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Una prioritaria e urgente perplessità nel parlare di Rawls all’interno di questa seconda parte risiede nella seguente domanda: cosa c’entra il liberale Rawls con l’health care o la salute? La risposta immediata è: nulla. Lo stesso filosofo politico nella sua teoria non si è mai occupato di ciò, se non di sfuggita. Tuttavia, alcuni suoi interpreti che tratto nel presente capitolo e nel prossimo, hanno voluto vedervi una teoria che possa servire per costruire un modello di salute giusta. Quindi, prima di procedere alle ipotesi pionieristiche vorrei in breve richiamare l’attenzione sulla teoria rawlsiana, poiché serve alla comprensione di ipotesi e tesi avanzate dagli autori che esamino. Nel successivo paragrafo evidenzierò, invece, i riferimenti rawlsiani alla salute in TJ, che sono pochi, ma significativi.

170 E.E.SHELP (ed.), Justice and Health Care, D. Reidel Publishing Co., Dordrecht, Holland 1981.

171 E.E.SHELP, Justice: a Moral Test for Health Care and Health Policy, in ID., Justice and Health Care, pp.

213-229.

172 J.RAWLS, Una teoria della giustizia [1971], trad. di U. Santini, revisione e cura di S. Maffettone, Feltrinelli,

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La teoria di Rawls costituisce la pietra miliare della filosofia politica contemporanea e si

propone come alternativa alla dottrina morale comprensiva dell’utilitarismo173. Il

contrattualismo proposto dal liberale Rawls si situa sullo sfondo della tradizione del contratto sociale che si fonda sull’idea di scelta collettiva come base per la giustificazione o legittimità politica dell’autorità. Giustificare vuol dire offrire ragioni per l’esistenza dell’obbligo politico: ciò è il senso di una dimostrazione analitica. La teoria rawlsiana è deontologica in quanto dà priorità al giusto rispetto al bene: «La giustizia deve essere definita previamente, rispetto a qualsivoglia concezione del bene [..]. Questioni di vita giusta sono distinte da questioni di vita

buona e soprattutto, le prime sono lessicalmente preordinate alle seconde»174. La visione

rawlsiana proprio in virtù della priorità del giusto rispetto alle concezioni sostanziali del bene, si definisce neutrale. TJ è suddivisa in tre parti. La prima parte intitolata Teoria è composta da tre capitoli. Rawls presenta nel primo capitolo la giustizia come equità, delinea l’oggetto di giustizia e il contrasto tra la sua teoria e altre teorie come l’utilitarismo, l’intuizionismo e il perfezionismo. Rawls concepisce la giustizia come equità e non fondata sul principio dell’utilità. Equità è la traduzione approssimativa di fairness: il termine inglese possiede, infatti, molteplici significati come quello di correttezza o educazione morale. Rawls è, innanzitutto, un filosofo morale prima che politico. Veca, il maggiore interprete italiano della teoria rawlsiana, enuclea due aspetti fondamentali della nozione di fairness. La prima è legata a questioni di natura distributiva dato che Rawls concettualizza la società «nei termini di uno

schema generale di distribuzione»175. La seconda fa riferimento a un principio di reciprocità

sul quale si basa la cooperazione sociale: gli individui devono stare ai patti, impegnarsi

insieme e stabilmente rispettando le regole del gioco che riconoscono come equo176. Nel

capitolo della prima parte, Rawls illustra i principi di giustizia in modo intuitivo e nel terzo procede alla giustificazione analitica, cioè alla dimostrazione del perché e del come avvenga la scelta dei principi di giustizia. Nella seconda parte, intitolata Istituzioni e composta da tre capitoli, Rawls discute come i principi di giustizia possano modellare l’assetto delle istituzioni di base e nella terza – Fini – anch’essa divisa in tre capitoli, analizza come gli individui possano vivere e sviluppare, condividendo un senso di giustizia stabile nel tempo,

173 Interessante è la biografia di Rawls scritta di recente da Pogge che ripercorre tutta la vita del filosofo,

arricchendola di fotografie di Rawls e della sua famiglia, accompagnate da commenti e spiegazioni della complessa teoria rawlsiana. Rimando al libro di T. POGGE, John Rawls: His Life and Theory of Justice,

translated by M. Kosch , Oxford University Press, Oxford 2007. A tal proposito, originale è il capitolo primo intitolato Biography, pp. 3-27.

