LA TEORIA DEL PREGIUDIZIO EFFETTIVO
4. Esigenze antiformalistiche nell’ottica della ragionevole durata del processo
In seguito all’introduzione dei principi del giusto processo nell’art.
111 della Costituzione la materia delle nullità processuali penali ha acquistato un rinnovato interesse. A fianco dell’esaltazione delle
garanzie difensive contenuta nella disposizione suddetta276 , il legislatore costituzionale ha sancito altresì il principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 comma 2 Cost. che, a sua volta, tende a valorizzare il principio della conservazione degli atti imperfetti, attenuando le ricadute del vizio sulla sequenza procedimentale277. A questo riguardo, si considera condivisibile
275
Si potrebbero tracciare alcune categorie generali, prestabilite tassativamente, attingendo anche alle regole di deontologia professionale.
276
Il che imporrebbe, correlativamente, un rafforzamento del regime delle invalidità poste a tutela di tali prerogative.
277
P. SECHI, Nullità assolute e ragionevole durata dei processi: prassi applicative
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quanto è stato osservato278 in via generale secondo cui il principio della durata ragionevole costituisce non soltanto un diritto della persona coinvolta nel processo, come si deduce dalle Convenzioni Internazionali 279 , ma anche un’oggettiva garanzia di buon funzionamento della giustizia280. La ragionevole durata svolge un ruolo di carattere sussidiario, nel senso che il concetto di “ragionevole” implica di per sé la scelta di un modello processuale
278G. DE ROBERTO, Atti invalidi, concreta lesività e ragionevole durata del
processo, in L’evoluzione giurisprudenziale nelle decisioni della Corte di Cassazione, cit., p. 638.
279 Cfr. art. 6 par. I Conv. Eur. Dir. Uomo ai sensi del quale <<ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole>>; art. 5 par. 3 Conv. Eur. Dir. Uomo, statuente che ogni persona arrestata o detenuta va tradotta al più presto dinnanzi al magistrato <<e ha diritto ad essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere posta in libertà durante l’istruttoria>>; art. 14 par. lett. c) Patto int. dir. civ. pol., secondo cui ogni individuo accusato di un reato ha diritto<<ad essere giudicato senza ingiustificato ritardo>>. In argomenti v., tra tanti, M.G. AIMONETTO, La durata ragionevole del processo penale, Torino, 1997, p. 10 ss; E. AMODIO, Ragionevole durata del processo, abuse of processe
nuove esigenze di tutela dell’imputato, in Dir. pen. proc., 2003, p. 797; M.
CHIAVARIO, sub art. 6 in Commentario alla convenzione europea per la tutela
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a cura di S. Bartole, B. Conforti,
G. Raimondi, Padova, 2001, p. 206 ss.; C. FOCARELLI, Equo processo e
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Padova, 2001, p. 359.
280
In questi termini v. P. FERRUA, Il ‘giusto processo’, cit., p. 55. Nella medesima prospettiva cfr. M. CECCHETTI, Giusto processo (dir. cost.), in Enc. dir. Agg., V, Milano, 2001, p. 610; E. MARZADURI, La riforma dell’art. 111 Cost., tra spinte
contingenti e ricerca di un modello costituzionale del processo penale, in Leg. Pen., 2000, p. 771; G. GREVI, Spunti problematici sul nuovo modello costituzionale di <<giusti processo>> penale (tra <<ragionevole durata>>, diritti dell’imputato e garanzia del contraddittorio, in Alla ricerca di un processo penale <<giusto>>. Itinerari e prospettive, Milano, 2000, p. 326; R.E.
