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Dopo aver ripercorso i principi e la disciplina delle nullità processuali penali – seppur nei limiti che si richiedono al presente studio – si delineano quelle che sono state le nuove prospettive a cui il sistema è andato incontro negli ultimi anni fino a determinarne la crisi.

Le ragioni, che nel tempo hanno giustificato un’inclinazione così radicale a favore della legalità in materia processuale penale, appaiono tutte condivisibili. Ampio è stato lo sforzo dell’

elaborazione dottrinaria115 atto a circoscrivere la categoria degli

error in procedendo da quella degli error in iudicando116. Ripiegare su profili sostanzialistico-valutativi nel procedimento di individuazione dei vizi degli atti avrebbe implicato inevitabilmente il rischio di generare delle commistioni fra invalidità e ingiustizia della decisione, che doveva essere superato, pena l’arretratezza del

sistema.

Un rapido sguardo agli scritti più risalenti in tema di nullità degli atti conferma la necessità di questa operazione di astrazione e separazione dei concetti, fondamentale per il progresso della scienza processuale penale. All’inizio del XX secolo, non era difficile

115

M. PANZAVOLTA, voce Nullità. II) Dir. proc. pen., in Enc. Giur. Treccani, Agg., Roma,2005, p. 1.

116M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

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imbattersi in affermazioni che facevano chiaramente trasparire la confusione dei due piani: e così, si sosteneva che si avrebbe avuto nullità assoluta nei casi in cui la violazione di una norma potesse dar vita a dubbi sulla verità dei risultati di un procedimento117. Ciò contribuiva inesorabilmente ad intricare in modo irrimediabile ingiustizia e invalidità del provvedimento.

A fianco di questa esigenza si manifestava l’aspirazione ad uniformare l’intera area del penalmente rilevante al principio di

legalità 118. Il fatto che la norma penale incriminatrice non possa trovare applicazione senza lo svolgersi di un processo induceva a ritenere consequenziale anche l’assoggettamento del rito al principio

di stretta legalità e questo per non incorrere nella sconfessione in sede processuale della realizzazione del suddetto principio in materia sostanziale119.

Così come il fatto penale deve essere prestabilito esclusivamente e tassativamente dalla legge, anche quello processuale doveva presentare le stesse caratteristiche. Non a caso la storia insegna che, quando Montesquieu attaccò con forza le formalità giudiziali, fu

117

Così, G. LETO, Le nullità nel procedimento penale, Palermo, 1905, p. 49. Sul tema cfr. P. PAGANI, voce Nullità (materia penale), in Nuovo Dig. it., vol. XVI, Torino, 1905-1910, p. 517.

118M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

invalidità processuali penali, cit., p. 20.

119

A questo proposito vedi, G. VASSALLI, La potestà punitiva, Torino, 1942, p. 160: <<la giurisdizione mira a tutelare soltanto quel medesimo interesse dello

stato che determina la sua funzione legislativa>>. In modo ampio, con molti ed

approfonditi riferimenti, L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo

penale, 2° ed., Roma-Bari, 1990, pp. 69-87 (e passim); M. NOBILI, Nuovi modelli e connessioni: processo – teoria dello Stato – epistemologia, in Studi in ricordo di Giandomenico Pisapia, Milano, 2000, vol. II, p. 479 ss.

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costretto a ravvedersi e a dichiarare che le stesse costituivano il prezzo che ogni consociato doveva pagare per la propria libertà120. Un filo rosso legava e lega tutt’oggi diritto, processo e pena: tutti sottoposti allo stesso archetipo, il principio di legalità. Queste premesse sono alla base del modello italiano di trattamento delle invalidità processuali in cui rientra la disciplina delle nullità. Modello, quello vigente - incentrato sul principio di legalità- tassatività - che trova numerosi appigli nel dettato costituzionale. Si pensi al già ricordato art. 25 comma 1 Cost. e - sebbene soggetti a letture più controversie e talora atti a contrapporre legalità sostanziale e processuale - agli art. 101 comma 1 e 112 Cost.121; nonché, a supporto di un metodo tutto incentrato alla legalità, le diverse disposizioni sullo status dei magistrati e sull’ordinamento giudiziario dettate dalla Carta fondamentale122. Occorre ricordare anche l’art. 111 comma 1 Cost., che oggi sembra in via generale e definitiva proporre come metodo indefettibile quello della legalità del processo penale123.

Alla luce dei passaggi che precedono, il nuovo art. 111 Cost. sembra

120MONTESQUIEU, Lo spirito delle leggi, trd. it., Torino, 1748. 121

Sul tema la letteratura è sterminata. Per una sommaria indicazione delle fonti rilevanti, cfr., senza pretesa di completezza, O. DOMINIONI, Per un collegamento

tra Ministro della Giustizia e pubblico ministero, in Pubblico ministero e accusa penale, a cura di G. Conso, Bologna, 1979, pp. 54-57, 66-67; M. CHIAVARIO, L’azione penale tra diritto e politica, Padova, 1995, pp. 42-43; G. DEAN, L’impromovibilità dell’azione penale, Milano, 1996, p. 13; G. GIOSTRA, L’archiviazione. Lineamenti sistematici e questioni interpretative, Torino, 1994,

pp. 7-12; V. GREVI, Archiviazione per “inidoneità probatoria” ed obbligatorietà

dell’azione penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, pp. 1277-1281.

