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Le strategie iniziali per rispondere alle istanze legate ai bisogni primari: vestiario,

lingua

Per i richiedenti asilo neoarrivati nei Comuni di Ceres e Pessinetto, la possibilità di frequentare questo spazio autogestito rappresentò una strategia per riuscire a rispondere all’istanza del recupero di beni essenziali per soddisfare livelli minimi di sussistenza in loco, quali capi di vestiario adeguati alla rigidità del clima montano in autunno e inverno

[...] Luca e Laura hanno iniziato ad aiutare noi tutti quanti per imparare la lingua poi hanno questo posto che si chiama Strass e Baratt dove andavamo a prendere i vestiti la maggior parte dei ragazzi [...]

(Musa membro del Coro Moro)

[...] Luca e Laura sono passati di lì una settimana dopo ci hanno proposto di andare a trovarli perché hanno questo baratto dove non si compra e non si vende e noi abbiamo detto sì perché avevamo bisogno di qualcosa, scarpe, tutte ste cose, infatti poi siamo andati tutti e abbiamo provato abbastanza robe importanti perché era ottobre e faceva abbastanza freddo per noi e abbiamo iniziato a prendere giacche [...]

(Aliou membro del Coro Moro)

[...] loro hanno un mercatino Strass e Baratt che regge ancora finora, e in quei tempi lì ci hanno raccontato del mercatino e ci hanno detto se avete bisogno di qualsiasi cosa venite qui e loro aprono tutti i sabati [...] abbiamo trovato dei vestiti perché il bisogno in quel periodo era quello, perché siamo arrivati nel periodo di inverno e avevamo bisogno dei vestiti un po’ pesati anche perché uno che arriva

82 dall’altra parte del Mediterraneo con 50-35 gradi minimo e arrivi qua e ti trovi con 0-5 gradi, è pesante per un ragazzo che arriva dall’altra parte del Mediterraneo [...]

(Maurice membro del Coro Moro)

L’utilizzo di determinate parole e l’argomentazione presentata da parte degli intervistati per descrivere il loro stato di bisogno di beni di prima necessità agli esordi del loro percorso di accoglienza in Italia al momento del loro arrivo sui territori di Ceres e Pessinetto, descrivendo dettagliatamente lo shock fisico provato nell’essere calati in un contesto montano per loro completamente inedito e nella stagione autunnale, , fa emergere una denuncia indiretta da parte dei ragazzi nei confronti dell’inadempienza delle cooperative presso le quali erano in carico in merito al reperimento delle risorse necessarie al soddisfacimento di bisogni essenziali; bisogni la cui importanza si evince nella descrizione dell’utilità e beneficio che ricavarono nel reperire particolari indumenti di prima necessità quali scarpe e giacche pesanti, senza i quali sarebbe stato impossibile sostenere la rigidità climatica delle Valli di Lanzo. Dalle parole degli stessi intervistati si può continuare a registrare quindi la criticità in termini di assistenza e accompagnamento del sistema di accoglienza italiano.

La frequentazione dello spazio autogestito Strass e Baratt rappresentò quindi non solo una strategia dei richiedenti asilo per rispondere a bisogni primari materiali, ma venne identificata inoltre come una concreta possibilità per uscire dallo stato di inerzia che caratterizzava la loro quotidianità.

Uno stato di inerzia che viene descritto come legato alla mancanza di adeguate proposte di attività da parte delle cooperative presso le quali si trovavano in carico, e dall’isolamento che caratterizzava la collocazione spaziale dei Cas rispetto al territorio dei comuni ove risiedevano.

[...] andavamo lì anche per passare il tempo perché sono amici [...] (Musa membro del Coro Moro)

83 [...] noi eravamo lì al centro e cosa facevi tutto il giorno lì chiusi, cosa fai? e abbiamo detto meglio che usciamo perché se non esci da qua hai poche possibilità, anche se non capisci la lingua meglio uscire [...] poi loro parlavano l’inglese e il francese, si facevano capire, ci capivamo, non c’era problema, e così siamo andati su a Strass e Baratt [...]

(Maurice membro del Coro Moro)

[...] Il primo giorno che Luca è venuto al Cas me lo ricordo benissimo era il mese di ottobre, è arrivato un sabato con la macchina e ci dice in francese venite su e noi l’abbiamo seguito senza sapere dove cavolo andiamo [...] ma eravamo chiusi in questo albergo sulla strada provinciale uno, eravamo isolati da tutto e quando lui ci ha detto andiamo noi siamo andati almeno usciamo da questo buco dove ci manca l’aria e siamo andati su a Pessinetto salendo un po’ sulla collina, e abbiamo cominciato a fare questa attività in questo posto dove non si vende e non si compra ma si scambia o si prende senza lasciare niente [...]

(Omar membro del Coro Moro)

Dalle testimonianze emerge quindi non solamente l’insostenibilità della mancanza di proposte di percorsi formativi e di attivazione da parte delle cooperative, ma una forte denuncia dell’alienazione vissuta quotidianamente dai richiedenti asilo ospiti delle strutture derivante dal loro stato di isolamento fisico e sociale, descritta come opprimente e claustrofobica e percepita come fortemente dannosa per il benessere individuale e collettivo. Un’alienazione talmente dannosa da fungere quasi da volano per l’intrapresa individuale dei giovani migranti protagonisti della nostra ricerca, poiché appena furono offerte delle possibilità di interazione con i luoghi e gli abitanti del territorio fino a quel momento a loro sconosciuti, la necessità di esplorare e intrattenere relazioni si presentò con più forza del timore che poteva derivare dalle allora esistenti barriere linguistiche.

84 L’iniziativa di alcuni residenti locali delle valli, intrecciatasi con lo stato di disagio e bisogno denunciato dai richiedenti asilo e dal quale avvertivano l’urgenza di fuoriuscire, furono gli elementi attorno ai quali si costruirono le prime possibilità di socializzazione e conoscenza del territorio circostante, precondizione di qualsiasi esperienza di inclusione e totalmente; possibilità e precondizioni necessarie all’inclusione e nei confronti delle quali il sistema di accoglienza preposto ufficialmente a tale scopo ne esce ritratto come attore passivo e inerte. La messa in discussione di stratificazioni sociali discriminatorie e foriere di disuguaglianze conseguenti iniziò ad essere messa in discussione da parte di alcuni membri dei protagonisti delle cosiddette comunità locali che si possono individuare stando alla letteratura e alle rappresentazioni emergenti dalla ricerca, tanto nei residenti locali quanto negli immigrati in transito sul territorio in quanto spazio sia fisico che sociale.

3.4 Un inizio fortuito tra improvvisazione, aggregazione e le prime risposte