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Il criterio del pregiudizio effettivo nella "gestione" delle nullita processuali (principio di legalita v. esigenze antiformalistiche)

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea:

Il criterio del pregiudizio effettivo nella

“gestione” delle nullità processuali

principio di legalità v. esigenze

antiformalistiche

Relatore:

Chiar.mo Prof. Luca Bresciani

Candidato:

Gianmarco Mattonai

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INDICE

Il criterio del pregiudizio effettivo nella

"gestione" delle nullità processuali

principio di legalità v. esigenze antiformalistiche

PREMESSA

CAPITOLO I

Fondamenti ed evoluzione delle nullità processuali

1. Il principio di legalità………...…...pag.9

2. L’evoluzione normativa delle nullità processuali penali e primi

tentativi di codificazione del criterio di lesività………...pag.15

2.1. La nullità, aspetti fondanti………..……pag. 37

3. La crisi della legalità processuale………..pag. 54

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3

CAPITOLO II

La teoria del pregiudizio effettivo

1. Il pregiudizio effettivo nel panorama delle nullità

processuali……….. pag.63

2. Giurisprudenza praeter o contra legem ?...pag. 87

3. Il concetto di abuso del processo e il pregiudizio effettivo, un

binomio conciliabile?...pag. 114

4. Esigenze antiformalistiche nell’ottica della ragionevole durata del

processo………...….pag. 123

CAPITOLO III

L'affermarsi in Europa del metodo sostanzialistico-empirico: un nuovo modo di concepire le invalidità.

1. Formalità irrinunciabili………pag. 140

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4

2.1 I rapporti tra il sistema delle nullità e l’art. 6 C.e.d.u…....pag.156

2.2 L’attenzione al criterio dell’effettività nelle direttive adottate

dall’Unione europea in materia processuale penale………...pag.177

3. Rischi ed incognite applicative del pregiudizio effettivo….pag.181

Osservazioni conclusive ………..…...pag.196 Indice bibliografico …………..………..pag.204 Ringraziamenti

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PREMESSA

Una delle componenti centrali della procedura penale, e di conseguenza del rapporto tra autorità e libertà è rappresentata proprio dalla materia delle invalidità. Essa segna il limite, oltrepassato il quale, l’ordinamento rinuncia all’esercizio del proprio potere di accertamento e – ove necessario – punitivo, a fronte di valori più alti che debbono essere rispettati ed in alcun modo sacrificati. In altre parole, è la definizione dei vizi degli atti a rendere la procedura materia giuridica in senso stretto.

All’interno del complesso delle invalidità la disciplina delle nullità –

in qualunque modello processuale – rappresenta uno snodo fondamentale nel quale si intrecciano e si bilanciano gli interessi e i principi che fondano il processo penale, tracciando in concreto quali siano, delle tante contenute in un codice di procedura, le disposizioni inderogabili e ritenute qualificanti per il legislatore.

In sostanza, la nullità – e il suo operare nella dinamica processuale – rivela un aspetto essenziale della natura stessa di un certo ordinamento.

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6

appare costituirsi principalmente dalla rispondenza degli atti ai modelli processuali predisposti dal legislatore, non si può, però, fare a meno di notare come le norme sulla nullità – tanto quelle generali, quanto quelle a previsione e speciale – si incentrino sui tre soggetti principali del processo: il giudice, il pubblico ministero, l’imputato. Rispetto a questi soggetti le norme di cui agli art. 178 e ss. c.p.p. mirano ad assicurare la protezione dei diritti e dei principi fondamentali del processo: la naturalità, l’imparzialità e l’indipendenza del giudice, per un verso; l’obbligatorietà dell’azione

penale ed i suoi corollari ex art. 112 Cost. per l’altro; ed, infine, il diritto di difesa dell’imputato e delle altre parti private.

In ragione dell’importanza del tema non stupisce che il legislatore

abbia voluto creare un sistema "chiuso" delle nullità, presidiato dal principio di legalità-tassatività a garanzia di certezza e prevedibilità della disciplina dei diritti fondamentali.

Tuttavia, anche di fronte ad un sistema così concepito, fra i protagonisti delle vicende giudiziarie si avverte da tempo l’esigenza di oltrepassare i limiti posti dal legislatore anche aldilà dei confini dell’ermeneutica. Inequivocabili segnali di crisi traspaiono nei

principi di diritto pronunciati dalla giurisprudenza di legittimità, sempre più propensa a valorizzare canoni alternativi rispetto a quelli imposti dal diritto positivo, privilegiando approcci sostanziali che nella maggior parte dei casi vengono criticati per l' attribuire all’organo giudicante spazi di discrezionalità non concessi dal

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legislatore e di operare a scapito della legalità.

Sempre più frequentemente i giudici hanno fatto ricorso al criterio del pregiudizio effettivo per escludere la sussistenza di una causa di nullità ovvero per degradarne il regime in deroga alla tassatività processuale. Talvolta si è impiegato poi la nozione di abuso del processo come limite alla deducibilità delle nullità.

Il rispetto dei precetti di legge cede così il passo al criterio della concreta lesività del vizio quale condizione per la sua rilevanza e a vario modo si registrano discusse decisioni riguardanti la diagnosi e il trattamento dell’invalidità che troverebbe giustificazione

nell'esigenza di colpire non meglio definite condotte devianti ed ostruzionistiche, a loro volta considerate abusive nonostante la conformità alla legge processuale. La difficoltà di calibrare regole logiche e principi garantistici, tradizioni ed “esigenze pragmatiche” non giova alla chiarezza applicativa del dettato normativo.

Emblematica di questa complessità è la condizione in cui versa il pensiero dottrinale, dove la spaccatura tra coloro che propugnano un rinnovamento del sistema (con o senza l’intervento del legislatore) e

una maggioranza ancorata al rispetto dei principi che tradizionalmente sono alla base della disciplina nazionale delle nullità è sempre più ampia.

Se a ciò si aggiunge che la stagione delle interpretazioni giurisprudenziali dissonanti è ben lontana dall’essere conclusa,

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8

tratti ostica, ma anche di straordinario interesse e rilevanza.

In questo contesto, il presente studio si propone di esaminare la relazione che intercorre tra la disciplina delle nullità processuali penali e il criterio del pregiudizio effettivo.

Dopo aver ripercorso le principali tappe storiche che hanno interessato la normativa del sistema delle nullità processuali, si individuano i principi che sono alla base dell’attuale disciplina

codicistica. Successivamente viene analizzata la teoria del pregiudizio effettivo e le recenti tendenze giurisprudenziali che sembrano averne accolto la ratio.

Si passa poi ad esaminare le implicazione che tale teoria può presentare in rapporto al fenomeno del cosiddetto abuso del processo e al principio della ragionevole durata dello stesso; aspetto, quest’ultimo, sempre più ricorrente nelle decisioni giurisprudenziali.

Infine si procede ad una disamina del metodo applicato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo alle invalidità processuali e le eventuali incognite che il criterio del pregiudizio effettivo può celare in sede applicativa. Da qui scaturisce, infine, una riflessione conclusiva sulle eventuali prospettive di riforma.

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CAPITOLO I

FONDAMENTI ED EVOLUZIONE DELLE NULLITA' PROCESSUALI

SOMMARIO: 1. Il principio di legalità; 2. L'evoluzione normativa delle nullità processuali e primi tentativi di codificazione del criterio di lesività; 2.1 La nullità, aspetti fondanti; 3. La crisi della legalità processuale.

