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Un inizio fortuito tra improvvisazione, aggregazione e le prime risposte di pubblico: la

Il coinvolgimento dei richiedenti asilo in una delle attività di volontariato ed autogestite presenti sul territorio che rappresentò per i ragazzi una strategia rivolta a rispondere ad esigenze personali legate alle sfide della prima fase del loro percorso nei progetti di accoglienza, fu la cornice dell’inizio fortuito di una nuova esperienza, un’esperienza sonora e partecipativa, come emerge dalle parole degli stessi e di alcuni residenti locali, ovvero la genesi del Coro Moro.

[…] È stato un caso fortuito, combinazione del periodo in cui sono arrivati i richiedenti asilo e il nostro progetto Strass e Baratt [...] i ragazzi ci davano una mano in sede e Luca aveva una tastiera che ci avevano regalato per Strass e Baratt e ogni tanto canticchiavamo […] Anche i ragazzi africani cantavano e un giorno ne abbiamo sentiti uno o due che cantavano una canzone in piemontese che stavamo cantando noi e abbiamo detto questa cosa è figa e loro mi insegni a cantarla [...] il progetto per me ha funzionato perché è iniziato col cuore non c’è stata nessuna progettazione a tavolino, arriva uno, poi si attacca un altro e un altro, e allora abbiamo detto facciamo le prove[…]

85 (Laura fondatrice del Coro Moro)

[…] quel sabato che siamo andati a Strass e Baratt […] poi Luca ha iniziato e si è messo al pianoforte e cantava con alcuni anziani del posto ed erano felici, poi io mi sono avvicinato e poi altri ragazzi, cantando […]

(Aliou membro del Coro Moro)

[…] il giorno che ti ho detto che Luca è arrivato nell’albergo e ha detto andiamo su e noi l’abbiamo seguito e Luca cantava la Colomba Bianca in piemontese e poi mi è piaciuto e ho cominciato a cantare dietro Luca e lui ci ha insegnato come si canta […]

(Omar membro del Coro Moro)

Emerge la forza aggregante esercitata dalla possibilità di accedere ad un’esperienza musicale e canora spontanea, dal momento che la partecipazione all’azione del canto dalle parole degli intervistati si presenta assolutamente libera e volontaria; e tale reazione di partecipazione spontanea nei confronti delle proposte musicali vedremo essere un elemento caratterizzante anche le prassi informali di aggregazione e socialità storicamente esercitate dagli abitanti delle Valli di Lanzo.

La musica vediamo che si propone quindi fin dalle prime esperienze come forza aggregante e potenziale minimo comun denominatore tra i nuovi arrivati e alcuni gruppi di residenti locali, sia nell’azione, ma anche nei significati più immediati. Tra questi significati quello che spicca dalle letture che i richiedenti asilo restituiscono di tali momenti trascorsi in musica, è quello dello svago e del divertimento.

Svago e divertimento che nelle righe del prossimo estratto vengono rappresentati da un membro del coro in maniera molto evocativa e personale come un’importante risorsa per affrontare lo stato di disagio derivante dalla propria esperienza migratoria e di accoglienza caratterizzata dallo stress derivante

86 dall’incertezza e dall’isolamento e trovare quindi trovare un’occasione di preservazione del proprio stato di benessere psicofisico

[…] Noi abbiamo cominciato così, cantando, perché a Luca gli piace cantare anche a Laura e quando si arrivava a Strass ci si metteva lì a cantare per giocare […] abbiamo iniziato così con quelle canzoni cantando e ridendo, è un divertimento […] la musica e l’ambiente della musica mi piaceva è una cosa che ti libera la testa, anche perché quei momenti erano difficili duri e quindi se fai un po’ di divertimento magari ti rilassa un po’, perché se stai chiuso i tuoi problemi aumentano e vai via di testa […]

(Maurice membro del Coro Moro)

A partire dal gioco, dall’improvvisazione, dal divertimento e dalla convivialità, i giovani richiedenti asilo che partecipavano alle attività necessarie alla conduzione del progetto Strass e Baratt, iniziarono quindi assieme ai residenti locali responsabili di tale spazio autogestito per lo scambio di abiti e oggetti usati, a cimentarsi con il canto spontaneo di brani della tradizione popolare piemontese. In poco tempo successivamente questa sorta di rito laico della convivialità in musica messo in scena dai giovani immigrati nelle valli e dai residenti locali con i quali venivano intessute le prime relazioni, iniziò ad attirare l’attenzione di altri residenti che fino a quel momento non avevano avuto modo di entrare in contatto con i richiedenti asilo

[...] ad un certo punto a Strass e Baratt noi cantavamo e la domenica si creava un piccolo pubblico e la gente applaudiva e lì abbiamo capito un po’ l’importanza di questo progetto nato per caso [...]

87 […] e la gente del paese sentiva che c’era della musica arrivavano e cantavano anche loro […]

(Laura fondatrice del Coro Moro)

[...] poi vedi la felicità negli occhi della gente del posto, vedevi che son contenti e poi hanno applaudito e subito ho capito che questa roba qua è una roba abbastanza importante per loro [...]

