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Conclusione prima

Nel documento Confini della creatività (pagine 67-72)

Delimitata e compresa negli spazi marcati dai confini della scoperta, del mistero e della sperimentazione, la dimensione della creatività ha giocato ruoli che l’hanno impegnata e l’impegnano ancora in azioni dal significato anche radicalmente diverso.

Comune a questi spazi, però, è una “debole” o “parziale” connotazione pedagogica che non permette di riconoscere alla dimensione creativa una posizione centrale e cruciale all’interno del processo di compimento nel quale è coinvolto e impegnato l’uomo.

La creatività, in questi confini, ha una partecipazione “secondaria” al processo di formazione: quelli marcati dalla scoperta, dal mistero e dalla sperimentazione sono luoghi che possono essere realmente attraversati da tale processo, ma sono anche luoghi che restano “isolati” dalla struttura portante che queste immagini teoretiche pongono a fondamento del pieno compimento della forma umana, luoghi posti “a margine” di quelle immagini che intendono contenere il profilo completo e maturo dell’essere uomo.

Scoperta, mistero e sperimentazione, tuttavia, mettono in scena marginalità differenti.

“A margine” è posta la creatività della scoperta, perché destinata a lasciare il passo a una identità di “uomo” che, per poter compiere questo passaggio naturale quanto necessario, deve perdere i tratti creativi propri dell’età precedente.

È una marginalità che non attenua l’importanza dell’età creativa, ma che ne sottolinea la temporaneità: la creatività emerge spontanea da una naturalità fatta di libera scoperta; consente di provare e di provarsi in un percorso che non subisce l’artificiosità di un metodo educativo che anticipa il percorso, sostituendosi a colui che sta

Resta, tuttavia, il fatto che la creatività è attività di trasformazione: in quanto tale, è attività che non può più far parte, perché inadeguata, dell’esperienza trasformata. Pertanto, una volta compiuto il proprio compito, è anch’essa da trasformare in una attività diversa.

La creatività che si realizza nell’azione della scoperta ha un fine, ma ha anche una fine. Non può, quindi, che terminare. Il prosieguo del percorso sarà compiuto secondo modalità che non comprendono più la maniera creativa.

“A margine” è anche posta la creatività definita dai confini del mistero, poiché espressione che non è comprensibile secondo i termini e le misure della ragione, riconosciuta e assunta come strumento e guida nella conoscenza e nella comprensione del divenire dell’uomo.

Quella del mistero è, dunque, una marginalità fondamentalmente legata all’impossibilità di argomentare (con ragionamento deduttivo o induttivo) la necessità di una esperienza che, per quanto possa appartenere all’esistenza vissuta e per quanto possa essere cercata e attesa quale esperienza di una verità più profonda, rimane nei confini di una esperienza “privata”.

Il sentimento che conosce l’infinito, l’interiore o lo spirituale trova nella modalità creativa la possibilità di esprimere la propria verità, ma questa verità rimane esclusa perché non rilevata dai criteri di un sapere epistemologico che intende regolare il processo di compimento del- l’uomo in termini essenzialmente di metodo razionale.

Di questa verità non c’è prova che ne sia documento e che ne permetta la formalizzazione quale fine o passaggio necessario del processo attraverso il quale l’uomo compie la propria forma. Di conseguenza, non ci può essere prova o formalizzazione che possa fare dell’espressione creativa parte costitutiva o essenziale del processo educativo “pubblico” e “ufficiale”.

“A margine”, infine, resta la creatività della sperimentazione. La sua marginalità è particolare perché è “oltre il margine” di qualsiasi percorso che intenda comprendere l’accadere degli eventi in un processo ordinato su una successione che ha un principio e un fine.

La sperimentazione, infatti, vive in un non-luogo. I suoi confini sono quelli del non-limite. La sua esperienza è opera di un non- soggetto.

Non c’è possibilità di tradurre la creatività di quell’azione che è, insieme, nascondimento, disvelamento, decostruzione in un senso educativo valido al di là non solo del singolo individuo, ma anche al di là del singolo gesto.

Nell’“Aperto” e nell’“ovunque” propri della sperimentazione, l’a- zione e l’esperienza creative non possono essere “catturate” dall’inten- zionalità educativa. L’assenza di una unità di misura comune rende impossibile qualsiasi tipo di relazione che faccia della sperimentazione un percorso educativo e dell’educazione una continua – mai ripetuta – esperienza di decostruzione.

Proprio perché luoghi “a margine”, gli spazi di creatività marcati dai confini della scoperta, del mistero e della sperimentazione sono luoghi ai quali si presta attenzione solo in certa misura o per certo tempo, luoghi facilmente delegati alle cure di altre “agenzie”, luoghi lasciati a sé.

In realtà, sembrerebbero le stesse teorie pedagogiche, che definiscono la creatività in relazione a questi spazi, a non essere interessate a modificare questa condizione di marginalità.

La teoria che definisce la creatività in termini di scoperta la vuole “senza pensieri” e la lascia libera di fare e di far essere, forse proprio perché limitata a spazi dove non si decide della formazione dell’uomo compreso nella sua interezza e nella sua capacità di incidere sulla società.

Quella che ne fa rivelazione del mistero cadrebbe in contraddizione qualora portasse l’azione creativa al centro di un percorso di educazione “istituzionalizzato”. L’azione creativa è atto di fede che richiede una ispirazione: appartiene, pertanto, a luoghi non esposti, bensì raccolti.

La teoria che rimanda la creatività all’attività debordante della sperimentazione non ha centro e non ha periferia in ragione dei quali classificare l’azione creativa rispetto a quanto di diverso accade o può accadere.

La storia della creatività, tuttavia, non racconta soltanto di marginalità o di esclusioni.

“Altrove”, nei confini del fare e dell’essere, la creatività è stata pensata come parte essenziale di quei processi che segnano e ordinano il divenire dell’uomo nella sua interezza e nella sua totalità.

Compresa in spazi “più ampi” e delimitata da confini profondamente diversi, l’idea di creatività ha acquisito un nuovo significato pedagogico-educativo.

Non più “comparsa”, la dimensione creativa è pensata, cercata e realizzata per la sua partecipazione primaria al processo di formazione.

I confini del fare

Nel documento Confini della creatività (pagine 67-72)