1. Il principio di legalità

Il tema delle nullità processuali affonda le sue radici nell’essenza stessa del processo penale, quest'ultimo consta in una concatenazione di atti, il cui punto d’avvio è rappresentato dalla notizia di reato e il

naturale epilogo è costituito dalla sentenza. Tuttavia, il processo penale non può dirsi una semplice sequenza di atti; è una sequenza

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cronologicamente, logicamente e legislativamente ordinata. Parlare di serie legislativamente ordinata di atti implica un immediato riferimento ai modelli legali degli atti processuali che il codice di procedura penale prevede. Appare evidente, che laddove i soggetti operanti sulla scena del processo si distacchino dai modelli processuali stabiliti, il sistema debba prevedere un trattamento delle imperfezioni che possono verificarsi determinando conseguenze sull’intera sequenza processuale. Da qui la predisposizione di un reticolato di norme sulle invalidità degli atti processuali.

Conviene, a tale proposito, soffermarsi sul principio di legalità processuale che rappresenta la pietra angolare del processo penale e conseguentemente anche del sistema delle nullità.

Il principio di legalità è da sempre considerato uno dei capisaldi dell’ordinamento giuridico. Esso è rimasto immutato, nel suo

contenuto essenziale, nel corso dei secoli. Ancora oggi in ambito penalistico, l’antico brocardo nullum crimen, nulla poena sine lege, risalente all’epoca romana, resta un riferimento fondamentale.

E nonostante che per lungo tempo l’approfondimento scientifico si sia concentrato prevalentemente nell’ambito del diritto penale sostanziale, è imprescindibile1 rivendicare il ruolo primario che il

1Come sottolinea G. FOSCHINI, La giustizia sotto l’albero e i diritti dell’uomo, in

Riv. it. dir. proc. pen., 1963, p. 300, infatti <<mediante l’evoluzione dalla

primitività alla civiltà, il processo specifica spontaneamente le precostituite norme del suo attuarsi e, con ciò, rivela i principi fondamentali ai quali esso deve essere informato per poter valere come atto di giurisdizione>>.

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principio di legalità riveste anche in materia processuale2, nell’ottica di un ordinamento unitario in cui la disciplina penale e quella processuale costituiscono un unicum3.

Diversamente, la previsione di un reato resterebbe mera littera legis se non vi fosse un accertamento processuale, come allo stesso tempo non potrebbe esservi processo se non vi fossero dei comportamenti previsti e puniti dal diritto penale come reati4. In questa prospettiva di naturale convergenza fra sistemi di norme5, le esigenze di certezza ed effettività del diritto penale sostanziale potranno dirsi soddisfatte solo se l’attività processuale si svolgerà nel rispetto di schemi legalmente regolati6. Un procedimento non scandito da rigorose

2A tal proposito N. GALANTINI, Considerazioni sul principio di legalità

processuale, in Cass. pen., 1999, p. 1989, parla di un principio di legalità

<<dinamico>>, che si affianca alla legalità in senso <<statico>>, propria del diritto penale sostanziale. Si riferisce, invece, al principio di legalità processuale come <<garanzia di uguaglianza ed […] espressione di civiltà giuridica>> P. NUVOLONE, Legalità penale, legalità processuale e recenti riforme, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1984, p. 4.

3

In tale senso, M. VILLANI, La Corte ribadisce i rapporti tra legalità

costituzionale, legalità sostanziale e legalità processuale, in Giur. cost., 2009, p.

4831-4832; U. DINACCI, Prospettive sistematiche del processo penale, Padova, 1977, p. 7.

4Così scriveva, ancor prima dell’espresso recepimento del principio nella Carta costituzionale, U. DINACCI, Prospettive sistematiche del processo penale, cit., p. 7 <<[T]utto il diritto penale sarebbe vanificato senza il processo. Il primo, infatti, si svolge nel secondo>>; nello stesso senso v. anche T. PADOVANI, Il crepuscolo

della legalità nel processo penale, in Ind. Pen., 1999, p. 527, parla di <<diritto

penale e processo [come] un insieme;[…] due facce della stessa medaglia, rappresentata dal sistema punitivo, di cui costituiscono poli dialettici indisgiungibili>>.

5G. VASSALLI, La potestà punitiva, Torino, 1942, p. 245, sottolinea come le esigenze di certezza proprie del diritto penale sostanziale non possono non riguardare anche il processo penale, avendo la potestà punitiva dello Stato natura giurisdizionale, da qui<<l’inscindibile nesso tra diritto penale e processo>>. 6Come osserva E. AMODIO, Crisi della legalità processuale, filosofia della

rassegnazione e autorevolezza dei giuristi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, p. 433,

<<[l]a legalità processuale è infatti un antecedente necessario rispetto all’esprimersi del magistrato in sentenza sull’applicazione delle norme incriminatrici>>.

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previsioni legali rischierebbe, altresì, di indebolire proprio la certezza e l’effettività delle previsioni sostanziali. Si pensi a titolo esemplificativo all’eventualità di un processo rimesso ad un giudice parziale che non garantisca in modo equanime l’applicazione della

norma punitiva. Appare allora evidente come, onde evitare che scelte arbitrarie possano vanificare in sede processuale le garanzie “statiche” connesse al principio di legalità dei reati, questo stesso

principio dovrà essere esteso ugualmente alla disciplina processuale7. Anche nella Carta costituzionale il principio di legalità riveste primaria importanza: accanto alla classica previsione ex art. 25 comma 2 Cost., riferita alla disciplina sostanziale, il legislatore ha introdotto una previsione simmetrica destinata al profilo dinamico. L’art. 111 comma 1 Cost., stabilisce infatti che la giurisdizione si

attua tramite il giusto processo regolato dalla legge8. Il significato e la portata cogente del principio di legalità ne escono così espressamente rafforzati sul piano processuale9.

Preme sottolineare, per altro, come questa stessa garanzia trovi

7

M. VILLANI, La Corte ribadisce i rapporti tra legalità costituzionale, legalità

sostanziale e legalità processuale, cit., p. 4832.

8Invero la dottrina aveva già tentato di individuare un fondamento della legalità processuale all’interno delle norme costituzionali: taluno indicando proprio nell’art. 25 comma 2 Cost. Nel primo senso, v. M. SCAPARONE, Elementi di

procedura penale. I principi costituzionali, Milano, 1999, p. 1; M. CHIAVARIO, Norma (dir. proc. pen.), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, p. 466; nel secondo,

invece, M. NOBILI, Scenari e trasformazioni del processo penale, Padova, 1998, p. 204; N. GALANTINI, Considerazioni sul principio di legalità processuale, cit., p. 1989.

9In questo senso, P. FERRUA, Il ‘giusto processo’, Bologna, 2012, p. 86, 95-96; M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

invalidità processuali penali, Bologna, 2012, p. 22; M. GIALUZ, sub art. 111, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole – R. Bin, Padova, 2008,

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accoglimento anche in seno alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dove pur non prevista da alcuna norma specifica è

dichiarata principio generale del diritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo10. Secondo detta Corte, il principio di legalità della procedura penale costituisce il pendant della legalità del diritto penale ed è legittimato dal brocardo nullum judicium sine lege. Ne deriva che il processo penale deve essere integralmente regolato dalla legge e svolgersi nel rispetto delle prescrizioni normative11. Un processo “giusto” è tale solo ove si svolga secondo criteri epistemologici che garantiscano da un lato una ricostruzione fattuale il più possibile prossima alla realtà12 e dall’altro la salvaguardia della posizione dell’imputato13. La legalità quindi rappresenta anzitutto una garanzia per l’accusato, un limite all’azione dei pubblici poteri,

ma allo stesso tempo impone un dovere di osservare la legge per i soggetti privati. In altre parole, il complesso dei modi e delle forme

10

Cfr. C. eur. dir. uomo, sez. I, s. 2 giugno 2005, Claes e altri c. Belgio, § 34; sez. II, s. 22 giugno 2000, Coeme e altri c. Belgio, § 102. Sulle esigenze di legalità del processo, anche in relazione al sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in riguardo a diversi aspetti processuali, cfr. R. CASIRAGHI, Prove

vietate e processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, p. 1769; M. NOBILI, Il “diritto delle prove” ed un rinnovato concetto di prova, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. Chiavario, II, Torino, 1990, p. 381;

G. UBERTIS, Principi di procedura penale europea, Milano, 2009, p. 86. 11

In tal senso, O. MAZZA, I protagonisti del processo, in Procedura penale, Torino, 2012, p. 50.

