LA TEORIA DEL PREGIUDIZIO EFFETTIVO
3. Rischi e incognite applicative del pregiudizio effettivo
Il processo, per sua natura, non si compone solamente di forme cieche e imprescindibilmente prive di qualsivoglia interesse. Qualunque forma infatti è concepita e nasce per la tutela di un interesse. A dividere è la concezione per cui: nel processo l’interesse è tutto ricompreso all’interno della forma, pertanto, trasgredita la forma violato l’interesse. Il significato di quest’ultima affermazione è
più facile da comprendere quando si ha a che fare con norme che tutelano l’impianto fondante del giusto processo, come la
composizione del giudice o la competenza413. Ma, lo stesso non si può dire al cospetto di disposizioni che attribuiscono poteri o facoltà. Si pensi alle notifiche: in particolare al caso che il diretto interessato abbia eletto domicilio correttamente, ma l’atto gli venga notificato a mano per strada. Nonostante siano state violate tutte le forme inerenti alle notifiche, se nessuno obbietta, l’atto è valido. Ciò si verifica
412
M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo, cit., p. 168.
413M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, Milano, 2013, p. 139.
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perché il mancato rispetto delle forme non ha concretamente leso l’interesse che proprio quelle forme miravano a tutelare, ovvero la conoscenza del destinatario. Ancora un altro esempio: l’imputato
viene assistito da una successione di difensori di ufficio che non hanno provveduto – magari per mancanza di tempo – nemmeno a leggere l’imputazione, oltre che gli atti. Sulla base delle forme, tutto è nella norma, le nomine sono valide e il procedimento prosegue secondo i consueti crismi processuali. Formalmente il diritto di difesa è rispettato, ma nella sostanza sacrificato ingiustamente. Come si potrebbe in tal caso sostenere che all’imputato è stata assicurata
una difesa adeguata e di conseguenza il processo si è svolto secondo canoni di giustizia? Forse una volta, una domanda del genere avrebbe avuto come risposta: nessuna nullità. Negli anni, parte della dottrina414 è andata sempre più nella direzione per cui in un caso come il suddetto, il processo è da considerarsi ingiusto e di conseguenza invalido. Questi due esempi tracciano i confini della moderna nullità, nel primo caso si ha una nullità non lesiva, mentre nel secondo, una validità lesiva in concreto. A parere delle recenti istanze formalistiche nel primo caso, nonostante la nullità, il processo può andare avanti, nel secondo, nonostante esso sia formalmente valido, è ingiusto e meritevole di annullamento415. Da quanto detto
414Si veda, per tutti, M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e
motivazione, cit., passim.; C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problematiche attuali e prospettive di riforma, cit., p. 1651 ss.; M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle invalidità processuali penali, cit., passim.
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discendono due ulteriori considerazioni. In primo luogo – in quest’ordine di idee – nella materia delle nullità diventa fondamentale individuare l’interesse che la disposizione processuale
vuole proteggere (secondo una prospettiva che procede dalle forme degli atti alla sostanza dell’interesse tutelato); in secondo, l’accertamento delle nullità necessita di una operazione complessa.
Per i sostenitori di un approccio più sostanzialistico non pare più sufficiente infatti confrontare solamente l’atto compiuto al modello di atto predisposto dalla norma.
A questa attività dovrebbe seguire una seconda operazione che consiste nel valutare se in concreto l’interesse tutelato dalla norma è
stato leso oppure no. Secondo questa logica, il giudice di merito prima, e la Cassazione poi, sarebbero tenuti non più ad una mera operazione di controllo formale degli atti processuali, bensì ad una attività valutativa di bilanciamento in concreto degli interessi presenti in giudizio. Si delinea una operazione costituita da almeno due fasi416.
La prima è rappresentata dalla verifica volta a stabilire se l’atto sia formalmente valido o meno. La seconda dalla seguente: se l’atto si dimostra formalmente invalido, si procede ad appurare se c’è stato pregiudizio per l’interesse (nullità lesiva).
Allo stesso tempo, se l’atto appare formalmente valido, accertarsi
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M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit, p. 138.
