LA TEORIA DEL PREGIUDIZIO EFFETTIVO
3. Il concetto di abuso del processo e il pregiudizio effettivo, un binomio conciliabile?
Il concetto di abuso del processo costituisce già da alcuni anni tema di riflessione per la dottrina processualpenalistica. Nato in ambito processuale civile, l’argomento è stato successivamente prospettato
anche in materia penale attraverso studi di indubbio rilievo253. Nella gran parte dei casi, l’attenzione che questi studi riservano al criterio
del pregiudizio effettivo – come parametro per accertare la sussistenza di una invalidità processuale – attiene ad suo possibile impiego quale reazione necessaria al fine di porre un limite al dilagare dei comportamenti abusivi. In questa prospettiva, il pregiudizio effettivo trova quindi accoglimento anche all’interno delle questioni sollevate dal fenomeno dell’abuso del processo
penale254.
Il fondamento, del concetto di abuso, risiede in motivazioni
253
Tra di questi si veda P. RESCIGNO, “L’abuso del diritto”, Bologna, 1998, p. 22 ss.; L.P. COMOGLIO, Abuso dei diritti di difesa e durata ragionevole del
processo: un nuovo parametro per i poteri direttivi del giudice?, in Riv. dir. proc.,
2009, p. 1686 ss.; A. DONDI, voce Abuso del processo (diritto processuale civile), in Enc. dir., Annali, III, Milano, 2010, p. 1 ss.; M.R. GHIRGA, Conciliazione
giudiziale e abuso del processo, in Riv. dir. proc., 1998, p. 196. Sul piano
comparato cfr. M. TARUFFO, General Report, in M.Taruffo (a cura di), Abuse of
ProceduralRights: Comparative Standads of ProceduralFairness, New Orleans,
1999, p. 19. Inoltre, il rinvio deve essere fatto altresì alle monografie di F. CORDOPATRI, L’abuso del processo, Padova, 2000; G. NICOTINA, L’abuso nel
processo civile, Roma, 2005; M.R. GHIRGA, Abuso del processo e sanzioni,
Milano, 2012. 254
Cfr., per esempio, G. LEO, L’abuso del processo nella giurisprudenza di
legittimità, in Dir. pen. proc., 2008, 508 ss.; F. CAPRIOLI, Abuso del diritto e nullità inoffensive, in Cass. pen., 2012, p. 2444 ss.
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deontologiche ed economiche che dovrebbero interessare qualsiasi settore dell’ordinamento; a maggior ragione quello processuale
penale255. Gli istituti processuali, oltre a rappresentare uno strumento di difesa imprescindibile, hanno anche rilevanza costituzionale come rappresentanti di interessi di importanza primaria. In questo quadro, le ipotesi di invalidità degli atti fungono da meccanismi sanzionatori volti a reprimere comportamenti devianti, lesivi di determinati valori. Le risposte sanzionatorie tipiche sarebbero rappresentate dalla regressione e dalla duplicazione. Rispettivamente, con la prima si attua una retrocessione del procedimento ad una fase o ad un grado anteriore di quello in cui l’invalidità è stata dichiarata; mentre con la
seconda, alla ripetizione dell’attività svolta precedentemente e dichiarata viziata dal giudice. Oggetto di riflessione sono state poi anche le impugnazioni, collegate al concetto di progressione processuale; poichè anch’esse si prestano tramite l’aumento dei gradi processuali (e necessariamente dei tempi) ad azioni dilatorie od ostruzionistiche.
