e quindi di riduzione della complessità che caratterizzano il quotidiano dei suoi abitanti.

Ricordiamo che le complessità e le sfide che costantemente si rinnovano e attraversano la vita del tessuto sociale mestrino, come testimoniato dalle parole della responsabile dell’ufficio immigrati di un sindacato confederato ivi attivo riportate nel secondo capitolo della nostra ricerca, hanno trovato inizialmente la

148 loro genesi in un cambiamento accelerato nei primi anni duemila a livello di composizione delle attività commerciali e delle abitazioni, legato alle migrazioni internazionali e ai loro protagonisti che trovavano nelle opportunità lavorative nelle aree industriali della città, nelle soluzioni abitative a prezzi accessibili e nella fitta rete di trasporti pubblici dei poli di forte attrazione.

Successivamente, nonostante in questi ultimi anni come testimoniato dalle interviste raccolte, le presenze immigrate non siano andate aumentando anzi diminuendo, la complessità della vita di Mestre è rimasta una connotazione costante, poiché rinnovata non solo dalle sfide interne, ma anche dalle relativamente recenti presenze immigrate di natura differente rispetto alle presenze storiche, la cui tracciabilità e analisi quantitativa risulta più difficoltosa. Tali rinnovate presenze sono rappresentate dalle collettività di immigrati richiedenti asilo subsahariani, che pur non comportando un reale aumento delle presenze immigrate sul territorio, portano con sé nuove istanze e problemi dei quali anche gli uffici di servizi privati del territorio quali gli sportelli sindacali si trovano ad esserne testimoni diretti. Nuove problematiche e complessità di natura amministrativa, abitativa, lavorativa che le testimonianze raccolte dai responsabili delle attività sindacali veneziano hanno interpretato essere derivate dallo smantellamento dei progetti di accoglienza comportato dalla normativa nazionale in materia di sicurezza e che hanno avuto un impatto a livello locale21.

Tali sfide e complessità del territorio di Mestre vengono quindi intercettate e accolte dal progetto Coro Voci dal Mondo fin dal momento della sua fondazione, in un continuum con le attività di sviluppo di comunità già attive nel quartiere che vedevano la partecipazione congiunta di cittadini e istituzioni

Giuseppina, proprio perché venivamo da esperienze di lavoro socioculturale comune, era appena stata contattata dal servizio ETAM del comune di Venezia perché c’era l’idea di promuovere un’attività principalmente corale che mettesse assieme italiani e cittadini immigrati in particolar modo come risposta ai cambiamenti che c’erano stati in merito alla composizione dei negozi legati a via

21 Decreto legge 14 giugno 2019, n. 53 Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza

149 Piave, alle frequentazioni di via Piave, c’erano stati conflitti e tensioni tra vecchi e nuovi abitanti e il servizio ETAM tra le varie attività voleva promuovere anche questa attività musicale visto che all’epoca c’erano in particolare modo tante donne principalmente lavoratrici domestiche che cantavano e facevano già parte di cori principalmente all’interno della propria comunità, e quindi ETAM ha chiesto a Giuseppina di progettare un percorso di questo tipo […]

(Elisa membro del Coro Voci dal Mondo)

[...] ETAM allora era riuscito a mettere in rete associazioni spontanee di cittadini che avevano a cuore il quartiere di via Piave e che era il quartiere che viveva questa trasformazione epocale e quindi da dire c’è che noi eravamo sostenuti molto [...] ETAM mi ha chiesto un progetto e io l’ho fatto ipotizzando un coro perché il canto è una modalità che in qualche modo appartiene a tutti, appartiene all’essere umano e il canto spontaneo è una pratica che appartiene a tutte le culture e che ha delle potenti possibilità di relazione tra chi lo pratica quindi il coro voci dal mondo e il nome è stato un nome un po’ ingenuo e dal mondo perché c’è questa idea dell’arrivo dal mondo e come uno spazio aperto a tutte le voci del mondo che vogliono curiosare attorno a questo progetto, il nome è un’idea semplice [...] Inizialmente ETAM il primo anno ha provveduto a contattare le comunità di stranieri e dopo i primi tre mesi abbiamo fatto un piccolo concerto nei giardini di via Piave e molti cittadini hanno partecipato e hanno deciso il settembre successivo di venire anche loro, quindi l’arrivo dei cittadini italiani c’è stato dopo aver visto cosa si può fare con la musica.

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Emerge fin da subito che la vocazione e il fine del coro risiede nel creare un’occasione di incontro tra vecchi e nuovi abitanti del quartiere, un incontro che in assenza di mediazione si tramutava come illustrato nei paragrafi precedenti e dagli estratti di intervista appena riportati, in diffidenza, paura e tensioni in merito alla convivenza e occupazione dello spazio urbano tra persone di provenienza diversa. Da qui l’intuizione dei fondatori del progetto, e successivamente la

150 conferma, come negli altri casi presenti in letteratura e nella nostra ricerca, riguardante il potenziale aggregante e generatore di relazioni che risiede nella musica, in particolar modo nel canto spontaneo di tradizione orale, quale patrimonio e pratica collettiva attraverso il quale quindi stimolare l’apertura reciproca e l’incontro.

Un canto che si rileva essere già diffuso nel territorio mestrino prima dell’inaugurazione del Coro Voci dal Mondo, in quanto il progetto decise di intercettare ed agganciarsi, anche grazie all’aiuto e alla rete di contatti dei quali erano a disposizione servizi del comune, alle attività culturali e musicali ti tipo