KOSTORIS, La ragionevole durata del processo nella Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e nell’art. 111 Cost. in AA. VV., La ragionevole durata del processo. Garanzia ed efficienza della giustizia penale, a cura di R.E. Kostoris,
Torino, 2005, p. 4. Osserva a tal proposito M. CHIAVARIO, Giusto processo: II)
Processo penale, in Enc. giur., XV, Roma, 2001, p. 10, che <<combinando il
rilievo sulla portata oggettiva della garanzia sul “tempo ragionevole”, quale stabilita dall’art. 111 Cost., con gli insegnamenti della Corte europea sull’inammissibilità delle doglianze per violazione del diritto della durata ragionevole del processo, che siano fatte valere da chi è, lui stesso, causa di ritardi ingiustificati>>, si potrebbe, in via di principio ritenere che <<possano essere dichiarate incostituzionali quelle norme di legge, le quali agevolino comportamenti ostruzionistici o dilatori finalizzati al conseguimento di lucri indebiti nel corso della vicenda processuale>>. Sul punto vedi anche E.M. CATALANO, L’abuso
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caratterizzato da certe garanzie. Si pensi tra le altre, al contraddittorio di fronte ad un giudice imparziale, al diritto all’impugnazione nei limiti previsti dall’art. 111 comma 7 Cost. e dall’art. 14 comma 5 del
Patto Internazionale sui diritti civili e politici. Il concetto di ragionevole durata può quindi essere determinato solo a partire da quel modello prioritariamente contestualizzato tra i principi suddetti281. Tutto questo non esclude la necessità di effettuare un bilanciamento tra le nominate garanzie e il principio della ragionevole durata, come è dimostrato, del resto, dalla connotazione in termini di ragionevolezza della componente temporale.
In quest’ottica, acquista particolare rilievo la tematica rappresentata dalle nullità assolute, insanabili e rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. D’altra parte, com’è risaputo, le nullità
assolute hanno effetti potenzialmente dirompenti sulla durata della vicenda giudiziale. La declaratoria di tali nullità è in grado di travolgere un intero procedimento ove, ad esempio, la nullità riguardante un atto propulsivo fosse dedotta o rilevata per la prima volta in cassazione282. Questi effetti suggeriscono un duplice ordine di riflessioni: da un lato la necessità che il legislatore sia ponderato nella previsione di tale specie di invalidità, che dovrebbe essere riservata alle violazioni maggiormente gravi, (suscettibili di
281
Così, P. FERRUA, Il ‘giusto processo’, cit., pp. 61-61.
282P. SECHI, Nullità assolute e ragionevole durata dei processi: prassi applicative
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pregiudicare il regolare avvio e svolgimento del processo)283; dall’altro l’esigenza caldeggiata da una dottrina minoritaria284
di razionalizzare il rapporto tra l’effetto demolitorio della dichiarazione
del vizio e la tutela del diritto leso dalla violazione di legge, tenendo presente sia del fattore temporale di reazione, sia di quello connesso alla correlazione tra la lesione del diritto e l’operatività della
sanzione processuale285. Non si può fare a meno di rilevare che inediti scenari nel contemperamento tra efficienza processuale e garanzie potrebbero aprirsi in seguito alle note sentenze nn. 348 e 349286 della Corte Costituzionale. Queste, nell’attribuire alle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – come interpretate dalla Corte di Strasburgo – carattere di parametro interposto di costituzionalità287 nel giudizio di legittimità costituzionale delle questioni riguardanti la compatibilità tra le leggi interne e la Convenzione europea, orientano verso un superamento delle autarchie normative ed interpretative in ambito processuale288.
283
Cfr. P. PAULESU, sub art. 179, in Commentario breve al codice di procedura
penale, Milano, 2011, p. 499.
284
M. CAIANIELLO; Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle
invalidità processuali penali, cit., passim.
285Sul punto v., da ultimo, G. LEO, L’abuso del processo nella giurisprudenza di
legittimità (prima parte), in Dir. pen. proc., 2008, p. 509; negli stessi termini v. C.
CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi e prospettive di riforma, in Cass. pen., 2008, p. 1653.
286V. Corte cost., s. nn. 348 e 349 del 2007, in Giur. cost., 2007, p. 3476 e 3555, con note di C. PINELLI, Sul trattamento giurisdizionale della CEDU e delle leggi
con essa confliggenti; A. MOSCARINI, Indennità di espropriazione e valore di mercato del bene: un passo avanti (ed uno indietro) della Consulta nella costruzione del patrimonio costituzionale europeo; V. SCIARABBA, Nuovi punti fermi (e questioni aperte) nei rapporti tra fonti e corti nazionali e internazionali.
287Con riguardo al nuovo testo dell’art. 117 comma1 Cost.