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poi, in ogni caso, se sul piano concreto l’interesse sia stato leso (validità lesiva). In quest’ordine di idee dunque, non sarebbe più
sufficiente, come invece poteva essere in passato, il confronto tra l’atto processuale concreto e la fattispecie legale astratta dell’atto
prescritta dalla norma. Ma, a questa prima attività – a fronte della tesi proposta – seguirebbe un raffronto tra l’atto processuale in questione e l’effetto prodotto dallo stesso in concreto per valutare se
effettivamente – in quel particolare procedimento – l’interesse processuale sia stato tutelato.
Questi sarebbero i passaggi che – in quest’ottica – si renderebbero necessari per far sì che la nullità non sia posta a presidio di una forma come valore in sé, ma al contrario, della giustizia di un processo efficiente. A questo punto si potrebbe dire che, a volte, la forma coincide con la sostanza e in tal caso il giusto processo può dirsi effettivamente realizzato. Talvolta invece, è presente solo la sostanza, ma non la forma e si avrà allora una nullità non lesiva. Ancora, potrà aversi la forma, ma non la sostanza e di conseguenza una formalità lesiva417. Proseguendo sulla via di questo ragionamento si perviene ad una conclusione: non in tutti i casi la violazione delle regole incide sul “giusto processo” e non sempre l’osservanza delle regole implica e garantisce il “giusto processo”.
Per i fautori di una rivisitazione del sistema in chiave antiformalistica esisterebbero quindi nullità che, una volta contestualizzate, si
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rivelano non lesive, ma allo stesso tempo esiste un formalismo che può ledere, anche molto418. La tassatività che connota il sistema delle nullità è accusata di avere l’approccio tipico dell’astrazione
normativa, di essere impiegata su fatti che solitamente sono lesivi, ma che in concreto potrebbero non esserlo. Tale principio esporrebbe il sistema al rischio di non colpire fatti che, di solito, non sono pregiudizievoli, ma che contestualizzati all’interno di uno specifico
caso si dimostrano lesivi. Sulla base di quanto detto, si delineerebbe una strada che dal concetto ideale di processo conduce l'interprete – in modo sempre maggiore – a penetrare “nei processi”, così come si sviluppano in concreto.
Sulla base di tali premesse e in ottica propositiva, si è di recente suggerito di prendere in considerazione l’idea di concepire una sorta
di principio di offensività processuale che permetta di volta in volta al giudice che ravvisi la nullità di stimare processualmente irrilevante il vizio perché considerato innocuo419. Una soluzione che – in quest’ordine di idee – lungi dall’affievolire il valore della legalità a cui si ispira l’intero sistema delle invalidità, lo rafforzerebbe
sensibilmente. Si evidenzia infatti, che <<non diversamente da ciò che accade sul piano sostanziale>> anche in materia processuale <<ove non sia chiara l’offesa, o per meglio dire il valore protetto
418
M. IACOVIELLO, La cassazione penale: fatto, diritto e motivazione, cit, p. 140. 419Cfr. ancorché in chiave problematica, M. CAIANIELLO, Premesse per una
teoria del pregiudizio effettivo nelle invalidità processuali penali, cit., p. 174; sulla
necessità di “codificare il principio di offensività” v., altresì, sempre in chiave problematica, C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di
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dalla previsione legale, ne finisce per risultare poco comprensibile, e di dubbia ragionevolezza, la stessa fattispecie: in una parola, qualunque ipotesi positiva in cui non sia ben percepibile il valore di fondo oggetto di tutela, lungi dal riaffermarla, implica un attacco alla legalità processuale>>420.
Si tratta di una soluzione interessante dal punto di vista prettamente speculativo, ma che comporta non poche incognite sul piano della sua concreta realizzazione421. Preme anzitutto tener presente che qualunque sforzo teso a valorizzare il criterio del pregiudizio effettivo nel settore delle nullità deve misurarsi con due questioni di fondo, logicamente interrelate. Pregiudizio effettivo e regime di tassatività delle nullità possono davvero coesistere? Il sindacato sul pregiudizio effettivo può compromettere l’imparzialità del giudice? Poniamo l’attenzione sul nesso tra tassatività delle nullità e legalità:
la prima è strumentale alla seconda. La tassatività delle nullità dà vita infatti ad una sorta di principio di affidamento che si sostanzia prima di tutto nel rispetto delle forme. In altre parole ciascuna parte è messa nelle condizioni di sapere in anticipo che un determinato vizio dell’atto provocherà precise conseguenze processuali. Ed è quindi
nelle possibilità di indirizzare le proprie iniziative processuali sulla base di tale consapevolezza.
