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LA TEORIA DEL PREGIUDIZIO EFFETTIVO

2. Giurisprudenza praeter o contra legem ?

<<Il principio che la legge è essenziale al processo perché solo la legge può contenere l’arbitrio del giudice non può essere messo in

discussione: anzi direi che è del tutto pleonastico, perché il processo non è altro che legge>>197. Questa autorevole affermazione sembra essere smentita dalla contemporaneità della compagine giuridica. In sede applicativa il complesso reticolato normativo non sembra garantire più la tenuta del sistema delle nullità; nella prassi, infatti, si rileva una preoccupante disaffezione della giurisprudenza alle prescrizioni legali e più in generale alle linee guida del sistema198. Le nullità, reggendosi sul principio di legalità e sulla tassatività delle prescrizioni, in un sistema concepito come quello attualmente in vigore, dovrebbero fondarsi esclusivamente sulla statuizione legale: se l’atto è viziato da una difformità rispetto alla fattispecie legale

prescritta a pena di nullità, allora la conseguenza non potrà che essere quella indicata dalla legge199.

All’intenzione del legislatore del 1988 di realizzare un sistema tendenzialmente inibito ai poteri discrezionali del giudice, si

197

Così S. SATTA, Soliloqui e colloqui di un giurista, Padova, 1968, p. 143. 198Sul pericolo delle conseguenze derivanti da prassi giurisprudenziali devianti, v. O. DOMINIONI, Il processo penale tra disgregazione e recupero del sistema, in

Ind. Pen., 2003, p. 8 ss.

199R. BRICCHETTI, Lo stato della legalità penale nella giurisprudenza, in

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contrappongono in numero sempre maggiore casi di scollamento tra il dato normativo e l’interpretazione giurisprudenziale che talora si è spinta oltre gli argini dell’ermeneutica, giungendo a risultati praeter

legem, se non addirittura contra legem. Si tratta, dunque, di prendere

in esame alcuni casi nei quali l’interprete, in un’ ottica di funzionalità del sistema, sembrerebbe essersi autoinvestito del compito di trovare un equilibrio, da un lato, tra il sistema delle invalidità – così come delineato dal legislatore – espressione di garanzia per le parti del processo e dall’altro tra le esigenze di economia processuale e di

ragionevole durata del processo. Il diritto vivente in tal modo ha dimostrato di manifestare verso le invalidità, specie quelle demolitorie, come le nullità assolute, una crescente avversione sfociata, per un verso, in una progressiva estensione della discrezionalità giudiziale quanto alla individuazione delle fattispecie integranti una nullità e per l’altro in una degradazione del regime

giuridico delle stesse nullità. Quanto al primo dato, preme anzitutto evidenziare la ricorrente sostituzione ai fini della declaratoria di nullità, del criterio logico formale con un criterio valoriale che passa attraverso l’individuazione dell’interesse protetto dalla norma violata

e la verifica di un effettivo pregiudizio del medesimo. In altre parole, per far sì che possa essere dichiarata una nullità, si è ricorso alla concreta lesione dell’interesse protetto.

La giurisprudenza talvolta ha fatto ricorso a concetti quali quello dell’abuso del processo per non riconoscere la nullità; o ancora, è

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arrivata a dichiarare abnormi i provvedimenti emessi nell’osservanza

delle disposizioni di cui agli art. 177 e ss. c.p.p. Infine, quanto alla degradazione del regime trattamentale a cui sottoporre le nullità si segnala la tendenza a depotenziare le nullità assolute 200 , qualificandole come nullità a regime intermedio. Allo stesso modo quest’ultime sono soggette ad essere degradate in nullità relative, mentre tali nullità relative hanno finito spesso con l’integrare mere

irregolarità201.

Senza alcuna pretesa di esaustività rispetto ai molteplici approcci tenuti dalla giurisprudenza negli ultimi anni, questa breve disamina sulle tendenze giurisprudenziali si propone di cogliere la portata decodificatoria del diritto vivente e di offrire lo spunto per aprire ad una possibile riflessione sulle eventuali prospettive de iure condendo. L’approccio ermeneutico che – in contrasto con quello tradizionale e

formalistico, fedele ad una lettura più integrale del principio di legalità – tiene conto dell’interesse protetto dalla disposizione la cui violazione è sanzionata, ha operato su diversi livelli.