174 VECA, La filosofia politica, cit., p. 55. 175 VECA,Questioni di giustizia, cit., p. 53. 176 Ivi, p. 54.

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una vita in una società giusta definita dai principi di giustizia. Ciò che è oggetto del contratto sociale in Rawls sono i principi di giustizia che le parti scelgono unanimamente all’interno di un’opportuna situazione iniziale di scelta: la c.d. posizione originaria. Questi principi di giustizia servono per lo schema della cooperazione sociale. In particolar modo per la struttura fondamentale della società. Ci sono, infatti, diversi modi di intendere la giustizia. Rawls delimita l’oggetto della giustizia al dominio della giustizia sociale e, soprattutto, alla struttura fondamentale della società. Così scrive: «Secondo noi l’oggetto principale della giustizia è la struttura fondamentale della società, o più esattamente il modo in cui le maggiori istituzioni sociali distribuiscono i doveri e i diritti fondamentali e determinano la suddivisione dei benefici della cooperazione sociale. Chiamo con il termine di maggiori istituzioni la costituzione politica e i principali assetti economici e sociali. Così la tutela giuridica della libertà di pensiero e di coscienza, il mercato concorrenziale, la proprietà privata dei mezzi di produzione, e la famiglia monogamica sono tutti esempi di istituzioni sociali maggiori. Considerate nell’insieme come un unico schema, le istituzioni maggiori definiscono i diritti e i doveri degli uomini e influenzano i loro prospetti di vita, ciò che essi possono attendersi e le loro speranze di riuscita. La struttura fondamentale è l’oggetto principale della giustizia

poiché i suoi effetti sono molto profondi e evidenti sin dagli inizi»177. La struttura

fondamentale della società benché sia un concetto vago, come lo stesso Rawls mette in evidenza, delimita l’oggetto della giustizia. In questo senso, le istituzioni maggiori sono quelle principali perché distribuiscono diritti e doveri, benefici e oneri della cooperazione sociale. La giustizia, che è la prima virtù delle istituzioni sociali, secondo la celebre

affermazione rawlsiana178, riguarda questo schema di cooperazione ed è intrinsecamente

distributiva, non aggregativa. Proprio per questo la teoria rawlsiana si occupa delle istituzioni maggiori. Ha ragione Pogge quando scrive: «Il termine ‘istituzione’ è spesso usato per gli attori organizzati collettivi come l’Università di Harvard oppure la Banca Mondiale. Ma

questo non è il senso nel quale Rawls usa l’espressione ‘istituzioni sociali’»179. La teoria di

Rawls non è completa, perché riguarda la struttura fondamentale della società, considerandola un sistema chiuso, cioè isolato dalle altre società, a tradizione democratica e a scarsità moderata. La giustizia non è un bene in sé, ma è concepibile solo in presenza delle circostanze di giustizia: le condizioni per le quali si rende possibile e necessaria una cooperazione sociale. Evidente è il richiamo al filosofo inglese David Hume, come lo stesso Rawls sottolinea: «Le

177 RAWLS, Una teoria della giustizia, cit., p. 24. 178 Ivi, p. 21.

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circostanze di giustizia: quelle soggettive consistono nella generosità limitata del nostro temperamento; quelle oggettive nell’instabilità del possesso dei beni esterni nel contesto della

scarsità della natura»180. Nella teoria di Rawls entrano in gioco la circostanza soggettiva,

ovvero l’egoismo moderato, e la circostanza oggettiva, ossia la scarsità moderata. Se non si prendessero le mosse dalla nozione di scarsità o se essa fosse assoluta, la giustizia sarebbe o inutile o superflua181.

Se la teoria di Rawls è concepita per la struttura di base della società, si scorge subito un problema per l’elaborazione di una teoria centrata sul rapporto tra giustizia e salute. Infatti, la sanità è sì un’ istituzione, ma non rientra tra le istituzioni maggiori della società e non vi rientra, dunque, neanche l’assistenza sanitaria. Questo è un primo dilemma. Un altro punto da osservare, però, è che le risorse per la salute sono scarse. Pensiamo, per esempio, al caso del maremoto dello tsunami in Giappone nel 2011. In questo caso, essendoci scarsità assoluta di assistenza sanitaria, non è possibile parlare di giustizia, perché non c’è nulla da distribuire. Un evento improvviso come una calamità naturale o una guerra non fa nascere un problema di giustizia, ma richiede dei soccorsi umanitari. Tutt’al più, in questi casi, il problema della giustizia emerge nel contesto della medicina preventiva.