12G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, I, Principi generali, Torino, 2013, p. 49.

13

Sul legame necessario fra giusto processo e legalità processuale, con particolare riferimento al solo profilo della legalità probatoria, v. C. SANTORIELLO, La

legalità della prova, in Processo penale e Costituzione, a cura di F. R. Dinacci,

Milano, 2010, p. 411 ss. Più diffusamente, v. P. FERRUA, Il ‘giusto processo’, cit., p. 95, secondo cui il principio di legalità è addirittura elemento costitutivo del giusto processo, in virtù della <<struttura [dello stesso]: una sequenza di forme e formalità preordinate alla decisione sul tema dell’azione>>.

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relative allo svolgimento del processo penale si pone a baluardo di legalità contro l’arbitrio, in quanto impone all’autorità giudicante ed alle parti l’osservanza di regole e criteri indirizzati al raggiungimento

della verità processuale14. L’esistenza del principio di legalità proietta i suoi effetti anche nella materia delle invalidità processuali. In un sistema improntato alla certezza ed alla prevedibilità dei diritti, la prescrizione e l’imposizione di certe forme, ove non accompagnata

dalla previsione di conseguenze negative per la mancata osservanza delle stesse, svuoterebbe di ogni contenuto la portata imperativa della legge 15 . Per queste ragioni si può sostenere un’applicazione significativa del principio di legalità processuale nel complesso reticolato delle norme in materia di nullità processuali.

14

Così, L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, cit., p. 639.

15<<Il sistema delle invalidità […] segna in concreto quali siano, delle tante contenute in un codice di procedura, le disposizioni inderogabili […]. Senza alcuna previsione di invalidità, si stenterebbe a cogliere la natura giuridica del sistema processuale nel suo complesso>>, così M. CAIANIELLO, Premesse per una

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2. L’evoluzione normativa delle nullità processuali penali e primi tentativi di codificazione del criterio di lesività

Nella materia delle nullità processuali penali, legalità e discrezionalità, sia sul versante politico-legislativo, che sotto quello ermeneutico-applicativo, fin dall'origine hanno rappresentato poli contrapposti.

Ai fini della comprensione dei principi che sorreggono la legislazione vigente in materia di nullità, conviene ripercorrere le principali tappe dei precedenti storico-normativi.

Il principio di legalità delle nullità processuali penali era già previsto dal Code d’instruction criminelle del 1808, il quale, cercando di elaborare una soluzione di compromesso tra i diversi orientamenti

post rivoluzionari16, sanciva l’annullamento per la violazione o l’omissione di quelle forme che il codice stesso aveva stabilito sotto

la relativa comminatoria, oltre che per motivi di negata giustizia nei confronti dell’imputato o del pubblico ministero (art. 408)17

.

16Sanzione di nullità per tutti gli atti compiuti senza osservare le forme stabilite o assenza di qualsiasi sanzione di nullità per la violazione delle forme prescritte. 17V. HELIE, Traité de l’instruction criminelle, 2° ed., VIII, 1867, p.468.

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16

Nonostante questo, siffatto sistema non doveva apparire soddisfacente, in quanto si era verificata l’esistenza di forme – anche non assistite da nessuna sanzione espressa – la cui osservanza era indispensabile per la validità della procedura18. Venne quindi introdotta la distinzione tra formalità principali e secondarie. Anche in assenza di una espressa comminatoria normativa, la violazione delle prime - fra le quali furono fatte rientrare quelle riguardanti il diritto di accusa e di difesa, la costituzione del giudice e la veridicità dell'istruzione - veniva ritenuta causa di annullamento; l’osservanza delle seconde, diversamente, venne affidata alla valutazione del giudice19.

Il modello adottato oltralpe, ebbe, fin da subito, riflessi sull’ordinamento giuridico italiano e sui rispettivi orientamenti

giurisprudenziali e dottrinari.

Durante il periodo successivo all’unità d’Italia, il codice di rito del 1865, all’art. 849, prevedeva il principio di legalità in materia di

nullità, a cui corrispondevano rispettivamente comminatorie specifiche. Nell’ambito delle invalidità così predisposte, era poi la

dottrina a classificarne alcune come insanabili20; ed a individuare, tra le nullità soggette a sanatoria, quelle sanabili solamente in seguito ad

18A. PAGANI, Nullità (materia penale), in Dig. it., XVI, p. 515. 19

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, Milano, 1988, p. 65.

20

V. SALUTO, Commenti al codice di procedura penale, 3° ed., VIII, 1884, p. 153 ss.

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17

un consenso espresso dall’interessato21

. Così, come si era verificato in Francia, questo modello, totalmente basato su nullità “speciali”, si dimostrò carente per la presenza di lacune riguardanti irregolarità che apparivano particolarmente gravi. Per queste ragioni, sia in dottrina che in giurisprudenza, fu promossa la possibilità di rilevare e dichiarare nullità non disciplinate legislativamente (non testuali), ma “sostanziali”, vale a dire quelle nullità deducibili tramite l’analisi

delle inosservanze od omissioni delle forme costituenti “l’essenza dell’atto” e di conseguenza maggiormente lesive nei confronti della

giustizia e della difesa22. Era necessario però, al riguardo definire il concetto di “essenza dell’atto” ed individuare i casi in cui si sarebbe

dovuto ritenere esserne venuti meno gli elementi costitutivi23. In proposito, un possibile parametro di riferimento era rappresentato dal codice di procedura civile del 1865 che, all’art. 56, dopo aver enunciato al primo comma la tassatività delle nullità, vi inseriva nel secondo comma una eccezione, aggiungendo che era possibile annullare gli atti sprovvisti dei requisiti costituenti la loro essenza. Attraverso l’interpretazione di quest’ultima disposizione, la dottrina individuò detti requisiti con quelli apparentemente indispensabili al conseguimento dello scopo 24 . Così, anche nel procedimento

21

CONTURSI-LISI, Le nullità nel codice di procedura penale, 1937, p. 33. 22

Cfr. Codice di procedura penale italiano, Bonsani e Casorati (a cura di), III, 1878, p. 518.

23

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit.,p. 66.

