• Non ci sono risultati.

L’impatto del coro sui percorsi di inclusione dei giovani richiedenti asilo del comune d

Il coro quindi nel corso della sua storia, della sua evoluzione e attraverso i differenti progetti dei quali è stato sia promotore che esecutore, si è scoperto e auto percepito inoltre, quale osservatorio privilegiato e diretto che intercettò

167 costantemente i cambiamenti dei flussi e delle presenze immigrate sul territorio de la municipalità di Mestre e della città metropolitana di Venezia

[…] la storia del coro in questi anni racconta i vari flussi migratori che si sono man mano presentati nella città. Se andiamo ad ascoltare gli spettacoli e le musiche che abbiamo fatto c’è proprio una rappresentazione di come questo fenomeno è cambiato nella città. Le prime musiche che il coro ha fatto proprie sono state le musiche dell’est perché i primi stranieri ad arrivare erano gli ucraini, moldavi, russi, c’erano anche uno due dalla Nigeria, e quindi c’era questo repertorio musicale molto particolare e definito bene, più una piccola fascia del Bangladesh perché allora era il periodo in cui molti cittadini del Bangladesh sono arrivati a Mestre, e poi c’è questo lento passaggio dai paesi dell’est all’Africa […]

Come abbiamo illustrato nel sotto paragrafo precedente, gli ultimi progetti del Coro Voci dal mondo hanno visto un forte coinvolgimento dei richiedenti asilo, in quanto all’epoca componente nuova delle presenze immigrate sul territorio. Il coro abbiamo visto essere nato per promuovere l’incontro e la conoscenza tra vecchi e nuovi abitanti dei quartieri per contrastare la diffidenza, la tensione ed il conflitto e stimolare percorsi di partecipazione condivisa alla vita del territorio e alla gestione delle sue criticità; ma non solo poiché come dichiarato negli estratti riportati precedentemente il coro e i suoi membri l’intento fu quello di prendersi cura della migrazione sul territorio attraverso la musica ed attraverso le possibilità e progettualità che il coro sentiva di poter mettere a disposizione.

Da queste attività e progettualità (si pensi al sopra citato progetto Sing for me sviluppato assieme a cooperative ed enti locali) emersero successivamente quindi delle ricadute d’impatto non progettate ad hoc anche sulla popolazione immigrata che aveva avuto meno possibilità di altri di radicarsi sul territorio, ovvero quella parte di presenze straniere rappresentata dai richiedenti asilo; e si rinnovò anche il potenziale a il ruolo che il coro agì sul territorio che andò oltre la semplice promozione dell’incontro.

168 Dalle testimonianze raccolte si rileva come la partecipazione alle attività del coro, che è proseguita e si è mantenuta nel tempo a seguito dei primi incontri, abbia avuto un impatto sull’inclusione linguistica, sociale, relazionale e lavorativa dei giovani richiedenti asilo, come emerge in altri casi presenti in letteratura o nel precedente caso studio riportato nella nostra ricerca, risultando quindi una conferma riguardo all’ampia portata che un progetto artistico e musicale che coinvolga le collettività immigrate può avere

Per qualche compagno, dopo mesi o anni di accoglienza istituzionale, questo è stato uno dei primi posti dove instaurare una relazione autentica e spontanea, non basata sulla professionalità, sul dovere o sul volontariato. Qualcuno ha trovato per la prima volta in Italia delle persone a cui importasse davvero di loro, come singola persona e non come fenomeno... E queste sono alchimie, non succedono sempre non succedono per forza ma il bello Sta proprio lì.

(Marica membro del Coro Voci dal Mondo)

C’è un impatto sull’acquisizione della lingua rilevante, sia comunicare in italiano tra coristi, sia imparare a memoria canzoni italiane. Certamente non colma del tutto il bisogno, ma aiuta molto. Ricordo che un anno fa quasi sempre era necessario tradurre in inglese le comunicazioni all'inizio alla fine delle prove, mentre adesso quasi tutti comprendono senza difficoltà almeno il succo del messaggio. La controprova sono i passi indietro fatti nel lockdown: non ci si vedeva, non c'era occasione di chiacchierare e non si cantava più, i risultati ci sono visti sul livello di italiano che per qualcuno è tornato un po' indietro.

