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Una teoria della giusta salute è un impegno di ricerca di lungo periodo. Qui si può tentare di abbozzare qualche appunto. Anzitutto, per elaborare una tale teoria compio un passo indietro e mi domando: dove guardare? La mia risposta è che bisogna indietreggiare al disegno possibile della struttura di base della società. L’ipotesi di Daniels di estendere la teoria rawlsiana includendo le istituzioni dell’health care nella struttura di base va, a mio avviso, sviluppata. Infatti, l’intuizione preziosa, ma non sufficiente di Daniels non è il principio dell’equa eguaglianza delle opportunità, ma l’aver esteso la struttura di base della società rawlsiana inserendo le istituzioni dell’health care. Questa estensione ha delle conseguenze che neanche Daniels riesce a vedere ed argomentare. Infatti, inserire tali

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istituzioni nella struttura fondamentale vuol dire renderle oggetto dell’accordo in posizione originaria sui principi di giustizia e attribuire al diritto alle prestazioni sanitarie e all’eguale accesso una protezione costituzionale, ma in Rawls il principio di differenza in sè non è un elemento della costituzione. La giustizia politica, però, coincide con la giustizia costituzionale, cioè con un set di libertà fondamentali del cittadino. Ingiustizia equivale, grazie all’estensione, all’esclusione del diritto alle prestazioni sanitarie dalla garanzia costituzionale. La salvaguardia costituzionale permette di sottrarre il diritto alle prestazioni sanitarie all’approccio utilitaristico basato sull’efficienza sociale: è un vincolo ai mercati. Tale salvaguardia consente di estendere la possibilità dell’accordo sulla lista delle libertà fondamentali di Rawls, dalla quale sono esclusi i diritti sociali. Questa estensione che Rawls non condivide, giacché in ogni sviluppo del suo lavoro e nelle repliche a Daniels mantiene ferma la decisione di relegare le questioni di salute alla fase legislativa, ovvero a un momento successivo alla fase costitutiva, è l’unico elemento che avvicina Daniels a Sen il quale rivolge non solo una critica ai beni primari, ma ancor di più, un’obiezione importante riguardante la pianificazione delle istituzioni della società di Rawls che avviene in posizione originaria, come segnalato nel paragrafo dieci del quarto capitolo. Daniels l’ha visto e scritto nel saggio del 1983, Health Care Needs and Distributive Justice, le cui argomentazioni sono ampliate e approfondite in JHC. Tuttavia, benché l’abbia visto, non ne ha compreso il senso. Né Sen né Daniels riescono a scrutare siffatto punto in comune.

La struttura di base di una società giusta è lo sfondo della giustizia sociale all’interno del quale, grazie poi alla posizione originaria, si verifica l’accordo sui principi di giustizia. La giustizia in quanto prima virtù delle istituzioni lo è anche estendendo la struttura di base della società e includendo le istituzioni dell’health care per trovare successivamente un consenso distributivo. Per quanto riguarda il rapporto tra determinanti della salute e giustizia non basta solo guardare alla messa a punto delle istituzioni giuste, giacché molto dipende dagli individui, dalle loro relazioni sociali e dalle norme comportamentali. Pertanto, si va oltre le istituzioni, e per il momento non lo tratto. Daniels, invece, inserisce negli health care needs un mix di determinanti della salute che sono governati da un principio distributivo unico e assoluto che è l’equa eguaglianza delle opportunità. Tuttavia, un solo principio distributivo,

che è a mio avviso fragile, è ragionevole? O forse sarebbe auspicabile un set di principi?593

593 Quando parlo di set di principi non mi riferisco al pluralismo di Walzer, giacché il filosofo pensa che sia

necessaria una pluralità di principi a seconda delle sfere sociali di pertinenza e ciascun criterio sia appropriato in rapporto al tipo di bene e sfera sociale. Tuttavia, per quanto riguarda la salute, cioè un’unica sfera sociale, un

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Sen in Why Health Equity?, come notato nel quarto capitolo di questo lavoro, raccomanda di non focalizzarsi su un solo principio che valga per le intere questioni inerenti alla salute. Sen ha, infatti, uno sguardo complesso che induce a essere prudenti con le semplificazioni e i principi assoluti, perché la complessità che è la categoria delle società contemporanee punta a riconoscere la differenza. In questo contesto, le distinzioni tra concetti ontologici diversi e gli ipotetici principi distributivi esprimono la differenza.

