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Una creatività insegnabile da-insegnare

Nel documento Confini della creatività (pagine 108-111)

I confini del fare (atto secondo)

5.4 Una creatività insegnabile da-insegnare

L’atto creativo, espressione di un comportamento che sintetizza le citate funzioni di pensiero, non può coincidere con un atto episodico. Esso deve aspirare a divenire atto di un comportamento regolare, costante, mai isolato.

In ragione di questo “principio di continuità”118, occorre lavorare

affinché l’uomo sia sempre creativo o, perlomeno, affinché possa esserlo in qualsiasi momento, ogniqualvolta sia “utile” esserlo.

Non si tratta semplicemente di sviluppare le abilità di pensiero individuate attraverso delle esperienze che mettano in gioco tutte le “operazioni” che compongono il comportamento creativo. L’allenamento creativo di cui il “sistema di produzione” ha bisogno è, essenzialmente, rivolto alla prestazione creativa, ossia a quella prestazione che sia in grado di dare un contributo operativo e risolutivo al processo di continuo superamento.

L’esercizio educativo viene perciò declinato in modo da rispondere a tali esigenze: lontano dal cambiamento che la coinvolgeva in esperienze di costruzione e di formazione di Senso, l’educazione che risponde alla misura del superamento si fa promozione di capacità in grado di risolvere i problemi, pratici e professionali, posti dalla continua «esigenza di produzione». Contenuta in una prova di produttività, l’esperienza creativa va occasionata e poi sviluppata nella

produttivo, Garzanti, Milano 1972, p. 3, corsivo nostro).

118 «Solo il profano crede che una persona creativa abbia un dono particolare che

i comuni mortali non hanno. È invece convinzione di tutti gli psicologi che tutti gli individui hanno in sé tutte le abilità in differenti gradi. Possiamo dunque aspettarci degli atti creativi, senza tener conto della loro importanza e della loro frequenza, da parte di quasi tutti gli individui. Quello che è importante è il concetto di continuità. Qualunque sia la natura del talento creativo, le persone che riconosciamo come creative hanno semplicemente questa dote ad un grado più elevato. È questo principio di continuità che ci permette di ricercare la creatività in individui che non sono necessariamente eccezionali» (J.P. GUILFORD, La creatività, cit. pp. 24-25).

prospettiva di un processo educativo che la eserciti quale «capacità di

produzione».

In ragione di tali necessità, il processo educativo rivolto all’acquisizione e all’esercizio di “questa” creatività si concentra attorno a “tecniche operative” e a “strategie metodologiche”: osservato e misurato il processo creativo come un qualsiasi altro fatto naturale, scomposto nelle funzioni che lo compongono e tradotto nelle leggi che ne regolano il funzionamento, sulla base della definizione dei “fattori di creatività” richiamati, è possibile formulare tecniche e organizzare strategie per produrre e riprodurre il carattere creativo produttivo.

Si tratta di tecniche e di strategie che, fondamentalmente, esercitano e sviluppano la capacità creativa, per preparare il pensiero a produrre “tanto” e “in modo diverso”.

Esemplare appare l’esercizio, di elaborazione guilfordiana, che richiede di elencare il numero maggiore possibile di usi “insoliti” che si possono fare di uno stuzzicadenti, di un mattone, di un fermacarte. Per quanto le idee possano essere selezionate sulla base di diversi criteri qualitativi (efficacia, pertinenza, applicabilità, …), l’esercizio viene valutato sulla base della quantità di idee prodotte.

Si tratta di esercizi che svincolano l’attività creativa dalla pratica del giudizio qualitativo. Per esempio, si può chiedere di immaginare una situazione, adducendone i pro e i contro: che l’esercizio chieda di immaginare che tutti abbiamo un giardino o che uno stato subisca una dichiarazione di guerra è indifferente, poiché – ai fini dell’esercizio – vale la “quantità” dei pro e dei contro individuati.

In quanto «capacità di servirsi in modo produttivo»119 dell’espe-

rienza (sentimenti, intuizioni, conoscenze, relazioni, …), la creatività viene dunque, in questo caso, provata attraverso un esercizio quantitativo che attiva la dimensione produttiva dell’attività umana.