24F. CARNELUTTI, Sistema del diritto processuale civile, II, 1938, p. 504 ss. Alcune riserve a proposito di quanto detto nella disposizione supra citata vedi

(19)

18

processualpenalistico si pensò di fare riferimento allo “scopo dell’atto”. A questo proposito si sosteneva: <<sono formalità essenziali quelle che sono indispensabili per rendere l’atto idoneo al

fine cui è diretto>>25. Tuttavia, il criterio teleologico assumeva rilevanza anche per la formulazione di un enunciato inverso, secondo cui: una volta che l’atto fosse risultato, prima o dopo, idoneo al raggiungimento del suo scopo, diventava irrilevante la sua difformità rispetto allo schema legale26. Al riguardo si sosteneva: <<per poter riconoscere la nullità di un atto, bisogna vedere se lo scopo della legge è stato in fatto raggiunto, se dalla lieve trascuranza di forme è venuta realmente meno quella garanzia di legge, dettata dall’interesse dell’imputato o della difesa sociale>>27

. In questo ordine l’atto – nel caso in cui abbia raggiunto lo scopo ad esso affidato – non dovrebbe essere dichiarato nullo, anche in difetto di alcuni elementi prescritti dalla legge28. È in questo orientamento, che si può intravedere un legame di derivazione diretta con un altro criterio applicato nella individuazione delle ipotesi di nullità. Criterio che in seguito verrà definito del “pregiudizio effettivo”. In base ad esso, solamente nel

caso in cui venisse dimostrato che l’omissione di una formalità o

CHIAROVENDA, Istituzione di diritto processuale civile, II, 1934, p. 331; per l’ampliamento della stessa nei confronti del processo penale vedi LETO, Le nullità

nel procedimento penale, 1905, pp. 26-27.

25

A. PAGANI, Nullità (materia penale),cit., p. 516. 26

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p.66.

27

GAROFALO e CARELLI, La riforma della procedura penale in Italia. Progetto

di un nuovo codice, 1889, p. CXIII.

28M. PESCATORE, Sposizione compendiosa della procedura civile e criminale, II, 1865, p. 176.

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19

l’inosservanza di una prescrizione di legge fosse stata giudicata tale

da provocare una influenza nociva, l’atto sarebbe potuto andare incontro ad annullamento29. Inoltre, in un momento successivo, fu lo stesso concetto di “nullità sostanziale” a subire la trasformazione in quello di “nullità assoluta”. Posto che la prima invalidità era

identificabile come tale perché andava a incidere su interessi fondamentali del processo, si ritenne che essa avesse intrinsecamente le caratteristiche della rilevabilità d’ufficio e della insanabilità30

. Venne altresì tentata una prima classificazione delle ipotesi di nullità assoluta31. La distinzione tra nullità “testuali” e nullità “sostanziali”, nonostante resasi motivo di rilevanti incertezze in ambito applicativo32 - determinando notevoli oscillazioni giurisprudenziali – venne riproposta in occasione dei lavori preparatori del codice del 191333. Nel corso dei lavori, mentre la Commissione istituita nel 1898 demandava ad una specifica Sottocommissione di portare avanti uno studio accurato sulle nullità - stabilendo tassativamente le nullità sostanziali (intese come assolute) e quelle sanabili34- detta Sottocommissione, invece, formulò una disposizione (art. 9) in base

29R. GAROFALO, La nuova procedura penale, in Nuova Antologia, 1901, p. 627. Altre teorie a questo proposito sono state realizzate dalla dottrina straniera ed esposte in LETO, Le nullità nel procedimento penale, cit., p. 55 ss.

30

Cfr.LETO, Le nullità nel procedimento penale, cit., pp. 58-59.

31V. ancora LETO, Le nullità nel procedimento penale, cit., p. 64 ss.; Cfr. anche A. PAGANI, Nullità (materia penale), cit., p.516.

32

Cfr. Codice di procedura penale italiano, cit., VI, p.352; nonché GAROFALO e CARELLI, La riforma della procedura penale in Italia, cit.,p. CIX ss.

33

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p.67.

34Cfr. in Commento al codice di procedura penale, Mortara (a cura di), parte I, I, 1913, p. 199.

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20

alla quale, oltre alle nullità stabilite dalla legge, si dovevano intendere prescritte a pena di nullità, anche le forme costituenti l’essenza dell’atto35

.

Di diverso avviso si mostrò la Commissione di revisione, che trovò questa formulazione troppo flessibile e incline a lasciare le nullità all’arbitrio del giudice o alla disputazione delle parti. A tale

proposito, la Commissione auspicava l’adozione di una formula maggiormente restrittiva, specificatamente comprendente: la legale costituzione del giudice, l’esercizio dei suoi poteri e il legale esercizio delle facoltà concesse dalla legge alle parti per far valere le proprie ragioni. Così, veniva presentato un nuovo schema legislativo, e successivamente, sulla base di questo testo, nonché di quello già proposto dalla Sottocommissione, era concordata una disposizione secondo la quale, ammesso il principio di tassatività delle nullità, dovevano considerarsi stabilite a pena di nullità alcune disposizioni. In particolare quelle riguardanti: la competenza e l’esercizio delle facoltà concesse dalla legge alle parti per far valere le proprie ragioni, la costituzione del giudice e l’esercizio dei suoi poteri36. Un’ulteriore disposizione, l’art. 10, statuiva, sia nella versione

proposta dalla Sottocommissione, sia in quella definitivamente concordata, che le nullità assolute, fossero desumibili dal pubblico ministero e rilevabili d’ufficio.

35

V. in Commento, cit., parte I, I, p. 200. 36

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

(22)

21

Le indicazioni offerte dalle Commissioni, trovarono applicazione in gran parte nel progetto del 1905, che all’art. 124, dopo aver

sottolineato al primo comma il principio di tassatività delle nullità, al secondo, prevedeva che dovevano sempre considerarsi stabilite a pena di nullità le disposizioni concernenti la costituzione del giudice e delle parti, il potere del giudice e la competenza per materia, e nell’art. 126, riaffermava la pronunciabilità d’ufficio delle nullità

insanabili. La ragione della disciplina così prospettata – come emerge dalla relazione al menzionato progetto – era anzitutto, limitare la “sorgente inestinguibile di nullità”, derivante dalla

formula larga e imprecisa della nullità per difetto degli elementi essenziali dell’atto. Ed inoltre, limitare le nullità insanabili solamente ai casi, in cui fossero disattesi principi fondamentali inerenti all’ordine pubblico37

. Si segnala, che nella stessa relazione, veniva categoricamente respinto il criterio del pregiudizio effettivo la cui applicazione avrebbe trasformato la Corte di cassazione in giudice di fatto. Inoltre, il criterio del pregiudizio effettivo, avrebbe provocato da un lato, difficoltà in riferimento alla valutazione dell’influenza concreta della violazione formale, dall’altro, il pericolo di

abbandonare totalmente tale apprezzamento alla discrezionalità del giudice. Il progetto successivo del 1911 – il cui art. 129 corrispondeva all’art. 124 del progetto precedente – si

37P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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22

contraddistingueva per la previsione, fra le altre, di una ipotesi di sanatoria, specificatamente indirizzata alle richieste e ai decreti di citazione, oltre che alle notificazioni, ovvero all’accettazione degli effetti dell’atto da parte dall’interessato (art.133). Dalla lettura della

relazione al menzionato progetto, la spiegazione di questa disposizione, era da ricercare nel fatto che tale comportamento avrebbe riscontrato l’insussistenza di un danno per i diritti che la

norma disattesa aspirava a tutelare38.

Con ciò, evidentemente, il criterio del pregiudizio effettivo, respinto in sede di formulazione delle ipotesi di nullità, veniva ad assumere una certa rilevanza nel momento in cui si trattava di prevedere le cause di sanatoria.