(ibidem)

Le ricadute che impattano in maniera più immediata e in modo quasi fisiologico sui membri richiedenti asilo del Coro Voci dal Mondo rispondono dunque alle istanze di intessere una rete di relazioni sociali e amicali da parte dei ragazzi e di esprimere la propria individualità e non essere quindi considerati come parte di un fenomeno sociale, trovando una possibilità fuoriuscire dall’isolamento,

169 dall’esclusione, esplorare territori e relazioni che la lontananza delle strutture di accoglienza dai luoghi cittadini dell’aggregazione avrebbe reso sicuramente più difficoltoso.

Inoltre, la possibilità di utilizzare la lingua italiana all’interno di una dimensione creativa, artistica e ricreativa si riconferma nuovamente quindi come un elemento positivo che permette di favorire l’acquisizione della lingua, e che qualora non si presenti la possibilità di farne esperienza, o nel caso in cui tale possibilità si interrompa per contingenze impreviste come riportato nell’estratto citato, si assiste ad un allungamento dei tempi e ad aumento delle difficoltà di raggiungimento di un obiettivo che risulta precondizione per l’avviamento dei successivi percorsi di inclusione che interessano le traiettorie individuali dei giovani richiedenti asilo.

Per quanto riguarda invece le ricadute sui percorsi di inserimento lavorativo e sull’attivazione di strategie individuali per affrontare le istanze relative alla sussistenza ed alla questione abitativa, il coro si rivela essere una sponda competente alla quale i giovani richiedenti asilo possono attingere proprio sulla base della rete sociale strutturatasi attraverso il rapporto di relazione con i membri del coro. Una sponda che ha dato vita ad esperienze di spontaneismo che sono andate oltre la mission originaria che portò alla fondazione del progetto dodici anni fa, ma che conferma come negli anni il progetto Coro Voci dal Mondo si sia confermata come una realtà afferente al mondo dell’associazionismo che ha espresso la volontà di prendersi cura di ciò che comportano le migrazioni internazionali e le trasformazioni sociali a livello locale

[…] Non come coro, alcune persone del coro si trovano per fare, dal coro nasce questo gruppo autonomamente ma si vuole distinguere le due cose. Ora gli Sprar stanno morendo cioè le persone che erano all’interno degli Sprar hanno concluso il loro progetto, la nuova legge sulla sicurezza ha tagliato i fondi rispetto a questi progetti Sprar che credo siano in esaurimento, però ci sono altre cose che i migranti adesso sono impegnati con la nuova sanatoria e chiedono aiuto su dove trovare lavoro, per dirti ho una riunione tra poco perché siccome le possibilità di lavoro sono in agricoltura o come badanti allora stiamo organizzando un

170 calendario dove mandarli a cercare questo lavoro perché sono messi davvero malissimo da questo punto di vista.

Come singoli ci telefoniamo tra persone che sappiamo che sono più sensibili o hanno più tempo, c’è un gruppo di supporto lo chiamiamo così che è fatto da una decina di persone del coro che si muove e quando serve ci siamo.

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

[…] percorsi di inserimento lavorativo, come dicevo, con il supporto con indicazioni, o molto pratico in alcuni casi ha portato proprio ad un’occupazione o al fatto di avere un permesso di soggiorno per persone che erano destinate a forme di clandestinità altrimenti, capire come recuperare le risorse per sostenere un ricorso [...] ci sono state storie di risultati concreti importanti di inclusione perché ha permesso di avere i punti di riferimento od orientamento di cui avevano bisogno, perché ad una riduzione o azzeramento delle risorse per questo la rete di supporto parallela al coro ha permesso di sostituirsi al vuoto in modo non professionale, ma che ha dato dei risultati concreti, grazie ad un farsi tramite di conoscenza e capacità di orientamento per far sviluppare le proprie risorse e capacità senza sostituirsi alle persone.

