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Il primo ribaltamento delle narrazioni mainstream sulla questione migratoria: la nascita

Ulteriore elemento fortuito e fortunato che determinò la volontà di investire energie nella realizzazione quindi di un progetto più strutturato, fu rappresentato dalla rete di contatti della quale si trovava a disposizione uno dei fondatori del coro, in quanto professionista del mondo dello spettacolo teatrale e musicale piemontese, un elemento sicuramente determinante e senza il quale ci si chiede se gli sviluppi del coro avrebbero portato allo stesso successo che scopriremo e analizzeremo nelle pagine successive della nostra ricerca.

Tale elemento si presentò strategico per il primo lancio del progetto, e nelle sue fasi successive, fornendo l’iniziale opportunità di cogliere l’occasione di ribaltare la narrazione mainstream dei media nazionali sul fenomeno migratorio in Italia, che faceva da sponda a discorsi e rappresentazioni di tipo sicuritario, e comunicare quindi ufficialmente la nascita del Coro Moro

[...] poi siamo usciti in televisione perché un’amica era venuta a fare un servizio sulla presenza dei migranti qui nelle valli per il tg3 Piemonte, perché c’erano rumors sulla gente che non era contenta e pure il sindaco […] e noi allora ci siamo fatti trovare a cantare nella sala del comune di Ceres come a dire c’è questa parte qua che sono tutti incazzati, ma ci siamo anche noi e cantiamo! Questo metti è stato il primo lancio poi dopo che ci hanno visti e ci hanno chiamati a Casa Arcobaleno un circolo arci gay, il nostro primo concerto ufficiale, e a quel concerto

93 c’era già la gente con le lacrime agli occhi e per chi fa spettacolo la cosa più difficile è far piangere e far ridere e questa è stata una prima grande soddisfazione [...]

(Luca fondatore del Coro Moro)

Questo primo ribaltamento e riappropriazione della narrazione della propria condizione da parte dei richiedenti asilo, spesso rappresentati da altri nel discorso pubblico e nei media, è stato agito quindi attraverso la scelta strategica dei fondatori del Coro Moro di allestire un’esibizione canora a sorpresa in occasione del servizio televisivo che sarebbe stato girato nelle Valli di Lanzo sulla presenza di centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo e sui malumori della popolazione e degli enti locali.

Primo di una lunga serie di ribaltamenti delle rappresentazioni mainstream del fenomeno migratorio agiti dal Coro Moro, e che affronteremo successivamente, rientra tra le strategie di utilizzo delle espressioni artistiche per convogliare un messaggio ed agire un gesto di resistenza culturale, poiché come sostiene O’Neill (2008) le arti possono appunto costituire una possibilità per autorappresentarsi e costituire una forma di replica nei confronti delle rappresentazioni dominanti sulle questioni delle collettività minoritarie divulgate dai gruppi maggioritari.

Il progetto artistico Coro Moro si può dire che è nato a partire da un incrocio di elementi fortuiti quali l’arrivo di un primo gruppo di richiedenti asilo nelle Valli di Lanzo a partire dal 2014, a cui seguirono ulteriori arrivi; dall’iniziativa di privati cittadini già attivi sul territorio in attività di volontariato; dalla vitalità artistica e musicale che caratterizza il territorio e dall’incrocio-incontro di tali elementi con le istanze legate alle necessità quotidiane di sussistenza e socializzazione dei giovani migranti neoarrivati nelle aree montane della provincia torinese che trovarono risposte nelle occasioni di aggregazione rappresentate dai progetti di volontariato e dalla tradizione locale di creare momenti di convivialità attraverso la musica.

94 Tale incrocio fortuito di risorse e caratteristiche del territorio e istanze legate ai percorsi migratori, fu la base per l’avvio di un’esperienza artistica che ha visto nelle sue fasi successive l’incontro e il contatto sempre più strutturato tra i richiedenti asilo e il territorio piemontese.

Le sue connotazioni fortuite portano il Coro Moro a configurarsi non come progetto scritto ad hoc per affrontare la questione migratoria sul territorio delle Valli di Lanzo e per fornire quindi risposte alle istanze e alle tensioni conseguenti tra le parti, bensì come un’esperienza nata a partire da azioni spontanee che si sono strutturate successivamente nel tempo.

Tali caratteristiche trovano dei punti di somiglianza con altri casi presenti nella rassegna della letteratura riportata nel primo capitolo della nostra ricerca, come ad esempio l’esperienza del collettivo artistico belga La voix des Sans-Papiers de Liège presente nelle già citate pubblicazioni di Damery e Mescoli (2019) e Martiniello e Mescoli (2018), in quanto tale realtà nacque nel 2015 in maniera spontanea a partire dall’occupazione di un edificio abbandonato da parte di un richiedenti asilo privi di permesso di soggiorno che si trovavano a dover affrontare l’istanza abitativa. Man mano che il gruppo di occupanti crebbe aumentò così la sua visibilità e anche le occasioni di interazione con la società civile e le autorità del territorio; da quel momento l’obiettivo del gruppo inizialmente limitato all’istanza abitativa, si estese alla creazione di un movimento per organizzare incontri e farsi conoscere.

I risultati di tali attività furono lo sviluppo di incontri interpersonali e il rafforzamento di percorsi di sensibilizzazione della cittadinanza dai quali in un secondo momento scaturì un coinvolgimento di richiedenti asilo e cittadini locali, sia amatori che professionisti, in attività artistiche che fornirono nuovi codici di comunicazione quali workshop teatrali e l’organizzazione di mostre tematiche che facilitarono la costruzione di ponti dialogici, narrazioni e nuove rappresentazioni per la rivendicazione dei diritti e della partecipazione alla vita socioculturale del territorio dei richiedenti asilo.

Nel caso studio del collettivo La voix des Sans-Papiers de Liège si colgono dei punti di contatto con la genesi dell’esperienza del Coro Moro, come ad esempio il fatto di non essere progettualità scritte ad hoc per affrontare la questione

95 migratoria presente sui rispettivi territori di riferimento, ma nate in maniera spontanea e fortuita a partire dall’attivazione spontanea di gruppi di individui appartenenti alle collettività immigrate e a quelle autoctone, per rispondere non a delle istanze di tipo artistico culturale, quanto ad istanze legate alle strategie di vita quotidiane dei richiedenti asilo.

Per entrambi i casi poi, fu l’aumentare delle occasioni di incontro e interazione tra richiedenti asilo e residenti locali che portò ad un’evoluzione spontanea delle attività, da percorsi per rispondere a bisogni primari sia materiali che di socializzazione, a percorsi più ampi con i quali creare opportunità di partecipazione alla vita socioculturale del territorio, di autorappresentazione e di rivendicazione dei diritti attraverso appunto attività artistiche che promuovessero aggregazione, partecipazione, incontro e scambio.

Vediamo quindi ora quello che è stato lo sviluppo del progetto artistico musicale Coro Moro percorrendone brevemente le tappe per portare in emersione significati e rappresentazioni del progetto attraverso le testimonianze dei suoi attori, la dimensione collettiva di tale esperienza e infine il suo impatto sulle traiettorie personali dei giovani richiedenti asilo.

3.6 L’evoluzione del Coro Moro e la dimensione collettiva dell’esperienza