(Aliou membro del Coro Moro)

[...] per noi era un gioco, però poi pian pianino tutti dicevano bravi bravi quello che state facendo è una bella iniziativa importante [...]

(Maurice membro del Coro Moro)

[...] man mano abbiamo visto che la gente che sentono i ragazzi africani che cantavano canzoni tradizionali in piemontese era molto interessata e da lì è tutto partito [...]

(Musa membro del Coro Moro)

Dalle rappresentazioni sin qui raccolte emerge quindi fin da subito l’interesse di pubblico e la curiosità che tale azione di canto spontaneo di canzoni tradizionali presso la sede di Strass e Baratt, ancora in uno stato embrionale e non strutturato, suscitava.

Soffermandoci sulle parole dei richiedenti asilo, attivi presso lo spazio Strass e Baratt, che descrivono i weekend musicali a Pessinetto intravediamo l’inizio di un’interazione attiva e cre-attiva con altri residenti locali che contribuisce ad un primo timido riconoscimento della presenza di immigrati nelle valli che si concretizzava in una dimensione di convivialità e interessamento reciproco basato sulla condivisione del divertimento e dell’aggregazione attraverso la

88 musica. Tale convivialità si lega poi ad una caratteristica che contraddistingue storicamente la socialità nelle Valli di Lanzo.

I luoghi in cui tale improvvisazione canora iniziò a muovere i suoi passi, le Valli di Lanzo appunto, come risulta dalle parole di una delle fondatrici del coro e da un testimone privilegiato che ha collaborato con il Coro Moro in qualità di polistrumentista, sono caratterizzati da una scena musicale molto vivace legata alla musica tradizionale, la quale funge da volano per l’aggregazione e collante per il tessuto sociale di tali aree rurali e montane, a sua volta caratterizzata da tratti di improvvisazione, spontaneità e partecipativi

[...] abbiamo cercato di avvicinarci alla gente di qua essendo noi entrambi migranti non essendo persone di montagna, abbiamo cercato di avvicinarci alla gente qua della zona cantando perché qua vicino a Ceres c’è un paese che si chiama Cantoira e la gente canta proprio, la sera si trovano in bar bevono qualche bicchiere in più e cantano delle canzoni in lingue franco provenzali, ma anche in italiano, che si cantano in coro in polivocale senza strumenti […]

(Laura fondatrice del Coro Moro)

[...] tradizione popolare […] devi sapere che io vengo da una zona di montagna le Valli di Lanzo, in provincia di Torino, una zona particolare perché vi è una minoranza linguistica storica, qua si parla il franco provenzale e il dialetto piemontese oltre che l’italiano, quindi tutto questo è connesso [...] Mi sono avvicinato da sempre a questo mondo della tradizione, mio padre è un musicista popolare, qui c’è ancora la tradizione degli ottoni [...] ma non è il discorso delle bande di paese, si tratta di piccoli gruppi da ballo dove c’è un repertorio couretico antico ancora vivo delle danze della Courenta, che si lega al Bal Musette che sarebbe una sorta di liscio che però è diverso da quello romagnolo perché si balla molto più largo […] quindi tutto questo mondo sonoro l’ho respirato da sempre [...] qui sai va molto forte il folk revival soprattutto francese e come musicista ho cominciato a collaborare con varie band [...] questo il mio mondo, quello delle mie zone dove c’è ancora il canto spontaneo una musica spontanea [...] c’è un

89 tessuto sociale molto solidale, ci sono delle tradizioni vive con un continuum storico solido dove la gente si organizza diciamo per fare festa […] poi se c’è una cosa che insegna la musica popolare è la libertà, magari all’interno di una struttura specifica perché connessa alla danza, ma la musica popolare è un’espressione di libertà e di creatività totali [...] insomma ci sono delle tradizioni che rimangono, ma è tutto in movimento [...]

(Flavio musicista professionista, etnomusicologo, sezione fiati Coro Moro)

La musica emerge come cornice fissa della socialità nelle Valli di Lanzo che ha il suo cuore pulsante nella dimensione delle feste di paese e delle danze tradizionali, ma anche dell’aggregazione spontanea legata alla convivialità e al consumo di alcolici nelle osterie, connotata da una forte dimensione di genere al maschile e che nella sua ritualità contribuisce a mantenere accesa la tradizione popolare.

