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1. L’istituto proprietario nell’art I Prot 1 CEDU

1.1. Il concetto di bene

Da quanto fin qui esposto, è utile soffermare la nostra attenzione su un ulteriore aspetto rappresentato nell’art. I Prot. 1 CEDU ovvero il concetto di bene, così come

inteso a livello convenzionale49.

La parametrazione di tale concetto, può essere sintetizzata rilevando che tale nozione ha subito – per effetto di molteplici interventi della Corte – progressivi ampliamenti superando indirizzi dapprima inaugurati nel primo periodo di vigenza della Convenzione, dalla Commissione Europea.

Per giurisprudenza costante, la norma in esame ha sostanzialmente ad oggetto la tutela del diritto di proprietà, poiché, il diritto di disporre dei proprie beni, costituisce tradizionalmente un elemento fondamentale del diritto di proprietà50. Infatti la Corte tende in genere ad accertare l’esistenza di un bene ai sensi della norma in esame. Nonostante il concetto di bene sia diverso e più ampio, rispetto a quello di proprietà, un’analisi complessiva della giurisprudenza mostra come le due nozioni vengano generalmente considerate come equivalenti.

La nozione di bene presente nella Convenzione non comprende tuttavia solo la proprietà sui beni mobili ed immobili e la proprietà intellettuale ma copre anche le fattispecie che non sono ad essa riconducibili sul piano dell’ordinamento interno51.

Il diritto di proprietà tutelato dalla norma infatti, ha una portata autonoma ed è indipendente rispetto alle qualificazioni formali dei singoli ordinamenti nazionali. Appare per esempio irrilevante ai fini dell’applicazione della Convenzione, che il richiedente sia titolare di un diritto di proprietà secondo il diritto interno. Già nel caso GASUS SOSIER – UND FORDERTECHNIK C. PASI BASSI, che aveva ad oggetto l’alienazione forzata di una betoniera venduta dal ricorrente con patto di riservato dominio, la Corte aveva ritenuto irrilevante la qualificazione della riserva di proprietà quale diritto reale di garanzia piuttosto che quale diritto di proprietà; mentre nel caso MATOS E SILVA C. PORTOGALLO, non ha ritenuto indispensabile accertare i titoli di proprietà dei ricorrenti, ritenendo che lo sfruttamento incontestato di certi terreni fosse sufficiente a renderli titolari di un bene, ai sensi della Convenzione.

49 “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei sui beni. […]Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto

degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni […]”

50 “Nel riconoscere a ciascuno il diritto al rispetto dei suoi beni, l’art. I Prot. 1 CEDU garantisce in sostanza il diritto di p roprietà. I

termini “beni”, “proprietà”, “uso dei beni”, in inglese “possessions” e “use of property” lo lasciano intendere chiaramente; i lavori preparatori dal canto loro lo confermano senza equivoci: i redattori non hanno cessato di alludere al “diritto di proprietà” per designare la materia dei progetti successivi da cui è scaturito l’attuale articolo”. ZAGREBELSKY V..,Diritti dell’uomo e libertà fondamentali. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Vol. 1,

Giuffrè, 2006.

51 Si osservi la sentenza Maurice c. Francia 11810/03, par. 63, CEDU, 2005, IX. Va affermato inoltre, L’art. I Prot. 1 non garantisce di per sé qualsiasi diritto di diventare proprietario di un bene (ex multiis Van del Mussele c. Belgio, 23/11/83, par. 48, serie A n. 70; Slivenko c. Lettonia, 48321/99, par. 121, CEDU, 2002, II)

Anche di recente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sentenza del 7 luglio 2011 (AGRATI C. ITALIA), è tornata sull’argomento precisando che un ricorrente può opporre la violazione della norma de qua solo nella misura in cui le decisioni che il privato contesta, alludono alla sua “proprietà” come indicata nell’articolo in esame quindi in modo del tutto estensivo e coincidente con il concetto di bene da essa espresso.

Cercando di mettere un punto su quanto fin d’ora esaminato, dall’attenta analisi del dettato giurisprudenziale della Corte, è degno di nota come la stessa sia andata assimilando al concetto di “bene”, quello di “proprietà” confermando l’idea che la tutela apprestata dal diritto europeo insita nella norma in esame, prescinde dalla qualificazione giuridica delle nozioni di proprietà e beni presenti nei singoli ordinamenti.