288P. SECHI, Nullità assolute e ragionevole durata dei processi: prassi applicative
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In questo ordine di idee, è stato autorevolmente ipotizzato289 che in futuro potrebbero aver rilievo soltanto le effettive lesioni dei diritti fondamentali, con la conseguenza che <<lo stesso sistema delle nullità e il principio di tassatività che lo regge ne potrebbero uscire trasformati, nella prospettiva di attribuire rilievo solo alle violazioni che abbiano portato ad un pregiudizio effettivo, da individuare oltretutto alla luce di una valutazione complessiva della vicenda processuale>>290.
Già prima della riforma apportata con la legge costituzionale n. 2 del 1999, il passaggio da un processo a carattere inquisitorio ad un modello processuale – quello odierno – a cui comunemente è attribuito l’appellativo di “processo di parti”, aveva rappresentato
sotto molti aspetti una rivoluzione giuridica. Tale rivoluzione sembra non aver interessato il regime delle nullità. Il legislatore ha preferito inserire in blocco il vecchio sistema delle nullità nel nuovo processo a carattere accusatorio291. Un sistema, quello vigente, che è stato a più riprese sottoposto a dure critiche292 a causa del suo stringente formalismo. Critiche che non hanno mancato di sottolineare come ancora oggi la difesa tenda a prediligere le nullità concepite nel processo inquisitorio, alle quali talvolta si affida per armare la
289Come sostenuto da R.E. KOSTORIS, Verso un processo penale non più
statocentrico, in Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Torino, 2008, passim.
290V., in tal sensoR.E. KOSTORIS, Verso un processo penale non più
statocentrico, in Giurisprudenza europea, cit., p. 10.
291
M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p.129. 292Di questo avviso v., per tutti, M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto,
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propria strategia difensiva.
In effetti il formalismo, così concepito, impone che una nullità – formalmente realizzatasi – vada sempre dichiarata, anche se poi in concreto non si sia rivelata lesiva nei confronti di alcunché293. Un modello quello in vigore, che di fatto consente alla difesa di ledere senza essere lesa. Le nullità tradizionali sono spesso soggette ad essere impiegate contro lo svolgimento canonico della sequenza processuale294. Esse possono essere piegate agli interessi di parte al punto da minare il regolare svolgimento della sequenza processuale, provocando esiti dilatori e prescrizioni artatamente ricercate295. Un rischio quest’ultimo, che riguarda in particolar modo le nullità
assolute. Realizzatasi una nullità, giudice e pubblico ministero si vedono esposti ad una precarietà processuale rappresentata da una nullità insanabile e rilevabile sino all’ultimo atto del processo, a cui si sommano gli effetti devastanti conseguenti all’estensione dell’invalidità derivata. In una simile prospettiva, il sistema continua
ad attenersi ai vecchi schemi e le nullità continuano a rappresentare una delle armi principali nelle mani della difesa contro il processo, forse ancor prima di costituire una forma di autodifesa di un processo che mira ad essere giusto. Nonostante ciò questo assetto delineato ha visto l’introduzione nella Carta costituzionale di un elemento che ha
molto contribuito alla teorizzazione di un possibile ripensamento del
293M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p.127. 294
M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p.128. 295 Si veda a tal proposito par. 3 del presente capitolo.
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sistema: il principio della ragionevole durata del processo. A prima vista, si potrebbe pensare che le nullità siano intrinsecamente portatrice di una contraddizione, perché da un lato, perseguono la giustezza del processo, ma allo stesso tempo, dall’altro, ne allungano la durata. Da qui potrebbe nascere una affermazione del tipo: quanto più il processo si allunga quanto più è giusto, più si abbrevia e meno giusto diventa. Così le nullità sarebbero garanti del giusto processo e motivo della sua durata.
In quest’ottica si potrebbe attribuire al principio del giusto processo
una funzione precettiva e relegare il principio di ragionevole durata ad un valore meramente programmatico, facendo prevalere di conseguenza il primo sul secondo. Eppure porre in antitesi tra loro i due principi non sembra essere la strada giusta. È molto difficile – oltre che arbitrario – stimare la ragionevole durata di un processo senza che si possa parlare di giustizia dello stesso, ossia quale sia il modello di processo giusto. Non pare corretto, contrapporre “giusto processo” e “ragionevole durata”: <<Se il processo è
irragionevolmente lungo diventa inutile. E può definirsi giusto un processo inutile? Dunque, la ragionevole durata è uno degli ingredienti del giusto processo>>296.