Una cornice quindi fissa e costante della socialità locale, ma che vediamo costituirsi come ontologicamente libera, in costante evoluzione e movimento. Le caratteristiche particolari di questa cornice musicale, se calate nella nostra ricerca, che intreccia lo studio delle espressioni artistiche musicali con il campo degli studi sulle migrazioni, ci suggeriscono quindi l’emersione di una dimensione all’interno della quale potrebbe essere possibile sperimentare laboratori di trasformazioni non solo estetiche e musicali, ma anche relazionali e sociali. Tale scena folk revival molto viva e dalla grande forza aggregante per il tessuto sociale di tali aree montane fece dunque da sfondo anche ai primi passi delle improvvisazioni musicali proposte dai giovani migranti africani e alcuni residenti locali nello spazio di Strass e Baratt, e riuscì quindi a trasferire la sua forza aggregante anche a questa nuova dimensione della socialità che andava ad arricchire le interazioni interne al rinnovato tessuto sociale delle Valli di Lanzo. La trasferibilità della forza aggregante della musica popolare anche a questa esperienza di improvvisazione musicale di giovani immigrati delle valli e residenti locali, potrebbe suggerire le ragioni grazie alle quali l’emersione di un nuovo progetto artistico a livello locale potesse presentarsi come elemento attrattivo

90 della curiosità di una parte dei residenti locali, soprattutto anziani; e di come potrebbe aver quindi costituito la possibilità e il canale per un primo contatto con i richiedenti asilo ivi presenti da parte di coloro che fino a quel momento non avevano avuto la possibilità o la volontà di interagire con la nuova realtà legata ai flussi migratori che le Valli di Lanzo sulla scorta delle disposizioni della prefettura di Torino si stavano trovando a vivere.

Inoltre, l’intuizione di scegliere di cantare prevalentemente repertori della tradizione in dialetto piemontese permise di iniziare a colmare quel divario linguistico e comunicativo presente che distanziava i residenti dei piccoli comuni delle Valli di Lanzo dai nuovi arrivati perché, come riportato precedentemente dalle testimonianze raccolte, erano impreparati ad affrontare conversazioni in lingua veicolare inglese o francese con giovani immigrati provenienti da paesi anglofoni o francofoni

[...] Inizialmente abbiamo cominciato con delle normali canzoni tradizionali, qui c’è una canzone che si chiama la Bergera che significa la pastorella e altre che erano molto semplici che poi erano in piemontese e la gente impazziva a vedere gli africani cantare in piemontese, abbiamo iniziato così [...]

(Laura fondatrice del Coro Moro)

[...] sentire le canzoni della tua infanzia cantante da un africano crea un giro che ti scombussola tutto e noi abbiamo capito che quella era la forza: uno straniero che canta nella tua lingua le tue canzoni e per il pubblico era sconvolgente, l’ho visto io nel pubblico che a fine concerto lì con le lacrime diceva mi avete fatto piangere siete bravissimi, no non lo siamo però ogni volta accadeva sto miracolo [...]

91 La scelta di proporre quindi un repertorio in dialetto piemontese eseguito da giovani richiedenti asilo subsahariani dalle parole dei fondatori del progetto si presenta come elemento particolarmente vincente.

Di particolare interesse risulta essere lo shock culturale provocato dall’ascolto da parte del pubblico locale delle canzoni che rientrano nell’universo dell’infanzia, dei ricordi, dei luoghi, ovvero dell’identità degli abitanti delle Valli di Lanzo, proposte da giovani uomini che non avevano alcun legame precedente con quei luoghi, tradizioni e identità, proponendo un ribaltamento di prospettiva e di sfumatura tra le identità che risulta in un forte scuotimento emotivo e cognitivo caratterizzato da una particolare forza attrattiva che fa leva quindi sullo stupore iniziale del pubblico prima e sulla curiosità poi, rivelando quindi una potente forza comunicativa.

E tale forza ed efficacia comunicativa viene percepita ancor di più da parte dei membri del coro che vedono nella scelta di cantare in piemontese un’importante strategia per abbattere barriere, colmare le distanze ed iniziare a costruire un ponte dialogico attraverso il quale rivendicare un riconoscimento da parte della società d’arrivo

[...] poi una cosa interessante è che quando ci sentono un ragazzo africano come me che parla in piemontese dicono bòja fàuss ma questi qua parlano in piemontese cantano in piemontese!!! È molto importante [...]

(Musa membro del Coro Moro)

[...] poi abbiamo notato che prima c’era proprio una barriera un ostacolo di integrazione e però poi sentendo ragazzi giovani africani che cantano le canzoni in piemontese, anche se conoscono poche parole in piemontese, gli anziani poi pensavano caspita ma questi qua sono come noi e si toglievano i dubbi, e noi era quello che cercavamo: integrarci e un rapporto di amicizia, convivenza, vicinanza, fratellanza perché questo è importante, l’umanità, il nostro obiettivo era questo e pian pianino l’abbiamo raggiunto [...]

92 La vivacità musicale delle Valli di Lanzo, la scelta del canto tradizionale e l’utilizzo del dialetto piemontese, quali risorse del territorio preesistenti alle quali attingere, hanno quindi costituito i fattori iniziali determinanti per la scelta di trasformare un’esperienza frutto di coincidenze in un vero e proprio progetto artistico e musicale che oltre ad essere un’opportunità di partecipazione attiva alla vita del territorio, promuovesse in seconda battuta i contatti dei richiedenti asilo con gli abitanti delle valli, la loro visibilità e riconoscimento, di cui parleremo più approfonditamente nei paragrafi successivi.

3.5 Il primo ribaltamento delle narrazioni mainstream sulla questione