420Così, ancora, M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio
effettivo nelle invalidità processuali penali, p. 175, v., altresì, C. CONTI, Nullità e inutilizzabilità: problemi attuali e prospettive di riforma, cit., p. 1670.
421P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 887.
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Il principio in parola rappresenta una garanzia del sistema e in particolar modo una garanzia delle parti stesse e segnatamente, di colui che è esposto alla potestà punitiva, cioè l’imputato. In tale prospettiva, non troppo insensatamente, si potrebbe sostenere che l’imperfezione, nel momento stesso in cui produce effetti e proprio
perché è in grado concretamente di produrli, costituisce una forma di tutela del singolo contro la potestà punitiva statuale, che si deve compiere secondo scansioni formali certe e prevedibili. Tuttavia quell’affidamento verrebbe meno se venisse riconosciuto al giudice il
potere di sterilizzare il rilievo processuale di un atto imperfetto. Non è semplice accettare l’idea che una parte – in un settore nevralgico come quello della patologia degli atti processuali – anziché confidare esclusivamente nel rigoroso rispetto delle forme, debba altresì confidare anche nel giudice e nella sua imparzialità. Appare quindi ragionevole anche la posizione di chi ravvisa nel recupero del criterio del pregiudizio effettivo un fenomeno potenzialmente destabilizzante, suscettibile di alterare l’equilibrio
stesso del rapporto tra il giudice e le parti. Una condizione foriera di possibili incertezze <<perché un ampio potere di escludere d’ufficio l’invalidità nonostante la violazione delle forme renderebbe le parti,
e soprattutto la difesa, in condizioni di non poter pretendere la piena osservanza delle norme>>422 dato che l’applicazione di queste ultime risulterebbe sempre sottoposta al filtro giurisdizionale. Risolvere la
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questione se un vizio sia o no processualmente rilevante significa spesso decidere le sorti di un imputato. Da qui l’esigenza di non
rinunciare alla tutela offerta dal regime della tassatività. Diversamente, il prezzo da pagare risulterebbe troppo alto, perché sarebbe a rischio la stessa imparzialità del giudice. In sostanza il pericolo è che il giudice <<da garante del rispetto delle forme>>, si trasformi arbitrariamente in un <<garante dell’interesse di una
parte>>423 che si sostanzia in quella che ricava un concreto vantaggio dalla mancata declaratoria di una nullità. Ecco il punto centrale. Potrebbe verificarsi che la parte inadempiente, colpevole di aver provocato l’imperfezione, benefici nei fatti di una sorta di premio da
parte del giudice che reputi quel vizio processualmente innocuo per la controparte. Viene da chiedersi, tuttavia, se in questo caso non ci sia il rischio di aggirare lo stesso principio costituzionale della par
condicio (art. 111 comma 2 Cost.), che, interessando l’intero sistema
processuale, dovrebbe logicamente coinvolgere anche il settore delle invalidità. Come non accogliere l’idea che il pregiudizio effettivo
possa costituire una sorta di sanatoria non codificata, dai connotati incerti e dai confini labili, perché connessa non già ad un preciso comportamento delle parti (oggetto di una puntuale previsione legislativa, come accade nelle ipotesi di cui agli artt. 183 e 184 c.p.p.), bensì ad una autonoma valutazione del giudice? È proprio
423 P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 888.
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questo il tema problematico di fondo424. Parlare di pregiudizio effettivo può significare in sostanza dare spazio a giudizi di valore sulle imperfezioni degli atti processuali.
Si tratta, in altre parole di delegare al giudice il potere di assegnare un peso specifico al singolo vizio dell’atto e di considerare quindi l’imperfezione processualmente irrilevante poiché (da lui ritenuta)
innocua. Ma, a questo riguardo, come conciliare un simile potere selettivo con l’imparzialità del giudice? Si ritiene che su questo
punto valga la pena soffermarsi. Ammesso che l’indagine sulla concreta lesività del vizio implica la formulazione di un giudizio di valore che comporta un inevitabile margine di discrezionalità, come prevenire errori da parte dell’organo giurisdizionale? Per accertare la presenza o l’assenza di un pregiudizio concreto in capo all’imputato
che invoca la nullità, il giudice non dovrebbe forse immettersi nella posizione di tale soggetto e quindi anche proiettarsi (trovandosi così coinvolto) nella peculiare dimensione dell’interesse della parte, cioè in definitiva, sul piano delle strategie processuali di quest’ultima? Come assicurare nei fatti l’equazione pregiudizio effettivo- pregiudizio oggettivo?425
Sul campo dell’effettività delle sanzioni processuali s’innesta quindi l’antico dilemma del confine tra discrezionalità e arbitrio. I timori
sembrerebbero fondati. Per convincersene basti pensare alle
424
P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 888.