La ricerca di una maggior congruenza tra sanzione ed effettività della lesione è stata perseguita, in primo luogo, attraverso un ordinario lavoro esegetico sulla lettera della legge202. L’ambito applicativo di ogni sanzione è segnato dalla portata del precetto alla cui

200G. UBERTIS, Azione penale, contraddittorio e durata ragionevole del processo, in Argomenti di procedura penale, II, Milano, 2006, p. 78.

201

C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, cit., p. 1653.

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trasgressione si collega. La giurisprudenza, in un’ottica antiformalistica, ha ritenuto del tutto naturale che un’ interpretazione

teologicamente orientata del precetto – che ne circoscriva la portata in rapporto alla fisionomia degli interessi che devono essere regolati – valga a contenere i casi di applicazione formalistica, o comunque

inutilmente distruttiva, della sanzione processuale203. Una tendenza conseguente – per utilizzare le categorie weberiane – al criterio di razionalità secondo lo scopo.

Un primo caso significativo, in questa prospettiva, è l’interpretazione

fatta propria dalla giurisprudenza degli artt. 429 e 552 c.p.p. in relazione alla causa di nullità del decreto che dispone il giudizio e della citazione diretta a giudizio, rappresentata dall’insufficienza del requisito della “enunciazione in forma chiara e precisa del fatto, delle

circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza tramite l’indicazione dei relativi articoli di legge”. La valutazione del parametro della insufficienza è

realizzata tenendo conto dello scopo della norma. Così si è ritenuto204, ad esempio, che non costituisce nullità del decreto che dispone il giudizio la mancata indicazione degli articoli di legge violati, laddove il fatto addebitato sia puntualmente e dettagliatamente esposto, in modo da far sì che non possa insorgere nessun equivoco sul pieno esercizio del diritto di difesa.

203

G. LEO, L’abuso del processo nella giurisprudenza di legittimità, in Abuso del

diritto e del processo, Roma, 2007, in internet, sito www.CSM.it, p. 31. 204Cass., sez. VI, 8 novembre 2011, n.45289, in C.E.D. Cass n.250991.

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Un ulteriore caso, meritevole – in questo contesto – di essere segnalato, concerne il lavoro esegetico sulla nullità per difetto di correlazione tra accusa e sentenza. A questo riguardo si è autorevolmente205interpretato il concetto di “fatto diverso”, causa di nullità ex art. 522 c.p.p. in relazione alla ratio della norma di garanzia e si è pervenuti alla conclusione che non qualsiasi differenza giustifica la sanzione e che non si può parlare di immutazione del fatto ove il fatto tipico rimanga identico a quello contenuto nei suoi elementi essenziali cambiando solo in alcuni dettagli le modalità di realizzazione della condotta. La Suprema Corte ha ritenuto che il principio di correlazione tra sentenza e accusa contestata è violato solamente ove il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale.

Ciò nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, trovatosi in questo modo – a sorpresa – di

fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto alcuna possibilità di effettiva difesa. Questo principio non sarebbe invece violato nel caso in cui nei fatti contestati e ritenuti, si possa agevolmente individuare un nucleo comune e, in particolare, quando essi si trovano in rapporto di continenza.

Proseguendo sull’analisi delle tendenze antiformalistiche che hanno

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contraddistinto il diritto vivente nel corso degli ultimi anni, pare opportuno segnalare quello che è stato il “lavoro ermeneutico” sul concetto di omessa citazione dell’imputato. Una fattispecie, quest’ultima, a cui la legge collega una nullità assoluta ed insanabile

(art. 179 c.p.p.). Tradizionalmente si era imposta in giurisprudenza206, l’equazione tra citazione omessa e citazione effettuata per mezzo di una notifica nulla. Le stesse Sezioni Unite207, ancora nel 2003, ritenevano pacifica la conclusione di consentire che una nullità della notifica di un avviso assimilato a citazione fosse rilevata per la prima volta nel giudizio di legittimità, alla stregua di vizio assoluto ed insanabile, e ciò anche se fosse provato che l’imputato, nonostante l’irregolarità della comunicazione, aveva

avuto - a tempo debito - tempestiva cognizione dell’udienza preliminare. In questo contesto si è inserita una fondamentale pronuncia delle Sezione Unite208– Palumbo – in materia di vocatio in

ius, la quale ha inaugurato un percorso esegetico successivamente

seguito anche in altri arresti del Supremo consesso209. Nella fattispecie la notificazione del decreto che dispone il giudizio era stata effettuata nei confronti dell’imputato presso il domicilio reale, a

mani di persona convivente, anziché presso il domicilio eletto. La questione controversa era se la nullità di tale notifica integrasse o

206Cass., sez. VI, 27 settembre 2000, n.10275, Gregari, in C.E.D. Cass, n.217649 . 207Cass., S.U., 9 luglio 2003, n.35358, Ferrara, in Giur. it., 2004, p. 2386.