In quest’ottica, la questione dell’abuso è ricondotta all’esigenza di evitare inutili regressioni o duplicazioni delle attività processuali. Entrambe le ipotesi, infatti, rischiano di intervenire come fattori in grado di minare alla base la funzione preventiva delle sanzioni processuali, e questo accadrebbe perché – secondo gran parte della
255M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle
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dottrina poc’anzi richiamata – una sanzione irrogata dove non sia
giusto, ne smentirebbe la ragion d’essere e per questo motivo appare controproducente allo scopo della tutela dei valori fondamentali del sistema. In questo contesto, il criterio del pregiudizio effettivo apporterebbe rimedio a tali inconvenienti, consentendo di prevenire un utilizzo puramente strumentale di garanzie e poteri. In sostanza, esso verrebbe adoperato per evitare l’eccessivo distaccamento tra il
meccanismo sanzionatorio e la lesione concreta degli interessi ad esso sottostanti, cosa che non dovrebbe accadere – se non in misura ridotta –. Come è stato sostenuto da autorevole dottrina: <<l’uso strumentale di poteri e garanzie […] trova spazio in proporzione
diretta rispetto allo scollamento riscontrabile tra meccanismo sanzionatorio-preclusivo e lesione degli interessi>>256.
Per i fautori257 di un profondo rinnovamento del sistema delle nullità processuali all’insegna del pregiudizio effettivo il problema dell’abuso potrebbe ritenersi superato alla base, attribuendo alla parte
che denuncia l’invalidità l'onere di provare l’offensività della violazione processuale occorsa.
Volgendo lo sguardo al diritto vivente, particolare interesse ha suscitato una nota sentenza delle Sezioni Unite258 che ha escluso
256
G. LEO, L’abuso del processo nella giurisprudenza di legittimità, cit., p. 509. 257M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle
invalidità processuali penali, passim.
258
Cass., S.U., 29 novembre 2011, Rossi, in Cass. pen., 2012, p. 2410, con nota di F. Caprioli, Abuso del diritto e nullità inoffensive, in Cass. pen., 2012, p. 2444; v. anche il commento di E.M. Catalano, in Proc. pen. giust., 2012, p. 91 ss. In tema di
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qualsiasi violazione dell’art. 108 c.p.p. nel giudizio di merito259
, osservando come il giudice nel rigettare le richieste difensive avrebbe legittimamente agito al solo scopo di rimediare ad una manifesta condotta abusiva posta in essere dall’imputato, suscettibile di ledere l’interesse obiettivo dell’ordinamento e di ciascuna delle
parti alla celebrazione di un giudizio equo in tempi ragionevoli, dato che lo svolgimento e la definizione del processo di primo grado erano stati pregiudicati da un numero spropositato di iniziative difensive260.
Quest’ultime preordinate esclusivamente all’ottenimento di una
reiterazione tendenzialmente infinita delle attività processuali. In tale contesto, i giudici di legittimità non hanno esitato a delineare i contorni dell’abuso del processo, il quale consiste a loro autorevole
avviso in un vizio prodotto dallo sviamento della funzione o da una frode alla funzione, che si verifica ogni qualvolta in cui un diritto o una facoltà processuali siano esercitati per scopi differenti da quelli astrattamente riconosciuti all’imputato dal legislatore261
. In presenza di una situazione di questo genere – sulla base di quanto indicato dalla Suprema Corte – l’imputato medesimo non potrebbe invocare la tutela degli interessi che non sono stati pregiudicati e che non
abuso del processo v. C. dir. uomo, 15 settembre 2009, Mirolubovs e altri c. Lettonia, § 62 e 65.
259P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, in Riv.
dir. proc., 2014, p. 891.
260
Si veda a tal proposito par. 2 del presente capitolo.
261P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 892.