425 P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 889.
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difficoltà pratiche che da sempre emergono laddove si tratta di individuare in concreto il requisito dell’interesse ad eccepire la nullità, trattandosi di un concetto sempre legato ad un fine economico426. La scelta di affidare al giudice il potere di sindacare il rilievo dell’invalidità non rischia forse di creare discriminazioni tra
imputati a seconda della maggiore o minore sensibilità dell’organo giurisdizionale per il rigore formale?427
L’adozione del parametro del pregiudizio effettivo cela, poi, una
serie di incognite applicative. Il requisito in questione dovrebbe valere per tutte le ipotesi di invalidità codificate o solo per alcune di queste? E sulla base di quale criterio andrebbe eventualmente stabilito una simile distinzione? Dare una risposta a questo interrogativo non è affatto semplice. Si potrebbe forse guardare al sistema statunitense che, da una parte, prevede la categoria del c.d. vizio inoffensivo (harmless error) e dall’altra, tende a non estenderla agli errori “strutturali”, ovvero quelli suscettibili di determinare l’annullamento del processo; questi ultimi, infatti, rilevano sempre, a
prescindere dalla loro concreta lesività428.
Altresì, si potrebbe prendere come modello il processo penale francese, che attribuisce al giudice il potere di individuare alcune
426
Cfr. sul punto, S. CARNEVALE, L’interesse ad impugnare nel processo penale, Torino, 2012, p. 63.
427P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 889.
428
Cfr. sul punto, M.H., Graham, Abuse of Discretion, Reversible Error, Harmless
Error, Plain Error, Structural Error. A New Paradigm For Criminal Cases, in Crim. Law Bull, p. 43, 2007, p. 955.
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ipotesi di nullità anche al di fuori del catalogo normativo, facendo leva sulla concreta inoffensività della violazione delle forme (art.
802 cod. proc. pén.)429. A questo proposito forse è proprio l’analisi
comparatistica a consigliare una maggiore prudenza. Il sistema statunitense, di tipo accusatorio, tende comunque a circoscrivere la categoria del vizio inoffensivo, proprio allo scopo di scongiurare un eccessivo "protagonismo" del giudice, che deve rimanere estraneo alla dialettica processuale; mentre la soluzione accolta nel sistema francese appare molto più semplicemente connessa alla peculiare struttura del rito, che prevede ampi e incisivi poteri del giudice nella dinamica procedimentale. In ogni caso, anche se si volesse adottare una qualche forma di accertamento del pregiudizio effettivo nel nostro sistema, esiste un settore che dovrebbe restare assolutamente immune da un’operazione di questo genere: la libertà personale dell’imputato. Il motivo di questa affermazione si riscontra nel fatto
che la potestà cautelare si posiziona in una dimensione eccezionale rispetto alla potestà punitiva, posto che ne costituisce una proiezione strettamente eventuale (artt. 13 e 27 comma 2° Cost.). Sembra naturale che su questo delicatissimo terreno qualunque inadempimento formale da parte di chi esercita il potere cautelare dovrebbe necessariamente determinare gli effetti sanzionatori espressamente previsti dalla legge. Non vi sono spazi per giudizi di
429
V. M.L. RASSAT, Traité de procédure pénale, Parigi, 2011, pp. 681-705; in argomento v. anche AA.VV., Procedure penali d’Europa, a cura di M. Chiavario, M. Delmas-Marty, Padova, 1998, p. 137.