208Cass., S.U., 27 ottobre 2004, n.119, Palumbo, in Cass. pen., 2005, p. 1148. 209

Ad es. Cass. S.U., 27 marzo 2008, Micciullo, in CED Cass., 239396, pubblicata anche in Cass. pen., 2008, p. 4009, con nota di G. SANTALUCIA.

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meno una nullità assoluta per omessa citazione dell’imputato. Come

noto, la Corte ha dato risposta negativa, sostenendo che la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 comma 1 c.p.p. ricorre solamente nel caso in cui la relativa notificazione sia stata omessa o possa considerarsi tale poiché, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulta inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto. Invece, quando sono state violate esclusivamente le regole sulle modalità di effettuazione della notifica, si determina una nullità generale a regime intermedio210. In sostanza, dalla lettura della sentenza si comprende come la Suprema Corte ha reputato che la notificazione della citazione dell’imputato effettuata presso il domicilio reale a mani di persona

convivente, anziché presso il domicilio eletto, non integri necessariamente una ipotesi di omissione della notificazione ex art. 179, ma costituisca una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178 lett. c c.p.p. soggetta alla sanatoria speciale a norma dell’art. 184 comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 e alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai

termini di rilevabilità ex art. 180 c.p.p.

Diversamente, nel caso in cui, invece, la notificazione non appaia in astratto o risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario, in tal caso integra la

210

G. DI PAOLO, Nullità processuali e sanatorie: tra tassatività e tendenze

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nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 comma 1 c.p.p. e

di conseguenza rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado del processo211. Ciò ad autorevole parere della Corte, si verifica solo a patto che alla nullità della notifica si accompagni la mancata conoscenza concreta della citazione da parte dell’imputato (ed è onere di quest’ultimo dimostrare al giudice elementi fattuali in tal

senso). Lo schema argomentativo sommariamente descritto, impone delle riflessioni. Per quanto la Corte, pur aprendo un nuovo percorso esegetico, non sia giunta ad affermare espressamente che l’assenza di un pregiudizio effettivo vale ad escludere ab origine l’esistenza della nullità, si ritiene che nella pronuncia in questione sia stato quanto meno utilizzato un criterio assimilabile al mancato pregiudizio al fine di qualificare una nullità come intermedia o come assoluta212.

In altre parole, benché giustificato da buone intenzioni – ossia dall’intento di bilanciare l’esigenza di speditezza processuale con il fine della reale informazione dell’imputato – questo modo di

ragionare finisce per introdurre nella valutazione degli atti processuali un accertamento sull’effettività del pregiudizio non è

consentito a livello normativo. De iure condito, gli unici spazi entro cui è ammesso un apprezzamento per così dire “funzionalistico” sono infatti quelli concessi dagli artt. 183-184 c.p.p., in materia di

211

G. DI PAOLO, Nullità processuali e sanatorie: tra tassatività e tendenze

antiformalistiche, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, p. 255.

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G. DI PAOLO, Nullità processuali e sanatorie: tra tassatività e tendenze

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sanatorie, nonché quelli previsti dall’art. 420 bis c.p.p. e dall’art. 175 c.p.p., rispettivamente in tema di rinnovazione dell’avviso dell’udienza preliminare e di restituzione in termine. Per di più, in

base alle disposizioni appena citate, il criterio della conoscenza effettiva andrebbe applicato diversamente a quanto richiesto nella sentenza in esame: ai fini dell’art. 420-bis c.p.p., che impone la

rinnovazione dell’atto di citazione ritualmente eseguito se l’imputato non ne ha avuto (o potrebbe non averne avuto) conoscenza, l’imputato non è gravato dell’onere di provare che non ha avuto conoscenza dell’atto; al contrario, è l’organo giurisdizionale che deve

valutare se, nonostante la regolarità delle notifiche, ci siano elementi per ritenere che egli non abbia avuto conoscenza del procedimento213.

