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Una creatività materna

Nel documento Confini della creatività (pagine 41-45)

I confini del mistero

2.4 Una creatività materna

Se soltanto da una esperienza della totalità è possibile arrivare all’esperienza della propria totalità e se è dalla esemplarità della natura, quale esperienza sentimentale della possibile totalità della vita, che ciascun uomo può e deve proseguire alla scoperta del proprio particolare Tutto, assume un particolare significato educativo l’esperienza sentimentale del primo legame di natura nel quale vive ogni uomo.

Il tempo della formazione inizia, di fatto, con un incontro: l’in- contro con una legge diversa da quella di natura, una legge possibile all’uomo perché l’uomo è capace di legare l’esistenza al mondo secondo un ordine che supera, trasformandolo, il corso naturale; una legge che, nel legare le parti che vincola, dà vita a una forma che è possibile rappresentare nell’immagine dell’amore.

È, questa, l’esperienza dell’amore materno, esperienza che prova un legame estra-ordinario capace di interpretare una versione e una possibilità diverse, non semplicemente naturali, dell’esistenza.

Se è il sentimento il veicolo che fa accedere l’uomo al mistero e alla meraviglia della natura, la mediazione creativa che esprime, una volta compiuta l’esperienza della totalità, l’assoluto dell’uomo trova iniziale occasione educativa nel sentimento materno, quale linguaggio

che rivela la possibilità più profonda implicita al legame naturale, quella possibilità che comprende – in un unico abbraccio – natura e spirito.

Il sentimento materno mette in relazione l’uomo e il mondo attraverso una mediazione che traduce il naturale corso delle cose, animandolo mediante segni che ne esprimono la realtà spirituale. Lontano dall’essere una versione anticipata, imperfetta o imprecisa, dell’architettura poetica che verrà costruita dalla compiuta e matura azione creativa, la relazione sentimentale che accoglie la nuova vita al mondo è miniatura che raccoglie la totalità di natura e spirito nei contenuti e nelle forme accessibili a chi inizia il lungo percorso della (propria) formazione.

Il rimando al sentimento impone una attenzione rigorosa affinché la relazione educativa, compresa nel sentimento materno, non cada vittima del sentire frivolo o distorto che potrebbe portare la stessa azione lontano dalla direzione sentita e ricercata.

Come recitano le pagine di uno dei romanzi pedagogici più pregnanti di significato, il sentimento da coltivare non è quel sentire che segue le trame superficiali o insensate di una esperienza che vaga per ogni dove o che raggiunge mete vuote perché tragicamente distanti dal centro del cuore41.

Il sentimento a cui l’inizio, soprattutto l’inizio, deve tendere è il sentire che, capace di far sprofondare nell’abisso dell’interiorità l’e- mozione, lascia un segno nel profondo dell’essere, che sarà traccia con

41 «L’amore è una forza innata, ma variamente distribuita; è il calore e il sangue

del cuore; come gli animali, ci sono anime dal sangue freddo o caldo. Alcuni, come Montaigne, sono per natura cavalieri dell’Amor del prossimo; altri, neutralisti armati contro l’umanità. Per questa forza, sia essa un sacro roveto ardente, o una semplice scintilla, l’educazione deve provvedere in due modi: prevenendo e sviluppando. (…) Insegnate ad amare in un secolo che è il gennaio del Tempo e che conquista qualsiasi cosa più facilmente di un cuore per mezzo di un altro! Insegnate ad amare, affinché voi stessi un giorno, quando i vostri occhi saranno ormai vecchi e lo sguardo semispento, intorno alla vostra poltrona d’infermo e al vostro letto di morte, invece dell’avido, gelido sguardo degli eredi, possiate vedere occhi angosciati e arrossati dal pianto, capaci di ridar calore alla vostra vita che va raffreddandosi e di illuminare le tenebre della vostra ultima ora con la gratitudine per la loro prima» (J.P. RICHTER,

Levana oder Erziehnlehre [1807], trad. it. a cura di C. Bovero, Levana o dottrina dell’educazione, in J.P. RICHTER, Levana e altri scritti, UTET, Torino 1972, pp. 370-

cui distinguere nel prosieguo della vita il vero dal falso, il bello dal brutto, il bene dal male.

Il sentimento, che dà inizio all’azione creativa del processo che porta a compimento la forma umana, ha una sola possibilità per richiamare a una profondità da sondare e da abitare: deve farne provare l’effettiva realtà.

Questo sentimento, pertanto, deve scoprire una o più maglie di quella invisibile trama che – proprio perché continuum tra natura e spirito e tra spirito e natura – è indicazione di un ordine.