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valore volti a stemperare la portata dell’art. 185 c.p.p. e fondati sulla pretesa inoffensività del vizio. Alterare l’equazione imperfezione-
inefficacia implica aprire a scenari di indubbia prevedibilità. Il principio di affidamento si dovrebbe realizzare in tutta la sua pienezza. E d’altra parte, per rimanere sul piano delle cautele,
sebbene al di fuori dello specifico settore delle invalidità, le fattispecie di caducazione automatica delle misure cautelari non costituiscono forse proprio l’effetto di quel principio? Sulla base di
questi rilievi, autorevole dottrina430 ha ritenuto negare cittadinanza al criterio del pregiudizio effettivo anche in altri settori nevralgici dove è in gioco la libertà personale: si pensi, fra gli altri, ai prelievi biologici coattivi di cui agli artt. 359 bis e 224 bis c.p.p. e alle fattispecie di nullità previste in tali disposizioni. A questi interrogativi se ne aggiungono altri. Come andrebbe accertato il pregiudizio effettivo? Si potrebbe forse ricorrere al procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 127 c.p.p., instaurando una specie di contraddittorio sul fatto processuale (art. 187 comma 2° c.p.p.). Ma l’instaurazione di un contraddittorio che avesse ad oggetto l’aspetto della concreta offensività del vizio non
rischierebbe forse di dilatare i tempi del processo, rendendo vani invece quegli obiettivi di semplificazione e di celerità che proprio quel requisito dovrebbe invece perseguire? E proseguendo in questa
430P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit.,passim.
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fisiologica carrellata di interrogativi: Come porre rimedio alla decisione del giudice che erroneamente identificasse la mancanza di un pregiudizio effettivo, o che, al contrario, lo reputasse erroneamente esistente?431 Come sindacare un errore valutativo che presenta, in ogni caso, un inevitabile indice di soggettivismo? Il rischio che si profila è quello di sommare ingiustizia ad ingiustizia. In sostanza il pericolo è che il giudice diventi un moltiplicatore di iniquità: all’irrilevanza processuale del vizio si sommerebbe infatti l’errata diagnosi relativa alla lesione dell’interesse concreto.
Una valorizzazione incondizionata del criterio del pregiudizio effettivo in un’ ottica di contenimento degli effetti delle nullità nel
giudizio di merito non rischierebbe forse di causare un significativo aumento del numero dei ricorsi in cassazione ai sensi dell’art. 606,
lett. c), c.p.p. da parte di chi intendesse invece far valere, a dispetto della valutazione del giudice432, la nullità dell’atto? Il beneficio ottenuto in termini di semplificazione e di accelerazione del processo potrebbe risultare in qualche modo vanificato dall’aumento del contenzioso in sede di giudizio di legittimità. Sulla base di quanto detto, appare ragionevole ritenere che qualsiasi proposta finalizzata a dare spazio al requisito del pregiudizio effettivo andrebbe prudenzialmente inserita in un quadro riformista più ampio, teso a rivedere in maniera equilibrata l’intera disciplina delle nullità.
431
P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 890.
432P.P. PAULESU,"Pregiudizio effettivo" e nullità degli atti processuali penali, cit., p. 890.
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A questo proposito si potrebbe, anzitutto, affidare al legislatore il compito di selezionare a monte il peso processuale delle fattispecie di nullità, in una prospettiva costituzionalmente orientata, predefinendo l’area del sindacato giurisdizionale sulla concreta
offensività del vizio. In questo ordine di idee e proprio adoperando come chiave di lettura i valori costituzionali in gioco, parrebbe ragionevole interdire qualsivoglia indagine sul pregiudizio effettivo nell’ambito delle nullità assolute le quali – come è noto – tutelano
interessi vitali per il corretto funzionamento del sistema, nella specifica dimensione di chi agisce e di chi reagisce (potestà punitiva e diritto di difesa: iniziativa del pm nell’esercizio dell’azione penale
e partecipazione necessaria del difensore). I valori di rango costituzionale presidiati dalle nullità assolute (artt. 112 e 24 comma 2° Cost.) orientano a ritenere imprescindibile l’equazione imperfezione-inefficacia dell’atto433. E il principio di affidamento, che si regge proprio su tale equazione, risulterebbe garantito per tutto l’arco del procedimento, fino al raggiungimento del giudicato.
Si potrebbe conseguentemente limitare l’operatività del criterio del pregiudizio effettivo alle sole nullità intermedie e relative (o solo ad alcune di queste): qui il parametro del pregiudizio effettivo servirebbe a stemperare il peso processuale delle nullità meno gravi,