Si noti, poi, che dal combinato disposto degli articoli 420-bis e 420 comma 2 c.p.p. sembra potersi trarre conferma di quanto sopra detto sulla regola generale ricavabile dall’art. 177: come il giudice non può annullare l’atto (nella specie la notificazione) conforme al modello

legale anche quando chiaramente inidoneo a svolgere la sua funzione (cfr. l’art. 420-bisc.p.p.), così la conoscenza effettiva (e quindi l’assenza di pregiudizio) non esclude l’invalidità dell’atto contrario alla legge, se così è previsto (cfr. l’art. 420 comma 2 c.p.p.).

Talvolta, la giurisprudenza sembra addirittura abbandonare – non a

213G. DI PAOLO, Nullità processuali e sanatorie: tra tassatività e tendenze

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caso dando luogo a contrasti – l’esegesi del precetto per introdurre un esplicito parametro di offensività concreta del vizio come presupposto per la sua rilevanza214, determinando un palese contrasto con il modello tradizionale in virtù del quale le nullità sussistono a prescindere dal concreto pregiudizio dell’interesse tutelato dalla

norma violata. Così, si è sostenuto215, per esempio, con riferimento alla nullità del decreto di citazione, che non è sufficiente la “indeterminatezza” dell’imputazione ( che è l’ipotesi sanzionata da

nullità), ma basta che questa abbia dato luogo, concretamente, all’impossibilità per lo stesso di conoscere i termini dell’accusa e di

disporre una difesa adeguata. In riferimento alle nullità ex art. 522 c.p.p. si è autorevolmente ritenuto216che l’obbligo di correlazione tra sentenza e accusa non può dirsi violato da qualsiasi mutamento rispetto all' accusa originaria, ma solamente nel caso in cui la modifica dell’imputazione comprometta la possibilità di difesa dell’imputato. La nozione strutturale di “fatto” contemplata nelle

disposizioni in esame va connessa con quella funzionale – basata sull’esigenza di reprimere solo lesioni effettive del diritto di difesa –

fermo restando che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e pronuncia giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, rispetto al quale

214

G.L. FANULI, Le nullità nel processo penale, cit., p.177. 215Cass., sez. fer., 5 agosto 2010, in Gdir, 2011, p. 102.

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non abbia potuto difendersi. Sulla stessa scia un’altra decisione della Cassazione217secondo la quale: affinché possa dirsi realizzata la lesione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (che costituisce una nullità a regime intermedio) non è sufficiente verificare che si sia realizzato un divario tra la contestazione e il fatto ritenuto dal giudice, ma è necessario che non sia stato rispettato il diritto di difesa dell’imputato, che non deve aver avuto

concretamente la possibilità di difendersi dall’addebito. Dunque, secondo questa tendenza giurisprudenziale non è sufficiente prendere atto che il fatto, oggetto della statuizione di condanna, sia completamente diverso da quello contestato e con questo incompatibile, ma è anche necessario accertare se lo stravolgimento della imputazione abbia prodotto concrete lesioni del diritto di difesa218.

Il caso più rappresentativo dell’indirizzo analizzato, che si è espresso

come una sorta di <<ribellione dei fatti rispetto alle norme>>219 si individua in alcune pronunce della Corte di cassazione in tema di nullità assoluta insanabile introdotta dalla norma di cui all’art. 96

comma 1 d.P.R. n.115 del 2002. A questo riguardo, è stato autorevolmente affermato in dottrina 220 che il giudice deve

217Cass., sez. IV, 10 luglio 2008, n.32424. 218

G.L. FANULI, Le nullità nel processo penale, cit., p.178. 219

C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, cit., p. 577.

220

C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, cit., p. 577.

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provvedere immediatamente sull’istanza di ammissione presentata in

udienza a pena di nullità assoluta degli atti successivi. Pertanto, sussistono alcuni casi nei quali la violazione è inoffensiva: basti pensare all’ipotesi in cui il giudice non si sia pronunciato e tuttavia

alcuna attività processuale rilevante per la difesa sia stata realizzata. In queste circostanze, la giurisprudenza ha reinterpretato la norma offrendo una esegesi conforme alla necessità di tutela del bene giuridico rilevante. In particolare, la Corte ha sottolineato come l’avverbio “immediatamente” non va inteso nel senso di “subito”, ma come “prima che si configuri anche in astratto l’esigenza di interventi defensionali di qualunque genere”.