Nella sua versione definitiva, il codice di rito del 1913, dopo aver preliminarmente sancito il principio di tassatività delle nullità all’art.135, ammetteva espressamente l’esistenza di nullità assolute, insanabili e rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del

procedimento, individuandone altresì le cause nelle violazioni di norme, concernenti la costituzione del giudice, l’intervento e la rappresentanza del pubblico ministero, l’intervento e la rappresentanza dell’imputato nei casi e nelle forme stabiliti dalla

legge (art. 136). Il procedimento così introdotto mirava a contemperare gli orientamenti opposti, che erano emersi in ordine ai possibili modi di regolamentazione delle nullità, diretti, l’uno, a

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23

stabilire inderogabilmente i casi relativi, l’altro, a demandarne l’individuazione – in base a criteri diversi a seconda delle varie

opinioni – al convincimento del giudice39. Difatti, pur non intaccando il principio cardinale di diritto processuale che non potesse pronunciarsi la nullità di un atto se l’osservanza delle forme che lo regolavano non fosse stata prescritta a pena di nullità dalla legge40, vi si inseriva un temperamento con l’introduzione delle nullità assolute, sancite in maniera non specifica, in ordine a determinate classi di inosservanze, riflettenti la costituzionalità del procedimento o del giudizio.

A ben vedere, il criterio teleologico non trovò accoglimento nel codice del 1913 ai fini dell’individuazione a priori delle ipotesi di nullità, ma neppure si ritrova, tra le cause di sanatoria ivi comprese, una nella quale sia ravvisabile un immediato precedente di quella per il conseguimento dello scopo41.

Il successivo codice del 1930 mantenne il metodo già accolto dal legislatore del 1913. All’art 184, primo comma, escluse qualsiasi nullità non prevista espressamente dalla legge. Il legislatore dispose, per ragioni tecniche, che talvolta, questa sanzione processuale, colpisse l’atto, <<non già attraverso un dettato particolare a ciascuna

39

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 70.

40

A.PRESUTTI, Legalità e discrezionalità nella disciplina delle nullità

processuali, in Riv. it. dir. proc. pen, cit., p. 1198.

41

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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24

norma>>42, piuttosto <<attraverso un dettato generale formulato per gruppi di norme individuate secondo il loro oggetto>>43; le c.d. nullità di ordine generale cui faceva riferimento l’art 185. Nella

relazione sul progetto preliminare venne osservato come certe essenziali formalità, che non si prestano ad enunciazioni minutamente analitiche, devono considerarsi sempre stabilite a pena di nullità 44 . Ciò che cambiava, rispetto alla precedente regolamentazione, era invece il trattamento delle nullità. L’art. 184, al secondo comma, decretava la generale sanabilità di tutte le nullità nei modi stabiliti dalla legge. Corrispondentemente alle nullità di ordine generale contemplate all’art 18545, non venivano più attribuite le qualità della insanabilità e rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

A ciò, si aggiungeva poi un incremento del numero delle cause di sanatoria, fra le quali, venne inserito all'interno delle sanatorie generali, il “conseguimento dello scopo” (art. 187, comma 3)46. Inoltre il legislatore optò per l’assoggettamento di quasi tutte le

nullità, a termini perentori di deduzione, stabiliti con riferimento alle varie fasi e ai diversi gradi del procedimento47.

42

U. ALOISI, Manuale pratico di procedura penale, 1932, p. 227. 43U. ALOISI, Manuale pratico di procedura penale, cit., p. 227.

44Cfr. in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, VIII, 1929, p. 41.

45Si tratta di nullità corrispondenti in larga parte con quelle previste nel precedente art.136.

46

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 72.

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25

Il nuovo aspetto assunto dalla materia fu giustificato attraverso due considerazioni: a parere della suddetta relazione, il regime delle nullità assolute era “platealmente eccessivo”, al punto da diventare la

causa dell’annullamento di procedimenti complessi che spesso arrivavano fino all’ultimo stadio, anche senza che nessuno si fosse

accorto dell’esistenza della nullità e pur senza che venisse dimostrata la lesione di un qualche legittimo interesse. Alle nullità assolute, era pur sempre applicabile una sanatoria generale, quale quella derivante dalla forza preclusiva del giudicato. Veniva quindi meno, la loro “pretesa assolutezza”, e con essa, il motivo di sottrarle alle sanatorie

preposte per tutte le altre nullità48. Durante lo svolgimento dei lavori preparatori, da più parti, vennero mosse critiche al sistema prospettato in questi termini. A livello generale, si contestava l’abolizione delle nullità assolute e, in particolare, la degradazione a

nullità relative e sanabili dei vizi inerenti la costituzione del giudice, l’attività del pubblico ministero e infine quelle violazioni incidenti sulla difesa dell’imputato49

. Taluni, poi, reclamavano che le nullità già assolute potessero essere sanate solo in forma esplicita50, altri che non venisse permessa, rispetto ad esse, la convalidazione per acquiescenza51. Particolare importanza ricoprono infine, le molteplici istanze che, rifacendosi ai precedenti orientamenti di cui si è detto,

48

Cfr. in Lavori preparatori, cit., loc. cit..

49P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 74.

50

Commissione Reale Avvocati di Torino, in Lavori preparatori, cit., IX, p. 454. 51Commissione Reale Avvocati e Sindacato Avvocati e Procuratori di Trieste, in

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26

spingevano per far inserire nel codice di procedura, una regola simile a quella prevista nell’art. 56, comma 2, c.p.c. del 1865 (nullità degli atti mancanti dei requisiti essenziali), volta a limitare l’invalidità ai casi in cui la violazione di legge avesse causato un pregiudizio effettivo 52 . Tuttavia, il ministro Guardasigilli non ritenne di ammettere alcuna delle modifiche proposte. Non fu così concesso il ripristino delle nullità assolute, nemmeno limitatamente ai vizi di costituzione del giudice53. Egli sosteneva, come si evince dalla relazione sul progetto definitivo, che anche nel codice allora vigente (il codice di rito del 1913), non esisteva una definita assolutezza; tanto meno si poteva ipotizzare di affidare al giudice la facoltà di annullare gli atti sprovvisti dei requisiti essenziali, essendo questa, un’operazione da sempre criticata per la sua indeterminatezza54

. Nel successivo codice del 1930, l’influsso dell’ideologia statalista55, si sommò ad una concezione inquisitoria tesa a fare del processo penale un mezzo di difesa sociale, (entrambe a fondamento del maggior rilievo assunto dall’interesse pubblico nel nuovo processo e dell’aumento del numero delle cause di sanatoria, sia generali che

speciali). Questo contesto ideologico, ben si conciliava con un sistema che vincolava le nullità ad un principio di stretta legalità. Al giudice era attribuito il potere di eliminare preventivamente le

52

Università di Macerata, in Lavori preparatori, cit., IX, p. 440.

53P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 75.

54V. in Lavori preparatori, cit., XI, 1930, p.470.

55Sull’argomento vedi G. AMATO, Individuo e autorità nella disciplina della

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27

cause delle nullità, o altrimenti, di dichiarare d’ufficio quelle che si erano già verificate, (art. 187, comma 1). In realtà, tramite il sistema delle sanatorie - specialmente attraverso i termini prescritti per la deducibilità delle nullità - si onerava il difensore ad opporre, nel breve termine, le nullità non rilevate dal pubblico ministero o dal giudice, finendo in questo modo per far ripercuotere sull’imputato, le conseguenze degli errori e delle negligenze dei legali incaricati56. In questo contesto, l'introduzione di una sanatoria, fondata sul raggiungimento dello scopo, non comportò particolari perplessità. Nel corso dei lavori preparatori ci si limitò a rilevare come il "raggiungimento dello scopo" non avrebbe potuto logicamente essere dimostrato dall'atto affetto da nullità. Da qui la necessità di ricorrere ad altri argomenti di convincimento. Questa constatazione, appare celare una intuizione di fondo, inerente alla natura dell'istituto e all' opportunità di inserirlo fra le cause di sanatoria. Poco dopo l'entrata in vigore del codice del 1930, in dottrina57, si osservò come, nel caso di raggiungimento dello scopo, la sanatoria poteva qualificarsi quale conseguenza di una “ragione naturale”, per il fatto che nessun

pregiudizio avrebbe potuto causare la nullità all'attività difensiva delle parti58. Sotto questo aspetto però, non veniva considerato che, ammettendo il principio di tassatività delle nullità, il legislatore

56P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 76.