Il proverbio comune che è sapienza democratica e credenza condivisa, in quanto assunta per vera, cioè interpretata come vera, perché reale, dice qualcosa di più. Nel paragrafo secondo di questo capitolo, ho scritto che è sapienza nascosta. Il detto comune, infatti, è frutto del reciproco riconoscimento di un valore sociale e politico, che è sia individuale sia collettivo. È già frutto di una politica, cioè di una vita all’interno di una società nella quale gli individui riconoscono la sua verità o validità pubblica. Non solo: il detto comune è già un’etica condivisa dagli individui. Il reciproco riconoscimento della verità del detto comune indica, dunque, reciprocità e mutualità: permette il legame fra le persone. Da ciò deriva la radice del senso di giustizia. La giustizia non è né più né meno che giustizia politica. Situando nella struttura di base le istituzioni dell’ health care e prevedendo in posizione originaria un accordo sulle risorse per la salute, avremo una concezione ampia di politica e una concezione ampia di giustizia. Tale concezione presuppone un superamento della distinzione manichea tra diritti di libertà e diritti sociali. Nella tradizione liberale la distinzione è molto forte e presente. Tuttavia, a mio parere, è solo una superstizione, perché essendo semplice, non guarda alla ricchezza dei bisogni degli individui che sono bisogni di cittadinanza. Infatti, un diritto alle prestazioni sanitarie quale diritto sociale è un diritto che ha un valore in sé ed è, al contempo, un valore strumentale per l’esercizio dei diritti di libertà. Se l’obiettivo di una teoria della giustizia è lo sviluppo delle libertà fondamentali, non può essere ammissibile pensare alla libertà come qualcosa di semplice e relegato solo ai classici diritti di libertà. La medesima osservazione si può fare per la distinzione rawlsiana tra beni naturali e beni primari. Entrambi, in realtà, rappresentano un oggetto della giustizia sociale. Ciò si può allargare alla separazione tra dotazioni naturali e dotazioni sociali. In fondo, cosa non è sociale e politico per gli animali politici quali siamo? Che cosa vuol dire naturale? Rawls operando simili dicotomie presuppone un “dentro” e un “fuori”. Tuttavia, chi è dentro cosa? Chi è fuori da cosa? C’è un “dentro” e un “fuori”? La convivenza civile presuppone sempre

solo principio normativo è estremamente limitante, data la complessità e la ricchezza delle sfumature inerenti alla diseguaglianza e all’ingiustizia in materia di salute.

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un “essere fuori” e un “essere con” gli altri. Il “fuori” ha già una dimensione politica o forse, meglio dire, è la dimensione politica per eccellenza.

La salute come valore politico e libertà fondamentale delle persone è aggiunta in Una teoria della giusta salute nella messa a punto della fase costitutiva di una società, affinché i bisogni di salute elementari, complessi e gli hard cases non siano lasciati ingiustamente da parte. Questa esigenza muove dal cercare di riempire il non detto nella teoria di Rawls e di Daniels. Nella fase costitutiva saranno prese in considerazione le differenze tra le persone nei loro variegati bisogni necessari. Sono le istituzioni che dovrebbero dare ai cittadini questa possibilità anche quando fossero membri pienamente cooperativi per tutta la vita. La definizione completa di salute che ho dato permette di non tralasciare nessun animale umano. L’assistenza sanitaria è un mezzo necessario, ma non un bene omogeneo, poiché corrisponde alla diversità dei bisogni di salute delle persone. L’health care è così un bene che fa capo a un’istituzione che ha già in sé (o dovrebbe avere) implicita la differenza tra le persone. Una teoria della giusta salute, in tal modo, non può essere astorica giacché le persone sono differenti nei loro bisogni di salute e in quanto le categorie di salute e malattia sono intrinsecamente storiche e frutto di un’interpretazione del dolore e dello star bene entro una comunità. La nozione universale che ho dato di salute dovrà confrontarsi con la contingenza che riempirà le forme astratte (funzionamenti) di contenuti particolari. Universalismo e contingenza possono convivere.