122

C. IASEVOLI, La nullità nel sistema processuale penale, cit., pp. 64-73, dove si riporta tutto il dibattito sul punto.

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confermare il criterio della tassatività e un approccio formale all’applicazione di tutte le disposizioni processuali penali, prime fra

tutte quelle dettate in materia di nullità.

A tutti questi elementi si aggiunge poi la naturale diffidenza124 nei confronti degli organi giudicanti e l’intento di prevenire irragionevoli

disparità di trattamento, che troppo facilmente potrebbero diffondersi ove fosse consentito un sistema informale di verifica delle nullità125privo di qualsiasi controllo. Ancora uno sguardo al passato può aiutare a comprendere il desiderio di affrancamento rispetto a qualsivoglia criterio discrezionale-sostanziale che ha contraddistinto la dottrina dal dopo guerra sino ai nostri giorni: <<Certo che è una materia [quella della nullità] in cui si parrà la nobilitade del giudice. Alcune legislazioni dànno dei consigli al giudice, come faceva il codice delle Due Sicilie del 1814 all’articolo 333, e il codice ticinese

(art. 241), volendo che il magistrato indichi quale parte del procedimento rimane valida, fino a che punto si estendano gli effetti della nullità. Il codice nostro tace: sola eccezione la troviamo nell’art. 673 [l’analisi si riferisce al codice del 1865]. Quindi in tal

silenzio l’opera è tutta al giudice riserbata>> 126 .

124P. PAGANI, voce Nullità (materia penale), cit. p. 520. Per un’ampia ricostruzione storica della materia delle nullità, con approfondimenti tecnici e bibliografici, cfr. C. IASEVOLI, La nullità nel sistema processuale penale, cit., pp. 146-170.

125M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

invalidità processuali penali, cit., p. 23.

126

P. PAGANI, voce Nullità (materia penale), cit., p. 520. Per una estesa ricostruzione storica sulle nullità, con approfondimenti bibliografici e tecnici, cfr. C. IASEVOLI, La nullità nel sistema processuale penale, cit., pp. 146-170.

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Così, alla redazione del nuovo codice di procedura penale, la forma vincolata dell’atto divenne espressione di un sistema posto a tutela

delle situazioni giuridiche coinvolte nel processo avendo il legislatore già scelto – attraverso una valutazione aprioristica – una soluzione precisa, tra quelle possibili (in quanto ritenuta essenziale rispetto alle altre). A tale conclusione si era arrivati ritenendo che <<l’adozione generalizzata del criterio di lesività sostanziale dell’atto nullo, e, per converso, il ripudio del criterio della difformità dalla fattispecie legale, fossero pericolosi; in quanto, in definitiva, sarebbe stato rimesso al giudizio discrezionale del giudice lo stabilire in concreto, sulla base di elementi di valutazione elastici e soggettivi, se un atto dovesse o no considerarsi invalido>>127. Da queste parole si deduce che la tassatività è stata una scelta voluta, di politica legislativa, volta ad escludere dall’ordinamento il criterio del pregiudizio effettivo. E questo perché, come è stato autorevolmente sostenuto128, la tassatività libera il giudice dagli stretti limiti della discrezionalità normativamente indirizzata, non permettendogli scelte di arbitrio insindacabili. Tuttavia, nonostante le osservazioni che precedono, sono molti i sintomi che da tempo evidenziano la difficoltà crescente del metodo tradizionale di concepire le invalidità degli atti (tra cui le nullità processuali) a rappresentare in maniera

127Relazione al progetto del 1978, sub art. 161, La legge delega del 1974 e il progetto preliminare del 1978, in Il nuovo codice di procedura penale dalle leggi

delega ai decreti legislativi, a cura di G. CONSO, V. GREVI, G. NEPPI

MODONA, vol. I, Padova, 1989, p. 474.

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effettiva il fenomeno delle invalidità nella realtà odierna. Esso non pare più in grado di aderire efficacemente alla realtà. Dove per “adesione efficace” deve intendersi, da una parte, una

rappresentazione del fenomeno non molto distante da come questo in concreto si sviluppa; dall’altra, la capacità di indirizzare coloro che sono preposti a dare attuazione pratica al sistema. Gli schemi teorici, difatti, sono volti a fornire gli strumenti di lettura della realtà tramite una attenta descrizione e sistematizzazione dell’esistente 129

. Tale opera organizzativa e di rielaborazione astratta si rende utile per orientare l’operatore del diritto, anche in quei territori per cui non sia

stata ancora predisposta una disciplina specifica. Questo implica che, proprio per il fatto di essere ideale, non si può richiedere ad un concetto dogmatico di prevedere specularmente la realtà, ciononostante, non può neanche distaccarsene totalmente, con il rischio di essere completamente disatteso dal mondo effettivo. Agli occhi di un qualsiasi studioso che, provenendo da un sistema differente, si apprestasse a conoscere la materia in questione – così come si presenta nel nostro paese – comparirebbero due emisferi: l’uno riconducibile alla teoria delle forme, l’altro, appartenente alle aule giudiziarie. In sostanza, l’approccio tradizionale e dominante

alla materia, sembra sempre più distante dal rappresentare il fenomeno concreto, sia dal dirigerne lo sviluppo giudiziario.