57

U. ALOISI, Manuale pratico di procedura penale, cit.,p. 236.

58P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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28

aveva indirettamente respinto la possibilità di individuarle a priori con l'ausilio del criteri – pur riproposto in sede di lavori preparatori – del pregiudizio effettivo59. Per ovviare alle sostanziali ingiustizie derivanti talora dalla tassatività, talora dalla sanabilità delle nullità, la giurisprudenza60 utilizzò il concetto extranormativo di “inesistenza giuridica”, che essendo intesa come forma di invalidità così radicale non ravvisava l’esigenza di essere espressamente regolata, né di

poter essere in qualunque modo sanata61. Così facendo, si arrivò ad eliminare dal processo quegli atti, particolarmente viziati, che altrimenti sarebbero stati anch’essi soggetti a sanatoria in virtù delle regole generali62.

Mentre il codice di procedura civile del 1940 prevedeva il criterio del raggiungimento dello scopo come elemento fondante dell’intero sistema delle nullità, l’ordinamento processuale penale mostrava –

laddove la difformità dell'atto dal suo modello legale, e dai principi

59A tal proposito una dottrina dell’epoca era ferma nel ritenere che il nuovo codice di procedura era ispirato a tale criterio: E. FLORIAN, Principi di diritto

processuale penale, 2° ed., 1932, p. 134. Secondo un’altra parte della dottrina,

invece, le nullità avrebbero dovuto fondarsi in ogni caso su un effettivo pregiudizio la cui valutazione doveva esse preventivamente affidata al Legislatore, e non rimessa al giudice. Così R. PANNAIN, Le sanzioni degli atti processuali penali, 1933, p. 326 ss.

60<<Correttivo al metodo dell’adeguamento di tutte le nullità allo schema della

nullità relativa, pensiamo potrà essere l’istituto dell’inesistenza dell’atto, in confronto del quale la sanatoria non può operare>>, E. FLORIAN, Principi di diritto processuale penale, cit., p. 136. Sulla nozione di inesistenza si richiama

BELLAVISTA e TRANCHINA, Lezioni di diritto processuale penale, 10° ed.,1987, pp. 284-286; G. CONSO, Il concetto e le specie di invalidità, cit., 1972, p. 97 ss.

61

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 78.

62

Ne costituisce un esempio il decreto di citazione indicante per la comparizione un giorno successivo a quello dell’udienza (Cass. 28 maggio 1934, in Giust. pen., 1935, IV, p. 394) e le attività compiute nel dibattimento contumaciale da un difensore incapace (Cass. 16 dicembre 1935, in Giust. pen., 1935, IV, p.619)

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29

generali apparisse particolarmente accentuata – una insufficienza rimediabile soltanto attraverso tecniche, che suscitarono in molti, titubanze dal punto di vista del diritto positivo. L’influsso di tali perplessità, a cui si aggiunse il mutamento della cornice politico-costituzionale, sempre più incline ai diritti di libertà individuali, sfociò in una prima settoriale riforma della procedura penale tramite l’emanazione di un provvedimento (l. 18 giugno 1955, n. 517) atto

prevalentemente a fornire ulteriori garanzie alla difesa e alle parti63. In particolare, in materia di nullità, preso atto che spinte provenienti dalla dottrina e dalla giurisprudenza erano volte al reinserimento delle nullità assolute, così si affermava che: <<quando si tratta invero di forme che attengono a momenti fondamentali del processo o a facoltà o a poteri nei quali si rispecchia il diritto di difesa dell'imputato, è evidente che la forma assurge a garanzia sostanziale e come tale deve essere accompagnata dalla più rigorosa disciplina d'attuazione>>64. Conseguentemente la legge suddetta, all’articolo 5, da una parte, abrogò il secondo comma dell’art.184, che rendeva

sanabili tutte le nullità, dall’altra, inseriva un capoverso all’art.185, per il quale le nullità ivi disciplinate – ovvero quelle di carattere generale – divenivano insanabili e rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento65.

63

Così la Relazione alla Camera dei Deputati dell’on. De Pietro, Ministro di

Grazia e Giustizia, in Lex, 1955, II, p.25.

64

Relazione ult. cit., pp. 35-36

65 P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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30

La principale innovazione, consisteva quindi, non soltanto nella reintroduzione delle nullità assolute, ma soprattutto nell’elevazione delle nullità di ordine generale a nullità assolute.

La novella del 1955 sanciva come assolute tutte le nullità inerenti al giudice, al pubblico ministero, al difensore e all’imputato, anche nel caso di violazioni – prive dall’origine o per successivo raggiungimento dello scopo – di qualsivoglia efficacia lesiva nei confronti del rapporto processuale e della regolare costituzione dei diritti di difesa66. In presenza di tali incongruenze, la giurisprudenza, da una parte, limitava il campo di applicazione delle nullità d’ordine

generale classificando nullità relative67, o persino mere irregolarità, violazioni incidenti in modo considerato meramente formale sui diritti della difesa. Dall’altra, reputava sanabili, anche e soprattutto in

conseguenza del raggiungimento dello scopo, le nullità assolute68. Ai suddetti orientamenti corrispose, in dottrina69, la riproposizione della teoria del pregiudizio effettivo, denominata anche con il termine di teoria della “lesività sostanziale”.

Premesso che le formalità processuali non sono mai intese come fini a se stesse, anche se poste a tutela di particolari diritti o interessi, veniva respinta la possibilità di dichiarare l’esistenza di una nullità

66

BOSCHI, La lesività delle nullità assolute, cit., p. 233.

67P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 82.

68BOSCHI, La lesività delle nullità assolute, cit., p. 234; ID., Prospettive, cit., p. 244.

69

BOSCHI, La lesività delle nullità assolute, cit.,pp. 237-238.

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31

assoluta solo sulla base della non corrispondenza dell’atto con il suo

modello legale, richiedendo altresì - alla luce dell’art. 12 comma 1 disp. prel. c.c., il quale imponendo di tenere conto “dell’intenzione del legislatore”, avrebbe dato rilievo giuridico all’elemento valutativo e finalistico della fattispecie – l’accertamento, da parte dell’interprete, di una concreta lesione all’interesse protetto dalla norma violata. In altre parole, l’atto processuale totalmente nullo,

avrebbe dovuto essere non soltanto difforme dal modello legale, ma anche e soprattutto pregiudizievole dell’interesse protetto dalla

norma violata70. Si ricorda poi, che il rischio dell’annullamento di atti processuali a causa di minime violazioni formali, purché genericamente collegabili all’art. 185, comma 1 c.p.p. – data la

possibilità di frequenti rallentamenti nello svolgimento dei processi e dell’amministrazione giudiziaria – andò peggiorando a mano a mano

che successive prese di posizione della Corte costituzionale e del legislatore, tra il 1960 e il 1970, si concretizzarono in un graduale incremento dei diritti della difesa. Pertanto, venne così ampliata l’applicabilità del meccanismo sanzionatorio previsto nel capoverso

della disposizione suddetta. Per di più, la rilevabilità sino al giudicato delle nullità assolute celava il pericolo dell’annullamento e del ritorno a fasi o gradi anteriori di processi oramai giunti a conclusione, in conseguenza alla tarda deduzione di nullità

70P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

(33)

32

verificatesi anteriormente, magari intenzionalmente71.