(Elisa membro del Coro Voci dal Mondo)

Tali testimonianze riportano quindi anche in questo caso studio, una denuncia molto critica da parte dei suoi protagonisti e dalla connotazione anche fortemente politica, in merito alla quantità e qualità delle risorse che vengono stanziate a livello sistemico per far fronte agli oneri di gestione delle istanze e trasformazioni sociali conseguenti alle migrazioni transnazionali e che si concretizzano nelle carenze del sistema di accoglienza italiano, soprattutto per quanto riguarda le progettualità del post accoglienza degli ex richiedenti asilo che rivelano un vuoto lasciato dalle istituzioni e dalle imprese private che ricevono l’appalto per la presa in carico dei percorsi di accoglienza.

Tale vuoto anche in questo caso trova una risposta in dinamiche di spontaneismo dal basso, che riportano il raggiungimento di risultati, ma che rivelano

171 un’insofferenza nei confronti della gravità di questa assenza di progettualità, un’insofferenza che emerge dal sottolineare quanto riesca ad ottenere un feedback un intervento di natura però non professionale.

Questo caso studio è la testimonianza quindi di un’esperienza di intervento socioculturale sul territorio della municipalità di Mestre co-progettato e co-gestito dai cittadini di concerto con i servizi sociali del comune, che successivamente ha trovato una sua autonomia formalizzandosi in associazione autonoma rispetto all’ente locale, e gestendo in maniera autonoma le proprie progettualità pur continuando a mantenere un intenso lavoro di rete con le associazioni e istituzioni di riferimento a livello territoriale.

All’oggi come riportato dalle testimonianze raccolte in appendice della nostra ricerca con l’attuale amministrazione comunale veneziana si è assistito allo smantellamento della cornice virtuosa all’interno della quale vennero sviluppati svariati micro progetti di intervento nel quartiere di Mestre e dal quale prese vita l’esperienza del Coro Voci dal Mondo, ovvero il servizio ETAM che per più di vent’anni con il suo team di educatori di strada si è occupato di progettazione dell’animazione territoriale, dello sviluppo di comunità e di mediazione dei conflitti.

Nonostante tale assenza di una presenza istituzionale forte nella promozione dello sviluppo di comunità sul territorio di Venezia e la mancanza quindi di una continuità, uno dei progetti nati dalla stagione florida dell’esperienza di lavoro congiunto tra società civile e istituzioni, rappresentato dal progetto artistico da noi preso in esame, è riuscito a farsi erede delle prospettive politiche dalle quali ebbe la sua origine e nel tempo sviluppare una propria metodologia di intervento che come abbiamo potuto osservare dalle pagine della nostra ricerca, è andato ben oltre la promozione dell’incontro e dell’aggregazione attraverso attività di tipo socioculturale e nello specifico artistico musicale.

Dando vita dall’interno del coro, ma in maniera parallela, a reti informali e spontanee di privati cittadini, emergono le potenzialità della società civile organizzata anche in progetti di tipo artistico e musicale di promuovere una coscienza politica ed una maggiore consapevolezza che si sono tradotte in una

172 messa alla prova dei singoli individui con le sfide più profonde innescate dai flussi migratori internazionali e dalle trasformazioni sociali, che ha cercato di rispondere alle istanze più complesse della nostra contemporaneità sostituendosi a quel vuoto lasciato dalla politica formale.

Il frammento di intervista con il quale andiamo a chiudere questo capitolo testimonia le potenzialità e le capacità dei progetti artistico musicali che coinvolgono cittadini italiani e collettività immigrate di essere attori attivi della propria contemporaneità

[…] nel periodo del corona virus abbiamo raccolto dalle persone del coro soldi per fare la spesa, pagare gli affitti, perché i ragazzi si sono trovati senza lavoro, abitano nelle case in cui pagato 150 euro a stanza fuori dallo Sprar, ora non abbiamo più membri del coro ospiti Sprar, sono fuori non seguiti più da nessun progetto, ma che non si trovano in uno stato di forte autonomia […]

(Giuseppina fondatrice e direttrice del Coro Voci dal Mondo)

Coro Voci dal Mondo quindi si è rivelato nelle sue prassi come risorsa e punto di riferimento del territorio in un’ottica di sviluppo di comunità:

da progetto commissionato dall’ente locale ad un’insegnante di musica e musicista professionista per promuovere l’incontro tra collettività immigrate e residenti storici, passando per azioni di riappropriazione collettiva di spazi contesi della città, assistendo ad un’autonomizzazione del progetto rispetto ai servizi del territorio entrando a far parte così del mondo dell’associazionismo, fino al suo presente. Un presente caratterizzato da un vuoto di servizi di animazione di strada con cui fare sinergia scaturito dalle volontà dell’attuale amministrazione comunale e nonostante il quale un progetto musicale si è reso parte attiva all’interno dell’insieme delle reti spontanee autogestite dal basso che sono intervenute in molte città in azioni di supporto nei confronti dei soggetti in stato di vulnerabilità economica e sociale nei mesi di crisi sanitaria in cui anche la ricerca qui presentata è stata svolta.