Riassumendo quindi la nozione di proprietà indicata dalla norma, concerne sia i “beni esistenti”, sia i valori patrimoniali e solo in determinati casi previsti dall’ordinamento comunitario, i crediti52

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A questo punto è utile soffermare l’attenzione su questa ultima tipologia che ha rappresentato la novità dottrinale e giurisprudenziale del concetto di bene convenzionalmente inteso. Perché un credito possa essere considerato un “valore patrimoniale” rientrante nel campo di applicazione dell’articolo in esame, il titolare del credito deve dimostrare che esso ha sufficiente fondamento nel diritto interno (ad esempio che è confermato da una consolidata giurisprudenza delle Corti nazionali proprie)53. Sempre dalla lettura della giurisprudenza della Corte, un credito relativo ad una pensione ad esempio può costituire “valore patrimoniale” ai

52 Solo per comprendere la delicatezza del tema appare utile ricordare il caso BUFFALO S.R.L. C.ITALIA nel quale la CEDU ha riconosciuto rientrante nel concetto di bene il credito al rimborso di imposte non dovute, spettante al contribuente, corrisposto con notevole ritardo dall’amministrazione pubblica. In tale occasione la Corte confermando le opinioni dottrinali volte a giustificare una nozione ampia del termine “bene” sulla base della nozione di property nel common law e dunque a ritenere tale un “interesse patrimoniale sostanziale” - PADELLETTI M.L., Op. Cit. vedi nota 49 -, ha affermato che l’indisponibilità prolungata di somme di denaro dovute a titolo di rimborso, ha avuto un sicuro e considerevole impatto sulla situazione finanziaria della società; proprio perché un ritardo anormalmente lungo nel pagamento di un credito ha per conseguenza l’aggravamento della perdita finanziaria del creditore e lo pone in una situazione di incertezza. Qui la lesione arrecata ai beni viene individuata nel negativo impatto finanziario causato dall’attesa dei rimborsi, idonea ad elidere il giusto equilibrio che deve sussistere tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui. CONTI R., Diritto di proprietà e CEDU, Exeo Edizioni, Torino, 2012. Si veda anche la sentenza IATRIDIS C.GRECIA, CEDU, 25 marzo 1999, che ha incluso nella nozione di bene, l’avviamento di uno

studio professionale. Si è ritenuto che il credito professionale di un avvocato per spese di lite che una norma interna aveva dichiarato compensate, disponendo ope legis l’estinzione dei relativi giudizi, rientrasse nella nozione di “bene” tutelato dalla norma. Si veda anche la sentenza Corte dir. Uomo, 31 maggio 2011 MAGGIO C.ITALIA.

53 Una volta che si riesce a dimostrare quanto affermato nel corpo del testo, si può cominciare a considerare il concetto di “legittimo affidamento”. Per la giurisprudenza vedi nota 11.

sensi dell’art I laddove sia stato confermato da una sentenza definitiva54

ed è quindi ritenuto esigibile55.

Compendia in modo esaustivo la nozione omnicomprensiva di “bene” contemplata nell’art. I Prot. 1 CEDU, quella dottrina che, riassumendo i più significativi arresti sul punto, resi dalla Corte, vi fa rientrare: 1) diritti di disposizione a titolo ereditario, 2) diritti successori, 3) diritti alla conservazione della clientela, 4) diritti al mantenimento di una licenza di vendita di bevande alcoliche, 5) diritti del locatario alla conservazione dell’avviamento commerciale, 6) diritti del proprietario alla soddisfazione di un credito maturato sotto la vigenza di una legge abrogata prima del passaggio in giudicato della sentenza con la quale il credito era stato riconosciuto, 7) crediti di natura risarcitoria relativi ad un danno accertato con sentenza nonostante la successiva entrata in vigore di una nuova legge sul regime di responsabilità, 8) interessi patrimoniali dell’acquirente alla conservazione di un quadro acquisito in violazione della legge italiana del 1939 sulla tutela dal patrimonio culturale ed artistico, 9) interessi patrimoniale del proprietario di un immobile, costruito abusivamente, al risarcimento del danno procurato dalla distruzione dell’immobile stesso56

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Ovviamente, l’elenco proposto è solo titolo esemplificativo e non esaustivo e poggia le proprie fondamenta sulla valorizzazione del concetto di utilità patrimoniali volto a superare lo schema classico della proprietà incentrato sull’essere della cosa e sulle difese riconosciute al proprietario sulla cosa stessa.

Un elemento comune a tutte le fattispecie considerate dalla giurisprudenza di Strasburgo è costituito quindi dal valore patrimoniale dell’interesse fatto valere dal ricorrente, senza peraltro che venga tracciata una netta distinzione tra titolarità di un diritto stricto sensu e semplice interesse patrimoniale. A tale riguardo la Corte è solita ripetere come, oltre alla proprietà di beni attuali, la nozione di proprietà ai sensi della Convenzione risulti applicabile anche rispetto ad altri diritti e interessi patrimoniali.

