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Una concezione politica ampia di persona

In aggiunta a una concezione ampia di politica frutto dell’estensione della struttura di base e dell’estensione dell’accordo in posizione originaria, è necessario avere una concezione politica ampia della persona. Nella teoria di Daniels è estranea una simile concezione, ma una teoria politica normativa ha sempre al suo centro una siffatta visione. Nella teoria rawlsiana la persona è concepita come liberale e avente i due poteri morali: la capacità di un senso di giustizia e di una concezione del bene. Tuttavia, Rawls non si chiede come sia possibile promuovere questi due poteri morali: li dà già per scontati. La domanda che mi pongo diventa allora la seguente: come promuovere i due poteri morali? Se non avessimo un bene necessario come la salute, lo sviluppo di tali poteri sarebbe indebolito o nullo (nonché sarebbero alterate e ridotte le nostre scelte e capacità). Una concezione politica della persona presuppone che la politica promuova anche lo sviluppo di tali poteri. Inoltre, una concezione politica della persona, è pur sempre una visione del mondo e, dunque, riflette una visione della vita e della

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morte. Poiché sofferenza (nei suoi diversi e complessi gradi) e morte sono disvalori oggettivi, ma soprattutto, intersoggettivi, una società giusta se ne deve occupare distribuendo, nel caso specifico, risorse sanitarie in modo equo secondo i bisogni dei cittadini e rimuovendo gli ostacoli all’eguale accesso. L’intersoggettività è il presupposto del reciproco riconoscimento: ciò che è riconosciuto intersoggettivamente diventa un valore oggettivo o meglio oggettivamente interpretato. La normatività come capacità di produrre dei principi distributivi nelle teorie della giustizia non dovrebbe essere sganciata dalla radice condivisa dalle persone che è rintracciabile nel detto comune. È inutile, a mio dire, un principio filosofico bello e perfetto sganciato da ciò che le persone pensano e vivono realmente. Non è, tuttavia, solo la sofferenza la giustificazione dell’assistenza sanitaria come bene necessario. La prevenzione va inclusa nei bisogni di salute. Molte malattie, infatti, potrebbero essere prevenute se ci fosse

un’adeguata prevenzione594. La prevenzione dà una testimonianza particolare del corpo: il

corpo è sempre attivo. La distinzione tra attivo e passivo è, dunque, un’altra superstizione da sfatare. La concezione politica della persona che propongo non è separata da una questione sul corpo e sulla mente delle persone, poiché salute e malattia li attraversano entrambi. Il detto comune più volte richiamato, che è apparentemente così banale, nasconde un’altra verità: le persone aspirano a star bene e a vivere bene con il proprio corpo. La radice di questa verità è

sapienza antica. Infatti e la

teoria di Sen è vicina a tale idea, come la mi s’identifica con la

perfetta salute, allora è da rigettare: le riflessioni di Sandel e di Callahan rappresentano la

deriva di tale concetto595. Se, invece, si riferisce al raggiungimento della buona salute con una

prospettiva che si può estendere ai determinanti della salute, allora è un modo ragionevole di vedere lo star bene. Dunque, è possibile trovare punti di connessione con l’approccio seniano. L’orizzonte è quello dello sviluppo umano come libertà che dovrebbe essere protetto costituzionalmente. A mio dire, il comma 2 dell’art. 3 della Costituzione italiana si trova in sintonia con tale visione del mondo, statuendo che: «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei

594 Il concetto di prevenzione, però, è ampio, giacché non riguarda solo le istituzioni sanitarie. Il fenomeno della

disabilità dovrebbe essere al centro dell’attenzione di una teoria politica. Nelle parole di Sen: «Bisogna assolutamente rendersi conto che molte forme di invalidità si possono prevenire e che molto può essere fatto per ridurre non solo gli effetti penalizzanti della disabilità, ma anche la sua incidenza. In realtà, soltanto una piccola parte dei 600 milioni di persone che convivono con qualche forma di invalidità si trova in tale condizione dal concepimento o dalla nascita […]. Il fenomeno dell’invalidità deve perciò puntare a prevenire, oltre a curare e alleviare» (SEN, L’idea di giustizia, cit., p. 268).

595 ha molteplici derive in RUSSO, Multinazionali farmaceutiche e diritti umani, cit., pp. 15-89. Inoltre, tale concetto tradotto in italiano con il termine felicità non

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cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Tale articolo contiene già il superamento della distinzione dicotomica tra diritti di libertà e diritti sociali, e quella tra eguaglianza e libertà. Lo scopo prioritario del pieno sviluppo della persona implica lo sviluppo umano come libertà. L’eguaglianza, in tale prospettiva, condivide alcuni aspetti

si ha eguaglianza nei rapporti tra le persone dove lo star bene si traduce nel viver bene, cioè in una relazione con gli altri, oltre che con se stessi. La società è giusta quando

A mio avviso, per trattare il topic complesso della salute occorre una visione ampia,

perché è vero che l’aspetto istituzionale è importante e la distribuzione di assistenza sanitaria attiene alle istituzioni, ma vi sono tanti elementi riguardanti la salute (che in questo lavoro ho accennato) che non attengono alle istituzioni giuste, ma agli individui (come, per esempio, gli stili di vita). Questa osservazione propende verso il superamento della tradizione stessa della giustizia distributiva che guarda solo all’assetto delle istituzioni giuste e in futuro si potrebbe estendere agli altri determinati della salute e all’etica della cura.

Si può, inoltre, aggiungere che il detto comune nasconde un altro elemento: quando le

persone stanno male sono costrette a interrogare il corpo. In fondo, la ricerca e la pratica della medicina che sono per definizione non universali, sono forme di domande sul corpo e sulla mente. La salute, infatti, non solleva nessuna domanda, ma la malattia pone un dubbio sul proprio corpo e sulla mente: questa è la dimensione del “dentro”. Tale quesito si traduce in una richiesta di inclusione da parte dei cittadini che una politica giusta non deve ignorare, se muove dalla società. E d’altra parte, una politica è giustificata solo se prende le mosse dalle richieste che provengono dalla società e non da se stessa. In tal modo, il valore liberale dell’eguale rispetto per le persone si trasforma in realtà.