129M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

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In realtà, quanto accade, non è cosa totalmente nuova. Già durante la vigenza del precedente codice erano molti i casi per i quali la giurisprudenza formulava soluzioni alternative, sottoposte in larga parte alla critica della dottrina130. Critiche che tuttavia, nonostante il rigore dei dibattiti, sfociavano spesso nell’elaborazione produttiva di

scelte condivise. Basti pensare all’inesistenza, come vizio nato in ambito accademico e sviluppatosi poi in quello giurisprudenziale. O ancora al concetto di abnormità, che dopo avere trovato concepimento in giurisprudenza, sarebbe rimasto probabilmente un espediente casistico atto ad eliminare le decisioni più assurde senza il contributo dottrinario131. Tuttavia, quello che si è verificato per gli esempi suddetti, oggi fa fatica a ripetersi fra i protagonisti della

materia.

Lo iato che intercorre tra la legge dei manuali e quella “che vive” nei

fatti e soprattutto nelle aule giudiziarie ha raggiunto livelli tali da imporre una riflessione al riguardo. A tale proposito, sarebbe fuorviante sostenere che l’approccio sempre meno formalista adottato dalla giurisprudenza per i casi di nullità degli atti sarebbe dovuto solamente alla maggior quantità di lavoro pendente nei tribunali – rispetto al passato – al punto da spiegarne la disaffezione in materia nei riguardi del principio di legalità-tassatività. A questo fattore se ne aggiungono altri, anche più profondi. Tra di essi la

130

Si veda, ad esempio, F. CORDERO, Nullità per inosservanza del termine e

“bisogno di tutela giuridica”, in Scuola pos., 1961, pp. 547-555.

131M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

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costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo, la riforma in senso accusatorio e l’introduzione di spazi

dispositivi132nel sistema (come nell’ambito dell’accertamento dei fatti) hanno costituito le premesse per un ripensamento, quanto meno parziale133 del sistema.

Da ultimo, ma non certo per importanza, c’è il prorompere di interferenze esterne nella “piramide” legislativa nazionale e il

conseguente dissolvimento del tradizionale sistema delle fonti. Si tratta di un fenomeno che ha ormai raggiunto importanza primaria, comune a tutto il contesto occidentale (in particolar modo quello europeo) e che necessariamente coinvolge anche il campo processuale penale134. Proprio in tal materia, si evidenziano le forti influenze sovranazionali – quali, il diritto della Unione europea e quello prodotto a partire dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – che contribuiscono all’introduzione di metodi

sostanzialistico-empirici nel nostro ordinamento, finendo per plasmarne i tratti caratteristici. In dottrina si è già arrivati a parlare di

132

A tal proposito si richiama a M. L. DI BITONTO, Profili dispositivi

dell’accertamento penale, Torino, 2004, p. 29 ss.

133

Si segnalano, per tutti, R. E. KOSTORIS, La ragionevole durata del processo

nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nell’art. 111 Cost., in R. E.

KOSTORIS (a cura di), La ragionevole durata del processo. Garanzie ed

efficienza della giustizia penale, Torino, 2005, p. 3 ss.; P. FERRUA, Il “giusto processo”, 3° ed., Bologna, 2012, pp. 108-119; V. GREVI, Alla ricerca di un processo penale giusto: itinerari e prospettive, Milano, 2000, passim.

134M. CAIANIELLO, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle

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nuove forme di invalidità europee degli atti135, ma nonostante questa categoria innovativa sia penetrata nel diritto quotidiano, fatica ad affermarsi nel dibattito generale.

L’operare congiunto dei fattori di cui sopra è forse il principale

responsabile di quella che è stata definita136 “crisi della legalità”, fenomeno che nella sua forma processuale, riguarda da vicino la materia delle nullità.

135R.E. KOSTORIS, Verso un processo penale non più statocentrico, in A. BALSAMO, R. E. KOSTORIS (a cura di), Giurisprudenza europea e processo

penale italiano, Torino, 2008, pp. 9-10.

136

Si segnala, per tutti, E. AMODIO, Crisi della legalità processuale, filosofia

della rassegnazione e autorevolezza dei giuristi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, pp.

433-439; T. PADOVANI, Il crepuscolo della legalità nel processo penale.

Riflessioni antistoriche sulle dimensioni processuali della legalità penale, in Indice pen., 1999, p 527 ss.; C. IASEVOLI, La nullità nel sistema processuale penale, cit., p. 36 ss.

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CAPITOLO II