I principi di giustizia che sono scelti dalle parti sono due e ordinati secondo una priorità lessicale nel senso che non si può applicare il secondo se prima non si applica il primo e ciò per dare priorità alla libertà. Infatti, le parti sono chiamate a scegliere all’interno di una posizione originaria i principi di giustizia sotto un velo d’ignoranza che copre le loro identità, i loro ruoli sociali, il reddito, le loro personali concezioni del bene. La scelta non è il frutto di un metodo maggioritario, ma unanime. Il velo d’ignoranza è fondamentale. D’altronde, si potrebbe osservare che se le parti avessero qualche tipo di informazione sul loro status sociale o economico, sarebbero condizionate e la scelta dei principi di giustizia ne risulterebbe fortemente inficiata. La completa disinformazione corrisponde all’esigenza di impersonalità che dovrebbe trasferirsi sui principi scelti garantendone l’autonomia rispetto agli interessi. L’unica cosa di cui sono a conoscenza le parti è che hanno bisogno di beni sociali primari:

questi, indica Veca, specificano una concezione parziale, non completa, del bene 182. In TJ

Rawls individua come beni primari, libertà e opportunità, reddito e ricchezza, le basi sociali

180 J.RAWLS, Lezioni di storia della filosofia morale [2000], trad. di P. Palminiello, a cura di B. Herman , Nota

all’edizione italiana di S. Veca, Feltrinelli, Milano 2004, p. 64.

181 VECA, La filosofia politica, cit., p. 64. 182 Ivi,p. 65.

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del rispetto di sè183. Questi beni sono valori sociali e sono primari, giacché «sono cose che si

presume ogni individuo razionale desideri. Questi beni, di norma, sono utilizzabili qualunque

sia il piano razionale di vita di una persona»184. Quindi, sono mezzi, connessi alle istituzioni

fondamentali, che devono essere distribuiti equamente, cioè in modo eguale «a meno che una distribuzione ineguale, di uno o di tutti questi valori, non vada a vantaggio di ciascuno. L’ingiustizia, quindi, coincide semplicemente con le ineguaglianze che non vanno a beneficio

di tutti»185. Le parti sono razionali, ma al tempo stesso, autonome in quanto disinteressate.

Non egoisti, bensì indifferenti: «sono reciprocamente disinteressate in quanto sono interessate

ai propri piani e non a quelli altrui»186. La razionalità alla quale pensa Rawls non è strategica:

la contrattazione non si fonda sull’accordo fra interessi. Se così fosse, la teoria di Rawls avrebbe una valenza utilitaristica. La razionalità va interpretata «nel modo più ristretto

possibile»187. Le parti, infatti, scelgono i principi di giustizia a partire «da assunzioni intuitive

e largamente condivise (e quindi deboli)»188 e sono razionali, giacché è razionale scegliere

beni primari necessari per realizzare qualsivoglia progetto di vita.

La posizione originaria nella quale avviene la scelta è una riformulazione del classico stato di natura: quindi è un esperimento mentale astorico. Come specifica Veca, Rawls riformula «lo stato di natura nei termini di una posizione originaria in cui individui, sottoposti a particolari condizioni e vincoli, sono impegnati nella scelta razionale dell’insieme di

principi cui si atterranno per regolare le loro interazioni»189. Senza entrare nello specifico

della teoria rawlsiana, è possibile per ora solo dire che le parti convergono unanimamente nella scelta di questi due principi di giustizia. Il primo: «Ogni persona ha un eguale diritto al più ampio sistema totale di eguali libertà fondamentali compatibilmente con un simile sistema

di libertà per tutti»190. Il secondo: «Le ineguaglianze economiche e sociali devono essere: a)

per il più grande beneficio dei meno avvantaggiati, compatibilmente con il principio del giusto risparmio, e b) collegate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa

183 Va notato che la prima formulazione dei beni primari include le seguenti categorie di beni: diritti e libertà, opportunità e poteri, reddito e ricchezza (RAWLS, Una teoria della giustizia, cit., p. 91). La seconda, quella definitiva, include il quinto bene primario: le basi sociali del rispetto di sé (Ivi, p. 362).

184

Ivi, p. 67.

185 Ibidem.

186 S.VECA, La società giusta. Argomenti per il contrattualismo, Il Saggiatore, Milano 1982, p. 77.

187J. RAWLS, Giustizia come equità [1971], in S.VECA (Introduzione e cura), Giustizia e Liberalismo politico,

Feltrinelli, Milano 1996, pp. 9-61, p. 20.

188 VECA, La filosofia politica, cit., p. 63. 189 VECA, La società giusta, cit., pp. 24-25. 190

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eguaglianza di opportunità»191. Il primo stabilisce la libertà ed è prioritario rispetto al secondo

in quanto la libertà si può limitare in nome della libertà stessa. Il secondo stabilisce il principio di differenza in quanto prescrive le ineguaglianze moralmente accettabili: le ineguaglianze permesse nella distribuzione sono quelle che vanno a vantaggio del più svantaggiato. Il secondo principio contiene a sua volta due clausole, il principio del giusto risparmio e il principio dell’equa eguaglianza di opportunità, e la sua sfera di applicazione è la distribuzione eguale di beni primari. I due principi che modellano così la società giusta non fanno altro che mitigare la sorte sociale, non quella naturale.