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erano effettivamente perseguiti. Tuttavia, vista la portata manifesta degli abusi perpetrati nel caso in questione, autorevole dottrina262 ha evidenziato i rischi connessi ad una enfatizzazione eccessiva di tale pronuncia (essendo maturata in un contesto di abuso macroscopico) osservando come risulti complesso oltre che pericoloso fondare un nuovo percorso sulla base di questo precedente. Il termine abuso del processo viene solitamente impiegato per indicare l’uso strumentale
e dannoso (anche se formalmente legittimo) di facoltà assegnate alle parti processuali263. Si potrebbe ipotizzare, a questo riguardo, un parallelismo fra il fenomeno dell’abuso del processo e la categoria dell’abnormità: il primo si riferisce all’attività delle parti così come la seconda fa riferimento all’attività giurisdizionale264
. In entrambe le circostanze si è di fronte a strumenti processuali utilizzati in modo distorto. Queste due categorie sono d’altra parte ambedue il risultato dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale e sono state
concepite con la funzione di integrare un vuoto legislativo, (costituendo due rimedi di chiusura del sistema).
Su queste premesse, appare evidente come la prospettiva
262V. tra gli altri, F. CAPRIOLI, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, cit., p. 2444; P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali
penali, cit., passim.
263 Per un’ampia ricostruzione delle varie fattispecie di abuso v. E.M. CATALANO, L’abuso del processo, Milano, 2004, p. 3 ss., 109, 139 ss.., secondo cui <<i casi paradigmatici di abuso processuale sono costituiti dall’uso distorto o scorretto di atti pienamente conformi al modello legale>>; sicché <<la categoria dell’abuso processuale non identifica un vizio formale, ma denota la contrarietà dell’atto abusivo ai postulati della lealtà processuale o alla ratio dell’istituto processuale impiegato, e quindi, ai principi informatori del sistema>>; G. LEO,
L’abuso del processo nella giurisprudenza di legittimità, in Dir. pen. proc., 2008,
p. 628.
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antiformalistica indirizzata a rafforzare la portata del criterio del pregiudizio effettivo, possa trovare in riguardo al fenomeno dell’abuso del processo un interessante campo di applicazione. In
riferimento al fenomeno in questione, il requisito del pregiudizio effettivo sembra destinato a ricoprire una funzione particolare: vanificare gli effetti processuali di un atto formalmente legittimo e di conseguenza esente da vizi, facendo leva sulle potenzialità reattive dell’intero sistema ordinamentale. L’elemento patologico non risiede nell’atto, bensì nelle finalità che di volta in volta vi risultano
sottostanti. E il controllo del giudice, nella singola vicenda giudiziaria, interessa proprio quelle finalità. Il rischio però, è quello di dar vita ad una figura ambigua di giudice <<custode del processo>>265 che si adopera per sanzionare le scelte strategiche di una parte non previste dall’ordinamento e da schemi deontici certi.
A questo proposito si pone un interrogativo: consentire al giudice di impiegare il criterio del pregiudizio effettivo in mancanza di un vizio processuale, non implica forse attribuirgli il potere di spingersi fino al punto di compiere una specie di processo alle intenzioni della parte a cui si rimprovera l’abuso?
Approfondendo ulteriormente il ragionamento, conviene ricordare che quando nel sistema in vigore si fa riferimento all’abuso del processo il discorso si incentra di solito sull’attività difensiva,
265P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 892.
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diversamente a quanto si verifica nell’esperienza statunitense, dove il
termine abuse of process serve a definire soprattutto le iniziative persecutorie dell’accusa266
. In altre parole, nell'ordinamento interno, con la formula abuso del processo si fa riferimento alle <<iniziative pretestuose intraprese solitamente dalla difesa per dilatare i tempi del giudizio>>267. Tuttavia, la prospettiva di accostare il fenomeno dell’abuso del processo alle iniziative della difesa implica un
paradosso: <<chi sta esercitando un diritto (di difesa) non può al contempo abusarne; chi compie un abuso non sta esercitando un diritto>>268. Sanzionare l’abuso vorrebbe dire, quindi, in concreto, sopprimere o comprimere il diritto269. Visto che il legislatore non stabilisce nel dettaglio (resta oltretutto da domandarsi come potrebbe farlo effettivamente) gli specifici obiettivi da perseguire tramite i diritti difensivi, l’esercizio improprio degli stessi non si potrebbe
ritenere vietato270. In questo contesto, è difficile giungere a soluzioni certe poiché si profilano molteplici dubbi. Per provare ad aggirare il paradosso pocanzi proposto, converrebbe forse formulare il discorso in altri termini. Un sistema processuale può considerarsi totalmente indifferente rispetto ai modi in cui vengono esercitati i diritti difensivi? Precludere al giudice di sindacare eventuali abusi in questo
266
V. sul punto E.M. CATALANO, L’abuso del processo, cit., p. 125. 267
Così, R. ORLANDI, Abuso del diritto o diritto dell’abuso?, in Cass. pen., 2012, p. 350.