Con l’obiettivo di porre rimedio alla situazione descritta, nel 1977, un’ulteriore novella (L.8 agosto 1977, n. 534; art. 8), rimodificando il testo dell’art. 185, ha conservato il regime delle nullità assolute per

talune ipotesi fra quelle previste dal suo primo comma, mentre, al terzo comma, ha sottoposto i casi residui di nullità generali a un sistema ibrido caratterizzato da: rilevabilità anche d’ufficio, ma soggetta, come la deducibilità, a termini perentori endoprocessuali più lunghi rispetto a quelli prescritti per le nullità relative72. Così è apparsa discutibile la stessa collocazione sistematica di questo nuovo tipo di nullità, nominata da taluni “intermedie”73, da altri “semiassolute”74

o da altri ancora, “assolute affievolite”75, “meno che assolute”76, “relativamente assolute”77, “relativamente insanabili”78

, e secondo un ultimo orientamento “relative”79

.

Dopo questa riforma, è venuta meno la completa coincidenza fra le

71

G. CONSO, Rimeditare le nullità, in Giust. pen., 1976, fasc. 12-bis, p. 152; DOMINIONI in AMODIO, DOMINIONI e GALLI,Nuove norme sul processo

penale e sull’ordine pubblico, 1978, pp. 55-56; ID., Le parti nel processo penale,

1985, pp. 267-269; C. MANCINELLI, Nullità degli atti processuali penali, cit., p. 289.

72DOMINIONI in AMODIO, DOMINIONI e GALLI, Nuove norme, cit., p.78; ID.,

Le parti, cit., p.271.

73C. MANCINELLI, Nullità degli atti processuali penali, cit., p. 290; A. PRESUTTI, Legalità e discrezionalità nella disciplina delle nullità processuali, cit., p. 20;

74

G. FLORIDIA, In tema di nullità semiassolute, in Giur. it., 1979, II, p. 405 ss. 75F. CORDERO, Procedura penale, cit., p. 884.

76 F. CORDERO, Guida, cit., p.451.

77 A. GALATI, Nullità (Dir. proc. pen.), in Enc. dir., XXVIII, p. 921. 78

G. PISAPIA, Compendio di procedura penale, 5° ed., 1988, p. 129.

79 BOSCHI, Appunti sulle nuove modificazioni al codice di procedura penale, in

Foro it., 1977, V, p. 262; U. DINACCI, Le nullità processuali penali dopo la riforma del 1977 nella giurisprudenza della Cassazione, in L’evoluzione giurisprudenziale nelle decisioni della Corte di cassazione, V, 1984, pp. 193-194.

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33

nullità di ordine generale e quelle assolute; in modo che, la riconducibilità della violazione di una norma processuale ad uno dei numeri di cui al primo comma dell’art. 185, non presuppone

necessariamente la sussistenza di una nullità assoluta, dovendosi altresì esaminare, alla luce dell’intero articolo, se si tratti di una

nullità insanabile oppure intermedia80.

La novella del 1977, ha modificato soprattutto le nullità che interessano la difesa dell’imputato, tra le quali solamente due specie – l’omessa citazione dell’imputato e quella per assenza del suo

difensore al dibattimento – hanno mantenuto il carattere dell’assolutezza. Mentre le rimanenti, quelle presentatesi nella fase

istruttoria, sono sottoposte al trattamento previsto dal comma 3 dell’art. 185. Autorevole dottrina 81 , notò come quest’ultimo

intervento, costituisse un indebolimento dell’apparato garantistico, introdotto progressivamente dal giudice costituzionale e dal legislatore, nella prospettiva di una più incisiva attuazione dell’art. 24 comma 2 della Costituzione.

La presente trattazione deve, inoltre, tenere presente delle posizioni che, in tema di nullità e di sanatorie, sono state accolte nel progetto preliminare del 1978 e nel nuovo codice di procedura penale.

80

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 86.

81Sulla nuova classificazione delle nullità cfr. DOMINIONI, in AMODIO, DOMINIONI e GALLI, Nuove norme, cit., pp. 57-59; ID., Le parti, cit., pp. 269-270; A. PRESUTTI, Legalità e discrezionalità nella disciplina delle nullità

processuali, cit., pp. 20-28.

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34

Dopo aver affermato, all’art.169, il principio di tassatività, il progetto

del 1978, si connotava per l’esclusione dell’identità fra nullità generali e nullità assolute e per l’eliminazione delle nullità

intermedie: all’art. 170; esso difatti enumerava le nullità di ordine generale, nelle quali erano ricomprese insieme nullità assolute e nullità relative.

Nel successivo art. 171, poi alcune nullità generali, sotto l’espressa

denominazione di assolute erano specificatamente regolate quanto alla tipologia e al trattamento.

Proseguendo ulteriormente nella enunciazione dello schema codicistico, l’art.171 procedeva poi alla definizione della tipologia e del trattamento di alcune nullità generali (denominate “assolute”), definendole come “insanabili”82

. Il regime delle sanatorie così descritto appariva concernere al suo interno le sole nullità relative: a parte che l’art. 171, in entrambi i suoi commi, definiva

espressamente come insanabili le nullità assolute, l’art.172 affermava che solo le nullità relative erano soggette alla disciplina prevista dagli articoli seguenti fra i quali rientrava anche l’articolo sulle cause generali di sanatoria art 174.

In particolare, l’ipotesi <<di convalescenza>>83 che consentiva di raggiungere lo scopo veniva ad essere soppiantata con quella, consistente nel fatto che la parte avesse usufruito della facoltà cui

82

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 87.

83

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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l’atto nullo (od omesso) era preordinato (art.174, n.2). Inoltre, veniva

prevista una particolare sanatoria delle nullità degli avvisi, delle citazioni e delle notificazioni rappresentata dalla comparizione o dalla rinuncia a comparire della parte interessata (art.175).

Il nuovo codice di procedura penale, pur sancendo all’art.177 il

principio di tassatività, si contraddistingue dal precedente per la riproposizione delle nullità di carattere intermedio: di fatti, dopo aver indicato alcune tipologie di nullità d’ordine generale (art. 178), attribuisce soltanto ad alcune di queste il carattere dell’assolutezza

(art.179), riservando per le altre un regime “intermedio”, la cui caratteristica è proprio la rilevabilità d’ufficio84

. Per quanto riguarda le sanatorie di carattere generale, il nuovo codice di procedura penale procede di pari passo con quanto previsto nel progetto preliminare del 1978. Afferma infatti – come ipotesi di convalescenza – l’esercizio della facoltà alla cui costituzione l’atto omesso o nullo era

preordinato (art.183, lett. b). Intatta – anche se con qualche piccola modifica - si mantiene anche la sanatoria della nullità degli avvisi, delle citazioni e delle notificazioni (art. 184).

