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Le prove del coro e il repertorio: laboratorio di incontri, scoperte e narrazioni

[…] Inizialmente con queste donne ucraine e moldave facevamo chiacchierate, giochi, preparazione e ad un certo punto uscivano queste voci meravigliose e dicevamo che coraggio che hanno queste donne, una di loro è arrivata in Italia a piedi attraversando le montagne; il momento in cui una persona decide di dare con la propria voce, di raccontarsi con la propria voce è di grande ascolto dove l’ascolto diventa un elemento della coralità e questo è molto bello

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Quando ci troviamo per le prove, prima e dopo si cerca sempre di lasciare un momento spontaneo e conviviale in cui si scambiano due chiacchiere, ci si conosce meglio, si scambia qualche informazione che può essere utile […] un momento che ci stavamo concentrando particolarmente sui contributi dei nostri compagni richiedenti asilo e quindi erano partite le percussioni e l’improvvisazione e mi ricordo che io ero arrivata da poco e molte persone si sono avvicinate per cantare o ballare, e se c’è una cosa che io non so fare è rappare, però sono andata al centro e avevo tanta voglia di dire cosa stava diventando quell’appuntamento settimanale per me che importanza aveva e l’ho detto un po’ in musica un po’ in parole, cercavo da giorni il momento per dirlo e ho avuto l’opportunità di dirlo così

(Marica membro del Coro Voci dal Mondo)

Dai frammenti di interviste che aprono questo focus dedicato alle prove e al repertorio del Coro Voci dal mondo, trova conferma la mission del progetto, ovvero quella di favorire l’incontro, la conoscenza e il dialogo attraverso il canto e la musica. Obiettivo che vediamo essere perseguito non soltanto dall’attività

152 musicale del progetto in sé, ma da specifiche tecniche proposte e utilizzate per condurre la vita interna del coro da parte della sua direttrice. Tali tecniche si avvalgono quindi della predisposizione di momenti informali e conviviali di gioco o di conversazione libera in cui il contatto tra le persone partecipanti al coro possa avvenire nella maniera più libera possibile stimolando così un dialogo verbale, canoro, musicale attraverso il quale parlare di sé, presentarsi, portare la propria storia, condividere la propria situazione e quindi scambiare consigli o semplicemente avanzare proposte per il progetto musicale in uno spirito di condivisione che aiuta a far sentire parte del coro.

La scelta di predisporre dimensioni libere di confronto e scambio in cui poter emergere e trovare considerazione all’interno di un gruppo eterogeneo per composizione costituito da membri di differenti collettività immigrate e residenti italiani permette di andare quindi oltre le dinamiche divisive e le disuguaglianze che prendono forma nelle stratificazioni sociali di campi sociali che sono percorsi da conflitto e distanza.

La creazione di una dimensione di incontro libera e spontanea come il tipo di canto che viene portato alle prove e ai concerti permette al progetto Coro Voci dal Mondo di essere caratterizzato quindi una forte dimensione partecipativa e paritaria, in linea con la volontà politica del macro-progetto dal quale deriva e che caratterizza non solo l’esperienza collettiva delle prove nella sede di Via Sernaglia, ma anche la genesi e lo sviluppo dei repertori

[...] si parte dal cerchio che è un momento per guardarsi tutti in faccia […] si condivide, chiunque può prendere la parola e può proporre qualcosa e poi ci si dispone a coro e la Beppa dirige e andiamo solitamente sul repertorio che si porterà al seguente concerto, poi quando i concerti non sono ravvicinati c’è lo spazio per le proposte nuove [...] Il nostro repertorio è molto vario, nasce in gran parte dalle proposte dei singoli coristi, la cosa bella è che è un repertorio che lascia traccia negli anni (anche quando chi l’ha proposto se ne va n.d.r.) […] (Marica membro del Coro Voci dal Mondo)

153 Si rivela quindi, anche dalle dimensioni classiche di un progetto musicale quali quelle delle prove e del processo creativo dal quale scaturiscono repertori e scalette per gli spettacoli, un carattere non direttivo bensì partecipativo di confronto libero e quindi di progettazione condivisa; carattere della vita interna del coro che riprende in un continuum la natura stessa del contenitore entro il quale ha preso avvio, ovvero il servizio ETAM e il Gruppo di lavoro Piave che come abbiamo visto vedono intercorrere dinamiche non direttive bensì di co- decisione e co-progettazione degli interventi di promozione sociale territoriale. Quindi si può dire che la connotazione politica partecipativa e democratica messa in atto dalla cornice ETAM e Gruppo di lavoro Piave, scorre fino alle dimensioni più microscopiche delle singole iniziative che prendono il via da tale contesto di servizio sociale di comunità, quali appunto le prove e la costruzione dei repertori del progetto musicale cittadino Coro Voci dal Mondo.