268Così, ancora, R. ORLANDI, loc. ult. cit. 269
P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 893.
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campo non vuol dire forse accogliere l’idea che esista una specie di
no man’s land all’intermo della quale la parte, al di fuori di qualsiasi
genere di controllo, è autorizzata a porre in essere forzature ed ostruzionismi?271
Sulla scia di quanto detto, è stato autorevolmente osservato che <<un ordinamento processuale bene ordinato deve assolutamente sforzarsi di impedire quel “vero e proprio fenomeno di abuso” che consiste nell’impiegare gli istituti processuali “non per il processo ma contro il processo”, come avviene quando le difese si avvalgono
di ogni mezzo per allontanare nel tempo la sentenza definitiva, anche a costo di provocare la paralisi degli svolgimenti processuali>>272. Si tratta di una prospettiva ragionevole, ma che presta il fianco ad obiezioni che appaiono altrettanto ragionevoli.
Se veramente si vuol sottoporre a sanzione l’abuso, perché non farlo al di fuori del processo, tramite l’impiego di sanzioni disciplinari?
E questo, perché si tratta di un fenomeno che sembra interessare soprattutto il profilo della deontologia professionale. Se, invece, si vuole assegnare un preciso valore endo-processuale all’abuso, si delineano una serie di questioni di carattere pratico. Come riconoscere concretamente l’abuso? L’attività di repressione dell’abuso non rischia di trasformarsi a sua volta in un abuso? E anche volendo attribuire un rilievo processuale all’abuso, quali tipi di
271
P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 893.
272Così, V. GREVI, Ancora e sempre alla ricerca del processo <<giusto>>, in
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sanzioni si potrebbero applicare? Non è semplice intravedere una via d’uscita a questi interrogativi. Chi si propone di contrastare l’abuso
viene accusato di minare le libertà della difesa. Chi si pone nell’ottica contraria viene accusato di appoggiare i comportamenti di
coloro che puntano soltanto a ritardare ed ostacolare il regolare svolgimento della sequenza processuale. Nel quadro della concreta vicenda giudiziaria, il giudice stesso si trova al centro di un dilemma: da un lato, se interviene rischia di non apparire più terzo e imparziale, dall’altro se non interviene non assicura il regolare
svolgimento del processo, anzi si rende corresponsabile, anche indirettamente, con chi mira a ostacolarlo273. Anche sulla base di quest’ultima osservazione, pare ragionevole evidenziare come una tematica delicata come quella dell’abuso del processo non possa
rimanere circoscritta alla sola dimensione giurisprudenziale. Quando si ha a che fare con valori costituzionali primari, destinati ineluttabilmente ad entrare in conflitto tra loro (diritto di difesa, ragionevole durata del processo), non si dovrebbe limitare a responsabilizzare solamente il giudice, confidando esclusivamente nella cosiddetta <<giustizia del caso concreto>>274.
Per queste ragioni, occorrerebbe delineare sul piano normativo sia le
273
P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 894.
274P. PAULESU, Pregiudizio effettivo e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 894.
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tipologie di abuso275, sia i poteri del giudice e gli strumenti di controllo relativi a questo particolare e delicato genere di attività giurisdizionale.
4. Esigenze antiformalistiche nell’ottica della ragionevole durata