A quest’ordine il sentimento materno deve arrivare per cominciare a far “orecchiare” a colui che inizia la vita quella sequenza di suoni che, in seguito, sarà ordine, armonia e melodia del mondo.

Il sentimento che prepara quella che sarà l’azione creativa si configura, in primo luogo, come radicamento. La sua azione, in altre parole, ha il compito di portare la sensibilità dell’uomo a scoprire superfici diverse, colori e suoni differenti: tra questi, alcuni dovranno arrivare fino al cuore.

Lo stesso sentimento deve, poi, avere la costanza e la pazienza del- l’impegno. Per il suo implicito, anch’esso visibile invisibile, statuto artistico, l’abbraccio materno non può concedersi attimi di abbandono o di sospensione dal compito. Se la totalità che l’uomo è sollecitato a raggiungere è una incessante creazione, allo stesso modo il sentimento che ne inizia il percorso non può che farsi continuo e incessante lavoro di ricerca e di scoperta dell’unità.

L’intero corso della vita si compie così in una attività ricamata creativamente perché interamente da dedicare a trasformare lo spazio chiuso delle leggi di natura nello spazio aperto proprio di una vita, insieme, naturale e spirituale.

Ma se è vero che, una volta compiuta nella sua “doppiezza”, la vita di ciascuno è prova di una attività creativa di senso raccolta attorno alla propria totalità, è altrettanto vero che – nel tempo sospeso, incerto quanto buio degli inizi – ogni vita trova nel sentimento materno l’at- tività, altrettanto creativa, a cui delegare la guida e la conquista dei primi passi.

La mediazione che porta l’uomo a creare il mondo è dunque iniziata da quella “magica” mediazione compiuta dalla relazione che apre sulla scena del mondo.

È, questo, il tempo della “creatività materna” che pone le fondamenta di un processo di relazione e di confronto: in ragione di questo ruolo, la creatività è inizialmente terreno di una educazione che si prende cura – come recitano le scene pestalozziane42 – di tessere

quei legami che costituiscono la condizione di una identità non chiusa in sé, ma aperta al prossimo; una educazione che può portare a una esperienza spirituale solo se iniziata da una esperienza che ha provato e incarnato tale spiritualità; una esperienza che, prima di tutto, lavora alla formazione del cuore.

Una vita così radicata prosegue nel tentativo di rigenerare questa «legge spirituale» in ogni rapporto della vita reale: il senso dell’unità originaria prenderà poi vita in forme diverse che ne confermeranno il senso, lontano da un ormai superato abbraccio materno.

L’esperienza dunque si farà creativa, e tale dovrà farsi per proseguire sulla strada aperta e segnata dal sentimento materno, ovunque avrà l’occasione di edificare forme che di quegli inizi siano fedele espressione e frutto43.

42 L’insegnamento fondamentale per l’uomo «va al cuore ed è la madre a darlo».

Scrive infatti Johann Heinrich Pestalozzi in una lettera del 31 dicembre 1818 all’amico James Pierrepoint Greaves: la madre dovrà accorgersi che «l’educazione non consiste in una serie di ammonimenti e di correzioni, di premi e di castighi, di ordini e regole, senza unità e privi di dignità, ma in una serie ininterrotta di interventi, ispirati al medesimo principio, nella conoscenza inderogabile delle leggi della nostra natura, realizzati nello stesso spirito di bontà e di fermezza, tese al medesimo scopo: l’elevazione dell’uomo all’autentica dignità di essere spirituale». La madre riuscirà in questo scopo se «abbandonerà il proprio cuore all’influenza di un principio superiore e se i germi dell’amore e della fede spirituale, che essa deve educare nel suo bambino, hanno messo solide radici nei migliori affetti del suo cuore» (J. PESTALOZZI, Lettere sull’educazione della prima infanzia, i n J.

PESTALOZZI, Opere scelte, a cura di E. Becchi, UTET, Torino 1970, pp. 497-498,

corsivo nostro).

43 A rappresentare questa creatività che concilia naturale e spirituale, visibile e

invisibile, finito e infinito, ci saranno quelle forme umane “materiali” capaci di con- tenere il contenuto “spirituale” più profondo e intenso. Sintesi di questa visione del creativo, l’espressione artistica ne espone il messaggio in opere quali la Sacra

Famiglia di Rosso Fiorentino, la Madonna con bambino di Tiziano o la Pietà di

Michelangelo Buonarroti, opere che contengono e sprigionano, nello stesso tempo, quel sentimento che lega l’uomo al mistero che ne fa creatura di significato più ampio, di valore più ampio e, proprio per questo, di compito più ampio.

Nel documento Confini della creatività (pagine 41-45)