Ma a fronte di quanto detto, sorge naturale una domanda: “Quando
un processo può dirsi giusto?” L’incipit dell’art. 111 Cost. parla
296M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 130.
130
semplicemente di: “giusto processo regolato dalla legge”.
Ma come poter intendere questa breve affermazione? Si potrebbe sostenere come il giusto processo sia direttamente proporzionale alle garanzie difensive, sposando una teoria fondata su di un’espansione illimitata delle garanzie297. Perciò, in quest’ordine di idee, più si aumentano le garanzie e più il processo diventa giusto e nessun limite si pone alla giustizia. Tutte le garanzie, volendo, sono giusto processo.
Tuttavia, questo modo di pensare ha qualcosa di surreale. Ad esempio: se il legislatore teorizzasse un processo basato su quattro gradi di impugnazione e una prescrizione breve al punto che nessun processo veda mai la conclusione, cosa si potrebbe dire? Che sia la scelta giusta?! Allo stesso modo, se il legislatore desse vita ad un processo costellato ad ogni passo da decine di nullità insanabili, il processo si direbbe giusto? Una risposta affermativa andrebbe nella direzione di un’ idea molto popolare secondo cui sono le garanzie a
rendere giusto un processo. Perciò la strada da seguire per il legislatore negli anni a venire è tracciata: aumentare sempre più le garanzie. Di questo passo, la suprema garanzia sarà proprio il tempo, che impregnerà ogni processo verso una lenta ed inesorabile dissolvenza. Ma rispetto a quanto detto, l’art. 111 Cost. attua una
operazione ben diversa. Esso tratteggia il nucleo essenziale del giusto
297M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 130.
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processo, il livello minimo, al di sotto del quale il processo non può dirsi giusto. E questo nucleo corrisponde sostanzialmente con quello indicato all’art. 6 C.e.d.u. <<il giusto processo è un diritto e quello è
il contenuto minimo, irrinunciabile, intoccabile di quel diritto>>298. Tale spazio protetto ha copertura costituzionale, con esso il principio di ragionevole durata (anch’esso costituzionale) non può
interferire299. Ciò significa che se effettivamente sia stata violata una di quelle norme che rendono giusto il processo, è comprensibile che il processo si interrompa per tornare al punto di partenza. Non conta a questo riguardo, che l’imputato è confesso e che l’esito finale,
senza la nullità, sia una condanna annunciata. Se non si è realizzato il giusto processo, tutto questo è irrilevante. Ma, al di fuori di questo nucleo costituzionale del processo-diritto – a parere dei fautori di un rinnovamento antiformalistico 300 – non sussisterebbe più necessariamente una copertura incondizionata. <<Oltre il nucleo minimo, l’espansione delle garanzie deve venire a patti con la
ragionevole durata>>301.
In ogni periodo storico ci si è lamentati dell’eccessiva durata dei
processi, dalle lites immortales del diritto comune, alle caustiche pagine di Voltaire. Eppure, la ragionevole durata è sempre stato un
298
M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 131.
299Sul punto vedi P. FERRUA, ‘Il giusto processo’, Bologna, 2012, p. 113 ss. 300
V., per tutti, M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e
motivazione, cit., passim.
301M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 131.
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principio ignoto al processo tradizionale. Oggi, invece, esso è divenuto un valore appartenente al processo. Tuttavia, un certo disinteresse circonda questo principio, pur essendo esso diventato un parametro di costituzionalità. Ad esempio fino ad oggi, non si è mai registrata la dichiarazione di incostituzionalità di una specifica norma per violazione della ragionevole durata del processo.
Ciononostante, tale principio è una norma reale nata per incidere nel concreto, è rivolto al legislatore, ma costituisce anche un monito per il giudice, come a dire: “nessuna attività processuale inutile”. Ogni atto processuale, infatti, comporta l’impiego di tempo e risorse, per
questo motivo andrebbero evitate qualsiasi ridondanze. Qualunque norma si caratterizza per una funzione ed è concepita per tutelare un valore e perseguire un obiettivo. Il processo dovrebbe evitare di girare a vuoto, per questo la ragionevole durata vuole assicurare al processo il suo fine, ovvero una sentenza definitiva che possa accertare l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato302
.