54 Sent. P

RAVEDNAYA C.RUSSIA, 69529/2001, par. 37, CEDU, 2004; Sent. ANHEUSER BUSCH INC. C.PORTOGALLO, CEDU, par. 72; sent. HAMER C.BELGIO, CEDU, par. 75Vedasi nota 56, sentenza MAURICE C.FRANCIA

55

Sent. RAFFINERIE GRECHE STRAN E STRETIS C.GRECIA, CEDU, par. 59. 56 M

OSCARINI A., Proprietà private e tradizioni costituzionali comuni, Milano, 2006. Catalogo la cui ampiezza è confermata dalle statistiche recentemente stilate dalla CEDU (settembre 2011) dalle quali risulta che dall’epoca della sua istituzione i ricorsi che hanno riguardato la tutela del diritto proprietario nei confronti degli Stati contraenti sono stati pari al 14% dei ricorsi; percentuale che tra l’altro appare in linea con quella relativa all’Italia sempre del 14%.

L’estensione della nozione anche rispetto a fattispecie che non siano qualificate come diritti secondo l’ordinamento interno rende difficile stabilire quando un interesse patrimoniale rientri nel campo di applicazione della norma in esame. In genere la Corte fa riferimento al criterio della “legittima aspettativa” al fine di considerare un valore patrimoniale come facente parte di un patrimonio del singolo57.

Il criterio esposto ha trovato applicazione per la prima volta nel caso PINE VALLEY, che aveva ad oggetto il rilascio di un certificato relativo ad un piano di urbanizzazione di alcuni terreni in seguito considerato nullo da una sentenza della Corte Suprema Irlandese. Nel caso di specie il criterio della legittima aspettativa aveva assunto un significato analogo al principio del legittimo affidamento, operando rispetto a norme che incidevano retroattivamente sugli interessi patrimoniali del singolo.

In generale, il criterio della legittima aspettativa, attribuisce rilievo alla circostanza che il singolo possa ragionevolmente aspettarsi, in virtù di una giurisprudenza consolidata, oppure dello stato della legislazione interna, di veder concretizzato un certo valore patrimoniale. Sulla base di tale criterio la Corte, ha considerato quale bene, inteso in senso convenzionale, anche un’azione legale tesa a far valere la nullità di un contratto di mutuo stipulato dai ricorrenti, messa nel nulla da una legge successiva con effetto retroattivo.

Al contrario modificando la decisione di primo grado, la Grande Camera, nel caso KOPECKY, ha escluso che l’esistenza di una controversia genuina o di domanda sostenibile siano di per sé sufficienti a ritenere sussistente una legittima aspettativa.

Infatti, nel caso di specie sopra menzionato, dopo un’attenta disamina della giurisprudenza in materia di aspettativa legittima, la Grande Camera ha precisato come, quando l’interesse patrimoniale fatto valere dal ricorrente si sostanzi in un credito, o abbia comunque un fondamento obbligatorio, un valore patrimoniale

57

A titolo esemplificativo si riporta un caso di scuola per aiutare la comprensione di quanto fin qui esposto che, essendo denso di contenuti, non è di immediata percezione: Tizio utilizza la villetta Alfa come casa vacanze. La stessa è edificata senza il permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità - senza peraltro che la pubblica amministrazione locale avesse, per 25 anni, contestato la violazione ed abbia incassato le imposte relative all’immobile stesso – . Ai sensi e per gli effetti dell’art. I Prot. 1 e della conclamata giurisprudenza CEDU, Tizio è considerato titolare del bene, se solo si considera che la norma convenzionale tutela non solo i beni attuali ma anche l’aspettativa legittima che un soggetto può avere per ottenere il riconoscimento effettivo del suo diritto di proprietà. In questa prospettiva si consideri quanto affermato nella nota n. 60 in merito all’autonoma tutelabilità dell’avviamento di un’attività professionale distinguendolo dall’attività medesima. Conforme sent. VAN MARLE E A. C.PAESI BASSI, 26 giugno 1986, CEDU; sent. TRE TRAKTORER C.SVEZIA, 7 luglio 1989, CEDU; Sent. PLALAM SPA C.ITALIA, 18.05.2010, CEDU; KLAUS ET IOURI

attuare ai sensi della Convenzione, possa essere presunto solo in presenza di un sufficiente fondamento giuridico sul piano interno, fondamento che può anche derivare da una giurisprudenza consolidata58.

Un ulteriore criterio che sembra emergere in alcune sentenze più recenti, è inoltre costituito dal riconoscimento di fatto dell’interesse patrimoniale del singolo, che la Corte riscontra ogni qual volta le autorità dello Stato tollerino negligentemente una certa situazione patrimoniale, omettendo di attivarsi in un tempo ragionevole. Un caso che più di ogni altro ci riguarda è stato il caso BEYELER, nel quale la Corte ha attribuito un rilievo decisivo all’atteggiamento passivo tenuto per molti anni dalle autorità italiane nei confronti della posizione del ricorrente59.

In tali casi, l’inerzia e la negligenza delle autorità statali può avere quale conseguenza quella di riportare nell’ambito della Convenzione anche interessi patrimoniali relativi a beni acquisiti dal singolo in contrasto con le norme interne dell’ordinamento di riferimento.

1.2. La regolamentazione dell’uso dei beni e gli obblighi dello Stato sulla tutela