Pertanto, dal momento che la creatività è richiamata come modo di produrre, il giudizio è sempre un giudizio di produzione: laddove il mondo è pre-visto quale scena di un continuo superamento della

119 H. GARDNER, Intelligenze creative. Fisiologia della creatività attraverso le

vite di Freud, Einstein, Picasso, Stravinskij, Eliot, Gandhi e Martha Graham, cit., p.

condizione presente, ogni sua parte è pro-gettata per crearlo secondo questa immagine.

L’operazione creativa, che pur è impegnata nella definizione di un sempre ulteriore “oltre”, non sembra poter andare oltre la propria produttività. L’importanza e l’urgenza di un processo educativo volto a potenziare quelle capacità creative necessarie all’inesauribilità dello sviluppo concentrano, dunque, l’attenzione sulla questione metodologica, rimandando o sospendendo – invece – la discussione sulle implicanze etiche e culturali implicite al processo creativo stesso. La metodologia esaurisce in tal modo la propria portata educativa in tecnicismo e in strumentalismo a scopo fondamentalmente economico120: al processo educativo viene unicamente richiesta una

“creativizzazione” del pensare e del fare121.

120 Si tratta di una riduzione della portata creativa che non può non mostrare la

propria parzialità in termini di significatività per la ricostruzione e la progettazione dell’avvenire della condizione umana: «Uno degli errori che occorre porre in rilievo è quello derivante dalla dimenticanza che l’educazione (anche alla creatività) necessita insieme di nutrimento e di esercizio delle funzioni. Cosa avviene quando nutriamo un ammalato con l’ipodermoclisi? C’è nutrimento, ma le funzioni assimilative si rattrappiscono. Un tale tipo di nutrizione non può durare a lungo senza compromettere la funzionalità di molti organi. Viceversa: cosa avviene quando ci cibiamo di vivande povere di contenuti validi, di quelli di cui abbisogna l’organismo? Le funzioni organiche si esercitano a vuoto. Un po’ alla volta non hanno più la forza di muoversi. È quello che accade con taluni metodi per esercitare l’espressione creativa: si esercitano le funzioni senza nutrire lo spirito, così poco

alla volta, è l’umanità medesima a spegnersi» (F. LAROCCA, Oltre la creatività:

l’educazione, La Scuola, Brescia 1983, pp. 204-205, corsivo nostro).

121 Le accezioni con cui viene vissuta la questione della creatività all’interno di

questa prospettiva “quantitativa” del fare creativo sembrerebbero risolvere, aggirandolo, il dilemma che – secondo la versione che ne dà il pensiero gardneriano – segna in termini antinomici il rapporto tra metodologia educativa e arte educativa: «Ogniqualvolta si discuta congiuntamente di educazione e di creatività, sorgono acute tensioni. Da un lato c’è la necessità di sviluppare quelle abilità e conoscenze di base sulle quali poi sarà possibile fondare prestazioni e realizzazioni più mature; dal- l’altro c’è l’appello a una filosofia educativa di non intervento, non direttiva, progressiva, la quale sembra decisamente preferibile se si vuole che la creatività venga coinvolta fin dalla tenera età per poi potersi dispiegare negli anni successivi» ( H . GARDNER, To open minds. Chinese clues to the dilemma of contemporary

education [1989], trad. it. di N. Cherubini e M. Sclavi, Aprire le menti. La creatività e il dilemma dell’educazione, Feltrinelli, Milano 1991, p. 35).

Da questa immagine è esclusa la creatività che si fa scoperta personale: il soggetto non compare né quale autore di sé né quale autore della propria opera. La produzione che alimenta il cambiamento nella forma del superamento continuo e necessario non ha segni autografi. È una realtà anonima, necessariamente diversa ma anche indifferentemente diversa, per cui non hanno valore in sé i segni della differenza.

Di questa stessa immagine non può nemmeno far parte la creatività impegnata a rappresentare, dandone testimonianza, la presenza di una forma universale riconosciuta e assunta a criterio del pensare e del fare umani. La produzione creativa rivolta al continuo superamento di ciò che è stato prodotto non si confronta con il Vero, il Bello, il Giusto (…). I segni della novità e della diversità non hanno vincoli valoriali al di fuori del valore economico.

Di fatto, un qualsiasi investimento in una direzione diversa, in una direzione cioè rivolta alla conquista di una dimensione capace di portare l’esperienza su di un piano nel quale ciò che accade vale in ragione di una logica diversa da quella del superamento, segna fondamentalmente una perdita: una perdita di tempo, di risorse, di occasioni per superarsi.

Nel documento Confini della creatività (pagine 108-111)