Le garanzie sono poste allo scopo di assicurare il giusto processo, ma non devono impedire il suo giusto termine; diversamente il processo sarebbe allo stesso tempo, giusto e inutile. Per queste ragioni, si richiede che i principi del giusto processo e della ragionevole durata siano coordinati tra loro. Dal loro bilanciamento discende l’ulteriore
principio di efficienza processuale, da ricondursi a quei processi
302M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 132.
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giusti, che si protraggono per un tempo ragionevole. Con l’inserimento della ragionevole durata all’interno del dettato
costituzionale, si è aperto le porte ad una razionalità funzionale. In effetti, ogni volta che viene dichiarata una nullità, inevitabilmente si finisce per incrementare i tempi processuali.
Ma l’allungamento dei tempi, di per sé, non implica anche un aumento proporzionale dell’efficienza. Se in concreto, la nullità
tutela un valore effettivo, dichiararla rende efficiente il processo; così facendo si determina un allungamento dei tempo, ma allo stesso tempo è garantito l’espletamento di un processo più giusto. In altre parole si incrementa la giustizia. In merito ha da tempo preso piede in dottrina303 la convinzione secondo cui se la nullità non tutela nessun valore effettivo finisce per allungare i tempi del processo senza aumentarne la giustizia. In sostanza, se ne incrementerebbe l’inefficienza. <<Si annulla, si torna indietro, si riparte e si torna al
punto di prima. È un congegno automatico, che funziona in modo implacabile, senza perdere un colpo. Il congegno si basa su due regole ferree>>304.
La prima regola, sottoposta a critica, riguarda il formalismo e in particolar modo la concezione per cui la nullità è tutta riassunta nella violazione della forma degli atti, di conseguenza la forma è tutto.
303 In argomento v., tra tanti, M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto,
diritto e motivazione, cit.,passim; M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo, cit., passim.
304M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 133.
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Lo stesso interesse processuale è tutto ricompreso nella forma, la violazione della forma determina la violazione del diritto. Di fatto, in un sistema così concepito, non occorre un giudice che accerti se in concreto quella specifica nullità ha causato un danno. La seconda regola nel mirino delle istanze sostanzialistiche sono gli effetti devastanti della trasmissione meccanica della nullità che si trasmette senza eccezione agli atti successivi: <<E’ un contagio inevitabile. Un’infezione che infetta tutto ciò che tocca. Il processo non funziona. Ma le nullità funzionano benissimo! Non c’è nulla di più
efficiente delle nullità. Il processo è inefficiente proprio perché sono efficienti le nullità>>305. Effettivamente, il rischio di un formalismo cieco è quello di dar vita ad una disfunzione fatale del processo. Una sorta di incomunicabilità tra il processo e i suoi atti. Per queste ragioni, il formalismo e l’automatismo che caratterizzano la
disciplina delle nullità vengono talora accusati di non garantire la giustezza della decisione, ma di determinare, nella gran parte dei casi, la durata irragionevole dei processi. <<Il sistema delle nullità, che dovrebbe essere la difesa immunitaria del processo, diventa la sua principale malattia>>. Si è detto come il principio della ragionevole durata non costituisca soltanto un diritto della persona coinvolta nel processo, ma anche un’oggettiva garanzia di buon funzionamento della giustizia. Partendo da un’osservazione empirica
305M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit., p. 133.
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della realtà, si riscontra come questo principio costituzionale appare spesso pregiudicato proprio da ostacoli interposti dalla parte306. Tali comportamenti ostruzionistici sono spesso posti in essere allo scopo di determinare la regressione del processo, anche ove quest’ultima non sia legittimata dalla funzione che l’eccezione era destinata a perseguire, (ossia il pregiudizio subìto a seguito della violazione di una norma processuale). Per queste ragioni, si ritiene che la ragionevole durata non possa essere richiamata esclusivamente in funzione di tutela dell’imputato.
Tale principio si presta ad essere impiegato anche per impedire tutti quei comportamenti diretti alla realizzazione di condotte processuali ostacolanti e dilatori che sono caratterizzate dalla sola finalità di procrastinare l’esito del processo per scopi esterni al processo stesso.
Una direzione interpretativa questa, già tracciata dalla Corte di