173 Evidenziate le peculiarità del nostro secondo caso studio, passeremo ora alle conclusioni della nostra argomentazione attraverso le quali svolgeremo una comparazione dei casi studio da noi analizzati attraverso lo svolgimento di interviste discorsive ed interpretazione delle rappresentazioni emerse dalle testimonianze dei protagonisti delle collettività immigrate e italiani in merito all’esperienza nei progetti artistico musicali, che ci permetteranno di portare in luce differenze e punti di contatto legati alla natura e ai contesti dei singoli progetti e riportare quindi come tale ricerca possa avere un impatto ed una rilevanza nel campo degli studi sulle migrazioni.

174

Conclusioni

Ci siamo avvicinati all’analisi dei nostri casi studio dopo aver passato in rassegna gli approcci, le prospettive e gli angoli visuali presenti in letteratura dai quali osservare i processi di nascita e sviluppo delle esperienze di produzione artistica da parte delle collettività immigrate nelle società di immigrazione.

Siamo passati attraverso un ritratto dei differenti significati che nelle società di immigrazione e nelle cosiddette città super diverse le espressioni artistiche possono assumere per le collettività immigrate e che possono essere comunicati alle società in cui si trovano ad affrontare le istanze del proprio quotidiano. Abbiamo visto come la musica e l’arte possano costituire una risorsa per sviluppare il senso di una collettività e un autodichiarazione di esistenza come nel caso della collettività slovena in Argentina che trova nel genere musicale Alpine ethno pop (che trovò la sua massima diffusione alla fine degli anni ’70) mezzo per una trasmissione di identità intergenerazionale nella diaspora; il son jarocho (risalente al quindicesimo secolo) che in California diviene la bandiera dell’identità della collettività immigrata messicana e attraverso i cui suoni e parole amplificare l’espressione della propria identità migrante e delle sfide ad essa connesse; la rumba cubana a Central Park a New York attraverso la quale ricreare una dimensione della socialità di strada dei quartiere de L’Havana e infine, il Tűrkű (genere folk turco) attraverso il quale i rifugiati politici e religiosi turchi della comunità Alevi in Germania nelle sale da concerto trovano un’unione all’estero attraverso una pratica condivisa nonostante siano caratterizzati da identità plurime le quali sfumano fondendosi in un’unica identificazione nell’esperienza musicale.

Successivamente è stato dedicato un particolare focus all’attivismo politico e alla partecipazione politica per mezzo delle espressioni artistiche e quindi la dimensione politica dell’arte stessa che può essere un’atto di resistenza (confrontational), come il citato esempio del Guerrilla Cinema in Italia; una dichiarazione di identità di una collettività e arena comunicativa per il negoziato e la ricerca di alleanze con altri gruppi per strutturare nuove identità condivise per far fronte ad istanze particolari (deliberative), come nel caso dei collettivi hip-

175 hop nella città di Liège; infine, un mezzo per aggregare sforzi collettivi orientati all’affrontare tematiche e sfide che vengono considerate di portata universale e condivise a tutte le latitudini con l’obiettivo di tentare di agire un cambiamento a livello globale (pragmatic), come ad esempio i grandi concerti tenuti negli anni ’80 come il Live Aid (Martiniello 2008).

La dimensione politica delle espressioni artistiche nell’argomentazione e rassegna della letteratura che abbiamo svolto per muovere i nostri passi verso i casi studio della nostra tesi ha dimostrato una forte affinità elettiva con le possibilità di autorappresentazione che la pratica artistica offre alle collettività immigrate e ai gruppi minoritari in generale, proponendosi come tematica ricorrente sia in letteratura, come il citato caso del collettivo La voix des sans papiers di Liège, sia nello svolgimento della nostra ricerca sul campo.