[...] una grande attenzione da parte mia è cercare di mantenere l’identità musicale il modo musicale di ogni cultura molto bello presente, il coro dietro, quindi ci sono molti assoli e il coro entra come coralità che può essere anche non di voce ma proprio essere corpo ed entra in modo molto leggero senza toccare la struttura musicale o il modo musicale di un canto [...] la mia modalità è quella di dare degli stimoli che possono essere i più diversi per far cantare le persone e ognuno di noi rispetto che ne so per farti un esempio ad un canto d’amore ognuno di noi ha una canzone d’amore a cui è legato che in un contesto di lavoro insieme nel coro chi lo desidera la canta e tutti gli altri ascoltano e attraverso questa apertura di spazi dove chi vuole canta o suona nascono le cosiddette scalette e le persone scelgono il momento preciso dove raccontarsi attraverso il canto e quando si offrono nasce la magia, c’è un silenzio sacro attorno alla persona che decide di far sentire la propria voce.

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

[...] fin da subito è stato richiesto a chi partecipava di portare un proprio canto e insegnarlo agli altri, una modalità semplice e paritaria, ma fondamentale e che è difficile da sperimentare in altri ambiti, quindi uno spazio a disposizione di quello

154 che si vuole esprimere, portare o non portare canzoni, cantare e basta, scegliere di suonare e non cantare, o anche solo venire ad ascoltare o a ballare in altri casi. Una condivisione di un proprio repertorio musicale che si vuole portare e condividere con il coro poi condotto e facilitato da Giuseppina che riesce a tradurre le proposte della singola persona in materiale da condividere e riesce ad arrangiare l’intervento del coro senza voler sostituire il repertorio originale, senza volersi sovrapporre ma intrecciandosi con piccoli interventi alla portata di tutti che riescano a stimolare l’incontro e il dialogo con il repertorio proposto da ciascuna persona [...]

(Elisa membro del Coro Voci dal Mondo)

La scelta della direttrice del coro di caratterizzare le prove e la costruzione dei repertori con degli attributi di tipo partecipativo e paritario, fa emerge agli occhi della nostra ricerca un ulteriore elemento di particolare importanza nello studio delle esperienze artistiche e musicali delle collettività immigrate, ovvero quello riferito all’identità.

Dalle parole contenute nelle testimonianze sopra riportate viene sottolineata, fatta eccezione per la necessità di piccoli adattamenti funzionali per ottenere resa corale dei brani proposti dai membri stessi del coro, la volontà della fondatrice e direttrice di mantenere inalterata l’identità musicale e culturale che viene espressa attraverso l’esecuzione canora.

Nelle ricerche sulle espressioni artistiche delle collettività immigrate presenti nel campo dei migration studies, queste ultime possono diventare una strategia per mantenere la propria identità all’estero (Cook 1998), costruendo un ponte tra il paese d’origine e il paese in cui si vive una determinata fase della propria esperienza migratoria attingendo ad un bacino di parole, suoni ed eventi attraverso il quale comunicare (Slobin 1994).

Ricordiamo inoltre, il contributo di Mattern (1998) sullo studio dei legami tra espressioni artistiche delle collettività immigrate e l’identità, nel quale le espressioni artistiche vengono considerate i segni dell’esistenza di un gruppo, di una comunità in un determinato ambiente, in un determinato spazio, creando

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arene comunicative che divengono dimensioni pubbliche e sociali nelle quali possono prendere vita interazioni tra gruppi differenti.

Quest’ultima osservazione che emerge dalla letteratura presente in materia, ci torna utile per interpretare il senso della scelta della direttrice del coro di mantenere inalterata l’identità culturale delle proposte canore avanzate dai membri del coro appartenenti alle varie collettività immigrate presenti sul territorio mestrino, ovvero quella di promuovere l’esistenza di tali collettività in un’arena sonora e comunicativa, di promuoverne le identità, ma non in un senso divisivo bensì in un modo che significhi e crei occasioni di autorappresentazione e conoscenza tra nuovi e vecchi abitanti del quartiere.