In definitiva, per quanto attiene al presente studio, dopo aver ripercorso le principali tappe che hanno interessato il sistema delle nullità processuali sino al codice attualmente in vigore, si può notare come nonostante i ripetuti tentativi volti ad inserire il criterio del

84

P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

(37)

36

pregiudizio effettivo nel codice di rito il legislatore sia rimasto legato al concetto di inosservanza delle forme, come discordanza dell’atto

dalla relativa fattispecie. Già dall’art 184 del codice di rito del 1930 poteva ricavarsi la regola secondo cui le nullità possono derivare solo da quelle violazioni od omissioni che la legge espressamente indica come loro causa. Sia il legislatore del 1930, che quello del 1988 hanno fatto propria la volontà in base alla quale l’annullamento dell’atto deve seguire, come conseguenza automatica ed inevitabile,

alla violazione della norma processuale la cui osservanza è prescritta sotto pena di nullità, senza che sia necessario anche accertare l’avvenuto pregiudizio di un interesse meritevole di tutela. Tale

nocumento è implicito nella difformità dell’atto dal suo modello legale e costituisce la ratio della relativa previsione di nullità85. Dalla lettura dei lavori preparatori del 1913 e del 1930 emerge come la scelta in ordine al criterio di lesività sia il frutto di un orientamento di politica legislativa consolidato nel campo processuale penale. Durante lo svolgersi dei suddetti lavori prevalse la tendenza a rifiutare l’introduzione del criterio del pregiudizio effettivo come di ogni altro tale da attribuire all’autorità giudiziaria un considerevole margine di discrezionalità nell’individuazione dei casi di nullità. Ciò

per attenersi sempre ad una preliminare enunciazione del principio di tassatività; salvo, poi, a mitigare il rigore di questa regola con la

85P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

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37

previsione di nullità a carattere generale, avente la principale funzione di salvaguardare determinati interessi processuali fondamentali indipendentemente da comminatorie specifiche86 . Anche in epoca post-costituzionale, né con la novella del 1955 né con quella del 1977 si è voluto modificare questo sistema, ma solo mutare, di volta in volta, il trattamento delle nullità generali. Allo stesso criterio si sono ispirati anche successivamente, tanto il progetto del 197887quanto l’attuale codice di procedura penale88.

2.1 La nullità, aspetti fondanti

Una volta ripercorso le principali tappe che hanno interessato il regime delle nullità processuali penali all’interno del nostro ordinamento, si passa ad esporre – almeno nei suoi tratti essenziali – i caratteri fondamentali della materia.

86P. MOSCARINI, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel

processo penale italiano, cit., p. 94.

87

Il tema riguardante il criterio del pregiudizio effettivo è stato oggetto di acceso dibattito nel corso dei lavori preparatori del Progetto preliminare del 1978. V. CONSO-GREVI-NEPPI MODONA, La legge delega del 1974 e il progetto

preliminare del 1978, in Il nuovo codice di procedura penale delle leggi delega ai decreti delegati, I, 1989, p. 474 ss. Su punto, si veda, O. DOMINIONI, sub art. 177, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, diretto da E. Amodio

e O. Dominioni, II, 1989, p. 259. 88

P. TONINI, Manuale di procedura penale, 8° ed., Milano, 2007, p. 173 ritiene che la scelta di non inserire il criterio del pregiudizio effettivo nel codice del 1988 sia formalistica e si ponga in tensione con l’esigenza di assicurare la durata ragionevole del processo.

(39)

38

La nullità colpisce quell’atto del procedimento che è stato compiuto senza l’osservanza di quelle disposizioni che sono imposte dalla

legge appunto a pena di nullità.

Nell’ambito delle nullità si pongono essenzialmente due distinzioni o

categorie: quella tra nullità speciali e generali e quella tra nullità assolute, relative ed intermedie. La prima categoria concerne il modo di previsione delle nullità, diverso a seconda che la nullità sia prevista per casi generali o specifici. La seconda attiene al regime giuridico, riguardando la gravità e di conseguenza gli effetti della nullità, sia essa generale o speciale. La ratio di questa distinzione la si può individuare ipotizzando un possibile scenario alternativo. In astratto il legislatore potrebbe determinare, nei riguardi di ogni forma che impone ad un atto, se tale prescrizione sia da rispettarsi a pena di nullità o meno. Esso potrebbe poi specificare per ciascuna forma, la tipologia di nullità, ovvero la sua gravità in ordine agli effetti che ne conseguono89.

Un simile modo di procedere in sede applicativa si dimostrerebbe estremamente difficoltoso, senza contare che alcuni casi potrebbero sfuggire alla regolamentazione. Ancora, il legislatore potrebbe optare per una previsione di carattere particolarmente generale nella quale ricomprendere le violazioni che determinano nullità. Ma anche prendendo questa via – probabilmente in concreto – si verificherebbero diverse ipotesi in cui il singolo caso in questione

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mal si adatterebbe alla fattispecie legale prestabilita90.

Entrambi gli estremi: l’eccessiva tipizzazione e l’eccessiva

massimizzazione delle nullità non sono accolti nel nostro codice di rito, anche in virtù della nostra tradizione processualistica, come emerge dalla trattazione storico-normativa. Rispetto a due possibili poli contrapposti, il legislatore ha preferito una via di mezzo che comprende una previsione di cause generali (ossia di violazioni dettate in via generale e motivo di nullità) e varie previsioni specifiche ulteriori od integrative delle precedenti, che, essendo indirizzate al singolo caso, si dicono speciali. Se per quest’ultime

bisogna riferirsi alle singole disposizioni, per quelle a carattere generale esiste una norma di riferimento, l’art 178 c.p.p.

Per quanto concerne il regime giuridico, le nullità si distinguono in tre tipi: assolute, intermedie e relative. Sono sanzionate da nullità assoluta le violazioni più gravi che sono previste dall’art. 179 c.p.p. e che riguardano i soggetti necessari del procedimento penale. Le nullità assolute si caratterizzano per essere rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e sono insanabili.

Esse possono ritenersi sanate soltanto dalla irrevocabilità della sentenza.

Sono colpite da nullità intermedia le inosservanze di media gravità che sono regolate nell’art. 180 c.p.p. e che riguardano una sfera più

ampia di soggetti. Le nullità intermedie sono rilevabili anche

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d’ufficio, ma - a differenza di quelle assolute - entro determinati

limiti di tempo e inoltre sono sanabili (art. 183 c.p.p.).

Le nullità relative infine, sono quelle nullità speciali che non rientrano tra quelle assolute e quelle intermedie (art. 181 c.p.p.); sono dichiarate su eccezione di parte ed entro brevi limiti di tempo e sono sanabili91.

Ciò premesso, si delineano – senza alcuna pretesa di esaustività – i connotati giuridici fondamentali del sistema delle nullità. All’interno della categoria generale degli atti invalidi, la nullità assume una posizione centrale ponendosi come archetipo dei vizi dell’atto e

contemporaneamente quale vizio avente maggior ambito applicativo. Non a caso, la nullità degli atti processuali rappresenta uno dei pochi istituti che non è stato oggetto di particolari modifiche durante il passaggio dal codice di procedura abrogato a quello attualmente in

auge. Ulteriore conferma del ruolo centrale ricoperto dalla nullità

all’interno del sistema delle invalidità, si riscontra in ordine alla sua

estensione applicativa. Ciò per il fatto che i vizi potenzialmente idonei a dar luogo a nullità possono riguardare sia gli atti compiuti all’interno della fase strettamente processuale sia quelli posti in

essere durante il procedimento.

In quest’ultimo aspetto la nullità si distingue da altre forme di

invalidità limitate a fasi processuali ben circoscritte, come si verifica per l’inutilizzabilità che è una patologia tipica del procedimento di

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