La sanzione - si afferma - non trova applicazione nel caso in cui non sia stata posta in essere una lesione effettiva della difesa.

Siffatta interpretazione è senza dubbio indirizzata ad evitare gli effetti a catena discendenti dalla nullità che trascinerebbe nel nulla tutta l’attività processuale conseguente221

.

Un altro indirizzo giurisprudenziale meritevole di attenzione riguarda le pronunce in tema di intempestiva decisione sulla domanda di ammissione al gratuito patrocinio emesse prima che la legge n. 125 del 2008 intervenisse per modificare – eliminando la previsione di nullità assoluta introdotta dalla legge n. 134 del 2001 – l’art. 96 T.U

221C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, cit., p. 577.

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in materia di spese di giustizia222. In tale contesto, a fronte di una inequivoca comminatoria di nullità, la Corte ha ripetutamente escluso l’invalidità degli atti compiuti successivamente alla decorrenza del

termine nel caso in cui dal ritardo non fosse derivato un concreto pregiudizio ai diritti difensivi223. Anche in questo caso, la soluzione escogitata passa attraverso un approccio tutt’altro che formale nell’applicazione della norma processuale.

In questi casi, nel chiaro intento di fungere da correttivo ad un sistema sanzionatorio ritenuto – talvolta a ragione – eccessivamente rigoroso, nella valutazione degli atti processuali si è inserito il tema relativo all’esistenza o meno di un’autentica menomazione ai diritti difensivi, in altre parole l’esistenza di un pregiudizio effettivo agli

interessi tutelati è stata configurata come condizione per la rilevanza della nullità224.

Anche alcune decisioni in materia di notificazioni all’imputato possono essere ricondotte nel filone in esame.

In riguardo all’applicazione del criterio del pregiudizio effettivo in

una prospettiva di possibile causa di sanatoria, nonché nel tentativo di sottolineare il depotenziamento delle nullità assolute, si riporta la

222

G. DI PAOLO, Nullità processuali e sanatorie: tra tassatività e tendenze

antiformalistiche, cit., p. 258.

223Cfr. Cass., sez. VI, 15 dicembre 2004, Bevilacqua, in CED Cass., rv. 230605 e in Giust. pen. 2006, III, c. 142 secondo il quale <<la sanzione di nullità assoluta per l’omessa decisione nel termine imposto dalla legge, prevista dall’art. 96 comma 1. DPR, 20 maggio 2001, n. 115, non comporta l’automatica nullità di tutti gli atti successivi compiuti dopo la vana decorrenza del termine, ma solo di quelli che abbiano concretamente leso il diritto di difesa dell’imputato>>. V. Cass., sez. VI, 13 luglio 2006, in CED Cass., rv. 234725.

224Sul punto v. anche G. LEO, L’abuso del processo nella giurisprudenza di

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pronuncia delle sezioni unite Micciullo225. Con tale sentenza, il giudice di legittimità ha riconosciuto che la notificazione del decreto di citazione a giudizio per l’appello e successivamente dell’estratto

della sentenza contumaciale, eseguite a norma dell’art. 157 comma 8-bis c.p.p. presso il difensore di fiducia – nonostante la dichiarazione di domicilio per le notificazioni – integra una nullità di ordine generale a regime intermedio. Tuttavia, detta nullità deve ritenersi sanata ove risulti provato che la notifica presso il difensore non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di

esercitare il diritto di difesa ed è comunque priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 alle regole di deducibilità dell’art. 182 c.p.p., oltre che ai termini di

rilevabilità ex art. 180226. I giudici del Supremo Consesso, ritenendo che la notificazione avvenuta in modo difforme dal modello legale possa al più dar luogo ad una nullità a regime intermedio - per violazione del diritto di difesa ex art. 178 lett. c) c.p.p. - la dichiarano però sanata per non aver cagionato un pregiudizio del diritto di conoscenza e d’intervento della parte. A stretto rigore, peraltro, le

225Cass. pen., S.U., 27 marzo 2008, Micciullo, in Gdir., 2008, p. 77 ss, con nota di S. LORUSSO, Una nullità a regime intermedio sanabile con l’effettiva