Questo utilizzo strategico della promozione delle identità in musica, in un contesto sociale urbano di post migrazione per incentivare la conoscenza reciproca tra collettività immigrate e abitanti autoctoni, emerge con ulteriore forza passando attraverso una breve presentazione dei contenuti del repertorio del coro

[…] una parte del repertorio storico del coro era sulle tematiche del lavoro quindi canzoni di lotta o di tematiche nel lavoro agricolo [...] canzoni sulla tematica della migrazione, anche sai su tutto il discorso del viaggio nel Mediterraneo, i pericoli [...] Questo lascia una traccia ma si cerca anche di rinnovare un po’ il discorso sull’immigrazione e l’inclusione perché non si parli sempre delle stesse chiavi di lettura e perché il discorso non sia sempre salvataggi in mare si salvataggi in mare no, che sia anche molto altro, che uno dovrebbe avere la libertà di non prenderla proprio quella barca e viaggiare sicuro e legale, e qualcuno non ha neanche viaggiato è qui da sempre e ha il diritto di tirare fuori la propria voce

(Marica membro del Coro Voci dal Mondo)

[...] se all’inizio era una narrazione molto consapevole anche nei canti scelti, canti che parlavano anche di aver lasciato il proprio paese, canzoni nostalgiche, canzoni che hanno parlato del proprio paese e di questioni significative per il proprio paese di provenienza, canti in cui chi sceglieva quel canto rappresentava

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anche per la propria comunità un momento significativo, ad esempio la donna del Bangladesh ha scelto come primo canto un canto che parla della guerra di indipendenza del Bangladesh [...] è un aspetto che è venuto a diminuire e ci sono stati i canti d’amore, i canti che narrano le bellezze del proprio paese, canti liturgici legati all’aspetto religioso per condividere il canto proprio più che l’aspetto religioso quindi quello che mi sembra di notare che c’è meno interesse a narrare il proprio passato e narrare quello che è oggi il canto dove lo si sperimenta, esprime e vive quindi la narrazione di oggi è molto più complessa e meno esplicita ma comunque molto forte, meno consapevolmente scelta, ma che narra tantissimo in realtà, una narrazione del proprio presente [...]

(Elisa membro del Coro Voci dal Mondo)

Il repertorio quindi oltre a legarsi a tematiche caratterizzanti i progetti che il coro ha proposto negli anni al territorio e che illustreremo nel sotto paragrafo successivo, quali quelle legate al lavoro e alle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, crea l’opportunità di autorappresentarsi attraverso il canto, di narrarsi. Una narrazione che come vediamo può essere di denuncia riguardo alle difficoltà e ai pericoli esperiti in prima persona dai membri del coro che hanno raggiunto l’Europa meridionale attraverso canali irregolare, ma anche una narrazione in cui essere liberi di comunicare la propria identità legata al qui ed ora.

Creare una possibilità per tutti i membri del coro di narrarsi nel qui ed ora risulta essere un’intuizione di forte impatto sui processi di riflessione e confronto tra nuovi e vecchi abitanti riguardanti prospettive e percorsi di inclusione futura che tengano conto veramente dell’eterogeneità degli attori del tessuto sociale mestrino. In questo modo non limitandosi esclusivamente a narrazioni riferite ad esperienze, tempi e difficoltà passate, si aprono le possibilità per una narrazione ed una restituzione più profonde sulle istanze di una contemporaneità caratterizzata da flussi e movimenti di persone, abbracciandone tutte le dimensioni, da quella, utilizzando un epiteto preso in prestito dai media, “emergenziale” fino a quella dei vissuti, aspirazioni e difficoltà esperiti dalle seconde o terze generazioni radicate sul territorio del comune di Venezia che trovano anch’esse uno spazio di espressione per poter dialogare ad un livello più

157 in vista con il territorio che abitano. Possibilità quest’ultima che abbiamo visto essere di rilievo e interessare le esperienze di altri progetti artistici e musicali presenti nella letteratura europea da noi passata in rassegna all’inizio della nostra ricerca.

Il tema dell’identità legato alle espressioni artistiche e musicali, nel nostro caso studio quindi non si sviluppa nella dimensione di un’identità rivendicata, un’identità che risponda alle istanze diasporiche della nostalgia per mantenere i legami con il proprio paese d’origine in un contesto di forte sradicamento; bensì si sviluppa nella dimensione di un’identità che risulta essere in movimento e in evoluzione, un’evoluzione derivante appunto dagli incontri, dalle nuove traiettorie di vita ed istanze personali, che determinano così, a seconda della fase della vita del singolo corista che propone un brano, varie e differenti scelte tematiche ed estetiche attraverso le quali i membri delle collettività immigrate mestrine partecipanti al coro avvertono la necessità di autorappresentarsi, raccontarsi e farsi conoscere nel proprio presente.

4.2 I concerti e i progetti del coro: la sfida alle narrazioni securitarie e