Ricordiamo quindi come al cuore dei vari significati simbolici che le espressioni artistiche e in particolare quelle musicali possono assumere per chi le esprime e coloro che ne fruiscono, vi siano le interazioni sociali e come la musica e l’arte a loro volta determinino le interazioni sociali stesse e l’evoluzione delle trasformazioni sociali delle collettività interessate da esperienze soniche, artistiche e sociali.

Tali dimensioni e significati che le espressioni e le esperienze artistiche e musicali possono assumere sono poi emerse con sfumature diverse nelle vicende riguardanti i casi studio proposti dalla nostra ricerca, casi studio che hanno avuto un forte legame con i rispettivi territori di riferimento i quali con le proprie differenti caratteristiche hanno impattato sull’evoluzione delle esperienze artistiche da noi approfondite facendo così emergere importanti tratti distintivi e punti di contatto. I contesti territoriali di riferimento per i nostri casi studio Coro Moro e Coro Voci dal Mondo sono stati rispettivamente le comunità rurali montane delle Valli di Lanzo (To) e l’ambiente urbano e industriale della municipalità di Mestre- Carpenedo (Ve).

Una prima differenza è stata rilevabile a partire dalla composizione dei tessuti sociali che hanno fatto da sfondo vibrante alla nostra ricerca, il primo un tessuto sociale omo culturale dalle dimensioni ridotte, il secondo un tessuto sociale urbano di proporzioni più allargate con una lunga storia di immigrazione che l’ha

176 reso un tipico contesto sociale di post migrazione. Da questa prima differenza scaturirono reazioni differenti da parte del tessuto sociale e da parte delle istituzioni nei confronti dei progetti artistico musicali da noi presi in esame. Nel primo caso l’esistenza di un tessuto sociale omo culturale e di ridotte dimensioni ha comportato l’emersione di atteggiamenti di diffidenza nei confronti di un’inedita presenza immigrata sul territorio da parte dei residenti locali e una totale mancanza di azione politica da parte degli enti locali assolutamente non socializzati e politicamente sensibili al fenomeno migratorio. Tale tessuto sociale però caratterizzandosi per delle dimensioni sensibilmente contenute era contraddistinto a sua volta per la presenza di reti informali di conoscenza e forte solidarietà tra i suoi membri, e tale attributo permise di scavalcare facilmente l’inerzia delle istituzioni locali e dei servizi sociali in merito all’eventuale progettualità di iniziative per l’inclusione dei nuovi abitanti delle Valli di Lanzo a partire dall’attivazione di gruppi isolati di singoli residenti che inaugurarono il progetto musicale Coro Moro rivolto ai richiedenti asilo dei piccoli comuni di Ceres e Pessinetto che funse così da volano ed esempio utile alla creazione di un senso di fiducia diffuso nei confronti dei giovani immigrati delle valli e per la sperimentazione di percorsi di inclusione e la costruzione di nuove prassi e reti di solidarietà. L’assenza di supporto e coinvolgimento in attività di co- progettazione e co-implementazione di iniziative socioculturali per l’inclusione dei membri delle collettività immigrate da parte degli enti locali fu comunque un tratto costante dell’esperienza del Coro Moro che per tutta la sua carriera fu caratterizzato da una dimensione di forte autogestione dal basso.

Di tutt’altra natura invece furono il contesto e la genesi del progetto Coro Voci dal Mondo che svolse tutt’altro ruolo sul territorio di Mestre e conobbe una differente evoluzione e che lo portò a consolidarsi al punto tale da trovarsi tutt’ora in attività dopo dodici anni di carriera.

Il territorio di Mestre come riportato poco sopra si configura come un contesto sociale urbano industriale complesso e di post immigrazione.

Tale configurazione come abbiamo riportato nel secondo capitolo della nostra ricerca ha portato tale area a conoscere una lunga storia di tensioni e conflitto nel campo sociale tra popolazione autoctona e le collettività immigrate ivi

177 presenti. L’esistenza di un forte conflitto sociale in questo caso ha portato ad un’attivazione delle passate amministrazioni locali che si sono rese quindi